Regione Abruzzo, rappresentata e difesa dall'Avvocatura
dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Nicola Antonio Sisti, rappresentato e difeso
dagli avv. Nicola Antonio Sisti e Luca Bruno, con domicilio eletto presso
l’avv. Piergiorgio Berardi in Roma, via Prati Fiscali, 258;
nei confronti di
Giuliano Grossi, rappresentato e difeso dagli
avv. Francesco Gaetano Scoca e Roberto Colagrande, con domicilio eletto
presso l’avv. Franco Gaetano Scoca in Roma, via Giovanni Paisiello 55;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - L'AQUILA:
SEZIONE I n. 00088/2011, resa tra le parti, concernente NOMINA DIFENSORE
CIVICO DELLA REGIONE ABRUZZO.
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Nicola
Antonio Sisti e di Giuliano Grossi;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 21 ottobre 2011 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti
e uditi per le parti gli avvocati Borgo dell'Avvocatura Generale dello
Stato, Sisti e Colagrande;
FATTO
Il Tribunale Regionale per l’Abruzzo, L’Aquila,
con la sentenza 25.2.2011, n. 88 ha accolto il ricorso proposto
dall’odierno appellato, in qualità di precedente difensore civico della
Regione Abruzzo, nominato con atto del 5 ottobre 2004, per l'annullamento
della deliberazione n. 19/2005 del 6 ottobre 2009 con la quale il
Consiglio Regionale dell’Abruzzo ha nominato difensore civico l'avv.
Grossi Giuliano.
Il TAR fondava la sua decisione rilevando che l’art.
10, comma 3, L.R. 21 ottobre 1995, n. 126, recante istituzione del
Difensore Civico, prevede che “Il difensore civico dura in carica 5 anni e
si intende tacitamente riconfermato una sola volta, ove il Consiglio
regionale non provvede nei termini di cui al comma 5”.
Il successivo
comma 5 comma, primo periodo, a sua volta dispone che “Almeno venti giorni
prima della scadenza del mandato del Difensore Civico, salva
l’applicazione dell’ipotesi di cui al comma 3, il Presidente del Consiglio
regionale convoca il Consiglio per provvedere alla nuova nomina”.
Secondo il TAR, la convocazione sarebbe avvenuta dopo la scadenza del
termine appena indicato, determinandosi così la riconferma tacita del
titolare della carica.
Infatti, il mandato era scaduto il 5 ottobre
2009, essendo stato egli nominato con deliberazione C. R. n. 145/5 del 5
ottobre 2004; per evitare la conferma automatica il Consiglio regionale
avrebbe dovuto provvedere alla nuova nomina non oltre il 15 settembre
2009.
La deliberazione del 6 ottobre 2009 sarebbe così intervenuta
allorché il mandato si era già tacitamente riconfermato. Né si perverrebbe
ad una diversa conclusione interpretando il testo normativo nel senso di
riferire il necessario rispetto del termine di 20 giorni non alla
deliberazione di nomina bensì alla data di convocazione del consiglio con
tale punto all’ordine del giorno. Il vizio, infatti, sussisterebbe
ugualmente, visto che la predetta convocazione del Consiglio regionale per
procedere alla nomina è stata effettuata solo in data 17 settembre 2009, e
quindi oltre il termine ultimo del 15 settembre.
Secondo il TAR, le
differenza tra nomina ed insediamento non hanno la forza di scalfire
l’ineliminabile dato che scaturisce dalla norma regionale in esame, che
fissa la durata della carica del difensore civico in cinque anni ed impone
che la convocazione del Consiglio per la nomina del nuovo titolare debba
avvenire un certo periodo “prima della scadenza del mandato”.
Depone
nel senso prospettato dal ricorrente in primo grado, secondo il TAR,
innanzitutto un elemento letterale, desumibile dalla formulazione della
norma, che si riferisce alla scadenza del “mandato”, a cui è assegnato una
durata predeterminata.
Se è alla durata del mandato che occorre
riferirsi, il suo decorso necessariamente coincide, in assenza di una
diversa indicazione, con l’atto che ne segna l’inizio, vale a dire con
quello di nomina.
E non depone in favore della rilevanza
dell’insediamento che la L.R. 126/95 non lo contempli affatto, se non in
relazione al termine concesso per far cessare cause di ineleggibilità o di
incompatibilità (art. 9), da cui non è dato desumere alcunché in relazione
alla diversa questione della durata della carica.
Vi è invece il
fatto, ancora per il TAR, che l’art. 10, che reca la disciplina sulla
nomina e durata in carica, al 5° comma si occupa della “scadenza del
mandato” dopo aver dettato norme relative alla nomina da parte del
Consiglio regionale, senza contemplare momenti successivi da cui la stessa
dovrebbe decorrere, con ciò tacitamente evidenziando che il momento preso
in considerazione è unicamente quello della nomina, ovvero quello del
conferimento del mandato. D’altra parte non emerge in alcun modo dal testo
che il legislatore regionale abbia inteso farsi carico dell’esigenza di
assicurare la effettiva durata quinquennale dell’incarico e di dare quindi
rilievo alla data di insediamento piuttosto che a quella di nomina.
Nessun dubbio, conclude il TAR, che il termine in questione sia
perentorio e produca l’automatico rinnovarsi del titolare della carica,
come emerge chiaramente dal 3° comma dell’art. 10, tenuto anche conto che
l’originaria formulazione è stata specificamente modificata in tal senso
dall’art. 32 L. R. 30 aprile 2009, n. 6, ove le parole “può essere
riconfermato una sola volta” sono sostituite con le parole “si intende
tacitamente riconfermato una sola volta, ove il Consiglio regionale non
provvede nei termini di cui al comma 5”.
Secondo la Regione appellante,
la sentenza merita riforma in relazione all’interpretazione della norma
regionale, che deve riferire la durata della carica alla data
dell’insediamento e non alla durata della nomina.
Si costituiva
l’appellato, ricorrente in primo grado, chiedendo il rigetto
dell’appello.
L’avv. Grossi si costituiva in appello, proponendo
appello incidentale, ripetendo, nella sostanza le censure d’appello
proposte dalla Regione appellante.
Questa Sezione, con ordinanza
cautelare n. 2265 del 2011, sospendeva l’esecutività della sentenza
impugnata.
All’udienza pubblica del 21 ottobre 2011 la causa veniva
trattenuta in decisione.
DIRITTO
In termini generali, deve sottolinearsi che in
dottrina è stato autorevolmente sostenuto che di regola, il dies a quo per
la decorrenza del periodo di durata è determinato dall'atto di nomina
ovvero da quello di elezione, indipendentemente dalla data in cui le
funzioni siano effettivamente assunte.
E tale interpretazione risulta
confermata, argomentando a contrario, anche dal Consiglio di Stato (cfr.
sentenza 30 novembre 1992, n. 989), che ha ritenuto che soltanto quando la
legge delimita temporalmente la preposizione ad un ufficio proprio in
ragione delle funzioni che vi sono connesse, operando così un implicito
raccordo tra nomina e svolgimento dell'incarico (previsione che non si
riscontra, invero, nell'ipotesi in discorso), la durata di quest'ultimo
deve essere calcolata a decorrere dall'immissione del nominato nelle
funzioni dell'incarico stesso (che, nel caso di organi collegiali,
andrebbe identificata nell'adunanza di insediamento, momento di
realizzazione della fattispecie costitutiva).
Ancora, si osserva che il
Comitato per la legislazione della Camera dei deputati (cfr. stampato C.
5729-A-Relazione), nel rendere parere in ordine al D.L. 26 gennaio 1999,
n. 8, recante "Disposizioni transitorie urgenti per la funzionalità di
enti pubblici", ha financo rilevato che persino lo stabilire
normativamente, a regime, il criterio di decorrenza dell'incarico a
partire dalla data di effettivo insediamento, potrebbe ritenersi
"contrastare con i principi generali dell'ordinamento, in quanto
sembrerebbe attribuire alla discrezionalità dei nominati la facoltà di
influire (ritardando la data di prima convocazione degli organi) sulla
determinazione della scadenza finale dei rispettivi mandati".
Nel caso
di specie, la durata della carica del difensore civico in cinque anni
impone che la convocazione del Consiglio per la nomina del nuovo titolare
debba avvenire un certo periodo “prima della scadenza del mandato”.
Che tra la nomina e l’insediamento intercorra normalmente un certo
periodo di tempo e che taluni effetti della nomina dipendano
necessariamente dall’insediamento sono circostanze che in nulla
influiscono sulla decorrenza del termine relativo alla durata della
carica.
Il regime della prorogatio in particolare, secondo il quale,
prima dell’insediamento del nuovo titolare, sono prorogate le funzioni
dell’uscente, ha la finalità di assicurare nelle more dell’insediamento
del nuovo titolare l'espletamento di una funzione che non può avere
soluzioni di continuità, e quindi conferma che tra la nomina e
l’insediamento intercorre, come è naturale, un certo lasso di tempo in cui
la funzione non può essere interrotta, ma in alcun modo depone nel senso
che il termine di durata della carica decorra da quest’ultima data.
Si
tratta, in altri termini, di due questioni diverse e dal fatto che
l’insediamento sia rilevante a certi fini non significa che lo sia
rispetto ad ogni altro fine.
Oltre agli argomenti sistematici e
dottrinali di carattere generale, sopra riportati, vi è l’insuperabile
dato letterale, già osservato dal TAR: in base alla formulazione della
norma ci si riferisce alla scadenza del “mandato”, a cui è assegnato una
durata predeterminata.
Se è alla durata del mandato che occorre
riferirsi, il suo decorso necessariamente coincide, in assenza di una
diversa indicazione, con l’atto che ne segna l’inizio, vale a dire con
quello di nomina, altrimenti la durata potrebbe essere variabile, a
seconda del momento incerto di insediamento del Difensore civico.
Peraltro, l’insediamento, nel sistema della L.R. 126/95, è rilevante e
determina effetti giuridici soltanto in relazione al termine concesso per
far cessare cause di ineleggibilità o di incompatibilità (art. 9
L.R.).
Infine, osserva il Collegio, l’art. 10 cit., che reca la
disciplina sulla nomina e durata in carica, al comma 5 si occupa della
“scadenza del mandato” dopo aver dettato norme relative alla nomina da
parte del Consiglio regionale, senza contemplare momenti successivi da cui
la stessa dovrebbe decorrere, con ciò tacitamente evidenziando che il
momento preso in considerazione è unicamente quello della nomina, ovvero
quello del conferimento del mandato.
Pertanto, l’ineludibile dato
normativo è ancorato alla fissazione di una durata quinquennale legata a
termini certi, scanditi da atti di portata istituzionale, quale la nomina
consiliare, piuttosto che ad eventi diversi, di incerta portata, perché in
alcun modo disciplinati, e di valenza esclusivamente interna.
Con
l’effetto pratico, non secondario, che, riferendo la durata del mandato
dalla deliberazione di nomina, l’organo consiliare è in grado di rendersi
immediatamente conto in che epoca cadrà la fine naturale del mandato,
senza alcuna necessità di legare i tempi delle sue determinazioni ad atti
ulteriori, di carattere amministrativo interno, privi di disciplina
legislativa, come gli atti di insediamento.
Il che implica, quale che
fosse l’adempimento da portare a compimento prima dei 20 giorni dalla
scadenza del mandato, che allorché esso è intervenuto il termine in
questione era comunque decorso, visto che entro il 15 settembre non erano
state effettuate né la nomina né la convocazione, come ben evidenziato
nella sentenza impugnata.
Nessun dubbio, poi, che il termine in
questione sia perentorio e produca l’automatico rinnovarsi del titolare
della carica, come emerge chiaramente dal 3° comma dell’art. 10: al comma
5 dell’art. 10 della L.R. n. 126/1995, prima delle parole “il Presidente
del Consiglio” sono state, infatti, inserite le parole “salva
l’applicazione dell’ipotesi di cui al comma 3”, con cui è stata
apertamente introdotta l’ipotesi prima non prevista della riconferma
tacita.
Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello
deve essere respinto, ciò determina l’improcedibilità dell’appello
incidentale per difetto d’interesse.
Sussistono giusti motivi per
compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quinta),
definitivamente pronunciando sull'appello, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Dichiara improcedibile l’appello
incidentale.
Compensa tra le parti le spese del presente grado di
giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 21 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio
Trovato, Presidente
Francesco Caringella, Consigliere
Eugenio Mele,
Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere,
Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/01/2012