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A cura di Alessandra Fabri

Professore associato di diritto amministrativo, Università di Teramo

 

Giuseppe Devincenzi, amministrativista eclettico*

  1. La vita e la formazione.

Giuseppe Devincenzi nacque a Notaresco, provincia di Teramo, in Abruzzo, il 4 marzo del 1814 da Domenicantonio e Maddalena Bernardi ed aveva un fratello di nome Giovanni. Apparteneva ad una famiglia della borghesia agraria, con vasti possedimenti nel teramano. Frequentò le scuole secondarie nel Collegio di Teramo.

All’età di vent’anni, si recò a Napoli dove seguì i corsi universitari di scienze naturali, filosofia e diritto e, nella stessa città, fu attratto dalla scuola privata di lettere, istituita nel 1825 da Basilio Puoti, nobile (marchese) letterato napoletano, acuto conoscitore delle lingue classiche, soprattutto, di quella italiana, che tenne in particolare considerazione il profilo della purità della lingua, sulla base delle dottrine puriste, anche se non in maniera troppo rigorosa. Nella scuola, in cui si traducevano e commentavano brani di antichi scrittori, al contempo, si alimentavano sentimenti patriottici, tra i giovani allievi, al punto da instillare nel regno borbonico, retto dal Re Ferdinando II, che all’epoca governava nel Regno delle due Sicilie[1], il dubbio, anche se infondato, che il Maestro Puoti avesse propositi rivoluzionari. Un ruolo decisivo, però, nella vita di Devincenzi ebbe la scuola di Pasquale Galluppi filosofo, letterato ed educatore, nonché scrittore e poeta, noto come esponente della c.d. “filosofia dell’esperienza”. Fu, infatti, centrale nel percorso di studio di Galluppi il sensismo, dell’abate francese Etienne Bonnot de Condillac, dottrina gnoseologica che considera la conoscenza un derivato dell’esperienza sensibile e, in particolare, il risultato dell’elaborazione delle sensazioni per cui non vi è conoscenza se l’oggetto non é riconducibile ai sensi. Tale corrente filosofica, insieme all’empirismo di John Locke, che considera l’esperienza come fonte primaria della conoscenza e come parametro di verità delle tesi, la cui validità deve essere verificata empiricamente, fornirono al Galluppi gli strumenti per un’indagine filosofica analitica che fosse preliminare ad una ricerca metafisica su Dio e sull’universo. Galluppi, tuttavia, non seppe approfondire la filosofia dell’esperienza, trasferendola nella realtà, ma si fermò sul piano della logica metafisica.

Ebbene, questa scuola ebbe un peso significativo sulla formazione della identità culturale e sulla costruzione del pensiero filosofico di Devincenzi. Egli, infatti, pur studiandola “parola”, sulla scia del purismo di Basilio Puoti, spostò la sua attenzione sulla ricerca della “idea”, muovendo dalla natura, dalla manifestazione delle cose e, dunque, da ciò che lo circondava. Così, appare evidente l’influenza del sensismo sulla formazione del suo indirizzo filosofico che lo preparò alla nuova scuola filosofica di Royer Collard e del Cousin, esponenti di un realismo e di uno spiritualismo eclettici. Ma in lui presto la filosofia divenne scienza applicata. A tale diverso approccio contribuirono le frequenti partecipazioni a vari congressi scientifici nelle principali città italiane. Devincenzi, infatti, si distaccò dal sensismo, nonostante avesse ancora molto vicino, nella sua stessa città, il maggior rappresentante di tale cultura dell’Italia meridionale, Melchiorre Delfico ed abbracciò l’eclettismo. Fu uno dei primi a dedicarsi con competenza allo studio di questa nuova filosofia francese che lo indusse alla redazione dei primi scritti ed anche se la sua posizione al riguardo non risultò particolarmente chiara e lucida, comunque, attirò l’attenzione degli studiosi per la novità della corrente filosofica oggetto di approfondimento. Nel 1835, infatti, appena ventunenne, avviò la propria attività di pubblicista, con la redazione di un saggio sull’eclettismo in Francia, dal titolo Dell’eclettismo in Francia ovvero della nuova scuola filosofica del Royer-Collard e del Cousin che ha meritato, successivamente, l’attenzione di Giovanni Gentile, filosofo, pedagogista ed accademico italiano (1875-1944). In quest’opera Devincenzi criticò il carattere sostanzialmente idealistico del sensismo e del razionalismo, mostrando apprezzamento per l’eclettismo che “… sottilmente disaminando tutte le dottrine, prende il vero dovunque si rinviene …”[2]. Per lui, infatti, la realtà e la verità, in tutte le sue manifestazioni, rappresentavano gli unici elementi a cui fosse corretto fare riferimento in quell’epoca. Ebbene, egli utilizzò subito tale impostazione filosofica per la costruzione del diritto amministrativo, che, riguardando l’attività materiale della pubblica amministrazione, la quale tutto riunisce ed include, in ambito giuridico, si prestava, all’applicazione del metodo eclettico. In questo settore, infatti, in modo particolare, più di ogni altro, per esempio,più del diritto privato, vi era l’esigenza di dare rilievo a fatti e bisogni che non venivano opportunamente considerati dalla norma di diritto positivo.

Di recente, anche Eberhard Schmidt-Assmann, nel “Verwaltungsrechtliche DogmatiK”, sulla scia della dottrina tedesca giuspubblicistica del secondo dopoguerra, è stato uno dei maggiori assertori di una “nuova scienza del diritto amministrativo” che utilizza dati e principi di altre scienze (economiche, sociologiche ed umanistiche), superando il “purismo” della scienza giuridica e il dogmatismo del diritto pubblico che ricava i concetti dal diritto positivo e li sviluppa nella loro astratta dimensione[3].

Ma, pur non trascurando “la scienza della pubblica amministrazione”, la prima scienza di cui si occupò Devincenzi fu l’agricoltura e tutte le materie affini poiché, in virtù della  sua estrazione economica e sociale, sviluppò una particolare attenzione per i problemi connessi a questa materia ed avvertì l’esigenza di individuare metodi di coltivazione più produttivi. Egli, infatti, prese parte, a Milano, alla sesta riunione degli scienziati italiani, presieduta da Vitaliano Borromeo, aperta il 12 settembre del 1844 e chiusa il 27 settembre dello stesso anno. Si trattava di incontri ai quali partecipavano i principali studiosi provenienti dai diversi Stati della penisola italiana. Va evidenziato che la nascita e l’organizzazione di tali congressi scientifici furono dovute principalmente allo zoologo Carlo Luciano Bonaparte, principe di Canino e di Musignano (figlio di Luciano, fratello minore di Napoleone I).Carlo Luciano Bonaparte, spinto da idee liberali e nazionaliste, prospettò a Leopoldo II, Granduca di Toscana, l’intenzione di indire a Pisa un incontro di scienziati, essendo a conoscenza, appunto, delle sue idee progressiste, finalizzate all’approfondimento e allo sviluppo delle conoscenze scientifiche dell’epoca. Egli, inoltre, considerava la Toscana lo Stato più idoneo a recepire e concretizzare tali manifestazioni per aver dato i natali all’illustre scienziato Galileo Galilei, simbolo del genio scientifico. Leopoldo II, infatti, avallò l’iniziativa e la prima riunione si svolse a Pisa nel 1839 e fu presieduta da Ranieri Gerbi.

Ebbene, Devincenzi, partecipò all’incontro che si tenne a Milano nel 1844, autorizzato nel 1843 dall’imperatore Ferdinando I, per l’anno successivo e organizzato da una commissione, nominata dall’istituto lombardo di scienze, lettere ed arti, formata da Giuseppe Moretti, Carlo Cattaneo e Gabrio Piola. Le materie oggetto di studio, denominate sezioni, erano: Zoologia, anatomia e fisiologia comparata, Geologia, mineralogia e geografia, Botanica e fisiologia vegetale, Fisica e matematica, Scienze mediche e Agronomia e tecnologia di cui si occupò Devincenzi con una relazione nella quale mostrò di tenere in grande considerazione le tecniche di coltivazione utilizzate nel milanese che reputava all’avanguardia e che avrebbe voluto fossero attuate anche nelle Regioni dell’Italia meridionale. Tale sezione si riunì nove volte presso l’orto botanico.

Gli scienziati, come nelle riunioni precedenti, prima di iniziare i lavori congressuali, assistevano alla Santa Messa che, in questo caso, fu celebrata nel Duomo di Milano alle nove del mattino del 12 settembre del 1844. La seduta ebbe inizio a mezzogiorno, nell’aula magna del Palazzo di Brera, alla presenza del viceré, il duca Ranieri Giuseppe d’Asburgo – Lorena e dell’arcivescovo di Milano, Carlo Gaetano II di Gaisruck e fu aperta, con un discorso di introduzione, dal Conte Borromeo, che era stato acclamato presidente nella quinta riunione svoltasi a Lucca nel 1843.

Devincenzi assunse i suoi primi impegni politici nel 1838, quando fu Sindaco di Notaresco e Consigliere provinciale di Teramo, sino al 1841. Nel 1848, poi, fu eletto deputato nell’assemblea napoletana del Regno delle Due Sicilie, governato da Ferdinando II di Borbone, come rappresentante per la città di Teramo. Il Parlamento napoletano aveva sede nei Chiostri di Monteoliveto e cioè negli edifici del monastero vicino alla Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi.

Re Ferdinando II aveva concesso al Regno delle due Sicilie una Costituzione, sul modello francese, che vedeva il potere legislativo condiviso tra il re e il Parlamento. Alle elezioni, tuttavia, non parteciparono i siciliani i quali, non riconoscendo il governo borbonico, a seguito di una rivolta popolare, avevano costituito un regno autonomo con una propria Costituzione. Ebbene, il giorno successivo all’apertura della Camera, il 15 maggio 1848, i deputati costituzionali e, in particolare quelli repubblicani, manifestarono perché avrebbero dovuto giurare la Costituzione, concessa da Ferdinando II di Borbone, senza alcuna modifica e dalla loro parte si schierò anche Devincenzi il quale avrebbe voluto fossero introdotte nel testo originario formule più garantiste.

Tra il 14 e il 15 maggio del 1848, mentre i deputati trattavano con il Re alcuni importanti cambiamenti alla Costituzione, in città, scoppiavano dei disordini e venivano poste delle barricate in via Toledo che indussero il Re allo scioglimento della Camera[4].

La reazione borbonica suscitò il malcontento di molti deputati a tal punto che uno di loro, Stanislao Mancini, per manifestare la sua netta disapprovazione, scrisse una nota protesta di cui furono confirmatari 66 deputati, tra cui lo stesso Devincenzi.

Dopo la sommossa, si tennero nuove elezioni il 15 giugno del 1848 e Devincenzi fu nominato fra i quattro segretari della nuova Camera, alla prima seduta d’insediamento, avvenuta il 10 luglio dello stesso anno. Egli, in questo periodo, sostenne alcuni principi fondamentali del costituzionalismo e si impegnò affinchè essi fossero recepiti dal Parlamento napoletano, In particolare, caldeggiò la responsabilità dei ministri e dei funzionari, firmando la proposta Pica al riguardo; affermò, con convinzione, la necessità del reciproco controllo dei poteri costituzionali, nonostante il dissenso della Camera che non avrebbe tollerato un’ingerenza governativa; fu fautore del principio in base al quale solo la Camera poteva giudicare della legittimità dei poteri dei propri componenti che ebbe l’approvazione della stessa Camera. Come fervente moderato, Devincenzi riteneva che tutti gli eventi negativi fossero causati dagli orientamenti incostituzionali e dalla sfiducia negli uomini di potere ed affermava che il Governo poteva svolgere al meglio i propri compiti solo se appoggiato dai rappresentanti della nazione. Asseriva, inoltre, con determinazione, che il Re dovesse impedire le continue violazioni della Costituzione da parte del Governo e, comunque, aveva indotto la Camera ad approvare i tributi, nonostante fossero stati imposti dal Governo senza l’autorizzazione della Camera. Successivamente, però, visto che il Governo perseverava nella violazione della Costituzione, Devincenzi si schierò dalla parte di coloro che disconobbero al Governo la facoltà di riscossione delle imposte. Dopo lo scioglimento del Parlamento nel marzo del 1849, Devincenzi, accantonata qualunque “velleità” costituzionale ed avvertendo una pressione sempre più forte da parte della polizia, scelse l’esilio. In particolare, si trattenne alcuni mesi a Ginevra, poi a Parigi ed infine, nel 1850, in Inghilterra, a Londra, ove esaminò con attenzione le tecniche e i modi di conduzione agraria, nonché le forme di credito agrario della Scozia che introdusse utilmente in Italia al suo ritorno. Nel 1860 lasciò l’Inghilterra e si recò a Torino dove insieme ad altri liberali, Poerio, Scialoja e Pisanelli, esternò al governo sabaudo tutta la sua apprensione per la marcia di Garibaldi al punto che la gioia, con cui accolse re Vittorio Emanuele II, in Abruzzo, il 14 novembre del 1860, fu sincera e non dovuta alla rilevanza della circostanza.

Intanto, il 9 novembre del 1860, veniva chiamato dal Luogotenente generale delle province napoletane, Luigi Carlo Farini, a ricoprire la carica di Consigliere per i lavori pubblici.

Nel gennaio del 1861, fu eletto deputato di Atri, nel neonato Regno d’Italia, e durante il governo Ricasoli, schieratosi dalla parte dei moderati, votò lo scioglimento dell’esercito garibaldino.

Inlinea con i moderati toscani, teneva in particolare considerazione sia le pratiche agricole e il loro rinnovamento, sia la costruzione di ferrovie, al fine di realizzare rapidamente una rete di comunicazioni nazionali. Egli, infatti, il 12 giugno del 1861, promosse il completamento della linea ferroviaria Firenze – Arezzo – Perugia, decisa dal ministro Peruzzi, anche se, per motivi strategici e militari, non ne condivideva la direzione. Riteneva, inoltre, proficuo, pure sotto il profilo temporale, affidare la costruzione delle linee ferroviarie a tante piccole società, ma l’idea non fu accolta con favore da Ricasoli, Peruzzi e Bastogi, i quali, per la realizzazione delle stesse, preferirono creare la più grande società ferroviaria italiana, a prevalente capitale nazionale. Tali contrasti, però, non compromisero l’obiettivo comune di questi proprietari agrari di soddisfare i propri interessi. Devincenzi, infatti, si adoperò per eliminare il termine “agraria” dalla espressione “imposta di ricchezza mobile”, contenuta nella norma per affrancare i proprietari terrieri dal pagamento dell’imposta sui redditi provenienti dallo svolgimento dell’attività agricola.

Negli ultimi anni del 1860 svolse una densa attività politica e rivestì cariche di particolare rilevanza. Fu nominato senatore il 12 maggio 1868, sotto il governo Menabrea II[5].

Ricoprì la carica di Ministro del Lavori pubblici per due volte: dapprima, dal 17 febbraio al 10 aprile 1867, nominato dal Presidente del Consiglio Bettino Ricasoli, in sostituzione di Stefano Jacini[6] e, successivamente, dal 31 agosto 1871 al 5 luglio 1873[7], al posto del dimissionario Giuseppe Gadda.

A capo del Ministero dei Lavori pubblici, soprattutto nel contesto del secondo e più lungo mandato, sostenne la necessità di trasferire al Governo la gestione della rete ferroviaria, allo scopo di porre fine alle ripetute inadempienze di talune società ferroviarie.

La sua attività, in ordine allo svolgimento delle funzioni attribuite al suo dicastero, fu di pregevole intensità ed impegno. Si occupò della complessa questione relativa al trasferimento della capitale a Roma; rinnovò diverse convenzioni marittime; riorganizzò l’amministrazione centrale del ministero, separando la sezione delle acque da quella delle strade; incentivò il risanamento delle zone limitrofe di Napoli; perfezionò i servizi postali e telegrafici. Ma la sua opera principale fu quella di migliorare i collegamenti via terra, da un lato, imponendo ai Comuni l’obbligo di realizzare le strade necessarie, che considerava assai rilevante e, dall’altro, regolamentando il rilascio delle concessioni governative alle società ferroviarie. Verso la metà del 1872, la sua proposta di migliorare l’esistente via Cassino non ottenne il voto favorevole alla Camera, che, al contrario, considerava più opportuna una linea diretta fra Roma e Napoli, passando per Gaeta.

Nel 1873 si ritirò in Abruzzo dove si occupò prevalentemente dei propri terreni e della loro conduzione e tale esperienza fece maturare in lui un’idea elevata della proprietà e delle funzioni che il proprietario fosse tenuto a svolgere.

Egli era convinto che migliorare le tecniche di produzione agricola e il modo di vivere nelle compagne spettasse categoricamente ai proprietari perché ciò avrebbe significato, da un lato, incrementare il profitto dell’azienda e, dall’altro, conservare la pace sociale, di cui era molto preoccupato insieme ai proprietari toscani.

Coltivò e bonificò gran parte dei terreni di cui era proprietario in Abruzzo, prediligendo la coltivazione della vite a quella del grano. Fu definito, infatti, dal Presidente del Senato, Giuseppe Saracco, negli Atti Parlamentari, in commemorazione, “… agronomo insigne, enologo distintissimo …”.

Il punto di vista di Devincenzi sulla questione agraria, di cui per anni si era occupato, ha trovato la sua sintesi più significativa nell’intervento, di matrice spiccatamente liberista, tenuto in Parlamento sull’interpellanza Jacini, relativa ai provvedimenti che l’autorità intendesse assumere a seguito dell’inchiesta agraria e sulle condizioni della classe agricola in Italia. In quella sede, egli sostenne, in una prospettiva a lungo termine, la necessità di riordinare l’insegnamento agrario e, nell’immediato, di procedere alla riforma del credito agrario. La legge sul credito fondiario del 1866, infatti, non aveva prodotto buoni risultati, ma, al contrario, aveva dato luogo a speculazioni bancarie, criticate dallo stesso Jacini, con ricadute economiche negative sugli agricoltori.

La sua marcata vena liberista si rinviene, altresì, nell’attività svolta nell’ambito della Società dei viticoltori italiani, che vide la luce nel 1885 e nella Società degli agricoltori italiani, fondata nel 1894-95 con Miraglia e Vittorio Stringher (sorta in opposizione alla costituzione di un partito agrario), della quale Devincenzi fu presidente[8].

Dopo l’entrata in vigore della tariffa 1887 sul grano[9], nelle proprietà condotte in proprio, riconvertì le colture da vitivinicole in cerealicole. Ebbe ottimi risultati con l’applicazione delle tecniche di coltura della rotazione sessennale e della semina “sopra sovesci di sulla”, che volle illustrare nella pubblicazione intitolata “Della coltivazione di due poderi”[10].

Negli ultimi anni di vita, fortemente angosciato per la mancanza di stabilità delle istituzioni, ritenne che, per un miglioramento della situazione politica, fosse necessario che il re attribuisse il governo dello Stato ad una personalità di sua fiducia. Le preoccupazioni maggiori, tuttavia, riguardarono l’assetto bancario, con particolare attenzione al credito agrario, su cui presentò ancora una Nota ai Georgofili il 24 giugno 1900.

Morì a Napoli il 1º aprile del 1903. Fu sepolto a Lucca nella cappella della famiglia Mazzarosa, con la quale ebbe un legame, in quanto un membro di questa famiglia aveva sposato Maddalena, unica nipote ed erede di Devincenzi.

  1. Elenco delle opere.

Onori funebri renduti nella memoria di Giovanni Filioli, Napoli. Dalla stamperia e cartiera del Fibreno, Lago S. Domenico Maggiore N. 3, 1834.

Dell’Eclettismo in Francia, ovvero della nuova scuola filosofica del Royer-Collard e del Cousin. Discorsi di Giuseppe Devincenzi, Napoli, 1835.

Della scienza delle leggi e in particolare della scienza della pubblica amministrazione: discorso filosofico. Discorsi di Giuseppe Devincenzi, Napoli, 1837.

Sull’innesto dei montoni merini con le pecore nostrali, «Gran Sasso d’Italia», pag. 187, Ann. IV, 1841;

Della necessità di migliorare in Italia gli aratri e gli altri strumenti congeneri, e del coltro toscano, «Gran Sasso d’Italia», pag. 180, Ann. VII, 1842;

Dell’agricoltura milanese. Rapporto di Giuseppe Devincenzi fatto alla sezione di agronomia e tecnologia della sesta riunione degli scienziati italiani, Milano, 1844;

Del sesto Congresso scientifico italiano ed in ispecie della sezione di Agronomia e Tecnologia. Discorsi di Giuseppe Devincenzi, Napoli, 1845;

Sullo stato di agricoltura nell’Italia superiore. Lettera al compilatore del «Gran Sasso d’Italia» Ignazio Rossi, 1844;

Giornale di osservazioni dell’educazione dei bachi da seta, proposto da Giuseppe Devincenzi membro della commissione serica creata dalla VI riunione degli scienziati italiani, Napoli, 1845.

Della legislazione delle irrigazioni. Discorso di Giuseppe Devincenzi, Segretario della Commissione delle Irrigazioni dei Congressi scientifici d’Italia, Napoli, 1847.

Delle strade ferrate italiane, massime per rispetto alle presenti condizioni del mediterraneo; lettera di Giuseppe Devincenzi della Commissione delle strade ferrate italiane ad Ottavio Gigli segret. Della Presidenza centrale della società nazionale «Gran Sasso d’Italia», Napoli, 1848.

Electrographie ou nouvel art de graver en relief sur métal découvert par Joseph Devincenzi, membre del plusierurs Academie, Mémoire de l’auteur presénté à l’Académie des sciences de l’Institut impérial de France. L’Academie dans la scance du 31 décembre 1855 a ordonné l’insertion de ce mémorie dans le «Recueil des Savants étrangeres», Paris, 1856.

Dell’indipendenza italiana e degli ordinamenti militari più convenienti a popoli liberi, in Rivista contemporanea, fasc. 77-78, 1860.

Delle ferrovie dell’Italia Meridionale dopo la rinuncia dei concessionari P. Talabot e Comp., «La Nazione», Firenze, 28 agosto 1861.

Ai Consiglieri Provinciali degli Abruzzi. Lettera dai Bagni d’Aqui,7 settembre 1861.

Dell’ordinamento delle ferrovie in Italia e specialmente nelle provincie meridionali: cenni di G. Devincenzi, deputato al Parlamento Nazionale. Torino, 1861.

Della coltivazione del cotone in Italia. I. Relazione al Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio, Marchese G. N. Pepoli, di G. Devincenzi, Deputato al Parlamento, Commissario Generale del regno d’Italia all’Esposizione Internazionale del 1862, Londra W. Trounce, No. 9, Cursitor-Street, Chancery-Lane, 1862.

On the cultivation of cotton in Italy, II, Report to the Ministre of Agricolture, Industry, and Commerce of the Kingdom of Italy, by G. De Devincenzi, Member of the Italian Parlamient, Genral ItalianCommissioner at the Internation Exhibition of 1862, London W. Trounce, No. 9, Cursitor-Street, Chancery-Lane, 1862.

Relazione al Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio dei Regii Commissarii Generali del Regno d’Italia, presso l’Esposizione Internazionale del 1862, Marchese G.B. di Cavour e comm. G. Devincenzi, Londra W. Trounce,9, Cursitor-Street, Chancery-Lane 1862.

–  Della necessità delle riforme amministrative per rassettare le finanze dello Stato, Camera dei deputati, 10 febbraio 1863. Discussione del bilancio dei Lavori pubblici, cap. 7 spese di annua manutenzione L. 9.388.185, 66 (1 ottobre).

 

Camera dei deputati – 21 maggio 1864. Della mancanza delle strade in molte province del Regno, Discorso del comm. Devincenzi, Risposta del conte Menabrea Ministro dei Lavori Pubblici ed Osservazioni del Professore Torreggiani, Torino.

 

Camera dei deputati – 27 maggio 1864. Dell bonifiche, Discorso del comm. Devincenzi, Torino.

 

Camera dei deputati – 30 giugno 1864. Del piano finanziario dell’amministrazione Minghetti. Discorso del comm. Devincenzi, Torino, 1864.

Della necessità di provvedere di strade molte provincie ed in ispecie le Napoletane. Osservazioni intorno ai progetti di legge sulle opere pubbliche e sull’espropriazione per causa di pubblica utilità, Torino, 1865.

Del Museo industriale italiano e del progetto di legge pel suo ordinamento. Osservazioni di G. Devincenzi, Deputato e Direttore del Museo, Torino, 1865.

Camera dei deputati – 7, 8, 9 e 10 aprile 1865. Del riordinamento e dell’ampliazione delle reti ferroviarie. Proposte del Deputato Devincenzi. Rimborsi – Tariffe – Valichi di Popoli-Avezzano e di Conza, soppressione del concorso delle Provincie e dei Comuni nelle ferrovie nazionali. Strade ferrate complementarie, Torino.

Delle commissioni parlamentari d’inchiesta e di alcune altre riforme nel governo, Firenze, 1866.

Delle strade ferrate. Discorso del Deputato G. Devincenzi. Tornata del 25 maggio 1867. Firenze, 1867.

Camera dei Deputati, Porto di Brindisi. Discorso del Deputato G. Devincenzi pronunciato nella tornata dell’11 giugno 1867, Firenze, 1867.

Della viabilità comunale in Italia e delle condizioni delle nostre strade ferrate. Luglio 1867. Firenze, 1867.

Esposizione universale del 1867. Commissione reale italiana – Per conoscere e rappresentare lo stato dell’agricoltura in Italia invito agli agronomi ed ai coltivatori.

Delle condizioni della viabilità in Italia e progetto di legge presentato agli uffizi della Camera dei deputati nella sessione del 1867 dal deputato G. Devincenzi, Firenze, 1867.

Delle strade ferrate. Discorso del Deputato G. Devincezi. Tornata del 25 maggio 1867, Firenze, 1867.

Giunta esaminatrice centrale (Agosto1868). Relazione del Direttore del museo industriale, presidente della Giunta, introno gli esami di licenza degl’istituti a S.E. il Ministro d’Agricoltura, Industria e Commercio.

Sulle spese per i lavori pubblici. Relazione presentata alla Camera dei Deputati dal Ministro delle finanze (Sella) e dal Ministro dei lavori pubblici (Devincenzi), nella tornata del 12 dicembre 1871, Roma, 1872.

Discorso del ministro dei lavori pubblici Devincenzi pronunciato alla Camera dei deputati nella tornata del 17 aprile 1872 sull’esercizio e sullo stato delle ferrovie del Regno, in risposta all’interpellanza dell’onorevole Deputato Gabelli, Roma, 1872.

Ministero dei Lavori pubblici. Relazione sui servizi idraulici presentata alla Camera dal Ministro dei Lavori pubblici (Devincenzi) nella tornata del 16 giugno 1873, Roma, 1873

Dell’insegnamento tecnico superiore e del Museo industriale di Torino, di G. Devincenzi, Senatore del Regno, Estratto della Nuova Anologia (fasc. 11-1878), Roma, 1878.

Della coltivazione idraulica delle terre in sostituzione della coltivazione a vapore, del Senatore Devincenzi, L’impossessarsi della forza meccanica è l’obiettivo della costante ricerca del genere umano, Roma, 1884.

–  Della società dei viticoltori italiani e della ricchezza nazionale. Indirizzo ai proprietari ed ai coltivatori del Senatore Devincenzi, presidente della società, Roma, 1885.

Senato del Regno. Discorso del Senatore Devincenzi sulle pubbliche spese e sulla crisi agraria, pronunciato nella tornata del 12 marzo 1885 in occasione della facoltà dimandata dal Governo di far le concessioni delle ferrovie secondarie in Sardegna, Roma, 1885.

Senato del Regno. Discorso del Senatore Devincenzi sulla falsa via dell’insegnamento agrario in Italia pronunciato nella tornata del 24 marzo 1885, nella discussione del progetto di legge per l’istituzione di scuole pratiche di agricoltura, Roma, 1885.

Senato del Regno. Discorsi del Senatore Devincenzi sulle condizioni della proprietà fondiaria in Italia e sul credito pel miglioramento delle terre, Roma, 1885.

Devincenzi, Del credito e della restaurazione della proprietà fondiaria e dell’agricoltura in Italia, Napoli, 1886.

Devincenzi, Del credito per i miglioramenti stabili agrari e per la trasformazione delle colture ai suoi colleghi del Senato in occasione della discussione dell’ordinamento del credito agrario, Napoli, 1886.

Devincenzi, Del credito per i miglioramenti stabili agrari e per la trasformazione delle colture ai suoi colleghi del Senato in occasione della discussione dell’ordinamento del credito agrario (seconda memoria), Napoli, 1886.

Devincenzi, Appendice alle due memorie del credito per i miglioramenti stabili agrari e per la trasformazione delle colture. Questione della retroattività, Napoli, 1886.

Ultima nota. Emendamenti al progetto di legge del Credito Agrario, Napoli, 10 giugno 1886.

Progetto di legge del credito agrario in Senato (Lettera circolare), Napoli, 15 luglio 1886.

Intorno ad una quistione di diritto civile in materia di credito agrario, Lettere del senatore G. Devincenzi e del prof. C.F. Gabba, Pisa, 1886.

Il Risorgimento politico va compiuto colla rigenerazione economica. Quistione agraria (Estratto da una memoria sul credito agrario; questione della retroattività, del Senatore Devincezi), Napoli, 1886.

Sull’articolo 36 della legge dell’ordinamento del credito agrario del 23 gennaio 1887. Nota del Senatore Devincenzi, 1887.

Legge dell’ordinamento del credito agrario. Emissione delle cartelle. Nota del Senatore Devincenzi, 1887.

Dell’attuazione della legge dell’ordinamento del credito agrario. Studio del senatore Devincenzi. Napoli, 1887.

Di una nuova forma del credito e del modo come agevolare il credito all’industria enologica del Senatore Devincenzi, Roma, 1888.

Devincenzi. Salviamo la grande industria, Roma, 1888.

Devincenzi, Sull’attuazione del credito agrario ed in ispecie dell’emissione delle cartelle. Interpellanza al Ministro di agricoltura nella tornata del Senato dell’8 dicembre 1888, Roma, 1888.

Devincenzi, Della vera cagione delle attuali sofferenze della nazione. Studio sul credito agrario, Roma, 1890.

Devincenzi, Agli onorevoli componenti la Commissione del credito agrario creata dal Consiglio generale del Banco di Napoli nell’ultima sessione, Roma, 14 aprile 1889.

Delle vigne e della cantina del Senatore Devincenzi, i cui vini conseguirono il Gran Premio nazionale dei vini da pasto, Terza edizione, Roma, 1892.

24 novembre 1893, Che farà ora l’Italia? Poche parole di un Senatore, Roma, 1893.

Della ricchezza pubblica in Italia. Discorso di inaugurazione della Società generale degli agricoltori italiani del Senatore Devincenzi, Presidente del Comitato promotore della Società, Roma, 1895.

Devincenzi, Concorsi e premi per monografie illustrative delle condizioni dell’agricoltura e delle classi agricole nelle diverse provincie del Regno. Relazione, Roma, 1896.

Società degli Agricoltori Italiani dell’Avvenire del nostro commercio dei vini. Discorso del Senatore Devincenzi pronunziato nell’Adunanza delle sezioni il 1 marzo 1897, estratto del bollettino, num. 4, Roma, 1897.

Della ricchezza della nazione. Discorsi due del senatore Devincenzi, pronunziati in Senato, dedicati agli elettori politici, Roma, 1897.

Studi della Commissione del credito dei miglioramenti agrari, pubblicati dal Presidente Senatore Devincenzi, Roma, 1897.

Agli onorevoli membri del Congresso agrario di Torino, Credito agrario, Colognammare (presso Giulianova) lì 8 agosto 1989, Senatore Giuseppe Devincenzi, Presidente onorario della Società degliu agricoltori italiani, Roma, 1898.

Giuseppe Devincenzi, Note sul credito agrario, Memoria letta alla 2° accademia dei Georgofili nell’adunanza del dì 24 giugno 1900. Estratto degli atti della R. Accademia dei Georgofili, anno 1900, vol. XXIII. Dispensa 2, Firenze, 1900.

Dell’unica soluzione efficace della questione di Napoli e delle province napoletane. Proposte dal Conte Camillo Benso di Cavour, ripubblicate dal Senatore Devincenzi in occasione della conferenza da tenere in Napoli il giorno 12 dicembre 1902 fra molti agronomi italiani per l’attuazione del Credito Agrario ai coltivatori della Casa di risparmio del Banco di Napoli e dedicata ai suoi colleghi, Napoli, 1902.

Modo efficace per iniziare il risorgimento delle provincie del Mezzogiorno senza compromettere nell’avvenire il bilancio dello Stato. Considerazioni del Senatore Devincenzi, Napoli, 1903.

Abstract

Il contributo ripercorre la vita e le opere di Giuseppe Devincenzi, giurista e fervente uomo politico teramano del 1800. Nella sua formazione culturale e giuridica hanno avuto un peso significativo lo studio delle lingue classiche, della filosofia e delle scienze naturali. Inizialmente, di impostazione filosofica sensista, successivamente, aderì all’eclettismo che utilizzò nella propria attività di pubblicista e, in particolare, nella costruzione della scienza del diritto amministrativo che, più di ogni altro settore, si prestava all’applicazione del metodo eclettico per l’esigenza di considerare situazioni e necessità ignorate dal diritto positivo. A causa della sua estrazione economica e sociale, si occupò anche di altre scienze, come l’agricoltura e di materie ad essa affini.

Abstract

The paper deals with Giuseppe Devincenzi’s life and works. He was born near Teramo and he was a jurist and a passionate politician. Devincenzi’s education was mainly influenced by classical languages, philosophy and science. At first, he was a follower of sensationalism but then he joined eclecticism, which was so useful for the establishment of  science of  administrative law. In particular, the eclectic method was principally used by Devincenzi in order to consider situations and necessities, which were previously ignored by positive law. Because of his economic and social condition, Devincenzi got interested in other scientific sectors, such as agriculture.

* Il lavoro è frutto di una ricerca su “I Maestri del diritto amministrativo tra ‘800 e ‘900” svolta presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Foggia, coordinata dalla prof.ssa Vera Fanti.

[1] Il Regno delle due Sicilie era sorto dalla riunione del Regno di Napoli e del Regno di Sicilia, realizzata l’otto dicembre del 1816, da Ferdinando IV, il quale assunse il nome di Ferdinando I delle Due Sicilie, con capitale Napoli.

[2] Cfr., Devincenzi G., Dell’eclettismo in Francia ovvero della nuova scuola filosofica del Royer-Collard e del Cousin, in Il Progresso VI (1835), vol. XI, 20.

[3] Al riguardo, secondo FOLLIERI E, (La riforma della pubblica amministrazione nella L. 7 agosto 2015n. 124 ed il ruolo della dottrina, in Diritto e crisi, Atti del Convegno di Studi per i trent’anni della Rivista giuridica sarda, svoltosi il 27-28 novembre 2015, a Cagliari, a cura di LUMINOSO A., Milano, 2016, 393), se si ammette che, per la costruzione del diritto amministrativo non esiste un solo  metodo, potendosi considerare giuridico anche quello, preorlandiano, che fa riferimento a tutte le scienze (economiche e sociali, alla politica e alla filosofia), la dottrina, quando nella formazione del diritto impiega ed include elementi propri di tali discipline, “fa opera scientifica”.

[4] Successivamente, la neoeletta Assemblea fu rinviata varie volte, fino a quando, il 12 marzo del 1849, Ferdinando II la sciolse una seconda volta, ristabilendo l’assolutismo regio, sino al 1860.

[5] Tale Governo fu in carica dal 5 gennaio 1868 al 13 maggio 1969 e cioè fino a quando Menabrea non si dimise per favorire un rimpasto.  Esso seguì il Governo Manabrea I, che durò per soli 2 mesi e 9 giorni, ossia dal 27 ottobre 1867 al 5 gennaio 1868.

[6] Ciò avvenne nell’ambito del cd. Governo Ricasoli II, in carica dal 20 giugno 1866 al 10 aprile 1867, ovvero per poco più di nove mesi.

[7] Egli succedette al dimissionario Giuseppe Gadda il 31 agosto 1871, nel Governo Lanza, in carica dal 14 dicembre 1869 al 25 giugno 1873.

[8] Segretario della Società degli agricoltori italiani fu il noto economista Ghino Valenti.

[9] Il riferimento è al dazio doganale sul grano, provvedimento che, insieme a quello sullo zucchero, venne introdotto in Italia, probabilmente sulla scia dell’ondata protezionistica che aveva già coinvolto l’Austria e la Francia.

[10] Lo scritto è del 1889.