REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5963 del
2012, proposto dal signor Gennarini Valentino, dal Comitato Taranto
Futura, in persona del coordinatore in carica, dal signor Nicola Russo,
dall’Associazione Tarantovola, in persona del legale rappresentante in
carica, rappresentati e difesi dall'avv. Giuseppe Carlucci, con domicilio
eletto presso la segreteria del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di
Ferro 13;
contro
Federazione Italiana Giuoco Calcio – Figc in
persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli
avv. Luigi Medugno e Letizia Mazzarelli, con domicilio eletto presso lo
studio dell’avvocato Luigi Medugno in Roma, via Panama, 58; Lega Italiana
Calcio Professionistico - Lega Pro in persona del legale rappresentante in
carica, rappresentata e difesa dagli avv. Bruno Biscotto e Maurizio
Marino, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Bruno Biscotto
in Roma, via Pisanelli, 40; Comitato Olimpico Nazionale Italiano – Coni,
non costituito in appello;
nei confronti di
Ternana Calcio s.p.a., As Taranto Calcio
s.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA:
SEZIONE III QUATER n. 5985/2012, resa tra le parti, concernente sanzione
disciplinare e risarcimento danni.
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di
Federazione Italiana Giuoco Calcio - Figc e di Lega Italiana Calcio
Professionistico - Lega Pro;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti
gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 30
ottobre 2012 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti
l’avvocato Quinto, per delega dell’avv. Carlucci, l’avvocato Mazzarelli
per delega dell’avv. Biscotto, e l’avvocato Marino;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I) Col ricorso n. 4756 del 2012, i ricorrenti,
sostenitori dell’associazione sportiva Taranto Calcio s.r.l., hanno
impugnato davanti al Tribunale amministrativo del Lazio il provvedimento
di penalizzazione di sei punti da detrarre dalla classifica del campionato
di calcio 2011-2012 della lega professionisti, prima divisione, irrogato
dalla Federazione gioco calcio all’associazione sportiva di cui sopra per
il ritardo nel pagamento di stipendi ed emolumenti ai lavoratori
dipendenti e ai calciatori, e i provvedimenti connessi.
I medesimi
ricorrenti hanno anche chiesto il risarcimento del danno asseritamente
patito per effetto dei provvedimenti impugnati.
II) Il Tar del Lazio,
con la sentenza impugnata pronunciata ai sensi dell’art. 60 cod. proc.
amm. in esito alla camera di consiglio nella quale era stata chiamata
l’istanza cautelare connessa al ricorso, ha rilevato la carenza assoluta
di giurisdizione del giudice dello Stato a pronunciarsi sulla questione,
in quanto la cognizione sulla sanzione prevista dall’art. 18 del codice di
giustizia sportiva appartiene alla giustizia sportiva, e la carenza di
giurisdizione del giudice amministrativo sulla domanda risarcitoria, che
ricade nell’ambito di cognizione della giurisdizione ordinaria.
III)
Avverso tale sentenza è stato proposto l’appello ora in esame, con il
quale si ribadisce l’illegittimità del provvedimento sanzionatorio e, alla
luce anche della normativa comunitaria, si e dedotta:
- la sussistenza
della legittimazione in ordine alla domanda demolitoria, dato che la
legittimazione si collegherebbe alla qualità di utenti e consumatori dei
ricorrenti, oltre che all’esercizio dell’azione popolare prevista
dall’art. 9 d.lgs. n. 267 del 2000 e al principio di sussidiarietà
riconosciuto dall’art. 118 Cost., e;
- contrariamente a quanto
affermato dal TAR, la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo sia quanto all’azione annullatoria, sia quanto alla domanda
risarcitoria.
L’appello, contrariamente all’eccezione sollevata dalla
resistente Federazione italiana gioco calcio, è ricevibile, poiché il suo
oggetto non è confinato nell’ambito di quelli previsti dall’art. 119,
lett. g), cod. proc. amm., al quale si applica il regime processuale
accelerato, ma si amplia nella indagine circa la risarcibilità di
posizioni soggettive collegate o ricollegabili con i provvedimenti
sportivi.
IV) Osserva il Collegio che le due questioni preliminari
ritenute ostative dal primo giudice alla pronuncia sul merito del ricorso,
relative alla legittimazione a reagire in giudizio avverso le sanzioni
sportive e all’ambito della giurisdizione deputata a conoscerne sono state
più volte esaminate dalla giurisprudenza anche di questo Consiglio di
Stato.
Essendo, tra le due questioni, assolutamente prioritaria quella
che propone la delimitazione della giurisdizione (poiché solo il giudice
capace può risolvere il problema della capacità della parte), vale
puntualizzare il sistema dei rapporti tra giurisdizioni, anche
recentemente ricostruita da questo Consiglio di Stato (sezione VI, 24
gennaio 2012, n. 302).
L'art. 1, d.l. 19 agosto 2003, n. 220,
convertito con l. 17 ottobre 2003, n. 280, dispone, al comma 2, che "i
rapporti tra l'ordinamento sportivo e l'ordinamento della Repubblica sono
regolati in base al principio di autonomia, salvi i casi di rilevanza per
l'ordinamento giuridico della Repubblica di situazioni giuridiche
soggettive connesse con l'ordinamento sportivo".
La disposizione
disciplina il delicato rapporto tra l'ordinamento statale e uno dei più
significativi ordinamenti autonomi che con il primo vengono a contatto,
garantendo due diverse esigenze costituzionalmente rilevanti:
- da un
lato, quella dell'autonomia dell'ordinamento sportivo, cui ampia tutela è
riconosciuta dagli artt. 2 e 18 della Costituzione;
- dall'altro,
quella a che non sia intaccata la pienezza della tutela delle situazioni
giuridiche soggettive che, sebbene connesse con quell'ordinamento, siano
rilevanti per l'ordinamento giuridico della Repubblica.
Da un lato,
quindi, l'art. 1, comma 2, del d.l. n. 220 del 2003 ha inteso rispettare
l'autonomia dell'ordinamento sportivo, dall'altro, espressamente ha
precisato che l'autonomia in questione non sussiste allorché siano
coinvolte situazioni giuridiche soggettive rilevanti per l'ordinamento
giuridico della Repubblica.
In applicazione dei suddetti principi, il
successivo art. 2 dello stesso citato decreto legge dispone che "è
riservata all'ordinamento sportivo la disciplina delle questioni aventi ad
oggetto:
a) l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari,
organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue
articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività
sportive;
b) i comportamenti rilevanti sul piano disciplinare e
l'irrogazione ed applicazione delle relative sanzioni disciplinari
sportive".
Ai sensi del successivo art. 3, "esauriti i gradi della
giustizia sportiva e ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario
sui rapporti patrimoniali tra società, associazioni e atleti, ogni altra
controversia avente ad oggetto atti del Comitato olimpico nazionale
italiano o delle Federazioni sportive non riservata agli organi di
giustizia dell'ordinamento sportivo ai sensi dell'articolo 2, è
disciplinata dal codice del processo amministrativo".
Come è stato
chiarito dalla sentenza della Corte Costituzionale 11 febbraio 2011, n.
49, gli articoli riportati prevedono tre forme di tutela:
- una prima
forma, limitata ai rapporti di carattere patrimoniale tra le società
sportive, le associazioni sportive, gli atleti (e i tesserati), demandata
alla cognizione del giudice ordinario;
- una seconda, relativa ad
alcune delle questioni aventi ad oggetto le materie di cui all'art. 2, non
apprestata da organi dello Stato, ma da organismi interni all'ordinamento
stesso in cui le norme in questione sono state poste, secondo uno schema
proprio della cosiddetta "giustizia associativa";
- una terza,
tendenzialmente residuale e devoluta alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo, relativa a tutto ciò che per un verso non concerne
i rapporti patrimoniali fra le società, le associazioni sportive, gli
atleti (e i tesserati) - demandati al giudice ordinario -, per altro verso
non rientra tra le materie che, ai sensi dell'art. 2, d.l. n. 220 del
2003, sono riservate all'esclusiva cognizione degli organi della giustizia
sportiva.
La stessa Corte costituzionale -nel dichiarare non fondata la
questione relativa alla legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1,
lett. b) e, in parte qua, del comma 2, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, nella
parte in cui riserva al solo giudice sportivo la decisione di controversie
aventi ad oggetto sanzioni disciplinari, diverse da quelle tecniche,
inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e società sportive,
sottraendole al sindacato del giudice amministrativo (questione sollevata
con ordinanza del Tar Lazio, Roma, sez. III ter, 11 febbraio 2010, n.
241)- ha posto in rilievo che la mancata praticabilità della tutela
impugnatoria non toglie che le situazioni di diritto soggettivo o di
interesse legittimo siano adeguatamente tutelabili innanzi al giudice
amministrativo mediante la tutela risarcitoria.
Nel condividere
l'impostazione ricostruttiva elaborata da Cons. St., sez. VI, 25 novembre
2008, n. 5782, la Corte Costituzionale ha interpretato l'art. 1, d.l. n.
220 del 2003 in un'ottica costituzionalmente orientata, nel senso che -
laddove il provvedimento adottato dalle Federazioni sportive o dal
C.O.N.I. abbia incidenza anche su situazioni giuridiche soggettive
rilevanti per l'ordinamento giuridico statale - la domanda volta ad
ottenere non la caducazione dell'atto, ma il conseguente risarcimento del
danno, debba essere proposta innanzi al giudice amministrativo, in sede di
giurisdizione esclusiva, non operando alcuna riserva a favore della
giustizia sportiva, innanzi alla quale la pretesa risarcitoria nemmeno può
essere fatta valere.
Il giudice amministrativo può, quindi, conoscere,
nonostante la riserva a favore della "giustizia sportiva", delle sanzioni
disciplinari inflitte a società, associazioni ed atleti, in via
incidentale e indiretta, al fine di pronunciarsi sulla domanda
risarcitoria proposta dal destinatario della sanzione.
La Corte
costituzionale ha dunque rilevato che la mancanza di un giudizio di
annullamento non comporta la compromissione del principio di effettività
della tutela, previsto dall'art. 24 Cost., essendo comunque consentita una
diversificata modalità di tutela giurisdizionale.
IV) Alla stregua
dell'illustrato percorso ricostruttivo seguito dalla Corte Costituzionale,
ritiene il Collegio che, mentre deve essere condivisa la carenza di
giurisdizione rilevata dal Tar in ordine alla domanda demolitoria,
giacché, come si è detto, l’ordinamento riserva al solo giudice sportivo
la decisione di controversie aventi ad oggetto sanzioni disciplinari,
diverse da quelle tecniche, inflitte ad atleti, tesserati, associazioni e
società sportive, sottraendole al sindacato del giudice amministrativo,
rientra invece nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda
di tipo risarcitorio.
Vanno infatti richiamati i principi enunciati in
materia dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 21577 e n. 23598
del 2011), per i quali la giurisdizione amministrativa sulla domanda
risarcitoria sussiste anche se è discussa la legittimazione ad agire (in
termini, v. anche Sez. Un., ord. 12 marzo 2009, n. 5973).
In
accoglimento del motivo di appello dedotto nell’ambito del secondo mezzo
la sentenza impugnata, in conclusione, merita annullamento nella parte in
cui ha escluso il risarcimento del danno asseritamente patito dai
ricorrenti dall’ambito di quelle riservate alla giurisdizione
amministrativa (restando questione successiva, demandata al Tar, quella
relativa alla imputazione soggettiva del relativo diritto, vale a dire se
ai singoli ricorrenti, che non sono i destinatari della sanzione, può
essere o meno riconosciuta la legittimazione ad agire in giudizio e, in
via successiva, anche la titolarità di una posizione soggettiva
concretamente risarcibile).
V) Nei sensi e nei limiti di quanto sopra
l’appello è fondato e deve essere accolto, con conseguente rimessione al
giudice di primo grado ai sensi dell’art. 105 cod. proc. amm.
Le spese
dei due gradi del giudizio possono essere compensate tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe
indicato n. 5963 del 2012, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e,
per l’effetto, annulla la sentenza impugnata e rimette la causa al Tar del
Lazio.
Spese compensate dei due gradi.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2012 con l'intervento
dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Aldo Scola,
Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
Bernhard
Lageder, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2012