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n. 6-2012 - © copyright |
BRUNO RICCARDO NICOLOSO
MARCELLO
TARABUSI
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La gestione delle farmacie comunali
nel coacervo delle “leggi di stabilità” e delle “leggi di
crescita” del biennio 2011-2012
SOMMARIO: 1. La mens legis della disciplina del
servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali e la loro
privatizzazione; 2. La natura del servizio; 3. La normativa di
principio e la normativa di settore; 4. La forma di gestione
privatizzata; 5. L’adeguamento della disciplina ai principi
comunitari; 6. L’ostracismo dato alla gestione societaria; 7. La
società partecipata di gestione; 8. Il procedimento a formazione
progressiva (ipotesi operativa) ed i limiti di evidenza pubblica; 9.
Gli aspetti critici della gestione societaria.
1. La disciplina sulle modalità di gestione delle farmacie
comunali, quale servizio pubblico e sociale, che aveva già
avuto un’evoluzione normativa ritenuta (a dir poco incerta) nel
relativo ordinamento sezionale quasi a contrappunto a quella (a dir
poco fobica) che si è sviluppata in parallelo nell’ordinamento
generale sulla gestione dei servizi pubblici locali (così da far
paragonare l’una e l’altra all’Idra di Lerna), ha subito un
ulteriore impulso ad opera della “normativa di stabilità” (articolo 4 della Legge n. 148/2011 emendato dall’articolo 9 della
Legge n. 183/2011) integrata dalla “normativa di crescita” (articolo 25, Legge n. 27/2012). Tale compendio normativo si
colloca nell’ottica di una privatizzazione, per così dire “fredda”,
attuata secondo moduli di gestione appropriati in termini di
efficienza, efficacia ed economicità, che si pongono in alternativa
ad una privatizzazione per così dire “calda”, attuata attraverso il
trasferimento negoziale del diritto d’esercizio delle farmacie
comunali, in uno all’azienda a questo afferente, mediante un
procedimento ad evidenza pubblica (1). L’una e l’altra forma
di privatizzazione di un servizio pubblico locale deve tenere in
debito conto che l’esercizio delle farmacie comunali è stato
acquisito dai Comuni mediante l’esercizio del diritto di prelazione
sulle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione (articolo 9,
Legge n. 475/1968) non già per dotarsi extra ordinem di un
bene di cui potersi disfare alla bisogna, ma solo per garantire il
servizio pubblico e sociale loro affidato a tutela di un diritto “fondamentale” di tutti e di ciascuno, quale è il diritto
alla salute, inteso come il diritto alla qualità e alla dignità
della vita (articolo 32, in relazione agli articoli 2, 3, 38, 41 e
97, Costituzione) mediante la cura della salute e la terapia del
dolore, che ne condiziona lo svolgimento in termini d’impresa.
La ratio legis sottesa all’impianto e alla gestione
delle farmacie comunali non ha perso d’attualità e non può essere
disattesa sull’altare dell’una o dell’altra forma di privatizzazione
per l’intrinseco spessore dell’interesse pubblico coinvolto
nell’esercizio della relativa attività (2), se pur tale
aspetto teleologico sia stato messo in discussione, come vedremo,
proprio dalla più recente normativa di cui all’articolo 11 della
Legge n. 27/2012 che ha inciso sull’accesso al relativo esercizio da
parte dei Comuni.
Su questa premessa che è insieme una critica
pregiudiziale di metodo, prima ancora che di merito, può esser
affrontata un’indagine sulla ricaduta delle novelle normative di
stabilità e di crescita sul sottinsieme comunale che divide con
il sottinsieme privato il munus publicum di cui s’è detto e
che viene garantito dal sistema farmacia quale esercizio di
una professione nell’ambito di un’azienda organizzata in forma
d’impresa pianificato sul territorio.
2. Si pone al
riguardo la questione preliminare relativa alla natura del servizio
farmaceutico svolto dalle farmacie comunali, quale presupposto
logico-giuridico all’opinione liberalizzante sulla loro gestione e
la riconduzione della relativa disciplina normativa che si colloca,
come vedremo, nel coacervo della legislazione di principio e di
quella di settore attinente tale servizio, che è inequivocabilmente
un servizio pubblico locale che affonda le radici nell’articolo 1,
n. 6 del R.D. n. 2578/1925 richiamato dall’articolo 9 della Legge n.
475/1968 nel testo originario novellato dall’articolo 10 della Legge
n. 362/1991 che fa riferimento alla Legge n. 142/1990, poi integrato
dall’articolo 12 della Legge n. 498/1992 ed infine ricondotto
all’articolo 113 del T.U. n. 267/2000 e successive modificazioni
soggette anche al recente vaglio referendario di cui al D.P.R. n.
113/2011 (3).
Una tale natura non può essere messa in
discussione sulla erronea presupposizione che la titolarità del
diritto d’esercizio delle farmacie pianificate sul territorio sia
ascritta alle Regioni che rilasciano, per il tramite delle Aziende
Sanitarie Locali (loro enti strumentali), il relativo provvedimento
d’accesso ai Comuni e subordinano lo svolgimento della relativa
attività alla sottoscrizione di una apposita convenzione (4). Tutto questo viene esasperato (5), equivocando tra la concessione-contratto, conclusa a livello nazionale e resa
esecutiva con Decreto del Presidente della Repubblica, che regola la
erogazione della assistenza farmaceutica garantita dalle Aziende
Sanitarie Locali per il tramite delle farmacie (comunali e private)
nell’ambito delle prestazioni di beni e di servizi poste a carico
del Servizio Sanitario Nazionale (articoli 28 e 48, Legge n.
833/1978, articolo 8, D.L.vo n. 502/1992 e articolo 3, D.L.vo n.
153/2010) e la concessione-provvedimento rilasciata (ai
Comuni ed ai farmacisti privati) dalla Autorità sanitaria
(individuata dalla legislazione regionale di dettaglio) che integra
le farmacie (comunali e private) nel pluralismo organizzatorio del
Servizio Sanitario Nazionale e le abilita allo svolgimento del
servizio farmaceutico come servizio pubblico (articolo 32,
Legge n. 833/1978 in riferimento alle Leggi n. 475/1968 e n.
362/1991) nel cui contesto erogano come servizio sociale le
prestazioni di assistenza farmaceutica nonché le prestazioni di
servizi a questa complementari (articolo 9, Legge n. 69/2009 e
articolo 1, Legge n. 38/2010), secondo accordi ad evidenza pubblica,
originariamente circoscritti alla assistenza farmaceutica (D.P.R. n.
371/1998) ma ora dilatati ai servizi a questa complementari (D.L.vo
n. 153/2009): prestazioni svolte nell’ambito del Servizio Sanitario
Nazionale. Questo non esclude, né tanto meno assorbe le stesse
prestazioni di beni e di servizi che le farmacie (comunali e
private) possono garantire al di fuori di quelle poste a carico del
Servizio Sanitario Nazionale. Tutto ciò avviene, come già detto,
sulla scorta della concessione provvedimento che abilita i
loro titolari ad erogare tali prestazioni (articolo 32, Legge n.
833/1978) e che non potrebbero certo svolgere se la loro attività
fosse ricondotta esclusivamente alla concessione contratto che le abilita solo alla erogazione delle prestazioni svolte
nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale (articoli 28 e 43,
Legge n. 833/1978).
Il negare a contrariis la natura di
servizio pubblico locale al servizio farmaceutico svolto dalle
farmacie comunali e liberarlo così dalla disciplina dei servizi
pubblici locali (ritenuta forse troppo espansiva in chiave
comunitaria) si pone poi in evidente contraddizione con
l’ordinamento di settore che opera un rinvio dinamico a tale
disciplina, così che alla fine si finirebbe per postularla come
complementare ed ascriverla anche alla gestione delle farmacie
comunali smentendo la pregiudiziale di segno negativo da cui si è
partiti (6).
Le une (le farmacie comunali) come le altre
(farmacie private) sono invece destinatarie, come s’è detto, del
medesimo provvedimento d’accesso all’esercizio del servizio
farmaceutico svolto come servizio pubblico nel cui contesto
svolgono anche le prestazioni di assistenza farmaceutica come servizio sociale svolto nel contesto del servizio pubblico (7), se pure la diversa natura dei soggetti (pubblici e
privati) che sono titolari del relativo diritto d’esercizio ne
condiziona le modalità di gestione indipendentemente dall’analogo
regime concessorio instaurato per svolgere in via paritetica il
medesimo servizio pubblico e sociale che è stato loro
affidato e del cui affidamento possono anche disporre in modo
paritario: i Comuni, quali titolari delle farmacie comunali, possono
infatti trasferire il loro diritto d’esercizio e l’azienda che vi è
connessa mediante procedimento competitivo d’evidenza pubblica
(articolo 12, comma 1, Legge n. 362/1991), al pari dei titolari
delle farmacie private che possono disporre dell’analogo diritto
d’esercizio e dell’azienda che vi è connessa (articolo 12, comma 1,
Legge n. 475/1968), e l’efficacia del trasferimento delle une e
delle altre è solo condizionata al riconoscimento dell’Autorità
sanitaria (articolo 12, comma 3, Legge n. 475/1968) agli effetti del
rilascio della concessione provvedimento che consente al
concessionario di svolgere il servizio farmaceutico e di aderire in
tale contesto, come s’è detto, alla concessione contratto che
lo abilita ad erogare anche l’assistenza farmaceutica in un
bivalente rapporto concessorio.
3. Ricondotto il
servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali tra i
servizi pubblici locali a tendenziale rilevanza economica (8), che rientrano nella categoria dei servizi d’interesse
generale per la loro natura coincidente con quella dei servizi
pubblici (9), in quanto svolti nell’esercizio di
un’impresa soggetta ad obblighi di servizio pubblico (10) e
rivolti ai fini sociali (11), si comprende perché la
relativa disciplina, lungi dall’escludere l’esercizio delle farmacie
comunali dallo svolgimento di un servizio pubblico locale, trovi il
suo punto focale nel rapporto tra la normativa di principio sulla
gestione dei servizi pubblici locali e la disciplina del settore
farmaceutico (12), quale servizio pubblico e sociale in senso
oggettivo (13). La prima è costituita da un coacervo
normativo di principi: Legge n. 242/1990 (articolo 22) integrata nel
D.L.vo n. 267/2000 (articolo 133 modificato dalla Legge n. 448/2001:
articolo 35, comma 1), dalla Legge n. 362/2003 (articolo 14, comma
1), dalla Legge n. 350/2003 (articolo 4, comma 234) [e dalla Legge
n. 133/2008 (articolo 23 bis come modificato dall’articolo 15, Legge
n. 166/2008) e del DPR n.168/2010 (articoli 1 e 2) abrogati per
referendum: articolo 1, DPR n. 113/2011] la Legge n. 66/2010
(articolo 14, comma 32, in riferimento all’articolo 3, commi 27 e 28
della Legge n. 244/2007) ed infine la Legge n. 148/2011 (articolo 4
emendato dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011) e la Legge n.
27/2012 (articolo 25). La seconda è data dalla normativa di settore:
Legge n. 475/1968 (articolo 9, comma 1, seconda parte, come
modificato dall’articolo 10, Legge n. 362/1991) e si rappresenta,
come s’è detto, una disciplina concorrente (14), se
non subordinata alla prima (15) che peraltro non si applica.
vedremo come e in quale misura, alla gestione delle farmacie
comunali (articolo 23 bis, comma 1, Legge n. 133/2008, poi articolo
4, comma 34, Legge n. 148/2011 emendato dall’articolo 9 della Legge
n. 183/2011 e articolo 25, Legge n. 27/2012), ma attraverso
un’esclusione che è volta a garantire la sopravvivenza di forme di
gestione diretta delle farmacie comunali che altrimenti sarebbero
state travolte dalla evoluzione della normativa di principio sulla
gestione dei servizi pubblici locali (16): una tale
esclusione si traduce, se così si può dire, in positivo perché
dilata e non comprime i moduli di gestione delle farmacie comunali
rispetto agli altri servizi pubblici locali.
L’una e l’altra
normativa si pongono in termini di compatibilità con principi
comunitari in materia di servizi pubblici derivante dal processo di
penetrazione delle regole comunitarie nell’ordinamento statale che
incide, come vedremo, direttamente e in termini decisivi sui moduli
di gestione delle farmacie comunali (17).
4. Su
questa premessa può essere esaminata la disciplina delle forme di
gestione delle farmacie comunali con particolare riferimento a
quella relativa al modulo societario (partecipato o meno dai Comuni)
che assume rilevanza (ed attualità) rispetto agli altri modelli di
gestione nella evoluzione normativa di cui s’è detto, così come
previsti dal coacervo della normativa di principio e di settore: in
economia ed attraverso un’azienda municipalizzata o consortile
(articolo 9, comma 1, seconda parte, lettere a, b, c, d, Legge n.
475/1968 come sostituito dall’articolo 10, Legge n. 362/1991),
rimanendo un punto fermo che, quale che sia il modulo di gestione
adottato dal Comune per la gestione delle farmacie comunali, la
titolarità del relativo diritto d’esercizio sia e rimanga sempre a
questi riferibile (18) e si abbia una scissione istituzionale
tra la titolarità di tale diritto e il suo concreto esercizio
rimanendo improponibile la loro corrispondenza biunivoca che è
invece tipica dei modelli di gestione delle farmacie private (19).
Si rileva al riguardo e in via preliminare che gli
effetti abrogativi del referendum hanno inciso sulla
normativa di cui all’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 nel
testo introdotto dall’articolo 15 della Legge n. 166/2009 e su
quella dell’articolo 113, comma 5, del T.U. n. 267/2000 nel testo
emendato dall’articolo 14 della Legge n. 326/2003 (già abrogato
dallo stesso articolo 23 bis, comma 11, della Legge n. 133/2008),
non si sono posti in contrasto, ma hanno avvalorato le logiche della
normativa comunitaria già poste alla base, ma in senso restrittivo,
della previsione normativa che è stata abrogata. La stessa normativa
che è stata abrogata ne escludeva peraltro l’applicazione – s’è già
visto come e perché – alla gestione delle farmacie comunali di cui
alla Legge n. 475/1968, ritenuta concorrente con quella generale di
cui all’articolo 113 del T.U. n. 267/2000 se non subordinata a detta
normativa o comunque non limitata alla società di gestione
partecipata del Comune con i farmacisti dipendenti. Infatti la
cancellazione referendaria dell’articolo 23 bis della Legge
n.133/2008 nel testo introdotto dall’articolo 15 della Legge
n.166/2009 (nonché del relativo regolamento d’esecuzione n.168/2010)
non ha fatto venir meno la possibilità, riservata alla
discrezionalità dei Comuni, di affidare i servizi pubblici ad un
ente di gestione a capitale interamente pubblico (ipotesi già
regolata dall’articolo 23 bis, comma 3, della Legge n.133/2008)
ovvero a capitale misto pubblico-privato (ipotesi già regolata
dall’articolo 23 bis, comma 2, della Legge n.133/2008) ovvero a
capitale privato (ipotesi già regolata dall’articolo 23 bis, comma
1, della Legge n. 133/2008), e non ha escluso il passaggio in
termini successivi dall’uno all’altro modulo di gestione, in quanto,
se l’abrogazione referendaria non ha fatto risorgere l’originaria
previsione di cui all’articolo 113, comma 5, del T.U. n.267/2000
come modificato dall’articolo 14 della Legge n. 326/2003, già
abrogata dallo stesso articolo 23 bis, comma 11, della Legge n.
133/2008, ha però necessariamente comportato l’applicazione diretta
ed immediata nell’ordinamento interno della normativa comunitaria in
materia di regole concorrenziali minime da osservare nei
procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione
dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che era stata già
recepita in tale previsione normativa, così come postulato
attraverso una sorta di rinvio recettizio dalla Corte Costituzionale
in sede di ammissione del referendum (20).
L’erogazione di un servizio pubblico locale,
quale quello garantito dalle farmacie comunali, può così avvenire
-secondo un’interpretazione sistematica della disciplina normativa
di principio e della disciplina normativa di settore che viene data
alla luce dei principi comunitari in relazione ai quali non assumono
certo una natura tassativa i moduli di gestione delle farmacie
comunali previsti dall’articolo 9, comma 1, seconda parte, della
Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n.
362/1991- mediante un triplice modulo di affidamento, che si pone
nell’ampia discrezionalità che viene riconosciuta ai Comuni per la
gestione di un servizio pubblico di rilevanza economica (21), ma che viene peraltro calibrata, come vedremo,
attraverso il contratto di servizio e la carta dei servizi che ne assicura il controllo quale che sia il modulo prescelto,
ben più di una golden share.
Si può così distinguere in
sintesi la trilogia di tale affidamento.
a) L’affidamento che viene riservato a soggetti (originariamente a società di
capitali) individuate attraverso lo svolgimento di procedure ad
evidenza pubblica secondo un modello procedimentale tipicizzato, e
che si pone nell’impianto del partenariato pubblico-privato (PPP) di
derivazione comunitaria, realizzato attraverso due moduli di
gestione di un servizio pubblico: quello contrattuale (PPPa)
dell’appalto dei servizi e quello istituzionale (PPPc) della
concessione dei servizi (22), che si distinguono tra
loro in quanto l’appalto di un servizio pubblico si ha quando la
prestazione è rivolta a favore dell’Amministrazione e la concessione
di un servizio pubblico si ha quando la prestazione è rivolta
all’utenza (23), ma che si differenziano anche in riferimento
al rischio d’impresa che ricadono nell’un caso sull’appaltante e
nell’altro sul concessionario (24). Il modulo
concessorio viene ritenuto un veicolo gestionale tipico delle
farmacie comunali, che è derogabile soltanto in presenza di
peculiarità che non permettano un efficace ed utile ricorso al
mercato per la gestione di tale servizio (25), se pure la sua
praticabilità viene messa in dubbio per la funzione pubblica sottesa
alla gestione delle farmacie comunali che non consentirebbe una
scissione fra la titolarità del relativo diritto d’esercizio,
acquisita extra ordinem attraverso la prelazione riservata ai
Comuni dell’articolo 9 della Legge n.475/1968, ed il suo concreto
esercizio (26), che è invece tipica nella concessione a terzi (27): in una parola il Comune non si potrebbe
spogliare del diritto d’esercizio delle farmacie comunali di cui è e
deve rimanere titolare qualunque sia il modulo attuato per la loro
gestione (28), e non potrebbe scindere tale titolarità
dal concreto esercizio (29): il che verrebbe poi aggravato
dal fatto che la concessione in questione si tradurrebbe in una
impraticabile subconcessione, atteso che il Comune, come s’è già
visto, non può esercitare tale servizio pubblico locale quale sua
attività istituzionale, ma ne acquisisce aliunde l’esercizio
da parte della Autorità sanitaria, e può divenire in tal modo
concessionario sia del servizio farmaceutico (concessione
provvedimento: articolo 32, Legge n. 833/1978) che
dell’assistenza farmaceutica (concessione contratto: articolo
28, Legge n. 833/1978) garantiti dalle farmacie comunali et
delegatus delegare non potest! Tale argomento non appare
peraltro convincente in quanto l’affidamento a soggetti terzi,
individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica del
servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali (di cui
il Comune è concessionario sotto entrambi i profili concessori) non
spoglia il Comune della titolarità del diritto d’esercizio delle
farmacie che gli rimane ascritta qualunque sia il modulo della
relativa gestione, mentre si ha una scissione istituzionale tra tale
titolarità e il suo concreto esercizio quale che sia il modulo di
gestione adottato e così tanto se venga attuato attraverso un ente
strumentale dal Comune che attraverso un soggetto autonomo dal
Comune. Nel rispetto di questi postulati si può semmai ipotizzare un
tertium genus di un tale affidamento rispetto all’appalto ed
alla concessione (in senso proprio) di un pubblico servizio, così da
configurare una sorta di affidamento in forma concessoria (se
così si può dire) quale modulo intermedio tra le due forme di
parternariato pubblico-privato: tale modulo può così porsi in via
alternativa sia rispetto a quello contrattuale riconducibile alla
disciplina degli appalti pubblici, sia rispetto a quello
istituzionalizzato riconducibile alla disciplina della concessione
di un pubblico servizio, se pure non si può porre in radicale
antitesi con quest’ultimo strumento organizzatorio da cui mutua gli
aspetti procedimentali (30), ma questi soltanto, insieme al
rischio d’impresa che espone l’affidatario del servizio pubblico
locale all’alea del mercato (31).
b) L’affidamento qualificato anche come concessione in forma societaria in
quanto non si pone in antitesi con il più generale fenomeno di
affidamento di tipo concessionario, mutua la disciplina di diritto
interno dal diritto comunitario (32) e viene
riservato a società a capitale misto pubblico privato nelle
quali il socio privato venga scelto attraverso lo svolgimento di
gara con procedure ad evidenza pubblica che diano garanzia di
rispetto delle norme a tutela del diritto di concorrenza. Il che
appare possibile attraverso un’unica gara relativa all’affidamento
del servizio e alla scelta del socio strategico con compiti
operativi (33).
c) L’affidamento diretto ovvero in house providing viene riservato a società a capitale
interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici
titolari del capitale sociale esercitino sulla società un
“controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi e
che la società realizzi la parte più importante della propria
attività di gestione con l’ente o gli enti pubblici che la
controllano. Il che appare possibile sia che la partecipazione dei
Comuni sia esigua (34), sia che preveda anche una
partecipazione privata di entità simbolica (35) –come quella
attuabile nella fattispecie delle farmacie comunali con i farmacisti
dipendenti a norma dell’articolo 9, lettera d, Legge n. 475/1968
come sostituito dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991 – sempre
che venga garantito ai Comuni che vi partecipano un effettivo
controllo sulla sua governance (36).
Interpretato
il rapporto di complementarietà tra la normativa di settore e quella
di principio può trovare un’attuazione (per così dire sostanziale
nelle logiche della disciplina comunitaria) la previsione di cui
all’articolo 113, comma 5, lettera b, del T.U. n.267/2000 pur
abrogata dall’articolo 23 bis, comma 11, della Legge n. 133/2008 ed
i vincoli, posti come obbligatori dallo stesso articolo 23 bis,
comma 2, lettera b), della Legge n.133/2008 (abrogato a sua volta
per referendum: articolo 1, D.P.R. n.113/2011), vengono così a porsi
come facoltativi e non più cogenti, in una sorta di recupero di
valori normativi nell’ambito della discrezionalità del Comune
interessato a una tale forma di gestione societaria delle farmacie
comunali (37): il che può essere attuato nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale di cui
all’articolo 118 della Costituzione che consente loro l’esercizio
dell’ampia discrezionalità di cui s’è detto, se pure su tale facoltà
si sia calato, entro certi limiti di cui si dirà, il discusso
ostracismo dato dall’articolo 14, comma 32 della Legge n. 133/2010
come emendato dall’articolo 1, comma 117 della Legge n. 220/2010 e
dell’articolo 20, comma 13 della Legge n. 111/2011 al modulo
societario per i Comuni con popolazione inferiore ai 30.000
abitanti.
Quanto alla durata dell’affidamento, si può
ragionevolmente ritenere che la stessa (in tutte e tre le ipotesi)
non possa essere superiore a un trentennio: ciò con riferimento
analogico all’articolo 143 del DPR n. 163/2006 recante il codice dei
contratti pubblici, ma, a monte di tale disciplina, in riferimento
ai principi codicistici sui contratti di durata (valga il
riferimento all’usufrutto: articolo 979, secondo comma, Codice
Civile, alla rendita: articolo 1865, secondo comma, Codice Civile, e
alla locazione: articolo 1573, Codice Civile, per non dire
dell’improbabile riferimento alla durata centenaria dell’affitto dei
fondi rustici destinati al rimboschimento: articolo 1629, Codice
Civile), essendo ben difficile opporre nella fattispecie il limite
di durata degli ammortamenti (ma semmai ai tempi di recupero degli
investimenti) che è invece tipico del rapporto di concessione di un
servizio pubblico con un’impresa terza (38).
5. La novella normativa di cui all’articolo 4 della
Legge n. 148/2011, pur emendata, come vedremo, dall’articolo 9 della
Legge n. 183/2011 e dall’articolo 25 della Legge n. 27/2012 –pur con
i limiti posti agli obiettivi programmatici posti ai Comuni dal patto di stabilità interna di cui all’articolo 31, comma 19,
della Legge n. 183/2011- ha riproposto in buona sostanza
l’architettura di cui all’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008
alla luce dei principi comunitari richiamati come applicabili
direttamente ed immediatamente in diritto interno (39),
rimanendo invariata (anzi caldeggiata) l’opzione che privilegia
l’interpello al mercato della gestione dei servizi pubblici locali
di rilevanza economica (articolo 4, commi 1 e 5, Legge n. 148/2011),
pur sempre nel rispetto dei principi comunitari che impongono
economicità, imparzialità, trasparenza, adeguati provvedimenti, non
disparità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità
(articolo 4, comma 8, Legge n. 148/2011) e che si traducono
nell’affidamento improntato alla protezione dell’assetto
concorrenziale che si articola pur sempre mediante una procedura
d’evidenza pubblica attraverso cui la selezione può essere operata
ancora in una triplice alternativa che viene qui riassunta e così in
termini ancor più sintetici:
a) mediante affidamento in forma
concessoria in favore di un soggetto che eserciti in forma
individuale o collettiva un’impresa economica (articolo 4, comma 8,
Legge n. 148/2011), se pure si continui a dubitare sull’equivoco che
tale modulo di gestione esteso ad ogni imprenditore (singolo o
societario) possa riguardare la gestione delle farmacie comunali per
l’intrinseca sua asserita, ma non dimostrata, incoerenza con la
pubblica funzione insita nel servizio farmaceutico di cui s’è già
detto a contrariis nella ricostruzione dell’istituto;
b)
mediante affidamento in forma societaria in favore di una
società partecipata da soci privati selezionati attraverso un’unica
gara avente ad oggetto al tempo stesso la qualità di socio
strategico, cui deve essere conferita una partecipazione,
significativa -che non si traduce necessariamente in una quota
maggioritaria in quanto è possibile attribuire al socio privato
strategico “diritti particolari” indipendentemente da tale dominanza
(articolo 2468, Codice civile)- e la attribuzione di specifici
compiti operativi (articolo 4, comma 12, Legge n. 148/2011) e che
può essere anche riservato, a norma dell’articolo 9, Legge n.
475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n.369/1991, ai
farmacisti dipendenti del Comune per il Know how che questi
possono apportare alla società anche a titolo di conferimento
d’opera (articolo 2464, Codice Civile) o di prestazione accessoria
(articolo 2345, Codice Civile).
Nell’un caso come nell’altro già
nel bando di gara o nella lettera d’invito devono essere delineati i
requisiti tecnici ed economici di partecipazione, la durata
dell’affidamento proporzionale alla consistenza degli investimenti,
le forme di aggregazione dei partecipanti, la qualità del servizio
prevalente sul prezzo offerto (articolo 4, comma 11, Legge n.
148/2011) nel rispetto della trasparenza del procedimento (articolo
4, commi da 20 a 27, Legge n. 148/2011);
c) mediante affidamento in house providing, a società a dominanza
pubblica totalitaria (articolo 4, commi da 13 a 15, Legge n.
148/2011), intendendosi per tale, come s’è detto, anche quella a
partecipazione privata simbolica sempre che venga garantito
il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi
dal Comune/dai Comuni che vi partecipano.
Vale pur sempre e per
tutte e tre le ipotesi di affidamento del servizio pubblico
garantito dalle farmacie comunali il limite di durata trentennale di
cui s’è detto.
Tutto questo viene detto, a tacere del regime
transitorio (articolo 4, commi da 1 a 15, Legge n. 148/2011) che non
viene qui in considerazione ex professo se non per riferire
che, se mai applicabili alle società di gestione alle farmacie
comunali, come può dubitarsi e vedremo il perché, i Comuni con
popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possano costituire
società ed entro il 31 dicembre 2012 debbano mettere in liquidazione
quelle già costituite, mentre i Comuni con popolazione compresa tra
30.000 e 50.000 abitanti possano detenere la partecipazione di una
sola società, ma gli uni e gli altri Comuni non siano tenuti a
mettere in liquidazione le società esistenti se esse: a) abbiano, al
31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi; b)
non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale
conseguenti a perdite di bilancio; c) non abbiano subito, nei
precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali
il Comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano
delle perdite medesime.
A valle della scelta alternativa tra i
tre moduli di gestione delle farmacie comunali si colloca la
regolamentazione dell’affidamento che è connessa ad un contratto
di servizio (articolo 4, comma 18, Legge n. 148/2011), di cui
s’è già detto, concluso tra il Comune, titolare del loro diritto
d’esercizio ed il soggetto affidatario della loro gestione, che
rimane comunque assoggettata a vincoli d’evidenza pubblica ben
precisi, quale che sia il modulo adottato. Tali vincoli sono
ritenuti applicabili anche alle società di gestione di un servizio
pubblico locale a partecipazione pubblica in relazione alla natura
di organismo di diritto pubblico che viene loro ascritta (40), e riguardano, come vedremo, il reclutamento del personale
(articolo 4, commi 14 e 17, Legge n. 148/2011), l’acquisizione di
beni e servizi (articolo 4, comma 15, Legge n. 148/2011) e la
gestione del servizio pubblico locale (articolo 4, comma 16, Legge
n. 148/2011).
Mentre a monte della scelta del modello di
gestione delle farmacie comunali si pone la preliminare verifica
sulla coerenza e realizzabilità di una tale opzione nel rispetto dei
principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera
prestazione dei servizi, che si pone in termini di liberalizzazione
della relativa attività economica (se compatibile con le
caratteristiche di universalità e di accessibilità del servizio) e
deve essere parametrata attraverso un’analisi di mercato rispetto
agli eventuali limiti incontrati dalla libera iniziativa economica
privata nel garantire il relativo servizio: il che si traduce nella
preliminare deliberazione-quadro di fattibilità che deve essere
adottata dal Comune (articolo 4, commi da 1 a 5, Legge n. 148/2011)
con un equo contemperamento del rapporto della normativa di settore
che disciplina la gestione delle farmacie comunali e la normativa di
principio che disciplina la gestione dei servizi pubblici locali ed
impone, nella fattispecie, una prevalenza della prima, l’articolo 4,
comma 32, della Legge n. 148/2011 nel testo rivisitato dall’articolo
9 della Legge n. 183/2011) nella misura in cui non sia incompatibile
con la seconda nel senso già detto. In una parola si può
ragionevolmente ritenere che la scelta (originaria o successiva) di
gestione delle farmacie comunali attraverso una società partecipata
attuata mediante la selezione di un socio strategico con compiti
operativi, cui venga attribuita una ben individuata quota
societaria, viene rimessa (e non più imposta) al Comune che ha
esercitato il diritto di prelazione per assumere extra
ordinem la loro titolarità, a norma dell’articolo 9, comma 1,
prima parte, della Legge n. 475/1968, non già per acquisire, come
s’è già detto, una risorsa di cui disporre alla bisogna, ma per
gestirle nelle logiche d’efficienza, efficacia ed economicità
connaturati a tale normativa e nel rispetto della normativa
comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime che devono
essere fatte salve nei procedimenti per l’affidamento della gestione
dei servizi pubblici locali di rilevanza
economica.
6. Su questa architettura
normativa grava peraltro, come s’è già detto, l’apparente ostracismo
dato al modulo di gestione societaria a partecipazione pubblica
delle farmacie comunali dall’articolo 14, comma 32, della Legge n.
133/2010, come emendato dall’articolo 1, comma 117 della Legge n.
220/2010 e dall’articolo 20, comma 13, della Legge n. 111/2011),
secondo cui i Comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti
non possono costituire società per la loro gestione e debbono
mettere in liquidazione quelle già costituite; mentre i Comuni con
popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti ne possono avere
una sola (e non è detto che sia quella che gestisce le farmacie
comunali).
Viene però fatto salvo da tale normativa – se mai
applicabile alle società affidatarie di servizi pubblici locali,
come può dubitarsi (41) – quanto previsto dall’articolo 3,
commi 27 e 28, della Legge n. 244/2007 che consente ai Comuni di
costituire società che producano servizi di interesse generale
(comma 27), previa comunicazione della assunzione della
partecipazione alla C. conti (comma 28). Tra questi servizi non può
non essere compreso, come s’è già detto, il servizio garantito dalle
farmacie comunali, in quanto la loro gestione costituisce
l’esercizio di un servizio pubblico rivolto ai fini sociali (42), che rientra nella categoria dei servizi di interesse
generale coincidenti con quella dei servizi pubblici (43) perché svolta nell’esercizio di una attività economica soggetta agli
obblighi di un servizio pubblico (44). Il che fa
ragionevolmente escludere che il limite della soglia demografica
fissato dall’articolo 14, comma 32, della Legge n. 122/2010 per la
gestione delle farmacie comunali (45).
Tale termine viene
invece ribadito dalla interpretazione datane dalla magistratura
contabile (in sede consultiva) che sostiene il divieto alla
costituzione di una società a dominanza pubblica totalitaria o
partecipata per la gestione delle farmacie comunali nei Comuni con
una popolazione inferiore ai 30.000 abitanti se non associati con
altri Comuni per superare la soglia demografica: quest’ultima
possibilità d’accorpare ad altri Comuni la gestione delle farmacie
comunali di cui sono titolari risolve ovviamente in radice il
problema (46).
In ogni caso apposizione della soglia
demografica si pone in insanabile contrasto con i pareri espressi
dalla stessa magistratura contabile (sempre in sede consultiva) che
fanno riferimento alla natura di servizio pubblico e sociale che
viene riconosciuto quale servizio pubblico locale d’interesse
generale garantito dalle farmacie comunali (47) e, come tale,
ricompreso ex litera nella previsione di cui all’articolo 3,
comma 27 della Legge n. 244/2007 che vien fatta dallo stesso
articolo 14, comma 32 della Legge n. 122/2010 ai fini
dell’esclusione della soglia demografica. Se così non fosse si
finirebbe per mettere in discussione, in termini generali, lo stesso
diritto di prelazione per l’assegnazione del diritto d’esercizio
delle farmacie afferenti le sedi vacanti o di nuova istituzione che
viene riconosciuto ai Comuni (articolo 9, comma 1, prima parte,
Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n.
362/1991), ma che i Comuni sotto soglia demografica non potrebbero
poi gestire nei termini più appropriati per efficienza, efficacia ed
economicità che sono quelli realizzabili attraverso il modulo
societario. Si finirebbe così di cadere in una ulteriore palese
contraddizione con la mens legis di tale previsione normativa
teleologicamente riconducibile alla stessa funzione del servizio
farmaceutico pianificato sul territorio, quando tale funzione
rappresenta un cardine del diritto alla salute fissato
dall’articolo 32 della Costituzione che viene garantito dallo Stato sociale attraverso il pluralismo organizzatorio del
Servizio Sanitario Nazionale, al quale concorrono lo Stato, le
Regioni, ma anche i Comuni allorché intendono esercitare il diritto
di prelazione per la gestione delle farmacie afferenti le sedi
vacanti o di nuova istituzione (48), non senza disattendere
il profilo economico correlativo alla acquisizione di una risorsa
certa che ben s’inquadra nel contenimento della spesa pubblica (49), se pure tale diritto è stato messo in discussione
dall’esclusione dal suo esercizio sulle sedi farmaceutiche istituite
secondo il criterio demografico di panificazione di cui all’articolo
11, comma 1, della Legge di crescita n. 27/2012 se mai non limitata,
come si potrebbe dubitare, alla eccezionale manovra di
liberalizzazione dei servizi pubblici di cui alla novella normativa
di carattere straordinario (almeno nella premessa).
Sotto
entrambi i profili appare decisivo il richiamo alla consolidata
giurisprudenza che –a livello di giustizia comunitaria (50), di giustizia costituzionale (51), di
giustizia ordinaria (52) e di giustizia amministrativa (53) – ha riconosciuto la piena legittimità del modulo di
gestione societaria di una (o più) farmacia/e afferenti sedi
farmaceutiche prelate dai Comuni a norma dell’articolo 9, comma 1,
prima parte, della Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo
10 della Legge n. 362/1991. Se così non fosse verrebbe meno uno dei
postulati affermati dalla giurisprudenza secondo cui non può dirsi
esaurita la funzione delle farmacie comunali e la loro stessa ragion
d’essere in relazione allo spessore dell’interesse pubblico
coinvolto dalla loro attività (54) e sarebbe ingiustificata
la stessa facoltà riservata ai Comuni, di esercitare il diritto di
prelazione per l’assunzione di detto servizio pubblico e sociale,
che viene tuttora ritenuto coerente per l’acquisto extra ordinem di una sede farmaceutica e l’attività di assistenza farmaceutica
vacante o di nuova istituzione in aggiunta alle ordinarie modalità
d’acquisto inter vivos et mortis causa (55).
7. Si può così ritenere che la
gestione delle farmacie comunali possa essere affidata in forma
concessoria ad un imprenditore per essere esercitata in forma
individuale o collettiva nel rispetto del contratto di servizio concluso con il Comune, titolare del relativo diritto
d’esercizio (ipotesi sub a), ma che possa essere anche affidata in forma societaria ad una società a dominanza pubblica
totalitaria, ove ne ricorrono le condizioni per l’affidamento in
house delle farmacie comunali nel rispetto dei principi
comunitari in materia di concorrenza e dei principi generali
relativi ai contratti pubblici (ipotesi sub b), ed ancora che possa
essere affidata in forma societaria ad una società
partecipata costituita dal Comune con un socio strategico
selezionato mediante l’adozione di un procedimento ad evidenza
pubblica con compiti operativi (ipotesi sub c): questo appare
possibile, come s’è già detto e qui ripetuto, secondo
un’interpretazione sistematica del coacervo normativo dato
dall’articolo 14, comma 32, della Legge n. 122/2010, che fa salva la
previsione di cui all’articolo 3, commi 27 e 28 della Legge n.
244/2007 e consente ai Comuni di costituire società che producano
servizi di interesse generale (comma 27), previa comunicazione della
assunzione della partecipazione alla C. conti (comma 28), con
l’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n. 475/1968 come
modificato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991 sulla gestione
del servizio farmaceutico svolto dalle farmacie comunali, e può
mutuare (non obbligatoriamente e per ogni suo aspetto) la disciplina
di cui all’articolo 4 della Legge n.148/2011 in quanto rispondente
ai principi comunitari cui vien fatto riferimento (56): tutto ciò indipendentemente dalla soglia demografica se mai
opponibile, ma comunque scongiurata in linea di fatto se mai venga
superata dalla partecipazione congiunta di più Comuni, titolari (o
meno?) di farmacie e fermo restando nell’un caso, come nell’altro,
la conclusione del contratto di servizio che disciplini il
rapporto tra il Comune e la società di gestione a dominanza pubblica
totalitaria o partecipata.
Si può altresì ritenere che
l’affidamento della gestione delle farmacie comunali possa avvenire
attraverso una società originariamente a dominanza totalitaria del
Comune (o di più Comuni) costituita in forma di società a
responsabilità limitata o per azioni in relazione alla dimensione
della azienda che deve garantire in forma d’impresa il servizio
farmaceutico nel bacino d’utenza delle farmacie comunali ed essere
attuata mediante il conferimento in natura, effettuato
rispettivamente a norma dell’articolo 2464 o dell’articolo 2343 del
Codice Civile, del cespite immateriale costituito dal valore di
godimento poliennale dell’azienda (articolo 2254, secondo comma,
Codice Civile) se già organizzata in forma d’impresa per l’esercizio
delle farmacie comunali – uale conferimento alternativo a quello
della proprietà di tale azienda per gli effetti restitutori che lo
caratterizzano al momento dello scioglimento del vincolo societario
– ma anche mediante conferimento del valore prospettico della
gestione poliennale delle farmacie se non ancora organizzate in
forma d’impresa. Tale diritto, nell’un caso come nell’altro, può
formare oggetto di conferimento in quanto costituisce un elemento
dell’attivo suscettibile di valutazione economica e può essere
integralmente liberato dal Comune (o da ciascun Comune) al momento
della sottoscrizione per divenire così iscrivibile come posta attiva
nel bilancio della società, come espressamente previsto
dall’articolo 2424, Attività B, numero I, sub 4 del Codice Civile e
dai relativi principi contabili (57). La valorizzazione del
conferimento in natura che può essere effettuato da parte del Comune
(o da ciascun Comune) si pone in riferimento all’utilitas che
la società di gestione potrà conseguire nel tempo a seguito della
conduzione economica delle farmacie – di cui il Comune (o ciascun
Comune) è e rimane titolare anche dopo il conferimento – è
suscettibile di un’autonoma valutazione e può così costituire, come
s’è detto, il suo capitale sociale.
Si può infine ritenere che
una quota del capitale sociale iniziale della società di gestione
delle farmacie comunali, interamente sottoscritto e liberato dal
Comune (o da ciascun Comune), possa essere da questi successivamente
offerta alla partecipazione di un socio strategico selezionato
attraverso un procedimento ad evidenza pubblica che ad un tempo
preveda la sua scelta e l’affidamento di compiti operativi relativi
alla gestione e alla conduzione professionale delle farmacie
comunali nel rispetto dei principi comunitari in materia di
concorrenza e dei principi generali relativi ai contratti pubblici
di rilevanza economica. Tali principi consentono che la
partecipazione privata possa essere anche maggioritaria, rimanendo
semmai riservato al Comune (o da ciascun Comune) il limite di una
partecipazione non inferiore al 10% che gli possa consentire
l’esercizio della facoltà di richiedere la convocazione
dell’assemblea a norma dell’articolo 2367 del Codice Civile. Ciò,
fatta salva la possibilità di prevedere in suo (loro) favore dei
diritti particolari (articolo 2368, terzo comma, Codice Civile)
ovvero l’emissione di strumenti finanziari partecipativi muniti di
diritti d’amministrazione (articolo 2346, sesto comma, e articolo
2351, sesto comma, Codice Civile) ovvero la conclusione di ulteriori
pattuizioni peculiari, quali il “voto di lista” per la nomina delle
cariche sociali (articolo 2368, primo comma, Codice Civile) in
relazione alla tipologia del modulo societario adottato, quale sorta
di golden share a tutela rafforzata rispetto al contratto di servizio che deve disciplinare il rapporto tra
il Comune (o da ciascun Comune) e la società partecipata di gestione
delle farmacie comunali in termini di efficienza, efficacia ed
economicità.
8. Il procedimento a formazione
progressiva della società di gestione che viene qui in
considerazione in alternativa all’affidamento in forma concessoria
della gestione delle farmacie comunali ad un imprenditore per essere
esercitato in forma individuale o collettiva, può essere attuato per
ricondurre a causa tipica gli intenti pratici perseguiti dal Comune
(o da ciascun Comune) per la gestione delle farmacie comunali
attraverso una serie di provvedimenti di diritto pubblico e di
contratti di diritto privato tra loro concatenati ed attinenti la
costituzione e l’esercizio della società partecipata di gestione e
la conclusione del contratto di servizio che ricadono nella
disciplina civilistica (58), pur mantenendo aspetti
d’evidenza pubblica (59), che rimangono connaturati alla
natura di organismi di diritto pubblico ascritta anche a tali
società di gestione di un servizio pubblico locale, quale è quello
svolto dalle farmacie comunali (60).
Gli atti che possono
ricondurre a causa tipica gli intenti pratici perseguiti per la
gestione delle farmacie comunali da parte di uno o più Comuni, che
ne siano titolari, si possono tradurre:
a) nella motivata
deliberazione d’indirizzo adottata dal Consiglio del Comune (o di
ciascun Comune) per la costituzione della società di gestione delle
farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui sia (siano)
titolare/i e delle farmacie non ancora operanti nelle sedi
farmaceutiche di nuova istituzione di cui sia (siano) titolare/i, e
così attraverso una società originariamente a dominanza pubblica
totalitaria che veda il Comune (o ciascun Comune) sottoscrivere e
liberare pro quota l’intero capitale sociale mediante il
conferimento in natura dell’usufrutto temporaneo dell’azienda
afferente le farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui
sia (siano) titolare/i nonché del valore prospettico della
poliennale gestione delle farmacie non ancora operanti nelle sedi
farmaceutiche di nuova istituzione di cui sia (siano) titolare/i, ma
aperta alla partecipazione di uno o più soci strategici con compiti
operativi, già individuati originariamente (o per una quota
riservata) nel personale farmacista dipendente a norma dell’articolo
10, lettera a, della Legge n. 362/1991 selezionato secondo un
procedimento ad evidenza pubblica, e con la (successiva o
contestuale) apertura alla eventuale partecipazione di altri soci
strategici con compiti operativi selezionati con analogo
procedimento ad evidenza pubblica;
b) nella comunicazione delle
deliberazioni d’indirizzo adottate dal Consiglio del Comune (di
ciascun Comune) alla Sezione competente della C. conti, a norma
dell’articolo 3, comma 28, della Legge n.244/2007 richiamato
dall’articolo 14, comma 32, della Legge n.122/2010; tale
comunicazione non è più dovuta all’Autorità garante della
concorrenza e del mercato, secondo quanto già previsto dall’articolo
23 bis, comma 3, della Legge n. 133/2008 abrogato per referendum a
norma del D.P.R. n.113/2011 – che peraltro riguardava solo
l’affidamento in house del servizio pubblico locale alla
società e partecipazione pubblica totalitaria – ma non reiterato
dall’articolo 4 della Legge n.148/2011, in quanto inapplicabile a
tale servizio pubblico locale (articolo 4, comma 34, Legge
n.148/2011), che viene comunque affidato alla società di gestione
nel rispetto della normativa comunitaria e per ciò stesso sottratto
alla informativa che viene prevista ai fini della relazione al
Parlamento dovuta da parte di tale Autorità (articolo 4, comma da 1
a 5, Legge n.148/2011;
c) nella valutazione mediante perizia del
valore dell’usufrutto poliennale delle aziende per l’esercizio delle
farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui il Comune (o
ciascun Comune) sia titolare e del valore prospettico della gestione
poliennale delle farmacie non ancora operanti nelle sedi
farmaceutiche di nuova istituzione di cui il Comune (o ciascun
Comune) sia titolare: valori che costituiscono il bene immateriale
oggetto del conferimento in natura nella società di gestione e vanno
a costituire il suo capitale sociale;
d) nella costituzione della
società di gestione a dominanza pubblica totalitaria del Comune (dei
Comuni) mediante sottoscrizione (pro quota) parametrata al valore
dei conferimenti in natura;
e) nella motivata deliberazione
adottata dal Consiglio Comunale del Comune (o di ciascun Comune) per
l’affidamento in house poliennale (ma di durata non superiore
al trentennio) del servizio garantito dalle farmacie afferenti le
sedi farmaceutiche di cui sono titolari alla società di gestione a
dominanza pubblica totalitaria alle condizioni previste nel contratto di servizio, ma aperta alla partecipazione di uno o
più soci strategici individuati originariamente (o per quota
riservata) nel personale farmacista dipendente, ma aperta alla
partecipazione di altri soci strategici, con la determinazione della
quota societaria oggetto del trasferimento negoziale da attuare
mediante procedimento ad evidenza pubblica che ne condizioni la
scelta ed individui i compiti operativi;
f) nella redazione del
relativo bando di gara che enunci l’assunzione poliennale (ma di
durata non superiore al trentennio), da parte della società di
gestione, delle farmacie afferenti le sedi farmaceutiche di cui il
Comune (o ciascun Comune) è titolare, e precisi, insieme ai criteri
di scelta, gli specifici compiti operativi ascritti ad uno o a più
soci strategici per la conduzione tecnico professionale delle
farmacie comunali che saranno individuati originariamente (o per una
quota riservata) tra il personale farmacista dipendente, ma anche
tra altri soci strategici: bando di gara da redigere secondo le
indicazioni date dall’articolo 4 della Legge n.148/2011 per la loro
rispondenza ai principi comunitari;
g) nello svolgimento della
gara e nella assegnazione della quota societaria (anche
maggioritaria) ai soci strategici con compiti operativi;
h) nella
conclusione del contratto di servizio tra il Comune (o
ciascun Comune) e la società di gestione delle farmacie
comunali.
In questo modo il Comune (o ciascun Comune) potrà
garantire la gestione delle farmacie comunali (di cui è e rimane
titolare) in termini appropriati di efficienza, efficacia ed
economicità, costituendo (senza oneri finanziari) la società di
gestione e retraendo anche delle risorse economiche sotto un
quadruplice profilo: a) dal trasferimento negoziale ad uno o più
soci strategici, individuati mediante procedimento ad evidenza
pubblica, di una parte delle quote societarie originariamente
sottoscritte e liberate in natura; b) dagli utili pro quota retratti
dalla società di gestione delle farmacie comunali; c) del
corrispettivo del contratto di servizio; d) dall’eventuale
canone di locazione, se mai le farmacie dovessero essere esercitate
in locali di proprietà del Comune (o di ciascun Comune).
Per
contro, se così si può dire, gli aspetti di evidenza pubblica già
delineati hanno delle conseguenti ricadute sulla disciplina
dell’affidamento del servizio e sulla regolamentazione della
selezione del socio strategico con compiti operativi in un’unica
gara (61), ma anche in relazione alle responsabilità
contabile degli amministratori (62), all’acquisto di beni e
servizi soggetti alla normativa dei contratti pubblici di cui
all’articolo 32 del D.L.vo n. 163/2006 (63) e al reclutamento
del personale dipendente mediante pubblica selezione a norma
dell’articolo 18 della Legge n. 112/2008 (64) nonché in
relazione al rispetto del patto di stabilità interno esteso anche
alla società di gestione dei servizi pubblici locali dall’articolo
76, comma 7, della Legge n. 113/2008 come modificato dall’articolo
20, comma 9 della Legge n. 111/2011, in relazione alla assunzione
del personale (65), che sia avvenuta a qualsiasi titolo e con
qualsivoglia tipologia contrattuale (66), ivi compresa quella
del personale degli organismi partecipati (67). Il che impone
un più che attento esercizio sul piano economico-contabile della
attività di gestione delle farmacie comunali sia da parte della
società a dominanza pubblica totalitaria che da parte della società
a partecipazione privata maggioritaria o minoritaria che si renda
affidataria del relativo servizio pubblico locale d’interesse
generale.
9. La problematiche relative all’ostracismo
che vien dato al modulo societario (a dominanza pubblica o
partecipata) per la gestione delle farmacie comunali dal coacervo
della normativa che definisce i possibili contenuti della gestione
(articolo 3, comma 27 della Legge n. 244/2007) con la normativa che
individua la soglia demografica di partecipazione (articolo 14,
comma 32, Legge n. 133/2010), pur superati nella postulata
coincidenza dei servizi di interesse generale con i servizi pubblici (68) nonché i limiti di evidenza pubblica già evidenziati
nella relativa attività si pongono come un oggettivo ostacolo alla
privatizzazione delle farmacie comunali attraverso la società
partecipata di gestione e preludono ad un liberalizzazione del
servizio pubblico locale da queste svolto mediante l’affidamento a
strutture estranee ai Comuni a norma dell’articolo 4, comma 32,
lettera a) della Legge n. 148/2011, se addirittura non mettano in
discussione, come s’è già detto, lo stesso diritto di prelazione
loro riservato dall’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n.
475/1968 nella assegnazione delle sedi farma-ceutiche vacanti o di
nuova istituzione, scoraggiandone l’esercizio in riferimento alla
realizzazione di una loro gestione concorrenziale. Infatti, se pure
la verifica preventiva sulla coerenza dell’esercizio del diritto di
prelazione sulle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione e
della appropriatezza del relativo modulo di gestione non sia
formalmente prevista una tale ricognizione (69), deve pur
sempre trovare ingresso – per le ragioni di trasparenza e di
ragionevolezza fissate dall’articolo 97 della Costituzione che
si sono tradotte nella disciplina di cui all’articolo 4 della Legge
n. 148/2011 relativa dall’assunzione di un servizio pubblico locale
di rilevanza economica anche in riferimento ai limiti posti agli
obiettivi programmatici del patto di stabilità interna di cui
all’articolo 31, comma 19, della Legge n. 183/2011 (70), cui
devono essere adeguate le discipline di settore ed espressamente
quella relativa alla gestione delle farmacie comunali, per ragioni
di compatibilità conseguenti al recupero dei valori normativi di cui
s’è detto – nelle motivazioni della deliberazione d’indirizzo
richiesto per l’esercizio dell’una e dell’altra facoltà, così che
potrebbe divenire così problematica l’una e l’altra opzione in
termini di coerenza economica, ma in contrasto con la mens legis che ne consente l’esercizio in funzione dello spessore
dell’interesse pubblico coinvolto dall’esercizio delle farmacie
comunali e porsi come un’insanabile “contraddizion che
no’l consente”.
----------
1. B.R.Nicoloso, Il sistema farmacia, 4 ed. Milano 2010, vol.1., pag.
460.
2. Cons. St., Sezione terza, 12 novembre 2011, n.5993;
T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, 1 giugno 2011 n. 2939; T.A.R.
Lombardia, Brescia, Sezione II, 20 gennaio 2012, n. 84.
3. C.
conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 26
settembre 2009, n. 489; Cons. St., Sezione quinta, 8 maggio 2007, n.
2110; T.A.R. Sicilia, Catania, Sezione IV, 28 giugno 2011, n.
1598.
4. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia,
parere 27 febbraio 2008, n. 3; T.A.R.per la Campania, Napoli,
Sezione quinta, 1 giugno 2011, n. 2939; T.A.R. Campania, Napoli,
Sezione V, 9 febbraio 2012, n. 699.
5. S. Colombari, La
specialità della disciplina amministrativa delle farmacie comunali, in Dir. amm., 2011, fasc. 2, pag. 419; F. Mastragostino, La
disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui
servizi pubblici locali e normativa di settore, in La
gestione delle farmacie comunali, a cura di D. De Pretis,
Trento, 2006, pag. 5; A. Santuari, Il servizio farmaceutico: dal
contesto UE al recente “pacchetto liberalizzazioni”, in www.giustamm.it, 2012, n. 1; contra: B.R.Nicoloso, Il sistema farmacia, cit., vol. I, pag. 492. B.R.Nicoloso –
L.Giordani, I moduli di gestione delle farmacie comunali,
Napoli 2008, pag. 84. In generale: G.Guzzo, I servizi pubblici
locali di rilevanza economica dopo il restyling del D.L. n.
138/2011, in Lex.italia, 2011, fasc. 7-8; Id. Brevi
riflessioni sui nova dei servizi pubblici locali dopo la Legge di
stabilità n. 183/2011, Lex.Italia, 2011, fasc. 12; C.
Rapicavoli, L’affidamento dei servizi pubblici locali; la manovra
estiva di cui al DL n. 138/2011, in Lex.Italia, 2011, fasc. 7-8;
Id. I servizi pubblici locali nel decreto liberalizzazioni,
in Lex.Italia. it, 2012, fasc. 1; M.Pani, I servizi pubblici
locali a rilevanza economica: luci e ombre dopo il D.L. n. 138/2011
e la Legge di stabilità, in Lex.Italia, it., 2011, fasc. 12; V.
Marchianò, I servizi pubblici locali: una storia sospesa tra
libertà ed autorità, in Lex.Italia, 2012, fasc. 6.
6. S.
Colombari, op.loc.cit.; A. Santuari, op.loc.cit.
7. Cassazione
Civile, Sezioni Unite, 14 febbraio 2002, n. 3791; Cassazione Civile,
Sezione prima, 28 giugno 1995, n. 7263; C. conti, Sezione
giurisdizionale per la Liguria, 25 febbraio 2008, n. 154; T.A.R.
Campania, Napoli, Sezione prima, 22 febbraio 2006, n.198; T.A.R.
Umbria, 16 febbraio 2000 n. 142.
8. C. conti, Sezione regionale
di controllo per la Lombardia, parere 3 marzo 2012, n. 49; C. conti,
Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 21 dicembre 2011,
n. 673; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia,
Parere, 26 settembre 2009, n. 489.
9. C. conti, Sezione regionale
di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461.
10.
C. conti, Sezione regionale per il Veneto, parere 15 gennaio 2009,
n. 5.
11. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia,
parere 27 febbraio 2003, n. 3; C. conti, Sezione regionale di
controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70.
12.
Cons. St., Sezione quinta, 15 febbraio 2007, n. 637.
13. Cons.
St., Adunanza plenaria, 31 maggio 2002, n. 5.
14. T.A.R.
Lombardia, Brescia, Sezione I, ordinanza 24 gennaio 2011, n. 120;
T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione seconda, 14 maggio 2010, n. 1134; C.
conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 8 novembre
2011, n. 570.
15. Cons. St., Sezione quinta, 8 maggio 2007. n.
2110; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione terza, 23 aprile 2009, n.
3567; Id., Brescia, Sezione I, ordinanza 22 ottobre 2002, n.
789.
16. T.A.R. Sicilia, Catania, Sezione quarta, 28 giugno 2011,
n. 1598; C. conti, Sezione regionale di controllo del Veneto, parere
28 febbraio 2012, n. 104.
17. Corte Costituzionale, 14 gennaio
2011, n. 24; Cons. St., Adunanza plenaria, 3 marzo 2008, n. 1; C.
conti, Sezione regionale di controllo del Piemonte, parere 20
gennaio 2012, n.4; C. conti, Sezione regionale di controllo per la
Lombardia, parere 26 settembre 2011, n. 489.
18. Cons. St.,
Sezione quinta, 5 agosto 2005, n. 4207.
19. T.A.R. Lombardia,
Brescia, 26 marzo 2001, n. 140.
20. Corte Costituzionale, 14
gennaio 2011, n. 24.
21. Cons. St., Sezione Atti Normativi,
parere 15 giugno 2010, n. 2692/2010.
22. Libro Verde della
Commissione UE, 30 aprile 2004 e Risoluzione del Parlamento Europeo
26 ottobre 2006 richiamato da Cons. St., Sezione seconda, parere 18
aprile 2007, n. 456; C. Volpe, Appalti pubblici e servizi
pubblici, in Giust. Amm., 2011, n. 10.
23. T.A.R. Calabria,
Catanzaro, 31 dicembre 2009, n. 1481.
24. Cons. St., Sezione
sesta, 15 novembre 2005, n. 6368.
25. Determinazione AGCM 29
aprile 2009, AS 533.
26. C. conti, Sezione regionale di controllo
per la Lombardia, parere 5 marzo 2012, n. 49.
27. C. conti,
Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio
2011, n. 70; C. conti, Sezione regionale di controllo per la
Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70; contra: T.A.R.
Sardegna, 17 gennaio 2004, n. 17.
28. Cons. St., Sezione quinta,
5 agosto 2005, n. 4207.
29. C. conti, Sezione regionale per la
Lombardia, parere 3 marzo 2012, n. 49.
30. Cons. St., Sezione
terza, 12 maggio 2011, n. 2851.
31. Corte di Giustizia
dell’Unione Europea, 10 marzo 2011, C-274/09 Strong.
32. Cons. St., Sezione V, 1 luglio 2005, n.
3672.
33. Cons. St., Adunanza plenaria, 3 marzo 2008, n.
1.
34. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sezione seconda, 31 maggio
2012, n. 380; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 10 dicembre
2008, n. 5759.
35. Cons. St., Sezione quinta 22 dicembre 2005, n.
7345.
36. Cons. St., Sezione quinta, 9 marzo 2009, n.
1365.
37. T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione seconda, 21 aprile 2006,
n. 1985; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia,
26 settembre 2011, n. 489.
38. R. Cavallo Perin, Le regole
dell’organizzazione e della gestione, in L’affidamento e la
gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, a
cura di H. Bonura e M. Cassano, Torino, 2011, pag. 138.
39. Corte
costituzionale, 14 gennaio 2011, n. 24.
40. Corte di cassazione,
Sezione Unite Civili, 4 novembre 2009, n. 23222; C. conti, Sezione
regionale di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2011,
n. 489.
41. M.A. Sandulli, Il partenariato pubblico privato
istituzionalizzato nell’evoluzione normativa, in Federalismi
it., 2012, n. 3
42. C. conti, Sezione regionale per la
Puglia, parere 27 febbraio 2003, n. 3.
43. C. conti, Sezione
regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n.
461.
44. C. conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto,
parere 15 gennaio 2009, n. 5.
45. M.A. Sandulli, op.loc.cit.; contra: R. Ruotolo, Divieto per i Comuni sotto i 30.000
abitanti di costituire o partecipare a società e farmacie comunali, in CNN Notizie, 15 dicembre 2010.
46. C. conti, Sezione
regionale di controllo per il Piemonte, parere 20 gennaio 2012, n.
4; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere
8 novembre 2011, n. 570; C. conti, Sezione regionale di controllo
per la Puglia, parere 27 febbraio 2011, n. 3; C. conti, Sezione
regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n.
70; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria, 31
dicembre 2010, n. 166.
47. C. conti, Sezione regionale di
controllo per la Puglia, parere 27 febbraio 2003, n. 3; C. conti,
Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio
2011, n. 461; C. conti, Sezione regionale di controllo per il
Veneto, parere 15 gennaio 2009, n. 5.
48. T.A.R. Campania,
Napoli, Sezione quinta, 10 ottobre 2008, n.14697.
49. TAR
Lombardia, Brescia, Sezione I, ordinanza 28 gennaio 2011, n.
120.
50. Corte Giustizia UE, 19 maggio 2009, C-531/2006.
51.
Corte Costituzionale, 23 dicembre 2006, n. 448.
52. Appello
Bologna, Sezione prima, 19 luglio 1997 (inedita).
53. Cons. St.,
Sezione quinta, 15 febbraio 2007, n. 637.
54. Tribunale regionale
di Giustizia Amministrativa, Trentino Alto Adige, Trento, 20 ottobre
1999, n. 364; Appello Trento, Sezione II civile, 12 marzo 2003, n.
117.
55. Cons. St., Sezione terza, 12 novembre 2011, n.
5993.
56. Corte costituzionale, 12 gennaio 2011, n. 24.
57.
Principi contabili OIC 23, pag.31; Documento interpretativo dei
principi contabili IFRIC12.
58. Cassazione Civile, Sezioni
Unite, 6 maggio 1995, n. 4991.
59. Corte Costituzionale, 1 agosto
2008, n. 326.
60. C. conti, Sezione regionale per la Lombardia,
parere 26 settembre 2011, n. 489.
61. Cons. St., Sezione seconda,
parere 18 aprile 2007, n. 456.
62. Cassazione Civile, Sezione
unite, 26 febbraio 2004, n. 3899.
63. Cassazione Civile, Sezioni
unite, 4 novembre 2009, n. 23322.
64. C. conti, Sezione regionale
di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2011, n.
489.
65. C. conti, Sezioni riunite, 25 gennaio 2011, n. 3.
66.
C. conti, Sezioni riunite, 29 agosto 2011, n. 46.
67. C. conti,
Sistema regionale di controllo per la Calabria, parere 5 luglio
2011, n. 358.
68. C. conti, Sezione regionale di controllo per la
Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461.
69. T.A.R. Lombardia,
Milano, Sez. I, 20 dicembre 2006, n. 3017.
70. D. Min. Econ.
Fin., 5 giugno 2012.
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(pubblicato il
25.6.2012)
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