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Abstract

Il presente lavoro, anche alla luce dell’orientamento, della Commissione europea, di prorogare, per tutto il 2023, la sospensione delle regole insiste nel Patto di Stabilità e Crescita, in considerazione della situazione di estrema difficoltà e instabilità in cui versano i paesi europei, in seguito alla crisi pandemica prima e alla guerra in Ucraina poi, si prefigge di offrire suggerimenti, allorchè dovranno essere ridiscusse le nuove regole, affinchè esse siano informate a principi e criteri diversi rispetto al passato.

Sommario: 1. Premessa – 2. Irrigidimento dei vincoli di bilancio e suoi effetti – 3. Crisi pandemica e sospensione del patto di stabilità – 4. Verso nuove regole: adeguatezza, proporzionalità, solidarietà.

  1. Premessa

La revisione del Patto di Stabilità e Crescita, intervenuta successivamente alla crisi finanziaria del 2009, ha previsto un maggiore rigore per i disavanzi di bilancio, introducendo regole quantitative sulla spesa: è stata data così una maggiore rilevanza al parametro del debito pubblico.

Tali regole hanno inciso pertanto sulla capacità di spesa degli Stati e alcuni, come l’Italia, ne hanno risentito fortemente. Il forte taglio a vari settori della spesa pubblica si è reso necessario per ottemperare all’impegno europeo di rafforzare la sorveglianza sul bilancio statale soprattutto di quei paesi che, con un debito pubblico eccessivo, erano in difficoltà a mantenere la propria stabilità finanziaria.

C’è stato dunque un rafforzamento della sorveglianza dei paesi soggetti potenzialmente alle procedure per deficit eccessivo.

Le difficoltà di rientrare, per il nostro Paese, dal proprio disavanzo di bilancio, dovute a diverse cause, tra queste l’instabilità politica, hanno determinato una forte contrazione della spesa e dunque di tutte quelle attività necessarie per la sua crescita economica.

Sono mancate pertanto scelte che avrebbero consentito la possibilità di riduzione del debito che anzi è aumentato. In seguito alla pandemia da Covid 19, che ha portato con sé anche gravi problemi (inflazione, rincari, maggiore disoccupazione), è stata decisa la sospensione del Patto di Stabilità e Crescita proprio per non aggravare i bilanci degli Stati; in particolar modo, sono stati introdotti meccanismi economici europei affinché i paesi dell’eurozona potessero far fronte comune alle emergenze.

La crisi determinata dalla guerra in atto tra la Russia e l’Ucraina ha poi ulteriormente rafforzato la necessità di ricorrere ad aiuti ad imprese e famiglie per fronteggiare la crisi energetica e i maggiori costi per l’approvvigionamento del gas, dovendosi ormai ricorrere a fonti alternative al gas.

A ciò si aggiunge la necessità di predisporre risorse per fronteggiare l’aumento delle materie prime, il cui costo pesa su lavori e progetti cantierati e cantierabili.

Sembrerebbe ragionevole pensare che, allorché si porrà mano alla revisione delle regole e ne sarà pronta la bozza, i criteri siano improntati ad una visione solidaristica, anche per consentire il rispetto degli impegni presi da parte degli Stati europei.

  1. Irrigidimento dei vincoli di bilancio e suoi effetti

Appare sempre più evidente che la crisi economica, finanziaria e sociale già  prima del 2009[1] ha investito alcuni Stati della zona euro che più degli altri si sono trovati in situazione di disagio e difficoltà a fronteggiare i propri squilibri economici e finanziari; ciò ha determinato il timore crescente di una instabilità e in particolare il timore di ripercussioni pesanti sulla stabilità della moneta per la difficoltà, a causa del loro deficit, di predisporre politiche di bilancio volte a consentire sicurezza economica, ovvero crescita, occupazione, competitività, nei propri confini e dunque rassicurare in tal modo i mercati, sempre fluttuanti nel loro andamento e condizionati da varianti di vario tipo.

Sono mancati soprattutto, in alcuni Stati dell’Unione, progetti, programmi, scelte operative, politiche ed economiche in lunghi periodi di tempo.

Si è dunque pensato per lo più che fosse utile concentrarsi su una più decisa, rigorosa politica di bilancio, per rafforzare la solidità delle finanze europee e consentire, dunque, sicure prospettive di sviluppo e rafforzamento della zona euro nel suo complesso[2].

Un maggiore rigore in politica di bilancio[3] ovviamente ha comportato un incremento delle procedure e un rafforzamento degli strumenti a disposizione per raggiungere tale obiettivo. Si è ritenuto pertanto che con un nuovo trattato internazionale e rafforzando e irrigidendo i vincoli di bilancio[4](introducendo di fatto una maggiore austerity) si sarebbe riusciti a contenere meglio il rapporto deficit/pil al 3%: l’obiettivo era appunto mantenere i conti in ordine e dunque rafforzare l’unione economica monetaria; di conseguenza, c’è stata una serie di interventi che erano volti a frenare il deficit e che per migliorare la stabilità[5] del trattato, hanno inciso sull’originario impianto; ciò, a sua volta, ha inciso in modo determinante sulla spesa pubblica in modo maggiore rispetto al passato. La conseguenza è che sono diminuiti gli investimenti e ciò ha avuto un forte peso sulla vita economica e sociale e sulla crescita di alcuni Paesi.

Gli strumenti messi in campo per modificare il patto di stabilità e crescita[6] erano volti a raggiungere il pareggio strutturale di bilancio, ma ciò ha determinato ritardi per l’ammodernamento del nostro Paese e la mancanza di spesa dovuta al suo contenimento, ha accentuato la storica mancanza di strutture, in particolare nel Mezzogiorno, e ha inciso pesantemente anche sui livelli di prestazione dei servizi essenziali da garantire ai cittadini[7]. Tali strumenti dunque hanno determinato una politica economica sempre più condizionata dall’ossequio ai vincoli molto rigidi legati alla realizzazione di teorie economiche che hanno naturalmente condizionato la possibilità di spesa anche a causa della continua salita del deficit[8].

Il continuo taglio alle spese (si pensi al solo settore sanitario) ha determinato, pertanto, che vasti interessi di larghissima parte della popolazione rimanessero senza tutela e ha inciso sulla capacità di risposta a bisogni sociali diffusi del Paese[9]. La pandemia poi ha messo in luce le criticità già presenti che sono aumentate dovendosi affrontare situazioni emergenziali. E situazioni di assoluta emergenza hanno richiesto interventi veloci, rendendosi pertanto necessaria la sospensione della vigenza del patto di stabilità che finora aveva richiesto sempre il rispetto di determinati parametri di bilancio, il cui cardine è appunto il deficit[10].

E’ indubbio che il debito pubblico va contenuto ma, secondo parametri diversi dal passato[11] e la spesa pubblica va distribuita in modo da realizzare il necessario bilanciamento[12] tra risorse occorrenti per investimenti e quote da riservare per la diminuzione del debito.

Solo con investimenti mirati e progetti definiti ed attuati si può pensare di evitare ulteriori indebitamenti e si rivela pertanto opportuno, trovandoci in un contesto diverso da quello passato, ridiscutere anche le regole insite nel patto di stabilità.

Ciò è tanto più necessario per le aspettative a lungo termine che si aprono come conseguenza dell’esecuzione del PNRR che punta fortemente anche allo sviluppo tecnologico; sviluppo che richiede necessariamente, al di là degli impegni da assolvere da parte di ciascun paese, anche una cooperazione tra Stati proprio in virtù della loro interdipendenza in molti settori.

Una certa indipendenza economica[13] garantirebbe al Paese una sicura stabilità di bilancio e maggiore competitività.

  1. Crisi pandemica e sospensione del patto di stabilità

La situazione pandemica, ma certamente anche il periodo precedente, ha evidenziato l’instabilità, per così dire, del patto di stabilità, la cui applicazione era troppo distante dalla realtà economica e sociale di alcuni Stati, da qui la necessità di una riforma della disciplina dei conti pubblici e delle politiche fiscali (ovviamente vi è necessità di tenere sotto controllo il debito pubblico con una riduzione del rapporto debito-PIL graduale, credibile e favorevole alla crescita) e, per quanto riguarda la riduzione del debito, occorrerà tener conto della fase di ripresa che può presentarsi non sempre uniforme nelle varie zone del Paese.

La sospensione del patto fino al 2023 (ma l’orientamento è di prorogarla a tutto il 2023[14]) per molti aspetti ha rappresentato un vantaggio perché c’è stata una certa crescita nel 2021, avendo presente che il debito accumulato e quindi il deficit può essere ridotto progressivamente solo allorché siano ben utilizzate le risorse impiegate in opere e investimenti che consentano in tal modo una fattiva, adeguata, ripresa economica e sociale.

Quindi a partire dal 2023 devono cambiare le vecchie regole che hanno in passato pesantemente influito sulla spesa sociale e sulla politica economica che è stata pesantemente controllata e subordinata alla politica monetaria tutta tesa, attraverso rigidi vincoli di bilancio, ad assicurare, come già evidenziato, la stabilità dei prezzi e la stabilità della moneta. A ciò si aggiunge il fatto che è venuto sempre meno, negli anni passati, l’opera dello Stato interventore nell’economia e gli aiuti[15] di Stato (anche per non alterare la concorrenza); aiuti[16] invece che sono intervenuti a seguito della crisi pandemica e, successivamente, della guerra e della crisi energetica (con il c.d. caro bollette).

Le nuove regole[17], ridisegnate in un quadro di necessarie politiche economiche espansive, anche grazie ai fondi del Recovery plan, dovranno tener conto anche del miglioramento e dell’avanzamento riguardo alla produzione industriale rispetto al 2020. Gli investimenti pubblici, che ormai da anni erano a livelli molto bassi, potranno certamente dare una forte spinta alla crescita economica, rassicurando i mercati che chiedono sicurezza[18].

Dunque, per le nuove regole in discussione si deve aprire un diverso scenario allorché i rappresentati U.E. si siederanno intorno al tavolo delle trattative e si metterà mano a una nuova bozza; le nuove regole dovranno essere improntate ad una maggiore flessibilità. Queste influenzeranno naturalmente la sostenibilità dei conti pubblici rispetto ai quali molto peserà la programmazione degli interventi e dei progetti, l’attuazione delle riforme e gli investimenti, e dunque, tutte le scelte necessarie di una politica economica utile anche a risanare il bilancio dello Stato.

La causa di sospensione[19] del patto di stabilità ha consentito certamente una ripresa (aiuti), garantendo, finora, le condizioni per intervenire lì dove c’era bisogno perché c’è stato un sostegno forte ai vari settori rispetto al passato anche se la più recente crisi, dovuta alla guerra, ha creato nuove gravi difficoltà.

La flessibilità si impone come criterio che dovrebbe guidare le nuove regole[20], anche per la possibilità di migliorare lo spread, grazie alla crescita economica di cui si è detto, ma di sicuro i rigidi vincoli di bilancio[21] dovranno essere rinegoziati in vista di una crescita di sviluppo costante e progressiva.

Il nuovo patto di stabilità deve insieme garantire nuovi parametri che possano da una parte consentire il rispetto dell’adempimento degli obblighi condivisi ma nel contempo anche essere formulati in modo tale da non ostacolare la crescita dei paesi, soprattutto di quelli che partono da una situazione di fragilità e difficoltà.

Sicuramente dalla realizzazione dei risultati che si vogliono raggiungere dipenderà la sostenibilità del debito: e soprattutto influirà su ciò, giova ripetere, la realizzazione degli opportuni investimenti, la cui mancanza ha determinato finora e di fatto impedito una crescita economica costante.

A causa delle crisi che attraversano questi ultimi anni, la riforma dei vincoli di bilancio deve contrastare la rigida austerità che si è perseguita finora, tant’è che in un recente incontro, tra Draghi e Scholz, si è parlato di flessibilità come punto di riferimento per i conti pubblici anche per consentire la crescita economica (anche se è sempre minacciata dall’impennata dell’inflazione e il rischio di recessione) dato che questa è stata per lungo tempo ostacolata dal forte debito accumulato. Una certa flessibilità può consentire la possibilità di ripresa dal momento che molte nostra realtà locali, per lunghi anni, hanno risentito delle scarse risorse nelle casse comunali e regionali: in effetti, una contrazione della spesa era conseguenza anche della previsione dell’art. 10, comma 1, della Legge 243/2012 del 24 dicembre 2012, dove leggiamo che il ricorso all’indebitamento da parte dei comuni, delle province, delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano è consentito esclusivamente per finanziare spese di investimento con le modalità e nei limiti previsti dal presente articolo e dalla legge dello Stato, e se colleghiamo tale comma al  2° comma dell’art. 10[22] della Legge 243/2012 contenente come noto disposizioni per la attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’art. 81, comma 6 della Costituzione, vediamo che in effetti ci sono   limitazioni di spesa per le realtà locali attinenti alla fruizione di servizi e attività vitali per la vita sociale dei cittadini.

La mancata capacità di spesa ha influito anche sulla possibilità di eseguire opere che avrebbero potuto essere di utilità per promuovere a loro volta attività necessarie alla creazione di maggiori risorse economiche.

E di fronte alla ridotta capacità di indebitamento, dovuta anche al forte debito accumulato dalle amministrazioni locali, abbiamo ora la possibilità di spesa per eseguire opere grazie all’utilizzazione della risorse che sono state  stanziate, per consentire una ripartenza che richiederà, tuttavia, tempi diversi per la loro realizzazione. Abbiamo infatti, delle somme messe a disposizione dagli Stati con la Next Generation EU[23] ma allorché si dovranno ridiscutere i parametri del patto di stabilità ora sospesi (fino al 2023), non si potrà non tener conto della presenza delle variabili economiche, dovute alle più varie cause (quali ad. es. l’aumento del costo del lavoro, l’inflazione, problematiche ambientali, geologiche), che hanno inciso e possono incidere sulle diverse attività economiche dei singoli Stati e quindi sulle situazioni territoriali di ciascun Paese.

Deve ritenersi che la ridefinizione delle nuove regole debba partire dalla necessità comunque di riconoscere, nella sua realtà, le basi di partenza, il tempo utile per realizzare i necessari investimenti e obiettivi previsti da essi. E nella indubbia riproposizione di un bilanciamento tra spese e risparmio, tenendo conto che ci troviamo in un periodo molto critico, va considerato il ruolo della politica che deve essere pur sempre capace di rassicurare e rapportarsi con i mercati (che, come sappiamo, seguono la lex mercatoria).

La crescita economica è possibile nel caso in cui si raggiungono risultati economici grazie allo sviluppo sociale in un’economia di mercato aperto, senza tralasciare, come è stato evidenziato da tempo, la necessità di opere di ammodernamento e di snellimento della macchina burocratica e riforme di carattere normativo.

  1. Verso nuove regole: adeguatezza, proporzionalità, solidarietà.

Nella ridefinizione delle regole si terrà conto della ripartizione dei fondi provenienti dal PNRR (che dovranno molto probabilmente essere affiancate da altre risorse) e delle decisioni di politica economica che di nuovo devono avere il giusto ruolo e peso necessario richiesto per il futuro del Paese e che servono a bilanciare le rigide regole di politica monetaria ora sospese e dunque le leggi dei mercati e dei forti gruppi finanziari internazionali.

Fattori di instabilità sono dovuti all’inflazione e al conseguente aumento dei prezzi che incidono sul debito e sono stati causati anche dalla frammentazione politica e quindi da scelte non sempre condivise. Fattori di instabilità sono dovuti anche alla crisi energetica e quindi alla sofferenza delle attività di imprese e aziende che a loro volta determinano crisi del lavoro e dell’occupazione; quindi, ridiscutere le regole significa considerare le criticità presenti in una realtà economica attraversata da profonde difficoltà.

La ripresa[24] nel nostro Paese, in particolare, si trova davanti un percorso non semplice, anche a causa, come evidenziato, del debito molto alto, soprattutto se paragonato agli Stati del nord, con i quali c’è un’ampia diversità che, come è stato osservato, nell’intervista a Il Mattino del 3 febbraio 2022, dall’economista Laurence Boone, non esisteva allorché sono stati decisi quei criteri che hanno portato alla definizione dei vincoli di bilancio.[25]

Per contrastare l’aumento del debito c’è dunque il cammino verso le opere da realizzare e i traguardi da raggiungere che trova, tuttavia, numerosi ostacoli: molti comuni piccoli, ma talora anche quelli un po’ più grandi, del nostro Paese, mancano di strutture adeguate e incontrano pertanto numerose difficoltà tecniche per quanto riguarda i progetti da mettere in campo per ottenere i fondi del PNRR.

Sappiamo che preoccupa la mancanza di amministratori locali per attuare le procedure complesse utili a ottenere i fondi e poi spenderli. I progetti richiedono, per essere elaborati, una buona organizzazione tecnica che scarseggia per mancanza di personale amministrativo e tecnico.

Lo Stato ed il Governo possono intervenire rafforzando le strutture tecniche con consulenti e tecnici esterni in modo da poter accedere ai fondi, fare le procedure necessarie e dunque rendere i progetti esecutivi, finanziabili. E’ necessario dunque un personale di supporto alle cose da fare, avendo presente che spesso si rivela utile realizzare i piani che interessano più comuni (i c.d. piani integrati) per risolvere le problematiche urgenti che riguardano lo stesso territorio.

La carenza antica di organici e di risorse al Sud, al quale è destinata una forte fetta[26], rende chiaro che le autonomie locali vanno “supportate”, per così dire, nel raggiungimento dei risultati da conseguire con un’attività collaborativa.

In particolare, occorrerebbe rimuovere gli ostacoli che incontrano molti enti per una soddisfacente e corretta gestione amministrativa e contabile.

E il nostro Paese è più forte in Europa con un Mezzogiorno più forte, anche per archiviare in gran parte la famosa questione meridionale. Non più contributi, ma denaro per rinforzarne i tratti essenziali e permettere un’autonomia di crescita economica e un miglioramento sociale (maggiori scambi, opportunità di lavoro, innalzamento delle condizioni di vita, lotta alla povertà, contiguità territoriali dei servizi essenziali sanitari, messa in sicurezza e costruzione di scuole, strade, ponti e infrastrutture…). E lo Stato deve poter supportare e accompagnare, per così dire, i comuni e gli enti locali lì dove ci sono difficoltà nell’adempimento di pratiche e di progetti e nell’esecuzione degli stessi.

Giova ricordare che sono gli enti locali, soprattutto i comuni, che hanno, data la forte rappresentatività sul territorio, la capacità di intercettare le necessità dei propri cittadini, conoscere le risorse che possiedono e dunque avere conoscenza delle peculiarità insite in esso, anche se bisogna considerare che molti comuni sono distanti tra loro logisticamente, spopolati o in forti condizioni di disagio, dovute a fattori economici, sociali o naturali.

Un Mezzogiorno più forte, competitivo e meglio strutturato non può non giovare alla nazione tutta: al di là dei sussidi e contributi perequativi c’è un forte bisogno di rilancio e di investimenti[27] produttivi nei vari settori.

Attualmente, per quanto riguarda la ripresa economica, non si può sottacere che sicuramente la sospensione del patto di stabilità ha determinato una forte possibilità di immissioni di danaro pubblico (aiuti) e dunque possibilità di spesa per famiglie, imprese … Quindi, c’è stato il via libera al deficit oltre il 3%, in particolar modo si è voluto rafforzare il sistema sanitario rispetto al quale è stata evidente la difficoltà in cui esso si trovava per la mancanza di interventi pubblici e di investimenti conseguente al debito alto e alla necessaria austerità per rispettare gli obblighi europei.

Per contrastare il disavanzo e le difficoltà del nostro bilancio occorrono scelte di politica economica utili ed efficaci a contrastare l’alto costo del denaro (il dato della valuta) e lo spread tra i titoli di stato degli stati aderenti all’euro. L’aumento dello spread ha determinato l’aumento del costo del denaro, in particolare per le imprese italiane che hanno, talora, attuato il taglio del costo del lavoro; pertanto, il valore economico e strategico dei provvedimenti attuativi del PNRR[28] è determinante nella futura evoluzione del sistema Paese e la possibile crescita deve accompagnarsi alla trasparenza ovvero ad un confronto pubblico tra le varie parti convolte nella definizione di ciò che deve essere realizzato. Sappiamo bene che il costo del carburante, la crisi energetica, la dipendenza dal gas russo, hanno determinato una forte fragilità del presente e l’allarme dei mercati sempre attenti alle ripercussioni sull’economia.

Non si può nascondere che l’inflazione ha pesato e pesa sulla economia degli Stati: ciò è dovuto all’aumento dei prezzi, tra cui quello del gas, petrolio, essendo aumentato anche il costo delle materie prime, come già evidenziato; pertanto è aumentato il carovita, il costo della luce[29], conseguenza della guerra in corso; c’è da sottolineare che a seguito della nostra adesione ai trattati e quindi ai vincoli economici e finanziari a presidio della stabilità della moneta e dei prezzi, costituzionalizzata con la Legge n. 1/2012, la politica monetaria ha esercitato una forte pressione sulla politica economica: e ciò ha determinato riflessi profondi su settori di notevole rilevanza per la vita associativa ma anche su settori strategici per la crescita del Paese.

La sospensione del patto di stabilità ha dunque risposto a una serie di problematiche e pone a sua volta una serie di riflessioni sul suo futuro, avendo in conto che il suo ritorno in vigore produce inevitabilmente effetti diversi riguardo alle situazioni economiche dei singoli Stati.

Già prima delle crisi attuali le ragioni del necessario equilibrio economico-finanziario con la costituzionalizzazione del pareggio di bilancio sono apparse prevalere sui nostri principi costituzionali, nonostante la presenza dei controlimiti che rappresentano un baluardo nei confronti di attacchi ad essi; ci sembra  pertanto che il ritorno in vigore del patto di stabilità attualmente debba rispondere, in un contesto diverso rispetto al passato, ad una logica diversa, improntata ad un criterio solidaristico e di mediazione tra opposti valori e principi.

La necessità della revisione della disciplina dei conti pubblici richiede certo, un cambiamento nel rapporto debito/PIL utile ad una crescita che consentirebbe, possibilmente, una fattibile, e perciò credibile, riduzione del debito, tale da non ostacolare la ripresa economica, dal momento che, anche se nel 2021 c’è stata una discreta ripresa del 6,3% e quindi è salito nel 2021/2022[30] il tasso di crescita, gli avvenimenti in corso hanno avuto e avranno pesanti conseguenze su quella futura: pertanto devono essere stipulati accordi tali da consentire una possibile diminuzione del debito pubblico e quindi una sua progressiva diminuzione: le nuove misure non devono dunque ostacolare l’ulteriore possibilità di ripresa economica[31].

Attualmente molti scambi relativi ai rapporti di commercio sono bloccati a causa della guerra, che porta sempre con sé squilibri e impoverimento come altre drammatiche conseguenze ed ha ripercussioni nel mondo della finanza, dal momento che sappiamo che i valori del mercato hanno comunque una loro centralità rispetto ai principi che reggono la politica; e grossi, infatti, sono i timori delle banche centrali per l’inflazione in salita e che minaccia i cittadini.

Occorre pertanto non solo una strategia per fermare il debito ma anche, come da più parti si chiede, ulteriori rinforzi sufficienti a sostenere ancora con aiuti le famiglie, le imprese, le aziende, in forte difficoltà.

Gli Stati europei collegati strettamente dagli avvenimenti in corso si sono riuniti nell’ultimo consiglio a Bruxelles del 21 ottobre 2022 per trovare necessariamente e unitariamente un meccanismo (europeo) per il controllo dei prezzi (ad es. del gas) e in particolare per scorporare il prezzo del gas da quello dell’elettricità. L’esito del summit è stato importante in particolare per il nostro Paese perché la fase positiva di relativa crescita di cui si è detto che ha caratterizzato nel nostro paese il 2021/2022 ora è tuttavia minacciata da vari fattori scatenati dalla guerra in corso con tutti i drammatici problemi che trascina con sé.

Il problema del reperimento delle forniture di gas[32] e metano, il rallentamento dei commerci, il blocco delle importazioni (con la Russia infatti molte erano le commesse quali ad esempio nel settore calzaturiero) hanno pesato insieme ad altri fattori sulle nostre attività e in particolar modo l’aumento della spesa energetica ha danneggiato e danneggia l’attività di molte imprese, in particolare, come sappiamo, soprattutto quelle energivore. Il costo delle materie prime (vetro, acciaio, alluminio) tende se non a frenare a rallentare molte attività: sono in particolare piuttosto fermi gli investimenti in settori in cui c’era collaborazione con aziende estere.

E i contraccolpi si sono sentiti in economia tant’è che attualmente, ma già da tempo, si è lontani dalla soglia del 60% debito-PIL. Pertanto si è ritenuto necessario ricorrere ad aiuti consentendo ancora una maggiore spesa[33] proprio per consentire una maggiore ripresa delle attività nonostante le problematiche di cui sopra; quindi servono fondi per evitare l’aumento dei costi dei materiali e consentire la prosecuzione delle opere cantierate e di quelle da farsi: fondi per la liquidità sono ancora necessari perché la dipendenza energetica (acquistare gas) impone determinati costi[34].

Differenze tra gli Stati sui conti pubblici esistevano già prima della pandemia, ora sul debito pesano le conseguenze della guerra e della crisi energetica e da ciò è partita la necessità di accordi[35] e  una concreta “negoziazione”, per superare le criticità attuali; ed è palese che, anche se le nuove regole del PSC non potranno non essere pur sempre a difesa del debito, e volte dunque a rassicurare i mercati perché se l’equilibrio (o pareggio ?[36]) è un obiettivo necessario così come previsto dall’art. 97, 1 comma della Costituzione attraverso i documenti di programmazione finanziaria e di bilanci, le amministrazioni non potranno non concorrere alla sostenibilità del debito pubblico.

I fattori di instabilità di cui si è detto che provocano molte incertezze a causa del nostro debito sovrano alto mettono in luce la necessità che la modifica della disciplina del PSC (patto di stabilità e crescita) dovrà essere improntata a criteri di flessibilità per favorire il processo di miglioramento (crescita) dei Paesi con debito più alto: quindi una deviazione (anche temporanea) dall’Obiettivo di Medio Termine – OMT (0,5%).

E ancora occorrerebbe la concessione di un termine più ampio per il rientro dal disavanzo dal momento che attualmente la riduzione del debito è nella misura prevista di 1/20 l’anno la quale riguarda i Paesi con un debito superiore al 60% del PIL.

Sul tavolo delle trattative per le nuove regole si dovrà tener conto della partenza economica degli Stati contraenti poiché le condizioni attuali peseranno sulla crescita economica del prossimo anno.

La stabilità politica ha sicuramente un effetto positivo sulla stabilità finanziaria: infatti la stabilità politica ha un effetto positivo sulla crescita del PIL; ma la revisione del patto di stabilità a sua volta dovrà incoraggiare la crescita dei Paesi favorendo la coesione (europea) partendo dai principi di ragionevolezza e adeguatezza, così da consentire il raggiungimento degli scopi prefissi.

Si può partire anche da un debito comune ma comunque partire da un criterio base che tiene conto anche, come si è detto, della crescita di ogni singolo Stato; seguendo un criterio solidaristico di proporzionalità e ragionevolezza per quanto riguarda le somme da restituire in un certo ambito temporale.

[1] Giova ricordare che in seguito alla crisi economica e finanziaria che si è verificata a partire dal 2009 l’U.E. ha pensato di rafforzare la sua governance e quindi di rafforzare strumenti e procedure volti a stabilire una politica di bilancio più rigorosa rispetto al passato, e quindi garantire una più solida attività finanziaria utile anche al rafforzamento di ulteriori prospettive di sviluppo. E dunque abbiamo la riforma del patto di stabilità e crescita, la sottoscrizione di un accordo volto a costituire il fiscal compact – patto di bilancio, il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance dell’Unione economica e monetaria sottoscritto a Bruxelles il 2 maggio 2012 da 25 Stati tranne Regno Unito e Repubblica Ceca. Il fiscal compact è composto da un preambolo e 16 articoli. In materia fiscale il fiscal compact introduce le regole del pareggio di bilancio. In particolare, il patto di stabilità e crescita è un accordo internazionale stipulato e sottoscritto nel 1997 dai Paesi membri dell’Unione Europea inerenti al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’unione economia e monetaria dell’Unione Europea. Tuttavia, in seguito alla pandemia, si è deciso di attivare la clausola di salvaguardia prevista e di conseguenza si è congelato il patto di stabilità e la valvola del 3% debito PIL in modo che gli Stati potessero immettere il denaro utile a fronteggiare la pandemia. Il patto peraltro rientra nella terza fase dell’Unione economica e monetaria e si prefigge di garantire la disciplina di bilancio dopo l’introduzione della moneta unica. E’ prevista la sospensione fino al 2023, non la ‘abolizione del patto e ciò consente di aumentare il deficit statale (flessibilità) con facilitazione di aiuti a banche ed imprese; lo Stato, immettendo liquidità, va incontro così a una situazione di tipo emergenziale quale ad esempio la pandemia da COVID 19. La possibilità di aumentare il debito di certo necessaria come mezzo per mitigare gli effetti di una crisi economica, non ha tuttavia fermato l’inflazione dovuta soprattutto alla crisi energetica, che ha fatto e fa sentire il suo forte peso sulle famiglie e sulle attività di imprese ed aziende. La sospensione è servita in particolare a sostenere gli sforzi sanitari e l’aggravarsi della disoccupazione dovuta alla situazione pandemica. Nel P.S.C. – Patto di Stabilità e Crescita alcune norme mirano ad evitare che le politiche di bilancio vadano in direzioni problematiche e sono volte a correggere i disavanzi di bilancio o i livelli del debito pubblico eccessivi.

[2] Come è noto, il fiscal compact introduce la regola del pareggio di bilancio che si determina allorché il saldo strutturale che è il saldo corretto per il ciclo economico ed al netto delle misure una tantum delle amministrazioni pubbliche è pari all’OMT – obiettivo medio termine, specifico per ciascun paese, così come definito dal PSC con il limite inferiore di disavanzo strutturale 0,5% del PIL.

[3] In passato le riforme del PSC (Patto di Stabilità e crescita) hanno determinato la sottoscrizione di un accordo volto a costituire il c.d. fiscal compact o patto di bilancio. Diversi  interventi hanno contribuito: l’adozione del semestre europeo, la firma del Patto Europlus (marzo 2011) con il quale gli Stati membri si sono impegnati a recepire nei propri ordinamenti le regole di bilancio definite dal PSC, il Six Pack che ha introdotto nuove disposizioni nel quadro di bilancio nazionale e nella sorveglianza sugli squilibri macroeconomici eccessivi. Vi è stata una maggiore sorveglianza sul bilancio soprattutto per i paesi con deficit eccessivo o difficoltà nel mantenimento della stabilità finanziaria (Two Pack). In materia fiscale il fiscal compact introduce le regola del pareggio di bilancio stabilendo che si considera realizzato qualora il saldo strutturale (definito come saldo corretto per il ciclo e al netto delle misure una tantum) delle amministrazioni pubbliche sia pari all’obiettivo di medio termine (MTO) specifico per il Paese, come definito nel PSC come un limite inferiore di disavanzo strutturale dello 0,5% del PIL. Deviazioni temporanee del MTO sono consenti solo in caso di circostanze eccezionali o di gravi crisi economico finanziarie e comunque nella misura in cui tale deroga non comprometta la sostenibilità del debito di lungo periodo. Gli Stati firmatari del trattato si impegnano all’inserimento della regola del bilancio in pareggio (in termini strutturali) all’interno del quadro legislativo nazionale con modifiche di carattere vincolante e permanente, preferibilmente a livello costituzionale e a recepire gli specifici meccanismi di correzione da attivare nel caso di discostamenti tra i risultati conseguiti e l’obiettivo di medio termine. L’allineamento del sistema di regole interne con le nuove disposizioni europee è avvenuto per l’Italia con la legge costituzionale n. 1/2012. La legge delinea gli aspetti essenziali del pareggio di bilancio nella costituzione rinviando di stabilire la disciplina di dettaglio all’adozione di una legge da approvare a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna camera entro il 28.03.2013. In prosieguo dunque è stata emanata così la legge 24 dicembre 2012 n. 243 di attuazione del principio del pareggio di bilancio.

[4] Riguardo alla problematica dei vincoli di bilancio si è ritenuto che non sembra che il conflitto possa risolversi nel ritenere compatibile o non compatibile con la democrazia i vincoli di bilancio ma nel ritenere compatibili o incompatibili con la democrazia vincoli di bilancio rigidi o, comunque, destinati, sulla base di teorie economiche che ne consentano una definizione sulla base del principio di separazione tra politica monetaria e politica economica, in ossequio al super principio della stabilità dei prezzi (D. MONE, La costituzionalizzazione del pareggio di bilancio e il potenziale vulnus alla teorie dei controlimiti, in Rivista A.I.C., pag. 6). Sembrerebbe essersi creata in realtà una certa dipendenza della politica economica da quella monetaria, con ripercussioni rilevanti sulla vita sociale nei suoi vari aspetti, vista anche la diversità dei fini che perseguono e delle regole alle quali sottostanno, mancando, nella seconda in particolare, quella capacità di equilibrio, di mediazione, di valutazione, che riveste importanza vitale lì dove devono effettuarsi scelte e decisioni che impattano il tessuto sociale di un Paese, in particolar modo lì dove ci sono da risolvere profonde criticità che richiedono soluzioni rapide.

[5] L’erogazione dei bandi si lega agli obiettivi intermedi e finali. L’Italia ha raggiunto i 51 obiettivi per il 2021 e 45 relativi ai primi mesi del 22; ora si devono raggiungere i 55 previsti per il 22. Per quanto riguarda la effettiva realizzazione delle spese previste il governo ne ha ridotto le previsioni e, leggiamo, in base al Vadef di fine settembre che “il ritardato avvio di alcuni progetti riflette oltre i tempi di adattamento alle innovative procedure del PNRR gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche”. Questi sono legati all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia. Nella Relazione del governo inoltre si dice che le spese da sostenere “riguardano prevalentemente investimenti relativi alla realizzazione di opere e infrastrutture (come gli investimenti connessi al potenziamento dei collegamenti ferroviari) gli investimenti legati all’ecobonus …quelli finalizzati a sostenere la trasformazione tecnologica delle imprese”.

Ora dal 2023 è previsto un sostanziale incremento delle spese legate a nuovi interventi rispetto ai quali ci sono diverse complessità. Basti pensare alle fasi della progettazione, apertura dei bandi, cantieri rispetto a progetti già in fase di esecuzione (avviamento). Vi sono delle difficoltà a spendere i fondi europei. Il prossimo governo tra il 23/24 dovrà spendere 87,4 miliardi e anche se gli obiettivi attinenti alla approvazione di riforme legate necessariamente all’erogazione dei fondi sono state rispettate dal governo Draghi, vi sono problematiche per il fatto che nostri disegni di legge delega mancano dei decreti attuativi.

[6] Il patto serve a correggere disavanzi di bilancio o livelli del debito pubblico eccessivi. C’è sempre stato il timore che l’instabilità di un paese da un punto di vista economico e finanziario, mancando una politica di rigore, potesse riversarsi sulla stabilità, la tenuta della zona euro. Esso modificato prevede un maggior rigore della regola sui disavanzi di bilancio, la definizione di obiettivo di medio periodo, differenziati in ragione della situazione degli Stati membri, l’introduzione di regole quantistiche sulla spesa volte a dare maggiore rilevanza al parametro del debito pubblico.

[7] Vediamo che “il tema della industrializzazione è sempre stato di fondamentale importanza per lo sviluppo del Sud: del resto è proprio in concomitanza con le fasi in cui tale processo ha assunto maggiore impulso che si osserva una tendenza alla riduzione degli squilibri economici rispetto al resto del paese e un miglioramento del tessuto sociale istituzionale…” (il c.d. capitale sociale). “E’ dunque nostra convinzione che la soluzione della questione meridionale e quindi del ritardo strutturale dell’area, sia legata all’ulteriore sviluppo e adeguamento dell’apporto industriale, ancora in gran parte incompleto, nonostante la presenza di un tessuto produttivo complesso, con punte di eccellenze in diverse aree”. E si osserva che “Sull’arretratezza delle industrie del Sud, incidono sostanzialmente due elementi: uno quantitativo, il basso grado di industrializzazione, e un altro qualitativo, la maggiore frammentazione del tessuto imprenditoriale. Proprio a causa di questi due fattori, l’apparato industriale del Sud accusa forti difficoltà nel conseguire più elevati livelli di competitività ed internalizzazione, imposto dalla crescente globalizzazione e integrazione dei mercati” E dunque occorre favorire “l’ulteriore sviluppo del Sud e, al tempo stesso, sostenere l’adeguamento strutturale del sistema produttivo meridionale alle mutate condizioni dello scenario internazionale” Questione meridionale e questione industriale: il ruolo della politica industriale” L. Cappellani, R. Padovani, G. Servidio, p. 247 e ss. in I problemi dello sviluppo economico e del suo finanziamento nelle aree deboli  a cura di Adriano Giannola, Antonio Lopes, Domenico Sarno, Carocci Editore, 2012

[8] C’è stato infatti, rispetto al passato, una diversa programmazione degli interventi.
In particolare c’è da osservare che in passato le politiche espansive hanno permesso flussi redistributivi anche verso il Mezzogiorno: le sue regioni hanno beneficiato così di una spesa pubblica superiore alla propria capacità fiscale. Al contrario, politiche di consolidamento dei conti pubblici hanno ridotto la redistribuzione e aggravato i divari regionali.Dal 2012 il fiscal compact, il Two Pack e Six Packs hanno aggravato questa tendenza (Andrea Del Monaco, Sud colonia tedesca. La questione meridionale oggi, Ed. Futura, pag. 15 e ss.).

In particolare, nella nota di aggiornamento del DF 2018 leggiamo che il Governo intende ridurre il debito pubblico al 130% del PIL nel 2019, 128,1% nel 2020 e 126,7 nel 2021: l’obiettivo è ridurre quindi il debito attraverso l’accelerazione della crescita economica favorita dall’incremento sul territorio delle infrastrutture e dalla ripresa degli investimenti pubblici. Il Governo in effetti in quel tempo intendeva dare nuovo impulso agli investimenti pubblici invertendo la tendenza negativa in atto da molti anni (a seguito soprattutto della crisi economica) attraverso l’incremento delle risorse e il miglioramento della capacità di spesa delle Amministrazioni pubbliche. E si intendeva in particolare migliorare la capacità di spesa attraverso la valorizzazione del partenariato pubblico privato attraverso la definizione di contratti in grado di rivedere il Codice degli appalti semplificando le procedure e superare le incertezze interpretative creando una task force con il compito di centralizzare le informazioni sui progetti in corso e promuovere le migliori pratiche.

[9] Ciò è dipeso, secondo molti studiosi, anche dai rigidi vincoli di bilancio e da scelte effettuate per tener fede ad essi; infatti, come è stato notato, se “E’ vero che gli organi di direzione politica (e, segnatamente, il Governo), attraverso le loro proiezioni in seno all’apparato governante dell’Unione, recuperano almeno una parte del ruolo politico-istituzionale un tempo detenuto in seno allo Stato; com’è però chiaro, altro è il potere decisionale di cui ciascun organo disponeva in ambito nazionale, prima che si perfezionasse la trasmigrazione di parte della sovranità al piano sovranazionale, ed altra cosa il possesso solo di una quota della stessa da far valere al confronto con gli esponenti degli altri Stati membri in seno agli organi dell’Unione. Quand’anche sia dunque riconosciuto agli organi nazionali un ruolo invero non secondario, specie nella fase ascendente del processo decisionale eurounitario, resta il fatto che una massa imponente di interessi bisognosi di appagamento rimane ormai sottratta all’autodeterminazione e alla regolazione degli organi suddetti e rimessa a elettori istituzionali operanti fuori dalle mura domestiche”, A. RUGGIERI, L’indirizzo politico tra diritto legislativo e diritto giurisprudenziale, p.1479 in Scritti in memoria di Giuseppe Abbamonte (a cura di) G. Leone Tomo III, ESI, 2019

[10] La differenza tra entrate e uscite non deve superare il 3% del PIL e il debito pubblico non deve superare il 60% del PIL. Un patto sempre più difficile da rispettare già da tempo, tenendo conto che diversi paesi, per problemi interni e più recenti, ove il costo del lavoro è alto, dove sono presenti disomogeneità territoriali, si trovano in una situazione difficile. La mancata crescita economica ha aumentato il debito pubblico anche per le mancate riforme di vari settori (sanità, istruzione). La situazione pandemica ha creato, come già detto, un maggiore calo degli investimenti in settori di importanza vitale per lo sviluppo di un paese anche se nuove prospettive si sono aperte e si aprono con le risorse derivanti dal PNRR che vedono coinvolti necessariamente i comuni e le regioni; realtà territoriali con problematiche particolari ma anche proprie specificità dalle quali si deve partire per raggiungere obiettivi precisi. E proprio a questi obiettivi attualmente si fa riferimento affinché siano eseguiti progetti vitali per la ripartenza economica e il soddisfacimento delle aspettative della popolazione; progetti che devono essere eseguiti, portati a compimento, concreti per evitare il dispendio di risorse e quindi per la realizzazione di ciò che (anche per quanto riguarda i servizi) possa aumentare la competitività del paese e far conseguire vantaggi economici: tutela della salute, tutela dell’esistente (centri storici che rappresentano l’identità di una popolazione di riferimento), tutela e valorizzazione dei prodotti locali ma anche infrastrutture,…

[11] Al vertice europeo dell’11 marzo 2011 viene approvato il patto Euro Plus, pertanto gli stati membri della zona euro si impegnano a recepire nella legislazione nazionale le regole fissate nel patto di stabilità e crescita con uno strumento gerarchico di natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte. E quindi gli stati firmatari devono recepire nei loro ordinamenti nazionali le regole del patto utilizzando strumenti giuridici di natura vincolante Ma occorre sottolineare che non vi è alcun riferimento al pareggio di bilancio in senso stretto. Sul punto D. MONE, op. cit..

[12] In un’intervista dal titolo E’ la politica il guaio dell’Italia, su Il Tempo del 30 settembre 2020, il prof. Sabino Cassese riflette sul fatto che l’Italia è in declino da un quarto di secolo o perché ferma mentre gli altri Paesi europei marciano, o perché va indietro mentre gli altri corrono. Nonostante tutto, vi sono aree, zone, istituti, gruppi di primissimo ordine, che tuttavia si estinguono con il passare del tempo, perché le loro qualità si fondano solo sulle persone, non riescono a stabilirsi tradizioni che assicurino continuità … La classe dirigente non riesce a maturare indirizzi politici, vivacchia alla buona, tirando avanti, non riesce a prospettare un futuro al Paese e auspica che ci sia meno tensione nei rapporti Stato/Regione e un maggiore coinvolgimento nella gestione dei grandi problemi nazionali e di trovare degli accordi come avviene nel Bundesrat tedesco, una stanza di compensazione e dialogo e dunque la costituzione di una camera delle regioni dal momento che attualmente il confronto tra Stato e Regione avviene attraverso la conferenza Stato/Regioni che non ha rilievo costituzionale

[13] Come si evince dall’intervista al ministro francese Bruno Le Maire su Il Mattino del 18 marzo 2021, le finanze pubbliche devono essere ben gestite semplicemente perché quando sarà il momento sarà necessario ricostituire le riserve per poter affrontare una possibile nuova crisi … c’è bisogno di un dibattito sulle nuove regole di bilancio a livello europeo che dovranno tener conto delle conseguenze di questa crisi (pandemica, ma poi ci sarà pure la guerra Russia-Ucraina). Occorre fare attenzione a non ripetere gli errori del 2010-2011 quando si è voluto consolidare le nostre finanze pubbliche troppo rapidamente, il che ha avuto un impatto negativo sulle nostre economie. Oggi la mia priorità è il sostegno economico. Ancora, secondo il Ministro francese occorre mettere in atto investimenti in progetti concreti definiti e attuati in un piano di rilancio che lascia grande spazio alla cooperazione sulle nuove tecnologie. L’obiettivo è lo sviluppo dell’idrogeno sul quale la Francia investirà alcuni miliardi di euro. Inoltre, c’è interesse a che l’Italia partecipi al progetto così come c’è volontà di mettere in campo progetto nel settore dell’elettronica con l’obiettivo di diventare indipendenti nella produzione di semiconduttori nei quali coinvolgere l’Italia così come una collaborazione per presentare piani tra gli Stati affinché possa nascere un progetto comune. Quindi, il Ministro auspica la condivisione di progetti comuni.

[14] Sulla prorogabilità a tutto il 2023, è degli ultimi giorni la notizia della disponibilità del Cancelliere Olaf Scholz. La Commissione europea si accinge dunque a prorogare di un altro anno la clausola di salvaguardia che, da marzo 2020, ha sospeso le regole del PSC. Quindi dovrebbe essere questo l’orientamento.

 

[15] E’ stato detto A partire dai primi anni novanta emergono l’orientamento via via più restrittivo dell’U.E. in tema di aiuti di Stato alle imprese, i vincoli sempre più stringenti della finanza pubblica dettati dalle caratteristiche del processo di unificazione monetaria, la crescente sfiducia nella capacità della pubblica Amministrazione. I primi due elementi hanno condizionato le politiche, non solo industriali, di tutti i principali paesi europei; l’ultimo è invece un fattore specificamente italiano, storicamente ben radicato in un’ampia fetta dell’opinione pubblica, e che proprio nei primi anni novanta è stato alimentato dalla profonda crisi politica che ha portato alla fine della c.d. “Prima Repubblica” pag. 269Questione meridionale e questione industriale …op.cit.

Mentre nel nostro paese la politica industriale ha assunto un ruolo sempre più marginale, negli altri paesi avanzati il pragmatismo delle misure anti crisi ha dato voce a posizioni più disincantate rispetto alla predicazione liberista, restituendo visibilità a qualcosa che di fatto c’era sempre stato: nessuno mette in discussione il valore del mercato come strumento di selezione delle scelte ma le scelte da sottoporre al vaglio del mercato sono tornate adesso ad essere scelte politiche. pag. 273 …op ult.cit.

E ancora viene osservato che anche negli anni precedenti la recente crisi, nonostante l’azione di contrasto all’intervento pubblico propugnata dalla commissione, molti paesi dell’Unione hanno continuato a seguire una linea di politica industriale ancora basata su un forte        autoritarismo seppur non sempre attraverso un esplicito impegno di risorse finanziarie: gli accordi sia quelli riconosciuti sia quelli impediti, tra le grandi imprese, sono l’espressione di questa politica industriale ombra che ha tracciato una sorta di storia parallela all’economia europea e che meriterebbe di essere studiata e approfondita al fine di valutarne l’importanza relativa pag. 274, op ult.cit.

[16] Giova ricordare i vari interventi del governo tra cui l’azzeramento degli oneri di sistema che appesantiscono la bolletta. E’ stata ridotta l’IVA sul gas pari al 5% per le famiglie in difficoltà; la soglia Isee del bonus è stata alzata a 12mila euro (20mila euro per le famiglie numerose). E ci sono anche agevolazioni alle imprese per compensare extra costi sostenuti per l’acquisto di energia o gas naturale: sono stati dunque introdotti crediti di imposta per 18,3 miliardi. E uno sconto sui carburanti di 30 centesimi al litro grazie al taglio delle relative accise.

Attualmente vediamo che la Germania ha stanziato oltre 200 miliardi di euro di aiuti di Stato ad imprese e famiglie per il caro energia, anche se questa misura ha determinato molte critiche per il fatto che essa altera la concorrenza tra gli Stati. Tale Paese attualmente ha una forte contrazione che riguarda la propria economia. Infatti, nel suo rapporto mensile, la Bundesbank dice che l’inflazione costantemente elevata e l’incertezza sulle forniture energetiche e sui costi energetici stanno chiaramente pesando sull’economia tedesca.

[17] In vista di una ridefinizione delle regole del deficit per il 2023 e quindi di consultazioni per raggiungere tale obiettivo, per il Presidente del Consiglio Draghi le regole di bilancio in vigore fino alla pandemia già allora non erano sufficienti e aggravavano i problemi invece di aiutare a risolverli. Dunque la necessità di una revisione, in vista anche di investimenti contro i cambiamenti climatici, transizione digitale e tecnologica (Il Mattino 27 novembre 2021) e senza un forte sostegno dello Stato e quindi con un aumento del debito pubblico nessuna delle economie europee ce l’avrebbe fatta. Da qui la necessità di una politica di bilancio idonea. In questo quadro si inserisce l’intesa del trattato firmato al Quirinale tra Emmanuel Macron, Mario Draghi e Sergio Mattarella, documento che poi sarà posto sotto verifica dei rispettivi Parlamenti.

[18] In una relazione al corso di lezioni tenute all’Università L. Bocconi, l’economista A. Beneduce ci dice che il bisogno più sentito del mercato economico sarà il bisogno della sicurezza; ogni procedimento che potrà essere escogitato per dare maggiore stabilità alla vita economica del Paese sarà strumento di notevole vantaggio economico generale poiché in niun campo come nella vita economica, la sicurezza e la stabilità portano ad una migliore utilizzazione di tutte le energie così di quelle naturali come delle energie personali e sociali (AA.VV., Crisi economiche e intervento pubblico. L’insegnamento di Alberto Beneduce, Rubettino, 2014, pag. 294).

[19] In seguito alla situazione pandemica si è stabilito di attuare, come è noto, la clausola di salvaguardia e congelare il patto. E’ saltata quindi la valvola del 3% PIL. Di conseguenza gli Stati hanno potuto immettere denaro e quindi liquidità necessaria per superare le situazioni di emergenza.

[20] Secondo il Direttore del MES Klaus Regling, una applicazione rigida del vecchio patto a partire dal 2023 sarebbe costosa non solo dal punto di vista economico ma anche sul piano politico. Tuttavia occorre notare che in Italia il debito, ora al 156%, è lontano dalla soglia di Maastricht ed è alto il rapporto deficit/PIL.

[21] La politica monetaria, come si è detto, ha influito su quella economica, condizionandola in larga parte. E’ dunque una politica monetaria restrittiva imposta dal Bundesbank e imperniata su parametri di Maastricht hanno sì contenuto l’inflazione ma in alcuni Stati ha impedito uno sviluppo economico.

[22] Art. 10, comma 2: In attuazione del comma 1, le operazioni di indebitamento sono effettuate solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di durata non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali sono evidenziate l’incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti.

[23] Sarà utile coordinare il PNRR con i fondi di coesione UE poiché il Presidente Draghi ha fatto presente che, in sede europea, sia è aperta la possibilità di utilizzare le risorse per la coesione non spese anche per fronteggiare l’emergenza energetica e sostenere le famiglie e le imprese strozzate dal caro bollette. Tuttavia, occorre ritoccare in qualche parte il PNRR in quanto vanno evitati ritardi poiché c’è il rischio di perdere le varie tranches di fondi e non spendere quelli già incassati (Il Mattino, lunedì 24 ottobre 2022).

[24] Questo problema si è posto già nel corso del secolo scorso, basti pensare che a partire dalla fine degli anni cinquanta si apre una breccia sempre più tra la crescita governata dai manager e quella dello sviluppo imposto dalla politica in nome di un governo sociale e non solo economico, nel processo che sta trasformando l’Italia in una delle prime potenze industriali del mondo e man mano che avanzano i decenni si propone già allora una scelta complessa da sostenere: quella del rapporto tra mercato e politica, tra lo scambio e la dinamica propria delle gerarchie, siano esse imprese o istituzioni pubbliche (M. LO CICERO, L’insegnamento di A. Beneduce, op. cit., pag. 214).

[25] L’economista osserva inoltre: a cosa serve il saldo di bilancio? Serve a sostenere l’attività economica quando rallenta e si passa in surplus quando l’attività economica è forte. Questo in Europa non è accaduto. Molti Paesi, con debito meno elevato, durante la crisi finanziaria hanno investito meno, mentre al contrario abbiamo bisogno di investire di più.

[26] Risulta dal Rapporto del Ministero delle Infrastrutture che il 46,9% di risorse del PNRR e del Piano Complementare è stato destinato al Sud.

[27] Alla quinta conferenza biennale della BCE sulle politiche fiscali dell’Unione Europea, Paolo Gentiloni, circa il futuro della governance economica europea, dal momento che è apparsa la necessità di riformare le regole sul patto di stabilità e quindi di aprire una discussione sul punto, rilevando la necessità di cambiamenti sulla revisione della disciplina sui conti pubblici (tema su cui si discuterà in ottobre) ha sottolineato che è necessaria una riduzione del debito/PIL graduale, credibile e favorevole alla crescita, dal momento che il livello del debito è già salito molto in diversi paesi a causa della pandemia (tra il 10 e il 18%). Da ciò parte la considerazione che il rapporto deve tener conto della possibilità concreta e incentrata della crescita economica tale da consentire un rapporto equilibrato con la spesa che, a sua volta, deve essere finalizzata a risultati raggiungibili concretamente.

[28] L’erogazione dei fondi si lega agli obiettivi intermedi e finali. L’Italia ha raggiunto i 51 obiettivi per il 2021 e i 45 relativi ai primi sei mesi del 2022; ma ora si dovranno raggiungere i 55 obiettivi previsti per il 2022. In base a Il Sole 24 ore il governo ha speso metà dei fondi che aveva preventivato. Per quanto riguarda la effettiva realizzazione delle spese previste, il Governo ha ridotto le previsioni di spesa dunque leggiamo che “lo stentato avvio di alcuni progetti riflette, oltre i tempi di adattamento alle innovative procedure del P.N.R.R., gli effetti dell’impennata dei costi delle opere pubbliche”, questi sono legati all’aumento dei costi delle materie prime e dell’energia.

Dalla Relazione del governo inoltre si dice che le spese da sostenere riguardano prevalentemente investimenti relativi alla realizzazione di opere e infrastrutture (come gli investimenti connessi al potenziamento dei collegamenti ferroviari) gli investimenti legati all’ecobonus e al sisma bonus e quelli finalizzati a sostenere la trasformazione ecologica delle imprese. Ora dal 2023 è previsto un sostanziale incremento delle spese legate a nuovi interventi, per i quali si sa vi è complessità basti pensare alle fasi della pubblicazione, apertura dei bandi, cantieri, rispetto ai progetti già in fase di avviamento (esecuzione).

Vi sono comunque difficoltà a spendere i fondi europei. Nella Nadef (Nota di Aggiornamento al DEF, il Documento di Economia e Finanza), il prossimo governo tra il 2023-24 dovrà spendere 87,4 miliardi da P.N.R.R. e anche se gli obiettivi attinenti all’approvazione di riforme legate necessariamente all’erogazione dei fondi sono state rispettate dal Governo Draghi, vi sono problematiche per il fatto che molti dei disegni di legge delega mancano dei decreti attuativi.

[29] Finora la UE è stata sempre divisa sull’inserimento del tetto al prezzo del gas, anche se vi sono state molte proposte (tra cui un tetto “dinamico” al Ttf, anche temporaneo) che però non hanno trovato il favore di alcuni Stati: in particolare, quelli c.d. frugali, quali Paesi Bassi e Germania. Ma il tetto al prezzo del gas è necessario, come ha più volte sottolineato il Presidente Draghi anche nel suo ultimo summit e le trattative tra i 27 leader che si riuniscono a Bruxelles sono state difficili. La proposta sul tetto al prezzo del gas, dinamico e temporaneo, si riferiva in particolare ad un tetto modulabile riguardo ai livelli reali di domanda e offerta. Si trattava quindi di vedere poi a quali condizioni e a quale soglia opererebbe tale price cap che sarebbe correttivo al Ttf la Borsa europea del gas di Amsterdam.

A Bruxelles c’era almeno secondo quanto ha dichiarato Ursula Von Der Leyen, la volontà di introdurre tale meccanismo. E si potrebbe anche contro il c.d. caro bollette stabilire di partire da un debito comune come il “Sure dell’energia” (prestiti agevolati, come ha proposto il Presidente Draghi) che farebbe sì che la differenza tra il prezzo amministrato e quello di mercato andrebbe finanziato con risorse pubbliche, ma non a carico dei bilanci nazionali, perché colpirebbe quegli Stati già pesantemente indebitati.

Attualmente, dopo molte discussioni, oscillazioni e perplessità, se non reticenze, dopo la due giorni del Consiglio europeo di Bruxelles le decisioni prese passano per un price cup dinamico e temporaneo, insomma un interruttore per evitare i picchi di giornata del prezzo del gas; ciò in attesa di un supporto complementare e dunque, in base a un’analisi costi/benefici, imporre il price cup e quindi un altro tetto al costo del metano che serve per produrre energia elettrica. C’è stato un accordo sugli acquisiti comuni in via obbligatoria attraverso una piattaforma comune prezzo del gas per una quota del 15% del totale degli stoccaggi. Tuttavia, tali decisioni dovranno essere formalizzate e specificate. Infatti sarà investito ora il livello tecnico per fare passi avanti per quanto riguarda, appunto, gli interventi e la definizione di tutti quegli ulteriori elementi che servono a specificare meglio il price cup alla Ttf che ancora non sono chiari e sono vaghi.

[30] Nel 2022 ha una crescita del 3,3/3,4 del PIL mentre si prevede un forte rallentamento nella prospettiva di crescita per il 2023.

[31] Nel Trattato di Parigi firmato a Roma, l’Italia e la Francia sono allineate sulla revisione del patto, in particolare sull’opportunità di inserire una “golden rule” ovvero scomputare e sottrarre gli investimenti verdi dal calcolo del debito pubblico.

[32] Risulta tuttavia che in riferimento al rifornimento di gas l’Italia è il Paese che ha più diversificato, rispetto ad altri, le fonti del suo approvvigionamento, tant’è che siamo, avendo già una riserva al 92%, a nostra volta esportatori di gas.

[33] Si è posto il problema se attuare o meno uno scostamento di bilancio aumentando così il debito; ma ciò finora non è avvenuto, anche per non innescare la reazione dei mercati finanziari.

[34] Per quanto riguarda l’acquisto di gas, esso ha risentito della forte speculazione che ne ha fatto impennare il prezzo. Ma, grazie al recente Consiglio Europeo di Bruxelles del 20 ottobre 2022 e di conseguenza alle decisioni prese, il prezzo del gas è sceso, anche se bisogna sottolineare che il calo del prezzo è influenzato forse anche dal fatto che abbiamo già riserve al 92%.

[35] Le trattative che ci sono state hanno dunque riguardato accordi, per prendere misure contro il caro energia con acquisti congiunti di gas; si è lavorato e si lavora sempre più per l’indipendenza dal gas russo. Quindi accordi per una piattaforma comune per gli acquisti di metano con degli obblighi, ovvero una base obbligatoria, non volontaria, degli stati membri. Si è ritenuto che per fermare la speculazione fosse necessaria una trattativa con la partecipazione delle compagnie energetiche. Essa serve a fermare l’aumento dei prezzi. Attraverso il coordinamento della piattaforma le società energetiche concluderebbero contratti di approvvigionamento a lungo termine che possano coprire nel futuro una transizione dal gas all’idrogeno pulito con paesi fornitori affidabili.

[36] Dato il titolo della L. 20 aprile 2021 n. 1 Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Corte Costituzionale e l’art. 1 della legge n. 1/2021, 1 comma: l’articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente art. 81. Lo stato assume l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio, tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo economico.