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n. 6-2012 - © copyright

 

BRUNO RICCARDO NICOLOSO
MARCELLO TARABUSI

La gestione delle farmacie comunali nel coacervo delle “leggi di stabilità” e delle “leggi di crescita” del biennio 2011-2012

 

 


 

 

SOMMARIO: 1. La mens legis della disciplina del servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali e la loro privatizzazione; 2. La natura del servizio; 3. La normativa di principio e la normativa di settore; 4. La forma di gestione privatizzata; 5. L’adeguamento della disciplina ai principi comunitari; 6. L’ostracismo dato alla gestione societaria; 7. La società partecipata di gestione; 8. Il procedimento a formazione progressiva (ipotesi operativa) ed i limiti di evidenza pubblica; 9. Gli aspetti critici della gestione societaria.


1. La disciplina sulle modalità di gestione delle farmacie comunali, quale servizio pubblico e sociale, che aveva già avuto un’evoluzione normativa ritenuta (a dir poco incerta) nel relativo ordinamento sezionale quasi a contrappunto a quella (a dir poco fobica) che si è sviluppata in parallelo nell’ordinamento generale sulla gestione dei servizi pubblici locali (così da far paragonare l’una e l’altra all’Idra di Lerna), ha subito un ulteriore impulso ad opera della “normativa di stabilità” (articolo 4 della Legge n. 148/2011 emendato dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011) integrata dalla “normativa di crescita” (articolo 25, Legge n. 27/2012). Tale compendio normativo si colloca nell’ottica di una privatizzazione, per così dire “fredda”, attuata secondo moduli di gestione appropriati in termini di efficienza, efficacia ed economicità, che si pongono in alternativa ad una privatizzazione per così dire “calda”, attuata attraverso il trasferimento negoziale del diritto d’esercizio delle farmacie comunali, in uno all’azienda a questo afferente, mediante un procedimento ad evidenza pubblica (1). L’una e l’altra forma di privatizzazione di un servizio pubblico locale deve tenere in debito conto che l’esercizio delle farmacie comunali è stato acquisito dai Comuni mediante l’esercizio del diritto di prelazione sulle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione (articolo 9, Legge n. 475/1968) non già per dotarsi extra ordinem di un bene di cui potersi disfare alla bisogna, ma solo per garantire il servizio pubblico e sociale loro affidato a tutela di un diritto “fondamentale” di tutti e di ciascuno, quale è il diritto alla salute, inteso come il diritto alla qualità e alla dignità della vita (articolo 32, in relazione agli articoli 2, 3, 38, 41 e 97, Costituzione) mediante la cura della salute e la terapia del dolore, che ne condiziona lo svolgimento in termini d’impresa.
La ratio legis sottesa all’impianto e alla gestione delle farmacie comunali non ha perso d’attualità e non può essere disattesa sull’altare dell’una o dell’altra forma di privatizzazione per l’intrinseco spessore dell’interesse pubblico coinvolto nell’esercizio della relativa attività (2), se pur tale aspetto teleologico sia stato messo in discussione, come vedremo, proprio dalla più recente normativa di cui all’articolo 11 della Legge n. 27/2012 che ha inciso sull’accesso al relativo esercizio da parte dei Comuni.
Su questa premessa che è insieme una critica pregiudiziale di metodo, prima ancora che di merito, può esser affrontata un’indagine sulla ricaduta delle novelle normative di stabilità e di crescita sul sottinsieme comunale che divide con il sottinsieme privato il munus publicum di cui s’è detto e che viene garantito dal sistema farmacia quale esercizio di una professione nell’ambito di un’azienda organizzata in forma d’impresa pianificato sul territorio.

2.
Si pone al riguardo la questione preliminare relativa alla natura del servizio farmaceutico svolto dalle farmacie comunali, quale presupposto logico-giuridico all’opinione liberalizzante sulla loro gestione e la riconduzione della relativa disciplina normativa che si colloca, come vedremo, nel coacervo della legislazione di principio e di quella di settore attinente tale servizio, che è inequivocabilmente un servizio pubblico locale che affonda le radici nell’articolo 1, n. 6 del R.D. n. 2578/1925 richiamato dall’articolo 9 della Legge n. 475/1968 nel testo originario novellato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991 che fa riferimento alla Legge n. 142/1990, poi integrato dall’articolo 12 della Legge n. 498/1992 ed infine ricondotto all’articolo 113 del T.U. n. 267/2000 e successive modificazioni soggette anche al recente vaglio referendario di cui al D.P.R. n. 113/2011 (3).
Una tale natura non può essere messa in discussione sulla erronea presupposizione che la titolarità del diritto d’esercizio delle farmacie pianificate sul territorio sia ascritta alle Regioni che rilasciano, per il tramite delle Aziende Sanitarie Locali (loro enti strumentali), il relativo provvedimento d’accesso ai Comuni e subordinano lo svolgimento della relativa attività alla sottoscrizione di una apposita convenzione (4). Tutto questo viene esasperato (5), equivocando tra la concessione-contratto, conclusa a livello nazionale e resa esecutiva con Decreto del Presidente della Repubblica, che regola la erogazione della assistenza farmaceutica garantita dalle Aziende Sanitarie Locali per il tramite delle farmacie (comunali e private) nell’ambito delle prestazioni di beni e di servizi poste a carico del Servizio Sanitario Nazionale (articoli 28 e 48, Legge n. 833/1978, articolo 8, D.L.vo n. 502/1992 e articolo 3, D.L.vo n. 153/2010) e la concessione-provvedimento rilasciata (ai Comuni ed ai farmacisti privati) dalla Autorità sanitaria (individuata dalla legislazione regionale di dettaglio) che integra le farmacie (comunali e private) nel pluralismo organizzatorio del Servizio Sanitario Nazionale e le abilita allo svolgimento del servizio farmaceutico come servizio pubblico (articolo 32, Legge n. 833/1978 in riferimento alle Leggi n. 475/1968 e n. 362/1991) nel cui contesto erogano come servizio sociale le prestazioni di assistenza farmaceutica nonché le prestazioni di servizi a questa complementari (articolo 9, Legge n. 69/2009 e articolo 1, Legge n. 38/2010), secondo accordi ad evidenza pubblica, originariamente circoscritti alla assistenza farmaceutica (D.P.R. n. 371/1998) ma ora dilatati ai servizi a questa complementari (D.L.vo n. 153/2009): prestazioni svolte nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale. Questo non esclude, né tanto meno assorbe le stesse prestazioni di beni e di servizi che le farmacie (comunali e private) possono garantire al di fuori di quelle poste a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Tutto ciò avviene, come già detto, sulla scorta della concessione provvedimento che abilita i loro titolari ad erogare tali prestazioni (articolo 32, Legge n. 833/1978) e che non potrebbero certo svolgere se la loro attività fosse ricondotta esclusivamente alla concessione contratto che le abilita solo alla erogazione delle prestazioni svolte nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale (articoli 28 e 43, Legge n. 833/1978).
Il negare a contrariis la natura di servizio pubblico locale al servizio farmaceutico svolto dalle farmacie comunali e liberarlo così dalla disciplina dei servizi pubblici locali (ritenuta forse troppo espansiva in chiave comunitaria) si pone poi in evidente contraddizione con l’ordinamento di settore che opera un rinvio dinamico a tale disciplina, così che alla fine si finirebbe per postularla come complementare ed ascriverla anche alla gestione delle farmacie comunali smentendo la pregiudiziale di segno negativo da cui si è partiti (6).
Le une (le farmacie comunali) come le altre (farmacie private) sono invece destinatarie, come s’è detto, del medesimo provvedimento d’accesso all’esercizio del servizio farmaceutico svolto come servizio pubblico nel cui contesto svolgono anche le prestazioni di assistenza farmaceutica come servizio sociale svolto nel contesto del servizio pubblico (7), se pure la diversa natura dei soggetti (pubblici e privati) che sono titolari del relativo diritto d’esercizio ne condiziona le modalità di gestione indipendentemente dall’analogo regime concessorio instaurato per svolgere in via paritetica il medesimo servizio pubblico e sociale che è stato loro affidato e del cui affidamento possono anche disporre in modo paritario: i Comuni, quali titolari delle farmacie comunali, possono infatti trasferire il loro diritto d’esercizio e l’azienda che vi è connessa mediante procedimento competitivo d’evidenza pubblica (articolo 12, comma 1, Legge n. 362/1991), al pari dei titolari delle farmacie private che possono disporre dell’analogo diritto d’esercizio e dell’azienda che vi è connessa (articolo 12, comma 1, Legge n. 475/1968), e l’efficacia del trasferimento delle une e delle altre è solo condizionata al riconoscimento dell’Autorità sanitaria (articolo 12, comma 3, Legge n. 475/1968) agli effetti del rilascio della concessione provvedimento che consente al concessionario di svolgere il servizio farmaceutico e di aderire in tale contesto, come s’è detto, alla concessione contratto che lo abilita ad erogare anche l’assistenza farmaceutica in un bivalente rapporto concessorio.

3.
Ricondotto il servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali tra i servizi pubblici locali a tendenziale rilevanza economica (8), che rientrano nella categoria dei servizi d’interesse generale per la loro natura coincidente con quella dei servizi pubblici (9), in quanto svolti nell’esercizio di un’impresa soggetta ad obblighi di servizio pubblico (10) e rivolti ai fini sociali (11), si comprende perché la relativa disciplina, lungi dall’escludere l’esercizio delle farmacie comunali dallo svolgimento di un servizio pubblico locale, trovi il suo punto focale nel rapporto tra la normativa di principio sulla gestione dei servizi pubblici locali e la disciplina del settore farmaceutico (12), quale servizio pubblico e sociale in senso oggettivo (13). La prima è costituita da un coacervo normativo di principi: Legge n. 242/1990 (articolo 22) integrata nel D.L.vo n. 267/2000 (articolo 133 modificato dalla Legge n. 448/2001: articolo 35, comma 1), dalla Legge n. 362/2003 (articolo 14, comma 1), dalla Legge n. 350/2003 (articolo 4, comma 234) [e dalla Legge n. 133/2008 (articolo 23 bis come modificato dall’articolo 15, Legge n. 166/2008) e del DPR n.168/2010 (articoli 1 e 2) abrogati per referendum: articolo 1, DPR n. 113/2011] la Legge n. 66/2010 (articolo 14, comma 32, in riferimento all’articolo 3, commi 27 e 28 della Legge n. 244/2007) ed infine la Legge n. 148/2011 (articolo 4 emendato dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011) e la Legge n. 27/2012 (articolo 25). La seconda è data dalla normativa di settore: Legge n. 475/1968 (articolo 9, comma 1, seconda parte, come modificato dall’articolo 10, Legge n. 362/1991) e si rappresenta, come s’è detto, una disciplina concorrente (14), se non subordinata alla prima (15) che peraltro non si applica. vedremo come e in quale misura, alla gestione delle farmacie comunali (articolo 23 bis, comma 1, Legge n. 133/2008, poi articolo 4, comma 34, Legge n. 148/2011 emendato dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011 e articolo 25, Legge n. 27/2012), ma attraverso un’esclusione che è volta a garantire la sopravvivenza di forme di gestione diretta delle farmacie comunali che altrimenti sarebbero state travolte dalla evoluzione della normativa di principio sulla gestione dei servizi pubblici locali (16): una tale esclusione si traduce, se così si può dire, in positivo perché dilata e non comprime i moduli di gestione delle farmacie comunali rispetto agli altri servizi pubblici locali.
L’una e l’altra normativa si pongono in termini di compatibilità con principi comunitari in materia di servizi pubblici derivante dal processo di penetrazione delle regole comunitarie nell’ordinamento statale che incide, come vedremo, direttamente e in termini decisivi sui moduli di gestione delle farmacie comunali (17).

4.
Su questa premessa può essere esaminata la disciplina delle forme di gestione delle farmacie comunali con particolare riferimento a quella relativa al modulo societario (partecipato o meno dai Comuni) che assume rilevanza (ed attualità) rispetto agli altri modelli di gestione nella evoluzione normativa di cui s’è detto, così come previsti dal coacervo della normativa di principio e di settore: in economia ed attraverso un’azienda municipalizzata o consortile (articolo 9, comma 1, seconda parte, lettere a, b, c, d, Legge n. 475/1968 come sostituito dall’articolo 10, Legge n. 362/1991), rimanendo un punto fermo che, quale che sia il modulo di gestione adottato dal Comune per la gestione delle farmacie comunali, la titolarità del relativo diritto d’esercizio sia e rimanga sempre a questi riferibile (18) e si abbia una scissione istituzionale tra la titolarità di tale diritto e il suo concreto esercizio rimanendo improponibile la loro corrispondenza biunivoca che è invece tipica dei modelli di gestione delle farmacie private (19).
Si rileva al riguardo e in via preliminare che gli effetti abrogativi del referendum hanno inciso sulla normativa di cui all’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 nel testo introdotto dall’articolo 15 della Legge n. 166/2009 e su quella dell’articolo 113, comma 5, del T.U. n. 267/2000 nel testo emendato dall’articolo 14 della Legge n. 326/2003 (già abrogato dallo stesso articolo 23 bis, comma 11, della Legge n. 133/2008), non si sono posti in contrasto, ma hanno avvalorato le logiche della normativa comunitaria già poste alla base, ma in senso restrittivo, della previsione normativa che è stata abrogata. La stessa normativa che è stata abrogata ne escludeva peraltro l’applicazione – s’è già visto come e perché – alla gestione delle farmacie comunali di cui alla Legge n. 475/1968, ritenuta concorrente con quella generale di cui all’articolo 113 del T.U. n. 267/2000 se non subordinata a detta normativa o comunque non limitata alla società di gestione partecipata del Comune con i farmacisti dipendenti. Infatti la cancellazione referendaria dell’articolo 23 bis della Legge n.133/2008 nel testo introdotto dall’articolo 15 della Legge n.166/2009 (nonché del relativo regolamento d’esecuzione n.168/2010) non ha fatto venir meno la possibilità, riservata alla discrezionalità dei Comuni, di affidare i servizi pubblici ad un ente di gestione a capitale interamente pubblico (ipotesi già regolata dall’articolo 23 bis, comma 3, della Legge n.133/2008) ovvero a capitale misto pubblico-privato (ipotesi già regolata dall’articolo 23 bis, comma 2, della Legge n.133/2008) ovvero a capitale privato (ipotesi già regolata dall’articolo 23 bis, comma 1, della Legge n. 133/2008), e non ha escluso il passaggio in termini successivi dall’uno all’altro modulo di gestione, in quanto, se l’abrogazione referendaria non ha fatto risorgere l’originaria previsione di cui all’articolo 113, comma 5, del T.U. n.267/2000 come modificato dall’articolo 14 della Legge n. 326/2003, già abrogata dallo stesso articolo 23 bis, comma 11, della Legge n. 133/2008, ha però necessariamente comportato l’applicazione diretta ed immediata nell’ordinamento interno della normativa comunitaria in materia di regole concorrenziali minime da osservare nei procedimenti ad evidenza pubblica per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica che era stata già recepita in tale previsione normativa, così come postulato attraverso una sorta di rinvio recettizio dalla Corte Costituzionale in sede di ammissione del referendum (20).
L’erogazione di un servizio pubblico locale, quale quello garantito dalle farmacie comunali, può così avvenire -secondo un’interpretazione sistematica della disciplina normativa di principio e della disciplina normativa di settore che viene data alla luce dei principi comunitari in relazione ai quali non assumono certo una natura tassativa i moduli di gestione delle farmacie comunali previsti dall’articolo 9, comma 1, seconda parte, della Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991- mediante un triplice modulo di affidamento, che si pone nell’ampia discrezionalità che viene riconosciuta ai Comuni per la gestione di un servizio pubblico di rilevanza economica (21), ma che viene peraltro calibrata, come vedremo, attraverso il contratto di servizio e la carta dei servizi che ne assicura il controllo quale che sia il modulo prescelto, ben più di una golden share.
Si può così distinguere in sintesi la trilogia di tale affidamento.
a) L’affidamento che viene riservato a soggetti (originariamente a società di capitali) individuate attraverso lo svolgimento di procedure ad evidenza pubblica secondo un modello procedimentale tipicizzato, e che si pone nell’impianto del partenariato pubblico-privato (PPP) di derivazione comunitaria, realizzato attraverso due moduli di gestione di un servizio pubblico: quello contrattuale (PPPa) dell’appalto dei servizi e quello istituzionale (PPPc) della concessione dei servizi (22), che si distinguono tra loro in quanto l’appalto di un servizio pubblico si ha quando la prestazione è rivolta a favore dell’Amministrazione e la concessione di un servizio pubblico si ha quando la prestazione è rivolta all’utenza (23), ma che si differenziano anche in riferimento al rischio d’impresa che ricadono nell’un caso sull’appaltante e nell’altro sul concessionario (24). Il modulo concessorio viene ritenuto un veicolo gestionale tipico delle farmacie comunali, che è derogabile soltanto in presenza di peculiarità che non permettano un efficace ed utile ricorso al mercato per la gestione di tale servizio (25), se pure la sua praticabilità viene messa in dubbio per la funzione pubblica sottesa alla gestione delle farmacie comunali che non consentirebbe una scissione fra la titolarità del relativo diritto d’esercizio, acquisita extra ordinem attraverso la prelazione riservata ai Comuni dell’articolo 9 della Legge n.475/1968, ed il suo concreto esercizio (26), che è invece tipica nella concessione a terzi (27): in una parola il Comune non si potrebbe spogliare del diritto d’esercizio delle farmacie comunali di cui è e deve rimanere titolare qualunque sia il modulo attuato per la loro gestione (28), e non potrebbe scindere tale titolarità dal concreto esercizio (29): il che verrebbe poi aggravato dal fatto che la concessione in questione si tradurrebbe in una impraticabile subconcessione, atteso che il Comune, come s’è già visto, non può esercitare tale servizio pubblico locale quale sua attività istituzionale, ma ne acquisisce aliunde l’esercizio da parte della Autorità sanitaria, e può divenire in tal modo concessionario sia del servizio farmaceutico (concessione provvedimento: articolo 32, Legge n. 833/1978) che dell’assistenza farmaceutica (concessione contratto: articolo 28, Legge n. 833/1978) garantiti dalle farmacie comunali et delegatus delegare non potest! Tale argomento non appare peraltro convincente in quanto l’affidamento a soggetti terzi, individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica del servizio pubblico locale garantito dalle farmacie comunali (di cui il Comune è concessionario sotto entrambi i profili concessori) non spoglia il Comune della titolarità del diritto d’esercizio delle farmacie che gli rimane ascritta qualunque sia il modulo della relativa gestione, mentre si ha una scissione istituzionale tra tale titolarità e il suo concreto esercizio quale che sia il modulo di gestione adottato e così tanto se venga attuato attraverso un ente strumentale dal Comune che attraverso un soggetto autonomo dal Comune. Nel rispetto di questi postulati si può semmai ipotizzare un tertium genus di un tale affidamento rispetto all’appalto ed alla concessione (in senso proprio) di un pubblico servizio, così da configurare una sorta di affidamento in forma concessoria (se così si può dire) quale modulo intermedio tra le due forme di parternariato pubblico-privato: tale modulo può così porsi in via alternativa sia rispetto a quello contrattuale riconducibile alla disciplina degli appalti pubblici, sia rispetto a quello istituzionalizzato riconducibile alla disciplina della concessione di un pubblico servizio, se pure non si può porre in radicale antitesi con quest’ultimo strumento organizzatorio da cui mutua gli aspetti procedimentali (30), ma questi soltanto, insieme al rischio d’impresa che espone l’affidatario del servizio pubblico locale all’alea del mercato (31).
b) L’affidamento qualificato anche come concessione in forma societaria in quanto non si pone in antitesi con il più generale fenomeno di affidamento di tipo concessionario, mutua la disciplina di diritto interno dal diritto comunitario (32) e viene riservato a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso lo svolgimento di gara con procedure ad evidenza pubblica che diano garanzia di rispetto delle norme a tutela del diritto di concorrenza. Il che appare possibile attraverso un’unica gara relativa all’affidamento del servizio e alla scelta del socio strategico con compiti operativi (33).
c) L’affidamento diretto ovvero in house providing viene riservato a società a capitale interamente pubblico, a condizione che l’ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un “controllo analogo” a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività di gestione con l’ente o gli enti pubblici che la controllano. Il che appare possibile sia che la partecipazione dei Comuni sia esigua (34), sia che preveda anche una partecipazione privata di entità simbolica (35) –come quella attuabile nella fattispecie delle farmacie comunali con i farmacisti dipendenti a norma dell’articolo 9, lettera d, Legge n. 475/1968 come sostituito dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991 – sempre che venga garantito ai Comuni che vi partecipano un effettivo controllo sulla sua governance (36).
Interpretato il rapporto di complementarietà tra la normativa di settore e quella di principio può trovare un’attuazione (per così dire sostanziale nelle logiche della disciplina comunitaria) la previsione di cui all’articolo 113, comma 5, lettera b, del T.U. n.267/2000 pur abrogata dall’articolo 23 bis, comma 11, della Legge n. 133/2008 ed i vincoli, posti come obbligatori dallo stesso articolo 23 bis, comma 2, lettera b), della Legge n.133/2008 (abrogato a sua volta per referendum: articolo 1, D.P.R. n.113/2011), vengono così a porsi come facoltativi e non più cogenti, in una sorta di recupero di valori normativi nell’ambito della discrezionalità del Comune interessato a una tale forma di gestione societaria delle farmacie comunali (37): il che può essere attuato nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale di cui all’articolo 118 della Costituzione che consente loro l’esercizio dell’ampia discrezionalità di cui s’è detto, se pure su tale facoltà si sia calato, entro certi limiti di cui si dirà, il discusso ostracismo dato dall’articolo 14, comma 32 della Legge n. 133/2010 come emendato dall’articolo 1, comma 117 della Legge n. 220/2010 e dell’articolo 20, comma 13 della Legge n. 111/2011 al modulo societario per i Comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti.
Quanto alla durata dell’affidamento, si può ragionevolmente ritenere che la stessa (in tutte e tre le ipotesi) non possa essere superiore a un trentennio: ciò con riferimento analogico all’articolo 143 del DPR n. 163/2006 recante il codice dei contratti pubblici, ma, a monte di tale disciplina, in riferimento ai principi codicistici sui contratti di durata (valga il riferimento all’usufrutto: articolo 979, secondo comma, Codice Civile, alla rendita: articolo 1865, secondo comma, Codice Civile, e alla locazione: articolo 1573, Codice Civile, per non dire dell’improbabile riferimento alla durata centenaria dell’affitto dei fondi rustici destinati al rimboschimento: articolo 1629, Codice Civile), essendo ben difficile opporre nella fattispecie il limite di durata degli ammortamenti (ma semmai ai tempi di recupero degli investimenti) che è invece tipico del rapporto di concessione di un servizio pubblico con un’impresa terza (38).

5. La novella normativa di cui all’articolo 4 della Legge n. 148/2011, pur emendata, come vedremo, dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011 e dall’articolo 25 della Legge n. 27/2012 –pur con i limiti posti agli obiettivi programmatici posti ai Comuni dal patto di stabilità interna di cui all’articolo 31, comma 19, della Legge n. 183/2011- ha riproposto in buona sostanza l’architettura di cui all’articolo 23 bis della Legge n. 133/2008 alla luce dei principi comunitari richiamati come applicabili direttamente ed immediatamente in diritto interno (39), rimanendo invariata (anzi caldeggiata) l’opzione che privilegia l’interpello al mercato della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (articolo 4, commi 1 e 5, Legge n. 148/2011), pur sempre nel rispetto dei principi comunitari che impongono economicità, imparzialità, trasparenza, adeguati provvedimenti, non disparità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità (articolo 4, comma 8, Legge n. 148/2011) e che si traducono nell’affidamento improntato alla protezione dell’assetto concorrenziale che si articola pur sempre mediante una procedura d’evidenza pubblica attraverso cui la selezione può essere operata ancora in una triplice alternativa che viene qui riassunta e così in termini ancor più sintetici:
a) mediante affidamento in forma concessoria in favore di un soggetto che eserciti in forma individuale o collettiva un’impresa economica (articolo 4, comma 8, Legge n. 148/2011), se pure si continui a dubitare sull’equivoco che tale modulo di gestione esteso ad ogni imprenditore (singolo o societario) possa riguardare la gestione delle farmacie comunali per l’intrinseca sua asserita, ma non dimostrata, incoerenza con la pubblica funzione insita nel servizio farmaceutico di cui s’è già detto a contrariis nella ricostruzione dell’istituto;
b) mediante affidamento in forma societaria in favore di una società partecipata da soci privati selezionati attraverso un’unica gara avente ad oggetto al tempo stesso la qualità di socio strategico, cui deve essere conferita una partecipazione, significativa -che non si traduce necessariamente in una quota maggioritaria in quanto è possibile attribuire al socio privato strategico “diritti particolari” indipendentemente da tale dominanza (articolo 2468, Codice civile)- e la attribuzione di specifici compiti operativi (articolo 4, comma 12, Legge n. 148/2011) e che può essere anche riservato, a norma dell’articolo 9, Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n.369/1991, ai farmacisti dipendenti del Comune per il Know how che questi possono apportare alla società anche a titolo di conferimento d’opera (articolo 2464, Codice Civile) o di prestazione accessoria (articolo 2345, Codice Civile).
Nell’un caso come nell’altro già nel bando di gara o nella lettera d’invito devono essere delineati i requisiti tecnici ed economici di partecipazione, la durata dell’affidamento proporzionale alla consistenza degli investimenti, le forme di aggregazione dei partecipanti, la qualità del servizio prevalente sul prezzo offerto (articolo 4, comma 11, Legge n. 148/2011) nel rispetto della trasparenza del procedimento (articolo 4, commi da 20 a 27, Legge n. 148/2011);
c) mediante affidamento in house providing, a società a dominanza pubblica totalitaria (articolo 4, commi da 13 a 15, Legge n. 148/2011), intendendosi per tale, come s’è detto, anche quella a partecipazione privata simbolica sempre che venga garantito il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi dal Comune/dai Comuni che vi partecipano.
Vale pur sempre e per tutte e tre le ipotesi di affidamento del servizio pubblico garantito dalle farmacie comunali il limite di durata trentennale di cui s’è detto.
Tutto questo viene detto, a tacere del regime transitorio (articolo 4, commi da 1 a 15, Legge n. 148/2011) che non viene qui in considerazione ex professo se non per riferire che, se mai applicabili alle società di gestione alle farmacie comunali, come può dubitarsi e vedremo il perché, i Comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possano costituire società ed entro il 31 dicembre 2012 debbano mettere in liquidazione quelle già costituite, mentre i Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possano detenere la partecipazione di una sola società, ma gli uni e gli altri Comuni non siano tenuti a mettere in liquidazione le società esistenti se esse: a) abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi; b) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio; c) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il Comune sia stato gravato dell’obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.
A valle della scelta alternativa tra i tre moduli di gestione delle farmacie comunali si colloca la regolamentazione dell’affidamento che è connessa ad un contratto di servizio (articolo 4, comma 18, Legge n. 148/2011), di cui s’è già detto, concluso tra il Comune, titolare del loro diritto d’esercizio ed il soggetto affidatario della loro gestione, che rimane comunque assoggettata a vincoli d’evidenza pubblica ben precisi, quale che sia il modulo adottato. Tali vincoli sono ritenuti applicabili anche alle società di gestione di un servizio pubblico locale a partecipazione pubblica in relazione alla natura di organismo di diritto pubblico che viene loro ascritta (40), e riguardano, come vedremo, il reclutamento del personale (articolo 4, commi 14 e 17, Legge n. 148/2011), l’acquisizione di beni e servizi (articolo 4, comma 15, Legge n. 148/2011) e la gestione del servizio pubblico locale (articolo 4, comma 16, Legge n. 148/2011).
Mentre a monte della scelta del modello di gestione delle farmacie comunali si pone la preliminare verifica sulla coerenza e realizzabilità di una tale opzione nel rispetto dei principi di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione dei servizi, che si pone in termini di liberalizzazione della relativa attività economica (se compatibile con le caratteristiche di universalità e di accessibilità del servizio) e deve essere parametrata attraverso un’analisi di mercato rispetto agli eventuali limiti incontrati dalla libera iniziativa economica privata nel garantire il relativo servizio: il che si traduce nella preliminare deliberazione-quadro di fattibilità che deve essere adottata dal Comune (articolo 4, commi da 1 a 5, Legge n. 148/2011) con un equo contemperamento del rapporto della normativa di settore che disciplina la gestione delle farmacie comunali e la normativa di principio che disciplina la gestione dei servizi pubblici locali ed impone, nella fattispecie, una prevalenza della prima, l’articolo 4, comma 32, della Legge n. 148/2011 nel testo rivisitato dall’articolo 9 della Legge n. 183/2011) nella misura in cui non sia incompatibile con la seconda nel senso già detto. In una parola si può ragionevolmente ritenere che la scelta (originaria o successiva) di gestione delle farmacie comunali attraverso una società partecipata attuata mediante la selezione di un socio strategico con compiti operativi, cui venga attribuita una ben individuata quota societaria, viene rimessa (e non più imposta) al Comune che ha esercitato il diritto di prelazione per assumere extra ordinem la loro titolarità, a norma dell’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n. 475/1968, non già per acquisire, come s’è già detto, una risorsa di cui disporre alla bisogna, ma per gestirle nelle logiche d’efficienza, efficacia ed economicità connaturati a tale normativa e nel rispetto della normativa comunitaria relativa alle regole concorrenziali minime che devono essere fatte salve nei procedimenti per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

6.
Su questa architettura normativa grava peraltro, come s’è già detto, l’apparente ostracismo dato al modulo di gestione societaria a partecipazione pubblica delle farmacie comunali dall’articolo 14, comma 32, della Legge n. 133/2010, come emendato dall’articolo 1, comma 117 della Legge n. 220/2010 e dall’articolo 20, comma 13, della Legge n. 111/2011), secondo cui i Comuni con popolazione inferiore ai 30.000 abitanti non possono costituire società per la loro gestione e debbono mettere in liquidazione quelle già costituite; mentre i Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti ne possono avere una sola (e non è detto che sia quella che gestisce le farmacie comunali).
Viene però fatto salvo da tale normativa – se mai applicabile alle società affidatarie di servizi pubblici locali, come può dubitarsi (41) – quanto previsto dall’articolo 3, commi 27 e 28, della Legge n. 244/2007 che consente ai Comuni di costituire società che producano servizi di interesse generale (comma 27), previa comunicazione della assunzione della partecipazione alla C. conti (comma 28). Tra questi servizi non può non essere compreso, come s’è già detto, il servizio garantito dalle farmacie comunali, in quanto la loro gestione costituisce l’esercizio di un servizio pubblico rivolto ai fini sociali (42), che rientra nella categoria dei servizi di interesse generale coincidenti con quella dei servizi pubblici (43) perché svolta nell’esercizio di una attività economica soggetta agli obblighi di un servizio pubblico (44). Il che fa ragionevolmente escludere che il limite della soglia demografica fissato dall’articolo 14, comma 32, della Legge n. 122/2010 per la gestione delle farmacie comunali (45).
Tale termine viene invece ribadito dalla interpretazione datane dalla magistratura contabile (in sede consultiva) che sostiene il divieto alla costituzione di una società a dominanza pubblica totalitaria o partecipata per la gestione delle farmacie comunali nei Comuni con una popolazione inferiore ai 30.000 abitanti se non associati con altri Comuni per superare la soglia demografica: quest’ultima possibilità d’accorpare ad altri Comuni la gestione delle farmacie comunali di cui sono titolari risolve ovviamente in radice il problema (46).
In ogni caso apposizione della soglia demografica si pone in insanabile contrasto con i pareri espressi dalla stessa magistratura contabile (sempre in sede consultiva) che fanno riferimento alla natura di servizio pubblico e sociale che viene riconosciuto quale servizio pubblico locale d’interesse generale garantito dalle farmacie comunali (47) e, come tale, ricompreso ex litera nella previsione di cui all’articolo 3, comma 27 della Legge n. 244/2007 che vien fatta dallo stesso articolo 14, comma 32 della Legge n. 122/2010 ai fini dell’esclusione della soglia demografica. Se così non fosse si finirebbe per mettere in discussione, in termini generali, lo stesso diritto di prelazione per l’assegnazione del diritto d’esercizio delle farmacie afferenti le sedi vacanti o di nuova istituzione che viene riconosciuto ai Comuni (articolo 9, comma 1, prima parte, Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991), ma che i Comuni sotto soglia demografica non potrebbero poi gestire nei termini più appropriati per efficienza, efficacia ed economicità che sono quelli realizzabili attraverso il modulo societario. Si finirebbe così di cadere in una ulteriore palese contraddizione con la mens legis di tale previsione normativa teleologicamente riconducibile alla stessa funzione del servizio farmaceutico pianificato sul territorio, quando tale funzione rappresenta un cardine del diritto alla salute fissato dall’articolo 32 della Costituzione che viene garantito dallo Stato sociale attraverso il pluralismo organizzatorio del Servizio Sanitario Nazionale, al quale concorrono lo Stato, le Regioni, ma anche i Comuni allorché intendono esercitare il diritto di prelazione per la gestione delle farmacie afferenti le sedi vacanti o di nuova istituzione (48), non senza disattendere il profilo economico correlativo alla acquisizione di una risorsa certa che ben s’inquadra nel contenimento della spesa pubblica (49), se pure tale diritto è stato messo in discussione dall’esclusione dal suo esercizio sulle sedi farmaceutiche istituite secondo il criterio demografico di panificazione di cui all’articolo 11, comma 1, della Legge di crescita n. 27/2012 se mai non limitata, come si potrebbe dubitare, alla eccezionale manovra di liberalizzazione dei servizi pubblici di cui alla novella normativa di carattere straordinario (almeno nella premessa).
Sotto entrambi i profili appare decisivo il richiamo alla consolidata giurisprudenza che –a livello di giustizia comunitaria (50), di giustizia costituzionale (51), di giustizia ordinaria (52) e di giustizia amministrativa (53) – ha riconosciuto la piena legittimità del modulo di gestione societaria di una (o più) farmacia/e afferenti sedi farmaceutiche prelate dai Comuni a norma dell’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991. Se così non fosse verrebbe meno uno dei postulati affermati dalla giurisprudenza secondo cui non può dirsi esaurita la funzione delle farmacie comunali e la loro stessa ragion d’essere in relazione allo spessore dell’interesse pubblico coinvolto dalla loro attività (54) e sarebbe ingiustificata la stessa facoltà riservata ai Comuni, di esercitare il diritto di prelazione per l’assunzione di detto servizio pubblico e sociale, che viene tuttora ritenuto coerente per l’acquisto extra ordinem di una sede farmaceutica e l’attività di assistenza farmaceutica vacante o di nuova istituzione in aggiunta alle ordinarie modalità d’acquisto inter vivos et mortis causa (55).

7. Si può così ritenere che la gestione delle farmacie comunali possa essere affidata in forma concessoria ad un imprenditore per essere esercitata in forma individuale o collettiva nel rispetto del contratto di servizio concluso con il Comune, titolare del relativo diritto d’esercizio (ipotesi sub a), ma che possa essere anche affidata in forma societaria ad una società a dominanza pubblica totalitaria, ove ne ricorrono le condizioni per l’affidamento in house delle farmacie comunali nel rispetto dei principi comunitari in materia di concorrenza e dei principi generali relativi ai contratti pubblici (ipotesi sub b), ed ancora che possa essere affidata in forma societaria ad una società partecipata costituita dal Comune con un socio strategico selezionato mediante l’adozione di un procedimento ad evidenza pubblica con compiti operativi (ipotesi sub c): questo appare possibile, come s’è già detto e qui ripetuto, secondo un’interpretazione sistematica del coacervo normativo dato dall’articolo 14, comma 32, della Legge n. 122/2010, che fa salva la previsione di cui all’articolo 3, commi 27 e 28 della Legge n. 244/2007 e consente ai Comuni di costituire società che producano servizi di interesse generale (comma 27), previa comunicazione della assunzione della partecipazione alla C. conti (comma 28), con l’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n. 475/1968 come modificato dall’articolo 10 della Legge n. 362/1991 sulla gestione del servizio farmaceutico svolto dalle farmacie comunali, e può mutuare (non obbligatoriamente e per ogni suo aspetto) la disciplina di cui all’articolo 4 della Legge n.148/2011 in quanto rispondente ai principi comunitari cui vien fatto riferimento (56): tutto ciò indipendentemente dalla soglia demografica se mai opponibile, ma comunque scongiurata in linea di fatto se mai venga superata dalla partecipazione congiunta di più Comuni, titolari (o meno?) di farmacie e fermo restando nell’un caso, come nell’altro, la conclusione del contratto di servizio che disciplini il rapporto tra il Comune e la società di gestione a dominanza pubblica totalitaria o partecipata.
Si può altresì ritenere che l’affidamento della gestione delle farmacie comunali possa avvenire attraverso una società originariamente a dominanza totalitaria del Comune (o di più Comuni) costituita in forma di società a responsabilità limitata o per azioni in relazione alla dimensione della azienda che deve garantire in forma d’impresa il servizio farmaceutico nel bacino d’utenza delle farmacie comunali ed essere attuata mediante il conferimento in natura, effettuato rispettivamente a norma dell’articolo 2464 o dell’articolo 2343 del Codice Civile, del cespite immateriale costituito dal valore di godimento poliennale dell’azienda (articolo 2254, secondo comma, Codice Civile) se già organizzata in forma d’impresa per l’esercizio delle farmacie comunali – uale conferimento alternativo a quello della proprietà di tale azienda per gli effetti restitutori che lo caratterizzano al momento dello scioglimento del vincolo societario – ma anche mediante conferimento del valore prospettico della gestione poliennale delle farmacie se non ancora organizzate in forma d’impresa. Tale diritto, nell’un caso come nell’altro, può formare oggetto di conferimento in quanto costituisce un elemento dell’attivo suscettibile di valutazione economica e può essere integralmente liberato dal Comune (o da ciascun Comune) al momento della sottoscrizione per divenire così iscrivibile come posta attiva nel bilancio della società, come espressamente previsto dall’articolo 2424, Attività B, numero I, sub 4 del Codice Civile e dai relativi principi contabili (57). La valorizzazione del conferimento in natura che può essere effettuato da parte del Comune (o da ciascun Comune) si pone in riferimento all’utilitas che la società di gestione potrà conseguire nel tempo a seguito della conduzione economica delle farmacie – di cui il Comune (o ciascun Comune) è e rimane titolare anche dopo il conferimento – è suscettibile di un’autonoma valutazione e può così costituire, come s’è detto, il suo capitale sociale.
Si può infine ritenere che una quota del capitale sociale iniziale della società di gestione delle farmacie comunali, interamente sottoscritto e liberato dal Comune (o da ciascun Comune), possa essere da questi successivamente offerta alla partecipazione di un socio strategico selezionato attraverso un procedimento ad evidenza pubblica che ad un tempo preveda la sua scelta e l’affidamento di compiti operativi relativi alla gestione e alla conduzione professionale delle farmacie comunali nel rispetto dei principi comunitari in materia di concorrenza e dei principi generali relativi ai contratti pubblici di rilevanza economica. Tali principi consentono che la partecipazione privata possa essere anche maggioritaria, rimanendo semmai riservato al Comune (o da ciascun Comune) il limite di una partecipazione non inferiore al 10% che gli possa consentire l’esercizio della facoltà di richiedere la convocazione dell’assemblea a norma dell’articolo 2367 del Codice Civile. Ciò, fatta salva la possibilità di prevedere in suo (loro) favore dei diritti particolari (articolo 2368, terzo comma, Codice Civile) ovvero l’emissione di strumenti finanziari partecipativi muniti di diritti d’amministrazione (articolo 2346, sesto comma, e articolo 2351, sesto comma, Codice Civile) ovvero la conclusione di ulteriori pattuizioni peculiari, quali il “voto di lista” per la nomina delle cariche sociali (articolo 2368, primo comma, Codice Civile) in relazione alla tipologia del modulo societario adottato, quale sorta di golden share a tutela rafforzata rispetto al contratto di servizio che deve disciplinare il rapporto tra il Comune (o da ciascun Comune) e la società partecipata di gestione delle farmacie comunali in termini di efficienza, efficacia ed economicità.

8. Il procedimento a formazione progressiva della società di gestione che viene qui in considerazione in alternativa all’affidamento in forma concessoria della gestione delle farmacie comunali ad un imprenditore per essere esercitato in forma individuale o collettiva, può essere attuato per ricondurre a causa tipica gli intenti pratici perseguiti dal Comune (o da ciascun Comune) per la gestione delle farmacie comunali attraverso una serie di provvedimenti di diritto pubblico e di contratti di diritto privato tra loro concatenati ed attinenti la costituzione e l’esercizio della società partecipata di gestione e la conclusione del contratto di servizio che ricadono nella disciplina civilistica (58), pur mantenendo aspetti d’evidenza pubblica (59), che rimangono connaturati alla natura di organismi di diritto pubblico ascritta anche a tali società di gestione di un servizio pubblico locale, quale è quello svolto dalle farmacie comunali (60).
Gli atti che possono ricondurre a causa tipica gli intenti pratici perseguiti per la gestione delle farmacie comunali da parte di uno o più Comuni, che ne siano titolari, si possono tradurre:
a) nella motivata deliberazione d’indirizzo adottata dal Consiglio del Comune (o di ciascun Comune) per la costituzione della società di gestione delle farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui sia (siano) titolare/i e delle farmacie non ancora operanti nelle sedi farmaceutiche di nuova istituzione di cui sia (siano) titolare/i, e così attraverso una società originariamente a dominanza pubblica totalitaria che veda il Comune (o ciascun Comune) sottoscrivere e liberare pro quota l’intero capitale sociale mediante il conferimento in natura dell’usufrutto temporaneo dell’azienda afferente le farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui sia (siano) titolare/i nonché del valore prospettico della poliennale gestione delle farmacie non ancora operanti nelle sedi farmaceutiche di nuova istituzione di cui sia (siano) titolare/i, ma aperta alla partecipazione di uno o più soci strategici con compiti operativi, già individuati originariamente (o per una quota riservata) nel personale farmacista dipendente a norma dell’articolo 10, lettera a, della Legge n. 362/1991 selezionato secondo un procedimento ad evidenza pubblica, e con la (successiva o contestuale) apertura alla eventuale partecipazione di altri soci strategici con compiti operativi selezionati con analogo procedimento ad evidenza pubblica;
b) nella comunicazione delle deliberazioni d’indirizzo adottate dal Consiglio del Comune (di ciascun Comune) alla Sezione competente della C. conti, a norma dell’articolo 3, comma 28, della Legge n.244/2007 richiamato dall’articolo 14, comma 32, della Legge n.122/2010; tale comunicazione non è più dovuta all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, secondo quanto già previsto dall’articolo 23 bis, comma 3, della Legge n. 133/2008 abrogato per referendum a norma del D.P.R. n.113/2011 – che peraltro riguardava solo l’affidamento in house del servizio pubblico locale alla società e partecipazione pubblica totalitaria – ma non reiterato dall’articolo 4 della Legge n.148/2011, in quanto inapplicabile a tale servizio pubblico locale (articolo 4, comma 34, Legge n.148/2011), che viene comunque affidato alla società di gestione nel rispetto della normativa comunitaria e per ciò stesso sottratto alla informativa che viene prevista ai fini della relazione al Parlamento dovuta da parte di tale Autorità (articolo 4, comma da 1 a 5, Legge n.148/2011;
c) nella valutazione mediante perizia del valore dell’usufrutto poliennale delle aziende per l’esercizio delle farmacie già operanti nelle sedi farmaceutiche di cui il Comune (o ciascun Comune) sia titolare e del valore prospettico della gestione poliennale delle farmacie non ancora operanti nelle sedi farmaceutiche di nuova istituzione di cui il Comune (o ciascun Comune) sia titolare: valori che costituiscono il bene immateriale oggetto del conferimento in natura nella società di gestione e vanno a costituire il suo capitale sociale;
d) nella costituzione della società di gestione a dominanza pubblica totalitaria del Comune (dei Comuni) mediante sottoscrizione (pro quota) parametrata al valore dei conferimenti in natura;
e) nella motivata deliberazione adottata dal Consiglio Comunale del Comune (o di ciascun Comune) per l’affidamento in house poliennale (ma di durata non superiore al trentennio) del servizio garantito dalle farmacie afferenti le sedi farmaceutiche di cui sono titolari alla società di gestione a dominanza pubblica totalitaria alle condizioni previste nel contratto di servizio, ma aperta alla partecipazione di uno o più soci strategici individuati originariamente (o per quota riservata) nel personale farmacista dipendente, ma aperta alla partecipazione di altri soci strategici, con la determinazione della quota societaria oggetto del trasferimento negoziale da attuare mediante procedimento ad evidenza pubblica che ne condizioni la scelta ed individui i compiti operativi;
f) nella redazione del relativo bando di gara che enunci l’assunzione poliennale (ma di durata non superiore al trentennio), da parte della società di gestione, delle farmacie afferenti le sedi farmaceutiche di cui il Comune (o ciascun Comune) è titolare, e precisi, insieme ai criteri di scelta, gli specifici compiti operativi ascritti ad uno o a più soci strategici per la conduzione tecnico professionale delle farmacie comunali che saranno individuati originariamente (o per una quota riservata) tra il personale farmacista dipendente, ma anche tra altri soci strategici: bando di gara da redigere secondo le indicazioni date dall’articolo 4 della Legge n.148/2011 per la loro rispondenza ai principi comunitari;
g) nello svolgimento della gara e nella assegnazione della quota societaria (anche maggioritaria) ai soci strategici con compiti operativi;
h) nella conclusione del contratto di servizio tra il Comune (o ciascun Comune) e la società di gestione delle farmacie comunali.
In questo modo il Comune (o ciascun Comune) potrà garantire la gestione delle farmacie comunali (di cui è e rimane titolare) in termini appropriati di efficienza, efficacia ed economicità, costituendo (senza oneri finanziari) la società di gestione e retraendo anche delle risorse economiche sotto un quadruplice profilo: a) dal trasferimento negoziale ad uno o più soci strategici, individuati mediante procedimento ad evidenza pubblica, di una parte delle quote societarie originariamente sottoscritte e liberate in natura; b) dagli utili pro quota retratti dalla società di gestione delle farmacie comunali; c) del corrispettivo del contratto di servizio; d) dall’eventuale canone di locazione, se mai le farmacie dovessero essere esercitate in locali di proprietà del Comune (o di ciascun Comune).
Per contro, se così si può dire, gli aspetti di evidenza pubblica già delineati hanno delle conseguenti ricadute sulla disciplina dell’affidamento del servizio e sulla regolamentazione della selezione del socio strategico con compiti operativi in un’unica gara (61), ma anche in relazione alle responsabilità contabile degli amministratori (62), all’acquisto di beni e servizi soggetti alla normativa dei contratti pubblici di cui all’articolo 32 del D.L.vo n. 163/2006 (63) e al reclutamento del personale dipendente mediante pubblica selezione a norma dell’articolo 18 della Legge n. 112/2008 (64) nonché in relazione al rispetto del patto di stabilità interno esteso anche alla società di gestione dei servizi pubblici locali dall’articolo 76, comma 7, della Legge n. 113/2008 come modificato dall’articolo 20, comma 9 della Legge n. 111/2011, in relazione alla assunzione del personale (65), che sia avvenuta a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale (66), ivi compresa quella del personale degli organismi partecipati (67). Il che impone un più che attento esercizio sul piano economico-contabile della attività di gestione delle farmacie comunali sia da parte della società a dominanza pubblica totalitaria che da parte della società a partecipazione privata maggioritaria o minoritaria che si renda affidataria del relativo servizio pubblico locale d’interesse generale.

9. La problematiche relative all’ostracismo che vien dato al modulo societario (a dominanza pubblica o partecipata) per la gestione delle farmacie comunali dal coacervo della normativa che definisce i possibili contenuti della gestione (articolo 3, comma 27 della Legge n. 244/2007) con la normativa che individua la soglia demografica di partecipazione (articolo 14, comma 32, Legge n. 133/2010), pur superati nella postulata coincidenza dei servizi di interesse generale con i servizi pubblici (68) nonché i limiti di evidenza pubblica già evidenziati nella relativa attività si pongono come un oggettivo ostacolo alla privatizzazione delle farmacie comunali attraverso la società partecipata di gestione e preludono ad un liberalizzazione del servizio pubblico locale da queste svolto mediante l’affidamento a strutture estranee ai Comuni a norma dell’articolo 4, comma 32, lettera a) della Legge n. 148/2011, se addirittura non mettano in discussione, come s’è già detto, lo stesso diritto di prelazione loro riservato dall’articolo 9, comma 1, prima parte, della Legge n. 475/1968 nella assegnazione delle sedi farma-ceutiche vacanti o di nuova istituzione, scoraggiandone l’esercizio in riferimento alla realizzazione di una loro gestione concorrenziale. Infatti, se pure la verifica preventiva sulla coerenza dell’esercizio del diritto di prelazione sulle sedi farmaceutiche vacanti o di nuova istituzione e della appropriatezza del relativo modulo di gestione non sia formalmente prevista una tale ricognizione (69), deve pur sempre trovare ingresso – per le ragioni di trasparenza e di ragionevolezza fissate dall’articolo 97 della Costituzione che si sono tradotte nella disciplina di cui all’articolo 4 della Legge n. 148/2011 relativa dall’assunzione di un servizio pubblico locale di rilevanza economica anche in riferimento ai limiti posti agli obiettivi programmatici del patto di stabilità interna di cui all’articolo 31, comma 19, della Legge n. 183/2011 (70), cui devono essere adeguate le discipline di settore ed espressamente quella relativa alla gestione delle farmacie comunali, per ragioni di compatibilità conseguenti al recupero dei valori normativi di cui s’è detto – nelle motivazioni della deliberazione d’indirizzo richiesto per l’esercizio dell’una e dell’altra facoltà, così che potrebbe divenire così problematica l’una e l’altra opzione in termini di coerenza economica, ma in contrasto con la mens legis che ne consente l’esercizio in funzione dello spessore dell’interesse pubblico coinvolto dall’esercizio delle farmacie comunali e porsi come un’insanabile “contraddizion che no’l consente”.

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1.
B.R.Nicoloso, Il sistema farmacia, 4 ed. Milano 2010, vol.1., pag. 460.
2. Cons. St., Sezione terza, 12 novembre 2011, n.5993; T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, 1 giugno 2011 n. 2939; T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione II, 20 gennaio 2012, n. 84.
3. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2009, n. 489; Cons. St., Sezione quinta, 8 maggio 2007, n. 2110; T.A.R. Sicilia, Catania, Sezione IV, 28 giugno 2011, n. 1598.
4. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, parere 27 febbraio 2008, n. 3; T.A.R.per la Campania, Napoli, Sezione quinta, 1 giugno 2011, n. 2939; T.A.R. Campania, Napoli, Sezione V, 9 febbraio 2012, n. 699.
5. S. Colombari, La specialità della disciplina amministrativa delle farmacie comunali, in Dir. amm., 2011, fasc. 2, pag. 419; F. Mastragostino, La disciplina delle farmacie comunali tra normativa generale sui servizi pubblici locali e normativa di settore, in La gestione delle farmacie comunali, a cura di D. De Pretis, Trento, 2006, pag. 5; A. Santuari, Il servizio farmaceutico: dal contesto UE al recente “pacchetto liberalizzazioni”, in www.giustamm.it, 2012, n. 1; contra: B.R.Nicoloso, Il sistema farmacia, cit., vol. I, pag. 492. B.R.Nicoloso – L.Giordani, I moduli di gestione delle farmacie comunali, Napoli 2008, pag. 84. In generale: G.Guzzo, I servizi pubblici locali di rilevanza economica dopo il restyling del D.L. n. 138/2011, in Lex.italia, 2011, fasc. 7-8; Id. Brevi riflessioni sui nova dei servizi pubblici locali dopo la Legge di stabilità n. 183/2011, Lex.Italia, 2011, fasc. 12; C. Rapicavoli, L’affidamento dei servizi pubblici locali; la manovra estiva di cui al DL n. 138/2011, in Lex.Italia, 2011, fasc. 7-8; Id. I servizi pubblici locali nel decreto liberalizzazioni, in Lex.Italia. it, 2012, fasc. 1; M.Pani, I servizi pubblici locali a rilevanza economica: luci e ombre dopo il D.L. n. 138/2011 e la Legge di stabilità, in Lex.Italia, it., 2011, fasc. 12; V. Marchianò, I servizi pubblici locali: una storia sospesa tra libertà ed autorità, in Lex.Italia, 2012, fasc. 6.
6. S. Colombari, op.loc.cit.; A. Santuari, op.loc.cit.
7. Cassazione Civile, Sezioni Unite, 14 febbraio 2002, n. 3791; Cassazione Civile, Sezione prima, 28 giugno 1995, n. 7263; C. conti, Sezione giurisdizionale per la Liguria, 25 febbraio 2008, n. 154; T.A.R. Campania, Napoli, Sezione prima, 22 febbraio 2006, n.198; T.A.R. Umbria, 16 febbraio 2000 n. 142.
8. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 marzo 2012, n. 49; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 21 dicembre 2011, n. 673; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, Parere, 26 settembre 2009, n. 489.
9. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461.
10. C. conti, Sezione regionale per il Veneto, parere 15 gennaio 2009, n. 5.
11. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, parere 27 febbraio 2003, n. 3; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70.
12. Cons. St., Sezione quinta, 15 febbraio 2007, n. 637.
13. Cons. St., Adunanza plenaria, 31 maggio 2002, n. 5.
14. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sezione I, ordinanza 24 gennaio 2011, n. 120; T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione seconda, 14 maggio 2010, n. 1134; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 8 novembre 2011, n. 570.
15. Cons. St., Sezione quinta, 8 maggio 2007. n. 2110; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione terza, 23 aprile 2009, n. 3567; Id., Brescia, Sezione I, ordinanza 22 ottobre 2002, n. 789.
16. T.A.R. Sicilia, Catania, Sezione quarta, 28 giugno 2011, n. 1598; C. conti, Sezione regionale di controllo del Veneto, parere 28 febbraio 2012, n. 104.
17. Corte Costituzionale, 14 gennaio 2011, n. 24; Cons. St., Adunanza plenaria, 3 marzo 2008, n. 1; C. conti, Sezione regionale di controllo del Piemonte, parere 20 gennaio 2012, n.4; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2011, n. 489.
18. Cons. St., Sezione quinta, 5 agosto 2005, n. 4207.
19. T.A.R. Lombardia, Brescia, 26 marzo 2001, n. 140.
20. Corte Costituzionale, 14 gennaio 2011, n. 24.
21. Cons. St., Sezione Atti Normativi, parere 15 giugno 2010, n. 2692/2010.
22. Libro Verde della Commissione UE, 30 aprile 2004 e Risoluzione del Parlamento Europeo 26 ottobre 2006 richiamato da Cons. St., Sezione seconda, parere 18 aprile 2007, n. 456; C. Volpe, Appalti pubblici e servizi pubblici, in Giust. Amm., 2011, n. 10.
23. T.A.R. Calabria, Catanzaro, 31 dicembre 2009, n. 1481.
24. Cons. St., Sezione sesta, 15 novembre 2005, n. 6368.
25. Determinazione AGCM 29 aprile 2009, AS 533.
26. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 5 marzo 2012, n. 49.
27. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70; contra: T.A.R. Sardegna, 17 gennaio 2004, n. 17.
28. Cons. St., Sezione quinta, 5 agosto 2005, n. 4207.
29. C. conti, Sezione regionale per la Lombardia, parere 3 marzo 2012, n. 49.
30. Cons. St., Sezione terza, 12 maggio 2011, n. 2851.
31.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, 10 marzo 2011, C-274/09 Strong.
32.
Cons. St., Sezione V, 1 luglio 2005, n. 3672.
33. Cons. St., Adunanza plenaria, 3 marzo 2008, n. 1.
34. T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sezione seconda, 31 maggio 2012, n. 380; T.A.R. Lombardia, Milano, Sezione III, 10 dicembre 2008, n. 5759.
35. Cons. St., Sezione quinta 22 dicembre 2005, n. 7345.
36. Cons. St., Sezione quinta, 9 marzo 2009, n. 1365.
37. T.A.R. Puglia, Lecce, Sezione seconda, 21 aprile 2006, n. 1985; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, 26 settembre 2011, n. 489.
38. R. Cavallo Perin, Le regole dell’organizzazione e della gestione, in L’affidamento e la gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, a cura di H. Bonura e M. Cassano, Torino, 2011, pag. 138.
39. Corte costituzionale, 14 gennaio 2011, n. 24.
40. Corte di cassazione, Sezione Unite Civili, 4 novembre 2009, n. 23222; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2011, n. 489.
41. M.A. Sandulli, Il partenariato pubblico privato istituzionalizzato nell’evoluzione normativa, in Federalismi it., 2012, n. 3
42. C. conti, Sezione regionale per la Puglia, parere 27 febbraio 2003, n. 3.
43. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461.
44. C. conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, parere 15 gennaio 2009, n. 5.
45. M.A. Sandulli, op.loc.cit.; contra: R. Ruotolo, Divieto per i Comuni sotto i 30.000 abitanti di costituire o partecipare a società e farmacie comunali, in CNN Notizie, 15 dicembre 2010.
46. C. conti, Sezione regionale di controllo per il Piemonte, parere 20 gennaio 2012, n. 4; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 8 novembre 2011, n. 570; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, parere 27 febbraio 2011, n. 3; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 3 febbraio 2011, n. 70; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Liguria, 31 dicembre 2010, n. 166.
47. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Puglia, parere 27 febbraio 2003, n. 3; C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461; C. conti, Sezione regionale di controllo per il Veneto, parere 15 gennaio 2009, n. 5.
48. T.A.R. Campania, Napoli, Sezione quinta, 10 ottobre 2008, n.14697.
49. TAR Lombardia, Brescia, Sezione I, ordinanza 28 gennaio 2011, n. 120.
50. Corte Giustizia UE, 19 maggio 2009, C-531/2006.
51. Corte Costituzionale, 23 dicembre 2006, n. 448.
52. Appello Bologna, Sezione prima, 19 luglio 1997 (inedita).
53. Cons. St., Sezione quinta, 15 febbraio 2007, n. 637.
54. Tribunale regionale di Giustizia Amministrativa, Trentino Alto Adige, Trento, 20 ottobre 1999, n. 364; Appello Trento, Sezione II civile, 12 marzo 2003, n. 117.
55. Cons. St., Sezione terza, 12 novembre 2011, n. 5993.
56. Corte costituzionale, 12 gennaio 2011, n. 24.
57. Principi contabili OIC 23, pag.31; Documento interpretativo dei principi contabili IFRIC12.
58. Cassazione Civile, Sezioni Unite, 6 maggio 1995, n. 4991.
59. Corte Costituzionale, 1 agosto 2008, n. 326.
60. C. conti, Sezione regionale per la Lombardia, parere 26 settembre 2011, n. 489.
61. Cons. St., Sezione seconda, parere 18 aprile 2007, n. 456.
62. Cassazione Civile, Sezione unite, 26 febbraio 2004, n. 3899.
63. Cassazione Civile, Sezioni unite, 4 novembre 2009, n. 23322.
64. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 26 settembre 2011, n. 489.
65. C. conti, Sezioni riunite, 25 gennaio 2011, n. 3.
66. C. conti, Sezioni riunite, 29 agosto 2011, n. 46.
67. C. conti, Sistema regionale di controllo per la Calabria, parere 5 luglio 2011, n. 358.
68. C. conti, Sezione regionale di controllo per la Lombardia, parere 12 luglio 2011, n. 461.
69. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 20 dicembre 2006, n. 3017.
70. D. Min. Econ. Fin., 5 giugno 2012.

 

(pubblicato il 25.6.2012)

 

 

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