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Articoli e note

n. 4-2002.

LUIGI OLIVERI

Quanto "autocertificare" fa rima con complicare.

(nota a CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, sentenze 2 aprile 2002 n. 1806*  e 17 aprile 2002 n. 2020)*

Due sentenze per due conclusioni diverse. Mettersi nei panni delle imprese appaltatrici e delle amministrazioni appaltanti nel leggere le sentenze del Consiglio di Stato, Sez. V 2 aprile 2002, n. 1806 e 17 aprile 2002, n. 2020 probabilmente equivale a sentire le stesse sensazioni di chi stia in un ottovolante, si sale, si scende, ci si rovescia, si torna dritti a velocità folle. Il senso di vertigine è la conseguenza meno grave.

Le due pronunce del Consiglio di stato sono perfetta espressione dell'incertezza interpretativa del testo del famigerato articolo 17 della legge 68/1999, ulteriore fulgido esempio di norma giuridica che al di là di dare certezze agli operatori, afferma per poi negare. Consente di presentare la dichiarazione sostitutiva di essere in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili, ma prevede, anche, che le imprese presentino la certificazione "apposita" (l'endiadi è inevitabile, come per il "voluminoso dossier", "l'asfalto reso viscido dalla pioggia", la "regolare fattura" e la gestione "efficiente ed efficace") dalla quale risulti l'ottemperanza alla legge 68/1999.

E' vero che la norma è figlia del suo tempo: siamo nel 1999, quando viene approvata. Il Dpr 445/2000 è ancora di là da venire ed i principi del Dpr 403/1998 forse sono troppo innovativi per lo stesso legislatore. Che, infatti, in tema di appalti col Dpr 554/1999 sforna l'articolo 75, che prevede la dichiarazione sostitutiva delle qualità morali dei titolari delle cariche sociali rappresentativi delle ditte appaltatrici, ma richiede anche espressamente la presentazione del certificato del casellario giudiziale.

E giù, inevitabilmente, fiumi di inchiostro da parte della dottrina e della giurisprudenza per trovare il bandolo della matassa: prevale il principio generale della possibilità di presentare la dichiarazione sostitutiva, oppure la specialità della norma che richiede, comunque, la presentazione del certificato?

E così, paradossalmente, l'approvazione di norme come il Dor 445/2000, presentato come la norma capace di semplificare la vita dei cittadini e delle imprese, consentendo loro di non dover più chiedere certificati, sostituibili sempre con le dichiarazioni, diviene fonte di incertezza e complicazione. Nella lotteria degli appalti, c'è chi vince e c'è chi perde. Qualche impresa si azzarda a presentare la sola dichiarazione sostitutiva prevista dall'articolo 17 della legge 68/1999 e riesce a non essere esclusa. Altre imprese sono meno fortunate.

Appare inevitabile chiedersi chi guadagna, concretamente, da questa situazione di incertezza interpretativa. Ed è obbligatorio auspicare l'urgente entrata in vigore del collegato alla finanziaria che eliminerà per sempre simile situazione, stabilendo che le disposizioni del Dpr 445/2000 si applicano a tutte le fattispecie in cui sia prevista una certificazione o altra attestazione, ivi comprese quelle concernenti le procedure di aggiudicazione e affidamento di opere pubbliche o di pubblica utilità, di servizi e di forniture, ancorchè regolate da norme speciali. La legge generale, finalmente, derogherà quella speciale.

Nel frattempo, ci si contenta di apprezzare la sentenza della Sezione V, 17 aprile 2002, n. 2020, postasi in linea anticipatrice di quanto prevede il citato disegno di legge, nel fornire l'interpretazione che già sin da oggi deve considerarsi corretta dell'articolo 17 della legge 68: ovvero, ai fini della partecipazione alla gara d'appalto è sufficiente presentare la dichiarazione attestante che l'impresa è in regola con le norme che disciplinano il diritto al lavoro dei disabili. Dichiarazione da considerare, alla luce del Dpr 445/2002, sostitutiva dell'ulteriore certificato richiesto dal medesimo articolo 17, il cui contenuto è sostanzialmente identico, visto che sia la dichiarazione, sia il certificato sono volti ad attestare che l'impresa rispetta quanto stabilito dalla legge 68/1999, sicchè si tratta di documenti che, certamente, si elidono. L'uno esclude l'altro, a differenza di quanto lo stesso Consiglio di Stato ha affermato con la sentenza del 2 aprile.

Se, comunque, il principio nella decisione più recente appare corretto e si auspica possa sin da subito essere considerato regola procedurale da seguire finchè non intervenga la provvida disposizione del disegno di legge collegato ordinamentale alla finanziaria, alcuni punti di detta sentenza appaiono ancora frutto di una non ancora completa applicazione dei principi del Dpr 445/2000 e di un'interpretazione dell'articolo 10, comma 1-quater, della legge 109/1994 discutibile.

In primo luogo, la sentenza afferma che il certificato previsto dall'articolo 17 della legge 68/1999 debba essere presentato solo dalla ditta provvisoriamente aggiudicataria, trovando in tal modo la ratio della compresenza, nella stessa norma, della previsione sia della dichiarazione sostitutiva del certificato, sia del certificato medesimo.

Tuttavia, in applicazione dei principi del Dpr 445/2000, le dichiarazioni previste dall'articolo 47 del decreto medesimo (tra le quali occorre classificare quella prevista dall'articolo 17 della legge 68/1999) sono definitivamente sostitutive di ogni certificazione. Dunque, a rigore ed in applicazione dell'articolo 71, comma 1, del testo unico sulla documentazione amministrativa, l'amministrazione appaltante in sede di verifica della veridicità della dichiarazione presentata dalla ditta non può e non deve chiedere agli uffici provinciali competenti il certificato, bensì la conferma scritta della veridicità di quanto affermato, sicchè il certificato di cui all'articolo 17 non deve mai, a ben vedere, venire in essere.

In secondo luogo, la sentenza in due passaggi sembra affermare che in applicazione dell'articolo 10, comma 1-quater, è possibile procedere alla verifica dei requisiti attestati dalle imprese con le dichiarazioni sostitutive, ivi compresa quella relativa al rispetto della normativa sui disabili.

La sentenza incorre nell'equivoco, per la verità sostenuto anche dall'authority degli appalti, di attribuire ai controlli in sede di gara il compito di verificare il possesso dei requisiti "morali" da parte delle ditte. Ma ciò è in chiaro contrasto con quanto prevede letteralmente l'articolo 10, comma 1-quater, il quale limita, per una volta con chiarezza, dette verifiche al solo esame del possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa, dai quali esulano completamente sia i requisiti di cui all'articolo 75 del Dpr 554/1999, sia il rispetto delle disposizioni in materia di tutela dei disabili.

Tornando proprio alla legge 68/1999, occorre, comunque, sottolineare che l'applicazione dei principi della sentenza della Sezione V 17 aprile 2002, n. 2020 unitamente a quelli del Dpr 445/2000 potrebbe, comunque, non risolvere del tutto la questione del rispetto della normativa sui disabili.

E' necessario ricordare come il Ministero del Lavoro abbia, all'epoca, compiuto un'opera, della quale oggettivamente sarebbe stato meglio fare a meno, di mitigazione dell'operatività dell'articolo 17 della legge 68/1999, il quale con chiarezza, dal punto di vista sostanziale, richiede perentoriamente che per partecipare alle gare pubbliche le imprese debbano rispettare tutte le disposizioni sulla normativa dei disabili. In una parola, aver coperto la quota obbligatoria, mediante le assunzioni previste o la stipulazione delle convenzioni previste dalla legge 68.

Ebbene, il Ministero con la circolare 4/2000 ha fornito la seguente indicazione: "il generale spirito della legislazione consentono di affermare che il datore di lavoro che manifesti concretamente, ponendo in essere gli adempimenti predetti, la volontà di assumere lavoratori disabili, ben possa considerarsi in regola rispetto alla disciplina in materia di assunzioni obbligatorie; analogamente, tale orientamento può assumersi con riferimento al datore di lavoro che abbia presentato una proposta di convenzione, in fase di valutazione da parte del competente servizio. In tutte le richiamate situazioni, il servizio rilascia la certificazione di ottemperanza, su istanza del datore di lavoro interessato".

Si tratta dell'ormai consueta, ma di legittimità eufemisticemente dubbia, circolare che modifica la legge. L'articolo 7, comma 1, della legge 68/1999 dispone con assoluta chiarezza che "ai fini dell'adempimento dell'obbligo previsto dall'articolo 3 i datori di lavoro assumono i lavoratori facendone richiesta di avviamento agli uffici competenti ovvero attraverso la stipula di convenzioni ai sensi dell'articolo 11". Non si vede come sia possibile ritenere che l'adempimento, considerato effettuato dalla legge solo in seguito all'assunzione, possa essere considerato assolto con la sola manifestazione della volontà di assumere, espressa mediante la proposta di convenzione o di richiesta numerica dei dipendenti al servizio provinciale del collocamento mirato.

Detta circolare travisa il contenuto sostanziale dell'articolo 7 della legge 68/1999. Se l'intento consiste nell'alleggerire gli oneri a carico delle imprese, allora appare corretto riformare proprio l'articolo 7 della citata legge, riscrivendolo con una formula analoga a quella utilizzata dalla circolare. Altrimenti, non si può fare a meno di rilevare che quest'ultima sia in insanabile contrasto con la legge.

E ciò potrà portare conseguenze di rilievo nei riguardi delle imprese, le quali potranno essere portate, anche nel futuro regime, a dichiarare di essere in regola con la legge 68/1999 pur non avendo assunto nemmeno uno dei disabili della propria quota obbligatoria, riferendosi alla previsione della circolare.

Ed il contenzioso, domani, invece di riguardare l'esclusione per la presentazione della dichiarazione piuttosto che del certificato, si sposterà sul contenuto della dichiarazione.

Concludere auspicando che il legislatore intervenga anche in questo ambito "nebbioso" della legge 68/1999 è stucchevole, ma necessario, in quanto solo così si semplificherà davvero l'operato di imprese ed amministrazioni pubbliche e, soprattutto, si consentirà anche ai disabili una dignitosa e certa collocazione nel mercato del lavoro.

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