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Alfonso Celotto

 

  1. Realizzare la «pari dignità sociale»[1] delle persone con disabilità è più di un programma costituzionale, è una frontiera che sembra sempre muoversi e richiedere nuove risposte da parte delle istituzioni e dell’ordinamento. In questo senso si colloca il primo provvedimento dell’Autorità garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, il parere n. 1 del 2025, rilevante per due ordini di questioni che emergono già a prima lettura.

Nel merito, il provvedimento dà piena attuazione delle premesse normative, legislative e costituzionali che costituiscono l’infrastruttura giuridica del suo agire nell’ordinamento.

Il Garante interviene ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo del 5 febbraio 2024, n. 20 al fine di addivenire ad un «accomodamento ragionevole» tra la parte che lamenti una discriminazione ad opera di un’amministrazione o un concessionario di pubblico servizio. Concretamente, si tratta di avversare un provvedimento o atto amministrativo generale ritenuto lesivo dei diritti della persona con disabilità ovvero discriminatorio o lesivo di interessi legittimi del soggetto.

Peculiare è lo strumentario di cui dispone l’Autorità, in un certo senso rivelativo anche di una diversa posizione costituzionale dell’istituzione. Non solo il fine dello «accomodamento ragionevole», ma anche il ricorso al parere come provvedimento collegiale deliberativo della volontà dell’Autorità.

«Accomodamento» (lemma che sembra quasi rievocare Don Abbondio e i Bravi di manzoniana memoria) è lo strumento previso dal decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62[2], in attuazione della Convenzione ONU del 2006, ai sensi della quale deve essere inteso come tutte le opportune modificazioni necessarie o adattamento appropriato alla situazione espressa, in questo caso, dal parere, senza oneri sproporzionati o eccessivi in capo all’Amministrazione, al fine di garantire alla persona con disabilità il godimento dei diritti umani e altre libertà fondamentali in condizione di eguaglianza[3]. L’Italia ha pienamente dato seguito alla Convenzione solo nel 2013[4], in un periodo di forte conformazione dell’ordinamento alle direttrici del diritto internazionale, applicando diverse coordinate di politica del diritto verso un approccio di prevenzione ed efficienza. Non è un caso che sempre in quegli anni sia stato avviato il processo di consolidazione anche dell’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) e avviata la riforma del sistema della trasparenza.

Non è questa la sede per dilungarsi sulle diverse tipologie di “accomodamento” previste dall’ordinamento nazionale e su quelle previste dal sistema eurounitario[5] e sulle relative convergenze e divergenze[6]. Si tratta in ogni caso di una procedura e di un provvedimento fortemente orientati alla composizione ‘nei fatti’ dei conflitti sociali che possono generarsi nelle più disparate forme in cui la disabilità può incarnarsi e relazionarsi con resistenze sociali o di fatto (come barriere architettoniche).

Ancorché, di per sé, non recentissima come soluzione giuridica e già nota all’ordinamento nazionale e sovranazionale, si tratta di una modalità concreta e materiale di composizione delle ‘storture’ dei rapporti giuridici determinabili in concreto specialmente per l’esperienza concreta delle persone con disabilità. Le prime interpretazioni dopo le riforme intervenute in materia si concentrano, infatti, su aspetti altrettanto concreti, relativi all’ambiente più delicato in cui si determina la personalità degli individui, l’ambito del lavoro. Così, ad esempio, sull’onere della prova[7], che grava sul datore di lavoro nell’aver esperito ogni ragionevole tentativo di scongiurare la situazione di fatto o di diritto sconveniente per la persona con disabilità, anche dimostrando che le alternative ancorché possibili fossero prive di ragionevolezza. Ancora, nella puntualizzazione della cogenza dell’obbligo di adottare gli accomodamenti ragionevoli[8], il cui mancato ottemperamento comporta violazione dei doveri imposti per rimuovere gli ostacoli che impediscono alla persona con disabilità di lavorare in condizioni di parità con gli altri lavoratori, inverando in questo modo una discriminazione diretta.

Il parere dell’Autorità garante interviene in un ambito ancora più concreto e personale, si può sostenere, per così dire, in diretta connessione con il sistema costituzionale dei diritti e libertà, non solo, ovviamente l’art. 3 Cost, ma anche, nel caso specifico la libertà di circolazione, costituzionalmente protetta dall’art. 16 Cost. Il provvedimento, infatti, attiene al riconoscimento del diritto ad uno stallo personalizzato per persone con disabilità presso la residenza dell’istante, negato dal Comune competente. Innanzi alla certificata disabilità grave della persona residente nel Comune, al silenzio-diniego del Comune e all’attivazione delle sedi giurisdizionali che decidevano in favore del disabile, il Comune comunque formulava rigetto della rinnovata istanza. Il cittadino si è rivolto quindi all’Autorità che ha avviato il procedimento previsto dal d.lgs. n. 20 del 2024 per l’adozione del provvedimento di accomodamento ragionevole. Ravvisate diverse violazioni del provvedimento di rigetto comunale sotto il «profilo soggettivo delle condizioni di invalidità»[9], nonché sotto quello «oggettivo dell’errato “bilanciamento di interessi” e della “sussistenza di alternative valide”»[10], il Garante ravvisa diverse carenze in capo al Comune e in particolare la svalutazione dei seguenti elementi: «il valore costituzionale e convenzionale della dignità e dell’autonomia della persona con disabilità; i doveri in materia di accomodamento ragionevole e non discriminazione indiretta; la gravità della condizione clinica certificata (… in forma grave); la documentata difficoltà motoria; l’esigenza di continuità e certezza nell’accesso all’abitazione, anche alla luce dell’orario lavorativo».

L’accomodamento proposto nel parere è una soluzione che dimostra nella sua concretezza gli elementi dinamici della ragionevolezza[11]: spostare uno degli stalli genericamente presenti per le persone con disabilità a circa 50 metri dalla residenza dell’istante, in corrispondenza del civico dell’istante, dove invece insistono stalli ‘bianchi’, e personalizzando lo stallo; in questo modo restando inalterato il numero di stalli per persone con disabilità predisposti ma personalizzandone uno per l’esigenza comprovata specifica dell’istante.

In questo senso, la forma giuridica del parere appare consona alle finalità del provvedimento, come opportuno atto di ‘suggerimento’, al fine di proporre, non imporre, almeno formalmente, la ragionevolezza dell’accomodamento. Un lessico quasi desueto in un contesto sempre più perentorio e assertivo, che invece è utile a inverare gli alti principi costituzionali a cui tutto il nuovo ‘armamentario’ che il Garante, i suoi atti e scopi giuridici perseguono.

  1. Il secondo profilo di interesse, su cui è opportuno soffermarsi, seppure brevemente, riguarda la funzione costituzionale dell’Autorità garante per le persone con disabilità.

Si può affermare che questo primo intervento marca con molta nettezza la funzione che possiamo definire di “avanguardia costituzionale” del Garante. In fondo, consento di colmare una lacuna dell’ordinamento nell’apprestare quelle misure a cui la Costituzione richiama la Repubblica per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini. Da questa prospettiva, questo Garante si pone a un passo ancora più avanzato di tutela rispetto alle, oramai, tradizionali ‘Authorities[12]. Si può infatti riconoscere un nesso funzionale tra la Costituzione, la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006 e le concrete esigenze presidiate nell’ordinamento dal d.lgs. n. 20 del 2024 e dalle altre fonti normative richiamate in precedenza.

Come dimostra il primo provvedimento dell’Autorità, infatti, la grande concretezza in cui si calano i diritti riconosciuti all’altissimo livello giuridico da cui discende l’istituzione dell’Autorità, ritorna nella sede propria e piena di tutela dei diritti. Proprio in sede giurisdizionale, il Consiglio di Stato, Sez. V, con ordinanza del 12 settembre 2025, n. 6490, ha deciso in senso conforme alla soluzione del Garante in un frammento (cautelare) della vicenda oggetto del parere.

Questa sinergia istituzionale sottolinea come il parere del Garante sia un atto ‘apripista’ nella materia e, in ipotesi, in grado di progressivamente distrarre in capo all’Autorità nazionale stessa, le vicende che oggi, inevitabilmente, ancora trovano una eco nel sistema giurisdizionale.

Si tratta, dunque, in conclusione, di una nuova fase di integrazione della funzione ibrida delle Autorità con le esigenze più concrete del welfare, che risponde alla funzione contemporanea delle istituzioni dello Stato. In un certo senso, infatti, sembra che le Autorità corrispondano alla stessa nozione contemporanea di sovranità, come ricordava Beniamino Caravita: «“Sovrano”, si potrebbe dire, oggi non è chi comanda, o chi decide sullo e nello stato di eccezione, secondo la nota accezione schmittiana, bensì chi è in grado di coordinare, di ricondurre ad unità luoghi e istanze di un inevitabile pluralismo»[13]. In questo senso, la funzione concreta dello Stato, affidata in via ibrida-amministrativa anche all’Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, è sempre più quella di coordinare, mediare, comporre, e forse anche prevenire, le liti e la entropia sociale, secondo la direttrice costituzionale della «coesione sociale» (art. 119 Cost.), che richiede misure di gestione ragionevole e specifica anche delle controversie.

Al seguente link è disponibile il parere oggetto del contributo: https://www.giustamm.it/wp-content/uploads/2025/10/Parere-n.-12025-Garante-diritti-persone-con-disabilita.pdf

[1] Si pensi a C. Mortati, Istituzioni di diritto pubblico, II, 9 ed. Padova, 1976, 1017, secondo il quale essa «sta a fondamento del principio» di eguaglianza e «consente d’intenderne le implicazioni, in quanto espressione del pregio ineffabile della persona umana come tale, quale che sia la posizione rivestita nella società»; ma anche alle intuizioni di G. Ferrara, La pari dignità sociale (appunti per una ricostruzione), in Scritti in onore di G. Chiarelli, Milano, 1974, pp. 1104 s., il quale ne tratta come «proiezione del valore paritario della dignità umana su tutti i rapporti riferibili ai cittadini», come «corollario della libertà e dell’eguaglianza di tutti, considerate come presupposti e strumenti per il pieno sviluppo della persona umana».

[2] Segnatamente del Capo II (artt. 5-17). In particolare, poi, l’art. 17, co. 1, del d.lgs. introduce l’art. 5-bis nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, sul tema, recentemente v. F. Cucchisi, Accomodamenti ragionevoli e onere di interlocuzione: verso un modello partecipato di inclusione del lavoratore disabile, in Il lavoro nella giurisprudenza, n. 8-9, 1° agosto 2025, p. 810 ss.; G. Sberna, L’adozione degli accomodamenti ragionevoli nell’ordinamento comunitario e in quello nazionale: verso una piena inclusione lavorativa dei disabili, in Il diritto del mercato del lavoro, 1/2025, pp. 171-195.

[3] Cfr. l’art. 2 (“Definizioni”) della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità.

[4] La vicenda giuridica è articolata: si attraversa una condanna della Corte di Giustizia (sentenza C-312/11 del 4 luglio 2013) e l’adozione del decreto-legge del 28 giugno 2013, n. 76, convertito in legge 9 agosto 2013, n. 99, recante “Primi interventi urgenti per la promozione dell’occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale, nonché in materia di Imposta sul valore aggiunto (IVA) e altre misure finanziarie urgenti”, che inserisce un comma 3.bis nell’art. 3 del d.lgs. 9 luglio 2003, n. 216, in cui si dispone la doverosità dell’accomodamento («i datori… sono tenuti ad adottare») in attuazione della Convenzione, con postilla, nell’ultimo periodo del comma: « I datori di lavoro pubblici devono provvedere all’attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente», in linea con il tenore costituzionale del periodo, segnato dall’approvazione della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1, introduttiva del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale.

[5] L’art. 5 della direttiva UE n. 78 del 2000, reca «soluzioni ragionevoli» che, ai sensi del considerando n. 20, sono da intendersi quali «misure appropriate … efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro in funzione dell’handicap, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i rimi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento».

[6] Basti richiamare, quanto puntualizzato da O. Bonardi, La nozione di disabilità e il diritto agli accomodamenti ragionevoli alla luce delle recenti riforme, in www.ca-milano.giustizia.it, 14 aprile 2025, p. 14, sinteticamente, alcuni caratteri che derivano dalla nozione sovranazionale, ad esempio, come in questa nozione più ‘sostanzialistica’ la disabilità prescinde dalle certificazioni, mentre ai sensi del d.lgs. n. 62 del 2002 deve essere certificata nelle forme previste dalla legge n. 104 del 1992; pertanto l’accomodamento sovranazionale consegue alla constatazione della disabilità in essere, mentre quello nazionale segue l’accertamento ai sensi della legge n. 104 del 1992; è dovuto quando non è garantita la parità di trattamento nel primo caso, nel secondo quando l’applicazione delle disposizioni di legge non garantisca il godimento dei diritti umani; opera ex nunc dal momento in cui alla persona è precluso l’esercizio dei diritti, mentre in Italia è definito nell’ambito del procedimento previsto dalla normativa; presuppone un dialogo con l’accomodante, mentre in Italia è definito in dialogo con le istituzioni; non vi sono requisiti di forma in un caso, mentre nell’ordinamento nazionale deve essere richiesto con apposita istanza scritta; è dovuto nei limiti della proporzionalità costi-benefici, nell’impianto nazionale invece è dovuto nei limiti delle risorse disponibili.

[7] Cfr. Cassazione civile, Sez. lav., ordinanza 18 agosto 2025, n. 23481.

[8] Cfr. Cassazione civile, Sez. lav., ordinanza 10 gennaio 2025, n. 605.

[9] Cfr. Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, Parere motivato n. 1 del 14 luglio 2025, pp. 3-5.

[10] Cfr. Autorità Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità, Parere motivato n. 1 del 14 luglio 2025, pp. 5-8.

[11] Sono troppi i rivoli della ragionevolezza per darne conto in questa breve riflessione; sul punto, sia consentito rinviare a A. Celotto, Le declinazioni dell’eguaglianza, Napoli, 2011, pp. 11-40; di recente, si rimanda a S. D’Alfonso, Il richiamo del principio di ragionevolezza nel sindacato costituzionale delle disposizioni irrimediabilmente oscure: applicabilità e limiti, in Diritto Pubblico Europeo – Rassegna online, 1/2025, pp. 138-150; S. Ragone, Giurisdizioni costituzionali e politica: tendenze e crisi recenti nel diritto comparato, in Quaderni costituzionali, 1/2025, pp. 11-40; F. Vivaldelli, Disabilità, diritti politici e democrazia digitale. Considerazioni a margine della sent. n. 3/2025 della Corte costituzionale, in Gruppo di Pisa, 1/2025, pp. 157-181; S. Greco, I criteri di accesso alle prestazioni sociali ancora al vaglio della Corte costituzionale. Commento a Corte cost., sentenze n. 53 del 2024 e n. 67 del 2024, in Osservatorio costituzionale, 1/2025, pp. 45-66.

[12] Cfr. A. Celotto, P. Bonini, Profili costituzionali delle autorità amministrative indipendenti, in Rivista della Corte dei Conti, 2022, 1, pp. 23-32.

[13] B. Caravita, L’autonomia universitaria oggi, in federalismi.it, 2021, 25, p. viii.