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A cura di Enrico Follieri*

Sommario: 1. Il libro di Giovanni Pascuzzi sulla cittadinanza digitale: pp. 9-140. – 2. Segue: pp. 141-212. – 3. Considerazioni generali sull’opera. – 4. I caratteri della cittadinanza digitale. – 5. Utilizzo degli algoritmi “predittivi”, machine learning ed elaborazione della decisione giurisdizionale automatizzata.

 

  1. Il libro di Giovanni Pascuzzi sulla cittadinanza digitale: pp. 9-140.

Giovanni Pascuzzi ha pubblicato nel 2021, con Il Mulino, nella collana delle “Guide”, un libro dal titolo “La cittadinanza digitale”, con sottotitolo “Competenze, diritti e regole per vivere in rete”.

L’opera si compone della introduzione, sette capitoli e la bibliografia per un totale di 227 pagine.

Pascuzzi ha esposto gli elementi tecnici di base della digitalizzazione (Cap. I) e ha messo in guardia, in relazione al sempre crescente numero delle applicazioni della tecnologia digitale, dai rischi e dalle insidie della rete, per cui è richiesta anche una preparazione giuridica “emotiva, comunicativa e valoriale[1].

Le competenze digitali devono essere dirette all’acquisizione o al mantenimento della democrazia che non è un bene acquisito per sempre perché tutti i diritti “possono svuotarsi, se sopravviene un’apatia collettiva[2].

Il punto non è solo essere esperti delle tecnologie digitali, ma di utilizzarle per la democrazia e l’insieme di queste due componenti danno luogo alla cittadinanza digitale.

Pascuzzi evidenzia le competenze chiave per l’apprendimento permanente, come raccomandate dal Consiglio di Europa del 22 maggio 2018 che riguardano sia la tecnologia digitale che la cittadinanza, nonchè il piano d’azione europea per l’istruzione digitale 2021-2027. Quanto all’Italia, richiama il Codice dell’amministrazione digitale di cui al D. Lgs. n. 8/2005 per la diffusione della cultura digitale tra i cittadini, con particolare riguardo ai minori ed alle categorie a rischio di esclusione.

L’Autore spiega i vari modi per reperire informazioni sulla rete e il metodo per testare l’attendibilità dei dati e non essere vittime delle fake news.

Attenzione è dedicata ai principi per una “comunicazione non ostile” e alla c.d. netiquette.

Gli strumenti della digitalizzazione sono racchiusi nel terzo capitolo: l’identificazione e l’autenticazione elettroniche, il domicilio digitale, i documenti elettronici, le firme elettroniche, i pagamenti elettronici, la posta elettronica certificata ed i principali servizi dell’amministrazione digitale: il pagoPA e l’app Io.

Pascuzzi, dopo aver esposto questa rilevante evoluzione, si domanda, sul piano giuridico se essa si governi reinterpretando le norme esistenti ovvero istituendo nuovi diritti anche a livello costituzionale.

Ricorda, quindi, le disposizioni normative che hanno dettato principi per questo settore.

  1. A) Il Codice dell’Amministrazione digitale, ove nella Sez. II del capo I vi è la Carta della cittadinanza digitale che introduce questi diritti: il diritto all’uso delle tecnologie; l’identità digitale e il domicilio digitale; l’effettuazione di pagamento con modalità informatiche; il diritto alle comunicazioni con le amministrazioni pubbliche; il diritto a servizi on line, semplici e integrati; l’alfabetizzazione informatica dei cittadini; la connettività alla rete internet dagli uffici e luoghi pubblici; la partecipazione democratica elettronica; il difensore civico digitale.
  2. B) Nuovi diritti intrinsecamente legati alla rivoluzione digitale: il Reg. U.E. 2016/679 che riconosce il diritto alla protezione dei dati personali, il diritto all’oblio, il diritto a non essere sottoposti ad una decisione basata unicamente sui trattamenti automatizzati, con l’utilizzo della c.d. intelligenza artificiale.

Inoltre, indica le iniziative volte a considerare autonomamente i diritti connessi all’evoluzione digitale in atto e riporta questi riferimenti.

  1. a) Nel 2014, l’istituzione presso la Camera dei Deputati di una Commissione per i diritti ed i doveri relativi ad internet che ha elaborato una “Dichiarazione dei diritti in Internet” che non è diventata legge, ma si pone all’attenzione di chi voglia intervenire sulla materia.
  2. b) Il 9 marzo 2021, la Commissione Europea nel presentare gli obiettivi digitali per il 2030, si è proposta di definire un quadro di principi digitali per la costruzione di una “categoria dei diritti di cittadinanza digitale[3], la cui sostanza è garantire l’esercizio on line degli stessi diritti applicabili offline, con protezione a livello normativo primario dell’U.E. (Trattato, T.F.U.E., Carta diritti fondamentali, giurisprudenza Corte di Giustizia U.E.).
  3. c) Vi sono state diverse “idee” per l’inserimento nella Costituzione della Repubblica Italiana, come modifica all’art. 21, dell’accesso alla rete come espressione del diritto di manifestazione del pensiero, ma anche, in alternativa, con un articolo che lo qualifichi diritto sociale, attribuendo allo Stato la responsabilità e l’onere di una connessione sempre effettiva, con garanzie di un adeguato e aggiornato standard minimo.

Non è stata approvata nessuna proposta.

  1. Segue: pp. 141-212.

Problematica e, per certi versi, pericolosa per la dignità umana e per i valori dell’ordinamento, sono gli “algoritmi predittivi” che prevedono determinati risultati sulla base dell’analisi di grandi quantità di dati e sono diventati “sinonimo di automazione di un processo decisionale e, quindi, di decisione automatizzata[4], la c.d. intelligenza artificiale, non solo in campo amministrativo, ma anche giurisdizionale.

Il Regolamento europeo 2016/679, con gli artt. 13 e 14, stabilisce che, nell’informativa diretta all’interessato debba essere data notizia che si procede con una decisione automatizzata e riconosce, all’art. 15, il diritto di accesso per ricevere informazioni. Il Regolamento, accanto alle garanzie conoscitive, impone un espresso limite allo svolgimento di processi decisionali interamente automatizzati con l’art. 22, riconoscendo il diritto di non essere sottoposti a decisioni automatizzate prive di un coinvolgimento dell’uomo.

Per la giustizia, la Commissione europea per l’efficacia della giustizia del Consiglio di Europa, ha adottato una carta etica europea per l’uso dell’intelligenza artificiale nel dicembre 2018.

L’Autore affronta, altresì, la disciplina dettata per i nuovi beni dell’era digitale che hanno la caratteristica della dematerializzazione e della rappresentazione in forma binaria e di solito sono memorizzati su supporti fisici, come il software, le banche dati elettroniche, i nomi di dominio, le criptovalute etc. che costituiscono il patrimonio digitale il cui asset è trasmissibile anche agli eredi, attraverso gli istituti classici del diritto civile.

L’utilizzo dei computer e delle reti telematiche per concludere contratti aventi ad oggetto beni o servizi costituiscono il cosiddetto commercio elettronico ove si applica la disciplina generale del codice civile e del codice del consumo, con regole particolari dettate dal D. Lgs. 9 aprile 2003 n. 70 in attuazione della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 giugno 2000, per le negoziazioni on line che attribuiscono diritti specifici ai consumatori dello spazio digitale.

L’esame dei diritti dei lavoratori digitali, del diritto ad un ambiente on line sicuro ed affidabile (cybersicurezza) e dei diritti dei minori precede il capitolo quinto sulle fonti dei doveri per la cittadinanza digitale che comportano, rispetto agli obblighi connessi allo stato di cittadini, una diversa connotazione per il carattere aterrittoriale di internet che pone problemi per l’individuazione del sistema giuridico applicabile, sganciato dai diritti territoriali propri degli Stati.

Nel cyberspazio, occorre individuare i soggetti più idonei a porre le norme (che possono essere organizzazioni internazionali ovvero istituzioni della rete), nonchè le tipologie di norme più efficaci (ad es. norme cogenti ovvero mere raccomandazioni o, ancora, standard tecnici).

Le attività in rete travalicano il confine degli Stati e in dottrina si ritiene che occorra applicare il diritto internazionale o che debbano valere codici di autoregolamentazione.

In ambito europeo, il Consiglio il 23 novembre 2001 ha elaborato una convenzione che è il primo trattato internazionale sul cybercrime, reati commessi via internet, riguardanti principalmente il copyright, le frodi telematiche, la pedofilia, gli attentati all’integrità delle reti.

Allo stato un’importante fonte di regole per l’accesso che è una risorsa con un proprio valore, è il contratto.

La deterritorializzazione e la destatualizzazione del diritto determinano un potenziamento della funzione del contratto che diventa il principale strumento di innovazione giuridica, anche se non è inserito tra le classiche fonti del diritto, almeno sotto due profili: 1) negoziazione tra i portatori di interessi e 2) strumento più idoneo per fornire dei beni digitali nel momento in cui l’interesse all’accesso diventa più urgente rispetto allo stesso interesse all’appropriazione[5].

Accanto al contratto, vi è la tecnica come regola che ha la sua fonte negli esperti del settore i quali non hanno, di solito, una qualche forma di legittimazione o investitura democratica o non.

Il capitolo VI si occupa della partecipazione politica on line, dei partiti digitali, del voto elettronico e del rischio della manipolazione, richiamando quando successo nell’elezione del Presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, e dei rapporti avuti con la Cambridge Analytica (CA), società operante nel campo della data science.

Nell’ultimo capitolo, il “saper essere cittadini digitali”, Pascuzzi auspica un equilibrio tra tecnologia, umanesimo e sostenibilità ambientale, economica e sociale[6], perché le nostre vite sono sempre più regolate dalla intelligenza artificiale ove gli algoritmi decidono. La tecnologia nasconde delle insidie per cui la cultura scientifica deve procedere di pari passo con la cultura etico-morale, come rilevava Benedetto Croce.

Agli albori del pensiero occidentale la cultura era una sola, umanistica e scientifica insieme. Ancora al tempo di Dante Alighieri vi era la figura del dotto in universale e dopo è venuta la specializzazione del sapere che ha prodotto steccati disciplinari nella ricerca e nella formazione in via generale tra sapere scientifico-tecnologico e sapere umanistico e, all’interno di ciascuno, specifici settori di studio e d’interesse, frantumando i saperi.

La tecnologia digitale, però, non può operare ignorando l’etica, la morale ed i valori che fanno capo all’uomo ed all’ordinamento giuridico e a cui la robotica e l’intelligenza artificiale dovrebbero ispirarsi.

Il Parlamento europeo il 20 ottobre 2020 ha approvato la tavola dei valori relativi agli aspetti etici dell’Intelligenza artificiale: i diritti fondamentali, l’approccio antropocentrico, la sicurezza specificata in 8 punti, la trasparenza e la responsabilità, l’assenza di distorsioni e di discriminazioni, la responsabilità sociale e la parità di genere, la sostenibilità ambientale, il rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali e il diritto alla tutela giurisdizionale.

Pascuzzi conclude che essere cittadini digitali significa accettare molte sfide:

– l’inclusione, tesa a far scomparire la distinzione tra offline e on line;

– le competenze (tecniche, cognitive, metacognitive, emotive, sociali, giuridiche);

– la responsabilità, come cittadini attivi, di alimentare la partecipazione democratica, di difendere il pluralismo delle idee, di vigilare sulle politiche relative ai dati personali e su altri aspetti perché “la costruzione della cittadinanza digitale è un cantiere aperto[7];

– portare e riaffermare nel futuro i valori alla base della nostra civiltà per evitare che l’evoluzione tecnologica, con macchine sempre più autonome e intelligenti, faccia regredire le conquiste democratiche dei diritti.

  1. Considerazioni generali sull’opera.

L’opera è un condensato di concetti giuridici e tecnico-digitali che danno uno spaccato esaustivo delle questioni e delle problematiche del settore che ne fanno un sapere specialistico ed è di grande utilità per chi voglia accostarsi alla materia.

La prosa piana ed il linguaggio accessibile rendono il libro fruibile da un’ampia platea di lettori che non devono necessariamente essere giuristi o esperti informatici per accostarsi ad esso.

Ciò costituisce, indubbiamente, un elemento di pregio che si sposa con l’idea dell’accesso universale che è una base essenziale dell’attività digitale.

Altra qualità di questa pubblicazione è la esposizione, interessante soprattutto per il giurista, delle problematiche più rilevanti emerse nell’utilizzo delle tecnologie digitali, nonchè la proiezione verso un’evoluzione che, con l’intelligenza artificiale, può spingere oltre i confini che delimitano l’attività delle macchine da quella umana, rendendo quest’ultima se non superflua, quanto meno notevolmente limitata.

Tra i tanti aspetti trattati dall’Autore, vorrei soffermarmi su due profili: i caratteri distintivi della cittadinanza digitale e l’utilizzo degli algoritmi predittivi (machine learning) nell’elaborazione della decisione giurisdizionale automatizzata.

  1. I caratteri della cittadinanza digitale.

Dopo l’interessante lettura del volume, la domanda a cui si intende dare risposta è se sia possibile collocare la cittadinanza digitale in un concetto giuridico, tracciandone i relativi caratteri.

L’Autore parte dalla cittadinanza, che riceve specificazione dalle diverse aggettivazioni che l’accompagnano, per precisare che per la cittadinanza digitale vi è indicazione precisa e definizione nella raccomandazione n. 10 del 2019 del Consiglio d’Europa, secondo cui il cittadino digitale è “la persona che possiede le competenze per la cultura democratica così da essere in grado di impegnarsi in modo competente e positivo con le tecnologie digitali in evoluzione; di partecipare attivamente, continuamente e responsabilmente alle attività sociali e civiche; di essere coinvolto in un processo di apprendimento permanente (in contesti formali, informali e non formali) e di impegnarsi a difendere continuamente i diritti umani e la dignità[8].

In Italia, non vi è un’espressa definizione di cittadinanza digitale, ma compare nel codice dell’amministrazione digitale, approvato con il D. Lgs. n. 82 del 2005, come titolo della Sezione II del Capo I, “Carta della cittadinanza digitale”, nonchè nella L. 20 agosto 2019 n. 92 il cui articolo 5 prevede che l’educazione alla cittadinanza digitale sia parte dell’insegnamento dell’eduzione civica.

Dato distintivo della cittadinanza digitale è che non occorra alcuna autorizzazione, permesso o altro atto amministrativo per essere cittadino digitale.

Infatti, la patente europea del computer (ECDL) che, come rileva Pascuzzi, si sta evolvendo verso la più ampia certificazione internazionale delle competenze digitali (ICDL), è un’attestazione del possesso di competenze tecniche di base, rilasciata da CEPIS che riunisce le Associazioni europee di informatica in cui l’Italia è rappresentata dalla Associazione italiana per l’informatica ed il calcolo automatico (AICA)[9].

Tale attestazione, però, riguarda le sole competenze tecniche e non è necessaria per accedere all’uso degli strumenti informatici e non riguarda la qualificazione di cittadino digitale e l’esercizio dei diritti e l’adempimento dei doveri derivanti dalla cittadinanza digitale.

Si diventa digitale con l’acquisizione delle competenze tecniche per l’uso degli strumenti elettronici (computer) ed esercitando l’accesso alla rete. Questo non è che un primo traguardo, in sé, effimero, perché bisogna continuare a stare al passo con le tecnologie digitali, dal momento che è una qualità di conoscenze e capacità che vanno coltivate e si perdono se non si segue lo sviluppo, invero in continua evoluzione, della digitalizzazione.

Si è, non solo (esperto) digitale, ma anche cittadino digitale se, come raccomandato dal Consiglio europeo, si utilizza la tecnologia digitale per l’attiva partecipazione responsabile alle attività sociali e civiche in un impegno a difesa dei diritti umani e della dignità.

La cittadinanza digitale ha una doppia componente: la capacità tecnica digitale e l’impegno democratico a tutela dei diritti umani e della dignità; non è mai una conquista acquisita una volta per tutte, ma è un traguardo che, per l’aspetto digitale, è provvisorio perché si sposta sempre più avanti, e, per il profilo democratico, richiede attenzione e cura siccome è continuamente insidiato dallo stesso avanzamento della tecnologia e dal suo uso irresponsabile.

La cittadinanza digitale è una qualità di un soggetto che non si acquisisce con atto di autorità pubblica, ma sul campo, attraverso la dimostrazione in concreto delle capacità tecniche digitali e dell’obiettivo democratico perseguito in un continuo e progressivo divenire che non raggiunge mai una situazione statica; è, per sua natura, dinamica, sempre in movimento ed è il frutto di un giudizio di valore che fotografa la situazione in quel dato momento.

Altro elemento identificativo della cittadinanza digitale è che appartiene, in teoria ed in potenza, a tutte le figure soggettive di ogni ordinamento giuridico ed è tendenzialmente identica per tutti, è universale.

Universale sì, ma strettamente personale.

La cittadinanza digitale non è trasmissibile ad altro soggetto perché non può confondersi con i diritti sui beni digitali che, come rileva Pascuzzi, sono dematerializzati, rappresentati in forma binaria e, di regola, memorizzati su supporti fisici (hard disk, chiavette usb, cloud, software etc.)[10].

Altro elemento è la manifestazione dell’esercizio della cittadinanza digitale che non è limitata al territorio di uno specifico ambito di dimensioni comunali, provinciali, regionali, statali, ma, per effetto della aterritorialità di internet[11], si estende su tutto il pianeta.

È il carattere dell’aterritorialità della cittadinanza digitale.

La cittadinanza digitale, dunque, presenta questi caratteri:

– non è costituita, né autorizzata, con atti amministrativi;

– è per sua natura dinamica evolvendosi con i mutamenti tecnologici e con il conseguente impegno democratico nella tutela della dignità e dei diritti;

– è universale, potendone essere titolare qualunque figura soggettiva di ogni ordinamento giuridico;

– è personale, legata alla capacità tecnica ed alla volontà della figura soggettiva;

– è avulsa da ogni limite territoriale;

– è riconoscibile attraverso un complesso giudizio di valore legato al momento in cui si esprime.

L’insieme dei caratteri innanzi indicati connotano la cittadinanza digitale il cui esercizio va assicurato dall’autorità pubblica con la predisposizione dei necessari servizi per garantirla al fine di consentire la fruizione dei diritti e l’adempimento dei doveri precisati da Pascuzzi.

  1. Utilizzo degli algoritmi “predittivi”, machine learning ed elaborazione della decisione giurisdizionale automatizzata.

I progressi della tecnologia digitale rilevano per l’applicazione nelle decisioni giurisdizionali automatizzate sotto due profili: 1) la possibilità di raccolta smisurata, utilizzazione ed analisi di dati mediante Big Data che consentono conclusioni che non sarebbero possibili mediante l’esame di singoli dati. I dati vengono strutturati, divisi per categorie e classificati in più contesti, trasformati in un insieme di dati che vengono a loro volta assemblati in altri insieme nuovi e più ricchi; la creazione di collegamenti tra i dati costituisce l’intelligenza artificiale. Le tecniche utilizzate per l’analisi di questi dati sono molto sofisticate, come i Data analytics e i Data Mining; 2) gli algoritmi “predittivi” che hanno la possibilità di apprendere autonomamente le regole del loro procedere che è lo sviluppo di sistemi del tutto innovativi realizzati dall’intelligenza artificiale; questi algoritmi in inglese sono denominati machine learning e, in tedesco, lernende algorithmen o machinelles Lernen. Questi algoritmi, di per sé, non possono sostituirsi alla scelta dell’uomo, ma possono realizzare soluzioni che il programmatore non aveva e non poteva in tutto o in parte prevedere e, quindi, individua le regole secondo le circostanze che si palesano nel corso della procedura e le conclusioni che emergono dal confronto delle precedenti esperienze[12]. Sono guidati da un’impostazione statistico deduttiva più che deterministica. Come è stato evidenziato: “la loro peculiarità consiste nel riconoscere modelli e similitudini e sulla base di questa conoscenza trarre conclusioni da applicare al singolo caso[13].

Queste innovazioni tecnologiche si possono utilizzare per l’assunzione di decisioni automatizzate sul piano amministrativo e in sede giurisdizionale.

Come rilevato da Pascuzzi, “il tema della giustizia automatizzata ha dato vita ad un ampio dibattito[14].

In diritto positivo, il Regolamento europeo 2016/679 è intervenuto a dettare una disciplina garantista per l’interessato coinvolto dagli effetti giuridici prodotti da una decisione automatizzata sia a fini conoscitivi e di accesso che per la possibilità di opporsi[15] alla sottoposizione a decisioni automatizzate prive di un coinvolgimento umano (art. 22 Reg. Eur. 2016/679).

Una riflessione di particolare interesse, basata sulla tecnologia digitale innovativa, è quella di Alfonso Masucci secondo cui le decisioni automatizzate non applicano norme giuridiche, ma fanno riferimento a casi materiali e ad un calcolo di probabilità statistico secondo le diverse esperienze suggerite dai big data. La regola viene prodotta dalla macchina in base al confronto tra varie esperienze[16].

Nelle decisioni giurisdizionali, il sistema si orienta verso casi che sembrano analoghi a quelli da risolvere, secondo l’elaborazione comparativa della grande quantità di dati di cui dispone.

Si può dire che, nell’automatizzazione, prevale il precedente quantitativamente rilevante.

In presenza di circostanze anomali ed eccezionali, il procedere con l’algoritmo può entrare in crisi ovvero selezionare il caso secondo la logica binaria che lo domina, inserendolo in una delle due soluzioni (bianco o nero, non grigio; aperto o chiuso, non socchiuso e così via) ed appiattendo la fattispecie concreta sulla precedente casistica.

La logica sottesa alla decisione automatizzata è strutturalmente diversa ed incompatibile con la tradizionale logica che applica una norma giuridica ove si considera la previsione astratta e la si collega causalmente alla concretezza del fatto controverso.

Da un lato, si passa da un discorso qualitativo ad uno quantitativo e, dall’altro lato, si applicano regole prive della legittimazione democratica in quanto fondate sull’esperienza di casi materiali e non sulle norme giuridiche[17].

La decisione automatizzata si fonda su modelli statistici e calcoli matematici.

La questione di fondo è se questi metodi siano conciliabili con i valori espressi dall’ordinamento giuridico innervato dalla rilevanza dell’uomo, la sua personalità, unicità e dignità.

Ad ogni modo, pur volendo superare le perplessità determinate dalla legittimazione democratica e dalla rilevanza dei valori dell’uomo nell’ordinamento giuridico, il metodo alla base della decisione automatizzata non è utilizzabile quando si devono risolvere casi che richiedano l’applicazione di disposizioni innovative per le quali mancano precedenti giurisprudenziali, affermazioni di natura amministrativa e, in genere, esperienze passate. Qui, infatti, non vi sono dati cui attingere.

Il metodo statistico-comparativo, la ricerca delle similitudini tra casi e il precedente giurisprudenziale alla base della decisione automatizzata può trovare più facile impiego nei Paesi di common law, dove la forza vincolante del precedente informa la sentenza proprio a questo metodo. Invece, nei Paesi di civil law, nei quali il punto rilevante è la norma giuridica da applicare nella fattispecie concreta, la decisione automatizzata falsa il giudizio e lo snatura.

Non è detto, però, che lo sviluppo della tecnologia digitale verso l’intelligenza artificiale non possa condurre ad un sistema, nel quale si proceda anche con metodo causale, per cui sarà possibile l’impiego delle macchine in sostituzione totale dell’attività umana.

In questa direzione è la logica fuzzy, messa a punto negli anni 60 del secolo scorso da Lotfi Zadeh dell’Università Berkeley in California.

È la logica c.d. di insieme sfumato o sfocato che ha trovato importanti applicazioni nell’industria, nei trasporti, in campo finanziario e nella realizzazione di strumenti hardware e software. Con essa non valgono i principi aristotelici di non-contraddizione e del terzo escluso.

Con la non-contraddizione, dati due insiemi, un elemento appartiene all’uno o all’altro, ma non contemporaneamente a tutti e due; con il terzo escluso vi sono solo due insiemi, per cui un elemento o appartiene all’uno o all’altro: tertium non datur.

La logica fuzzy supera le soluzioni dicotomiche ed apprezza le sfumature: non vi è solo bianco o nero, ma anche il grigio. Un elemento può appartenere all’uno e all’altro insieme o a nessuno dei due: vi è una terza soluzione.

Si può dire che la logica fuzzy si avvicini di più alla realtà e superi la barriera schematica della logica binaria.

L’applicazione della logica fuzzy al procedimento di decisione potrebbe considerare anche le circostanze anomale ed eccezionali.

A questo punto dovrà essere riconsiderata, per il processo, l’attività delle parti e del giudice che dovranno affrontare altre questioni riguardanti la verifica dell’applicazione del sistema.

Sono problemi che, per fortuna, dovranno cercare di risolvere le nuove generazioni.

Abstract

Dopo l’esposizione dell’opera di Giovanni Pascuzzi, “La cittadinanza digitale. Competenze, diritti e regole per vivere in rete”, l’Autore traccia i caratteri della cittadinanza digitale, enumerandone sei. Quindi, affronta l’utilizzo degli algoritmi nell’elaborazione della decisione giurisdizionale automatizzata, esprimendo alcune perplessità e delineando, per il futuro, l’impiego della logica fuzzy nelle decisioni automatizzate.

After the exhibition of Giovanni Pascuzzi’s work, “Digital citizenship. Skills, rights and rules for living online“, the Author traces the characteristics of digital citizenship, enumerating six of them. Then, it deals with the use of algorithms in the processing of the automated judicial decision, expressing some perplexities and outlining, for the future, the use of fuzzy logic in automated decisions.

* Relazione tenuta alla L.U.M. Bari il 17 giugno 2022 nel Convegno su evoluzioni del rapporto di cittadinanza e digitalizzazione dell’amministrazione.

[1] G. Pascuzzi, La cittadinanza digitale. Competenze, diritti e regole per vivere in rete Bologna 2021, 41.

[2] G. Pascuzzi, op. cit., 42.

[3] G. Pascuzzi, op. cit., 111.

[4] G. Pascuzzi, op. cit., 141.

[5] G. Pascuzzi, op. cit., 179.

[6] G. Pascuzzi, op. cit., 198.

[7] G. Pascuzzi, op. cit., 212.

[8] G. Pascuzzi, op. cit., 10.

[9] G. Pascuzzi, op. cit., 49.

[10] G. Pascuzzi, op. cit., 143 il quale ricorda, a titolo di esempio: le banche dati elettroniche, i nomi di dominio e le criptovalute.

[11] G. Pascuzzi, op. cit., 169.

[12] Cfr. A. Masucci, L’automatizzazione delle decisioni amministrative algoritmiche fra big data e machine learning. Verso l’algocratic governance? in corso di pubblicazione nel n. 2 di Diritto e Processo Amministrativo, Sezione prima.

[13] A. Masucci, op. ult. loc. cit.

[14] G. Pascuzzi, op. cit., 142.

[15] G. Pascuzzi, si tratta del riconoscimento di un nuovo diritto, op. cit., 142, alla sottoposizione a decisioni automatizzate prive di un coinvolgimento umano (art. 22. Reg. Eu. 2016/679).

[16] A. Masucci, op. cit., Sezione Quarta.

[17] A. Masucci, op. ult. loc. cit.