image_pdfimage_print
  1. – Edilizia ed urbanistica – Ristrutturazione edilizia – Intervento unitario.
  2. – Edilizia ed urbanistica – Edilizia libera – Semplificazione normativa – Aree sottoposte a vincoli – Applicazione.
  3. – Edilizia ed urbanistica – Vincolo paesaggistico – Interventi ammissibili.
  4. – Edilizia ed urbanistica – Nullaosta paesaggistico – Interventi di edilizia libera – Interventi minori – Non necessità.

  1. – La ristrutturazione edilizia implica un intervento unitario che non può essere semplicemente presunto dalla presenza di più interventi eterogenei di modesta entità (tettoie, volumi tecnici, ampliamenti minimi di pertinenze, recinzioni, pavimentazioni e muretti) afferenti alla edilizia libera o già fatti oggetto di DIA.
  2. – Il regime di semplificazione normativa degli interventi afferenti alla c.d. “edilizia libera” trova applicazione anche nelle aree sottoposte a uno o più vincoli nei limiti delle esigenze di tutela in concreto dello specifico vincolo considerato, esigenze che devono essere parametrate, secondo un criterio di proporzionalità, agli effetti o alle potenzialità dell’intervento concretamente lesivi dei valori tutelati mediante l’apposizione del vincolo.
  3. – Il vincolo paesaggistico consente gli interventi edilizi non aventi, alla stregua di un criterio di ragionevolezza e proporzionalità, effetti o potenzialità suscettibili di ledere, in concreto, i beni paesaggistici tutelati mediante l’apposizione dello specifico  vincolo.
  4. – Il nullaosta paesaggistico di cui all’art. 149 del D.Lgs. n. 42/2004 non è necessario per gli interventi di edilizia libera e per gli interventi minori non aventi, alla stregua di un criterio di proporzionalità, effetti o potenzialità concretamente lesivi dei valori tutelati mediante l’apposizione dello specifico vincolo paesaggistico.

Pres. Chieppa – Est. Sestini


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8374 del 2023, proposto da Domenico Marella, Maria Maddalena Benedetti, rappresentati e difesi dall’avvocato Alessandro Valerio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Andrea Magnanelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 6462/2023.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 settembre 2025 il Cons. Raffaello Sestini e udito per le parti l’avvocato Alessandro Valerio;

Viste le conclusioni della parte appellata, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – Gli appellanti impugnano la sentenza del TAR per il Lazio (Sezione Seconda) n. 6462/2023, che ha respinto, con condanna alle spese, il loro ricorso avverso la determinazione dirigenziale n. 1588 del 5 novembre2013, con la quale i competenti uffici di Roma Capitale hanno ordinato la demolizione di più opere edilizie abusive realizzate in area vincolata paesaggisticamente.

Roma capitale si è costituita in giudizio e vi è stato scambio di memorie.

L’appello deve essere accolto, risultando fondate le censure di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione da parte degli uffici comunali.

2 – In particolare, con la determinazione dirigenziale n. 1588 del 5 novembre 2013, notificata il 22 novembre 2013, il Comune ordinava la demolizione di alcune opere edilizie abusive realizzate in area vincolata paesaggisticamente, ai sensi dell’art. 33, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001, con preavviso di demolizione d’ufficio. Le opere contestate includevano, tra le altre, tettoie di varie dimensioni, manufatti per caldaia, volumi tecnici, una scala esterna, la sostituzione di un cancello e di una recinzione, il rifacimento di un piazzale e alcune installazioni accessorie nei cortili. Alcune di tali opere erano state oggetto di DIA presentata nel 2011, ma tutte erano prive del nulla osta paesaggistico.

3 – I ricorrenti impugnavano tale determinazione davanti al TAR, denunciando i vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, nonché di violazione degli artt. 3, 10 e 33 del D.P.R. n. 380/2001 e dell’art. 149, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004, ritenendo che le opere sopraindicate fossero di modesta entità, pertinenziali, realizzate in epoca remota e, comunque, legittimate dalla DIA. Sostenevano altresì la non necessità del titolo paesaggistico, trattandosi di interventi, al più, di manutenzione straordinaria o risanamento conservativo. Denunciavano, infine, plurime carenze istruttorie e motivazionali del provvedimento demolitorio. Roma Capitale si costituiva in giudizio contestando tali censure e difendendo la legittimità della determinazione dirigenziale impugnata.

4 – Il TAR riteneva il ricorso infondato in quanto le opere realizzate, dovendo essere valutate non singolarmente ma nella loro globalità, considerata l’alterazione complessiva dell’immobile anche in relazione a prospetti e sagome, costituivano una ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 33 del D.P.R. n. 380/2001 e tale trasformazione edilizia rendeva legittima la misura demolitoria adottata dall’Amministrazione.

Inoltre, trattandosi di area soggetta a vincolo paesaggistico, sarebbe stata necessaria l’acquisizione preventiva dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149, lett. a), del D.Lgs. n. 42/2004. Ad avviso del TAR la DIA presentata nel 2011 non aveva, quindi, efficacia per l’assenza del titolo paesaggistico, risultando insufficiente a legittimare gli interventi.

Quanto ai profili istruttori e motivazionali, il TAR riteneva che la determinazione dirigenziale fosse correttamente istruita e motivata, in quanto descriveva in modo esaustivo le opere realizzate sine titulo e ne qualificava la natura come ristrutturazione edilizia in zona vincolata. Il carattere vincolato della normativa escludeva, inoltre, che l’interesse pubblico sotteso all’adozione della misura demolitoria potesse assumere rilevanza ai fini della decisione.

5 – Avverso la suindicata sentenza viene ora proposto appello, in quanto gli interventi contestati avrebbero concretato opere di manutenzione ordinaria e straordinaria di modesta entità, già descritte nella DIA e non capaci di alterare significativamente l’aspetto esteriore dell’edificio o il paesaggio circostante, e pertanto non avrebbero potuto dare luogo ad una ristrutturazione edilizia soggetta a demolizione ai sensi dell’art. 33 del DPR 380/2001.

5.1 – Vengono pertanto sollevati i vizi di eccesso di potere per difetto di istruttoria, illogicità della motivazione e mancata applicazione dell’art. 149 del D.Lgs. 42/2004, il quale che esclude l’obbligo di autorizzazione paesaggistica per interventi di manutenzione straordinaria che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore.

5.1 – In particolare, la sentenza del TAR si sarebbe basata su una valutazione solo formale concernente la pluralità di opere e la presunta modifica della sagoma dell’edificio, senza però descrivere adeguatamente lo stato dei luoghi ante intervento né quantificare le eventuali variazioni rispetto al titolo edilizio, trattandosi di volumi accessori, pavimentazioni, modifiche ai parapetti e al cancello preesistenti, realizzate senza modificare la cubatura o la superficie residenziale e senza incidere sul vincolo paesaggistico.

6 – Roma Capitale si è costituita in giudizio per affermare che le opere, valutate nel loro insieme, costituiscono un intervento di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. d) del DPR 380/2001, poiché trasformerebbero l’organismo edilizio mediante un insieme sistematico di interventi che comprendono ripristino, sostituzione, eliminazione e inserimento di elementi e impianti, alterando significativamente l’aspetto esteriore dell’edificio ed inserendosi in un contesto paesaggisticamente vincolato. Infatti, argomenta il Comune, la qualificazione delle opere non può essere atomistica, ma deve considerare l’effetto complessivo sull’edificio, anche quando si tratta di interventi formalmente minori.

6.1 – In conseguenza di ciò, l’art. 149 del D.Lgs. 42/2004, che esonera dall’autorizzazione paesaggistica solo gli interventi che non alterano lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore, non sarebbe applicabile. Ne discenderebbe anche l’inefficacia della DIA del 2011, in quanto priva del nulla osta paesaggistico, costituendo l’ordine di demolizione un atto dovuto ed a contenuto vincolato per tutte le opere in esame.

6.2 – Infine, quanto alla documentazione prodotta dai ricorrenti relativamente al favorevole esito del condono edilizio dai medesimi successivamente chiesto per un box auto insistente sulla medesima area, la vicenda, non riguardando alcuna delle opere contestate, non potrebbe avere rilievo nel presente giudizio.

7 – Ai fini della decisione, assume rilievo dirimente, in punto di diritto, l’individuazione del criterio da adottare ai fini della qualificazione giuridica degli interventi edilizi liberi e degli interventi edilizi minori realizzati in aree paesaggisticamente vincolate.

7.1 – Roma Capitale sostiene che le opere in esame, considerate nel loro insieme ed indipendentemente dalla loro entità, configurano una ristrutturazione edilizia in quanto modificano l’organismo edilizio mediante un insieme sistematico di interventi, comprendendo il ripristino, la sostituzione, l’eliminazione e l’inserimento di elementi architettonici e di impianti. tecnici. In una tale prospettiva l’applicabilità della disciplina di cui all’art. 149 del D.Lgs. n. 42/2004 sarebbe radicalmente esclusa, in linea generale, dalla riconducibilità delle opere in esame a un intervento di ristrutturazione edilizia, suscettibile di alterare significativamente l’aspetto esteriore di un edificio inserito in un contesto paesaggisticamente vincolato. Inevitabile conseguenza sarebbe la inefficacia della DIA del 2011, in quanto priva del necessario nulla osta paesaggistico.

7.1 – A giudizio del Collegio, la soluzione della vicenda controversa in esame non può prescindere dall’applicazione dei generalissimi principi del vigente ordinamento di ragionevolezza e proporzionalità dell’attività amministrativa e di sussidiarietà dell’intervento pubblico autoritativo, suscettibile di poter legittimamente incidere sulla sfera di libertà privata -come riconosciuta e garantita dall’articolo 2 della Costituzione- solo ove ciò sia imposto da preminenti esigenze di tutela dei diritti fondamentali della persona e dell’interesse pubblico generale.

La immediata ricaduta della pregressa considerazione -che in tal modo si rivela non avulsa dalla fattispecie considerata- è che gli interventi edilizi liberi e gli interventi edilizi minori in aree sottoposte a uno o più vincoli (situazione afferente alla fattispecie in esame ma comune, si osserva, alla maggior parte del territorio nazionale) possono essere interdetti o soffrire limitazioni solo in relazione alla concreta esigenza di tutela dello specifico vincolo considerato, vincolo che pertanto può e deve godere -alla stregua del principio di efficacia ed economia dell’intervento pubblico, di una tutela in concreto, ovverosia parametrata, alla stregua del predetto criterio di proporzionalità, agli effetti o alle potenzialità dell’intervento concretamente lesivi dei valori tutelati mediante l’apposizione del vincolo paesaggistico.

7.2 – Definiti in tal modo i termini della questione controversa, risultano fondate le censure d’appello di eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione in quanto, al contrario di quanto assertivamente affermato dall’amministrazione, le opere in esame non configurano una unitaria ristrutturazione edilizia, risolvendosi in plurimi interventi eterogenei e di modesta entità (tettoie, volumi tecnici, ampliamenti minimi di pertinenze, recinzioni, pavimentazioni e muretti), afferenti alla edilizia libera o già fatti oggetto di DIA. Per nessuna di tali opere l’amministrazione, pur dopo aver proceduto al suo accertamento mediante sopralluogo, dimostra la non riconducibilità al regime di semplificazione normativa previsto dal DPR 31/2017 ed all’ambito di applicazione dell’art. 149 del D.Lgs. 42/2004, che esonera dall’autorizzazione paesaggistica gli interventi minori, che non alterano lo stato dei luoghi o l’aspetto esteriore.

Pertanto la stessa amministrazione contesta la mancata acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 D.Lgs. 42/2004, ma non argomenta le concrete ragioni per le quali quel titolo era necessario in relazione alle singole opere considerate conseguendone, per le opere non riconducibili ad edilizia libera, l’efficacia della DIA del 2011.

7.3 – Alla stregua delle pregresse considerazioni, l’ordine di demolizione impugnato si fonda, dichiaratamente, sulla mera presunzione che l’insieme degli interventi abbia concretato una ristrutturazione edilizia effettuata senza acquisire il necessario nullaosta ed abbia quindi leso il paesaggio, senza valutare in modo puntuale la concreta lesività di ciascuno degli interventi considerati per i valori paesaggistici tutelati dallo specifico vincolo applicabile, distinguendo gli interventi per i quali non era necessaria l’autorizzazione paesaggistica, quelli già autorizzati sulla base della precedente DIA del 2011 e quelli effettivamente eseguiti in assenza di titolo e di autorizzazione paesaggistica.

Pertanto, in riforma dell’appellata sentenza, lo stesso ordine di demolizione deve essere annullato unitamente a tuti gli atti ad esso connessi.

7.4 – L’accoglimento dell’appello nei sensi indicati consente di non esaminare le ulteriori censure di ordine formale e procedurale. Restano salvi gli eventuali futuri provvedimenti adottati, nel rispetto delle pregresse considerazioni, dal Comune resistente nell’ambito dei propri ordinari poteri di controllo delle attività che interessano il territorio. In una tale ipotesi, potrà peraltro assumere rilievo la sopravvenuta legge regionale del Lazio n. 171/2025, che viene richiamata dagli appellanti ma che non può trovare applicazione alla controversia in esame ratione temporis. Ugualmente non rilevante ai fini della presente decisione, in quanto riferito ad un’opera diversa, si rivela il richiamo di parte ricorrente all’accoglimento di una successiva domanda di condono dei medesimi appellanti, potendo peraltro la sua mancata considerazione, da parte del Comune, corroborare il già espresso giudizio circa la carenza dell’istruttoria svolta dal medesimo Comune ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato.

8 – In conclusione, l’appello deve essere accolto nei sensi e per gli effetti sopraindicati. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza accoglie il ricorso di primo grado ed annulla gli atti ivi impugnati.

Condanna il Comune resistente a rifondere alla parte appellante le spese di giudizio, liquidate in Euro 2.000,00 per il giudizio di primo grado ed in Euro 3.000,00 per il presente grado d’appello, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 settembre 2025 con l’intervento dei magistrati:

Roberto Chieppa, Presidente

Fabio Franconiero, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore