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n. 3-2011 - © copyright |
MARGHERITA RAMAJOLI
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La tutela cautelare nel contenzioso sulle procedure di affidamento degli appalti pubblici (*)
Sommario: 1. Il giudizio speciale in materia di appalti tra rito accelerato e processo a cognizione sommaria. - 2. Nuova direttiva ricorsi, effettività della tutela giurisdizionale e sua strumentalità rispetto all’effetto utile della politica europea d’apertura al mercato. – 3. Il nuovo ruolo della fase cautelare come necessaria garanzia della tutela dell’interesse sostanziale. – 4. Natura e limiti delle misure cautelari.
1. Da lungo tempo il contenzioso in tema di appalti pubblici è assoggettato a un rito speciale. Nella specialità del rito la fase cautelare ha sempre rivestito un ruolo centrale, ma più in negativo che in positivo.
Fino alle modifiche recenti la configurazione di un rito speciale dipendeva da un’esigenza di garanzia di stabilità della decisione amministrativa, che andava eventualmente a beneficio anche del controinteressato: il rito speciale si giustificava per il peso degli interessi pubblici coinvolti e non per la peculiarità della situazione giuridica soggettiva che reclamava tutela giurisdizionale. La specialità riguardava solamente il rito in senso formale e non la tutela in senso sostanziale [1].
In questo particolare contesto, di fronte al bisogno di decisioni rapide in una materia d’immediato rilievo economico, era “comprensibile” che “si giocasse tutto sulla sospensiva, trasformando così un processo cautelare in un processo sommario” [2].
Gli interventi del legislatore in materia hanno avuto come motore il tentativo di arginare gli effetti dilatori della misura cautelare rispetto ai tempi di realizzazione dell’opera pubblica. Tuttavia, specie in passato, sono stati rivolti non a mettere fine alla spirale degenerativa del processo cautelare in processo sommario, ma proprio a sostituire la tutela cautelare con il processo sommario.
Il primo provvedimento in materia (art. 5, co. 3°, legge 3 gennaio 1978, n. 1) era appunto contenuto in una legge intitolata all’accelerazione delle opere pubbliche e configurava un sistema inteso a evitare che le pronunce cautelari producessero effetti per un tempo indefinito: l’istanza cautelare non avrebbe potuto essere trattata sino a quando il ricorrente non avesse presentato la domanda di fissazione dell’udienza; nel caso di accoglimento della domanda di sospensione l’udienza di merito avrebbe dovuto essere fissata entro un termine di 4 mesi dall’adozione della relativa ordinanza; infine, l’efficacia delle ordinanze cautelari sospensive adottate era limitata a 6 mesi.
La specialità del rito in materia di appalti pubblici trovava così la propria radice nell’esigenza, puntualmente rilevata dalla Corte costituzionale [3], di evitare che le pronunce cautelari producessero effetti per lungo tempo, nel contesto di una disciplina ordinaria del processo amministrativo che non prevedeva alcun legame tra concessione della sospensione e sollecita discussione del ricorso nel merito.
La volontà del legislatore di rimediare agli effetti dilatori della sospensiva si è rapidamente trasformata in una tendenza ad abolire del tutto la tutela cautelare, mirando direttamente a una rapida definizione del merito del ricorso quale contropartita di un non liquet sull’istanza di sospensiva.
L’art. 31-bis, commi 2° e 3°, legge 11 febbraio 1994, n. 109, in tema di lavori pubblici (cd. legge Merloni), attribuiva infatti all’amministrazione resistente e ai controinteressati, di fronte alla domanda di sospensiva avanzata dal ricorrente, la facoltà di chiedere che la questione venisse decisa nel merito entro un termine breve [4], evitando in tal modo una pronuncia sulla domanda di sospensiva.
Ma la possibilità che la presentazione dell’istanza di decisione della questione nel merito precludesse l’esame della domanda cautelare, privando il giudice del potere di sospendere l’efficacia del provvedimento impugnato, aveva sollecitato un intervento della Corte costituzionale.
Essa, con la sentenza interpretativa di rigetto n. 249 del 1996, aveva riletto/reinterpretato la norma allo scopo di salvare il diritto alla tutela cautelare, ritenuto essenziale e irrinunciabile ai sensi dell’art. 24 Cost. (“la disponibilità delle misure cautelari è strumentale all’effettività della tutela giurisdizionale e costituisce espressione del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, in attuazione dell’art. 24 Cost.”). Veniva così stabilito che la norma dovesse essere interpretata nel senso che non eliminava il potere cautelare del giudice, comunque tenuto a pronunciarsi sulla domanda di sospensione del provvedimento impugnato e, in presenza dei presupposti di legge, a concederla, stante il “carattere essenziale della tutela cautelare”.
L’intervento della Corte aveva allora spinto il legislatore verso una più decisa adozione della logica del rito speciale. Rito speciale inteso non solo come rito accelerato, ma anche come processo a cognizione sommaria, ponendosi peraltro nel solco di una tendenza già inaugurata e poi percorsa con sempre maggior decisione dal legislatore anche nell’ambito del processo civile [5].
Si fa riferimento soprattutto all’art. 19 del d.l. 25 marzo 1997, n. 67, convertito in legge 23 maggio 1997, n. 135, con il quale, in risposta alla posizione assunta dalla Corte sull’art. 31-bis della legge Merloni, il legislatore aveva stabilito, tra l’altro, che “il tribunale amministrativo regionale, chiamato a pronunciarsi sulla domanda di sospensione, può definire immediatamente il giudizio nel merito, con motivazione in forma abbreviata”. Il Consiglio di Stato aveva poi precisato che la possibilità che il giudice definisse nel merito la controversia all’esito dell’udienza cautelare non era subordinata all’istanza di parte, né era prescritto che il giudice informasse le parti circa l’intenzione di disporre l’immediata decisione sul ricorso [6].
La cognizione piena si distingue dalla cognizione sommaria non tanto per il modo in cui si è svolto un processo, in base ad una valutazione fatta ex post, quanto piuttosto per la dettagliata predeterminazione legale di tutti i passaggi salienti del giudizio e delle attività ivi svolte dalle parti e dal giudice [7].
Di conseguenza, “tutti i procedimenti governati dalla discrezionalità del giudice andranno considerati a cognizione sommaria e non a cognizione piena” [8].
Allora non c’è dubbio che l’art. 19 del d.l. 67 avesse introdotto un’ipotesi di cognizione sommaria sostitutiva della tutela cautelare: la norma infatti rimetteva alla discrezionalità del giudice la scelta se pronunciarsi sull’istanza di sospensiva o decidere immediatamente la causa nel merito.
Questo carattere è stato perfettamente colto, e nello stesso tempo travisato, dalla Corte costituzionale secondo cui “la pronuncia nella fase interinale e cautelare … viene resa superflua da una tutela ancor più piena ed immediata” [9]; che fosse immediata questa tutela non c’è dubbio, che fosse anche piena invece non pare proprio.
Infatti la dottrina ha puntualmente e criticamente rilevato che in tal modo la ragionevole durata del processo finiva per andare a discapito del diritto di difesa delle parti [10], diritto che è appunto ciò che la cognizione piena garantisce, in quanto essa dota le parti “di diritti e non di mere facoltà rimesse ad una valutazione caso per caso” del giudice [11].
Forse in ragione di queste critiche la legge 21 luglio 2000, n. 205, pur generalizzando la possibilità da parte del giudice di pronunciarsi definitivamente sul ricorso in sede di discussione dell’istanza cautelare, ne ha circoscritto l’applicazione ai soli casi di manifesta fondatezza, infondatezza, irricevibilità, inammissibilità e improcedibilità del ricorso (art. 26, co. 4°, legge Tar) e ha imposto il rispetto della completezza del contraddittorio e dell’istruttoria (art. 21, co. 10°, legge Tar).
Allo stesso tempo, nel rito speciale di cui all’art. 23-bis della legge Tar, introdotto dalla stessa legge n. 205/2000, è stata prevista un’ulteriore restrizione all’operatività della tutela cautelare: all’udienza cautelare, quando ad un primo esame il ricorso evidenzi l’illegittimità dell’atto impugnato e sussista un pregiudizio grave e irreparabile, il giudice “fissa” entro 30 giorni l’udienza di merito e in ogni caso le “opportune” misure cautelari sono disposte solo in caso di estrema gravità ed urgenza.
2. La nuova direttiva ricorsi (direttiva 2007/66/CE dell’11 dicembre 2007) ha introdotto un profondo cambiamento d’impostazione rispetto alla tendenza tradizionalmente seguita dal nostro legislatore. Essa ha posto in primo piano l’esigenza di effettività della tutela del ricorrente, proprio come reazione alla prevalenza fino ad oggi accordata – in tutta Europa, non solo in Italia – all’interesse alla celere realizzazione dell’opera pubblica. Non si ha più solo un mero rito speciale dal punto di vista formale, ma una vera e propria differenziazione della tutela in senso sostanziale.
In questo nuovo contesto l’atteggiamento del legislatore rispetto alla tutela cautelare ha mutato di segno, passando da negativo a positivo.
Obiettivo dichiarato della direttiva è migliorare l’effettività della tutela giurisdizionale in materia di contratti pubblici, evitando che il giudizio s’instauri a contratto ormai concluso e incoraggiando così “gli interessati ad avvalersi maggiormente delle possibilità di ricorso con procedura d’urgenza, prima della conclusione del contratto” (28° considerando).
Ai sensi dell’art. 2 della direttiva, i “provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso” devono consentire di “prendere con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti cautelari intesi a riparare la violazione denunciata o ad impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dall’amministrazione aggiudicatrice”.
La disposizione ricalca sostanzialmente l’art. 2 della direttiva 89/665/CEE, ma nel frattempo è cambiato l’intero modo di legiferare del legislatore europeo in materia processuale. Si passa dal limite negativo imposto ai legislatori nazionali nella forma del divieto di rendere praticamente impossibile la tutela dei diritti di origine comunitaria al requisito positivo della garanzia della tutela effettiva, in cui si eleva l’elemento dell’effettiva azionabilità processuale a componente qualificante della vita degli interessi che si specificano in situazioni soggettive di tipo europeo.
Da qui l’erosione della finora assoluta autonomia dei diritti nazionali sotto il profilo della tutela giurisdizionale e una, sia pure graduale, uniformazione del diritto processuale dei diversi Stati membri [12].
Ma se è vero che il principio dell’effettività della tutela giurisdizionale è centrale nell’approccio comunitario al processo [13], peraltro non bisogna dimenticare che l’effettività della tutela è sempre strumentale all’effetto utile della politica europea d’apertura del mercato degli appalti pubblici alla concorrenza.
Come recitano il 3° e il 4° considerando della direttiva ricorsi, nel suo testo consolidato, “l’apertura degli appalti pubblici alla concorrenza comunitaria rende necessario un aumento notevole delle garanzie di trasparenza e di non discriminazione ed occorre, affinché essa sia seguita da effetti concreti, che esistano mezzi di ricorso efficaci e rapidi in caso di violazione del diritto comunitario in materia di appalti pubblici o delle norme nazionali che recepiscano tale diritto”, tenendo conto che “l’assenza o l’insufficienza di mezzi di ricorso efficaci in vari Stati membri dissuade le imprese comunitarie dal concorrere nello Stato dell’autorità aggiudicatrice interessata”.
La tutela cautelare diventa così lo strumento centrale di un giudizio che è speciale in un senso del tutto nuovo. Tale giudizio deve raggiungere il risultato di assicurare una tutela specifica (non solo e non tanto per equivalente) all’interesse del ricorrente – che coincide con l’interesse europeo al rispetto delle regole sulle procedure di aggiudicazione –, pur di fronte alla necessità di non sacrificare indebitamente l’interesse dell’amministrazione alla realizzazione dell’opera pubblica.
Conseguentemente s’introducono meccanismi preventivi idonei ad assicurare al soggetto leso una tutela efficace in via anticipata e cautelativa avverso le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici; il che significa correggere le violazioni riscontrate in una fase in cui le stesse possono ancora essere facilmente emendate e quindi risolvere le controversie relative alle procedure di affidamento prima che il contratto sia stato concluso.
Come recita l’art. 2, par. 3 della nuova direttiva ricorsi, “gli Stati membri assicurano che l’amministrazione aggiudicatrice non possa stipulare il contratto prima che l’organo di ricorso abbia preso una decisione sulla domanda di provvedimenti cautelari o sul merito del ricorso”.
In questa logica il potere giudiziale di dichiarazione d’inefficacia del contratto (attualmente regolato dagli art. 121-122 c.p.a. sulla scorta di quanto disposto dalla direttiva ricorsi e dopo il breve transito nel codice dei contratti pubblici) deve essere letto in combinato disposto con il sistema di tutela anticipata e preventiva e si pone come extrema ratio rispetto a tale sistema.
Come è noto, tre sono gli strumenti di tutela preventiva previsti: l’obbligo di standstill, ossia il divieto di conclusione del contratto prima di 35 giorni dall’invio dell’ultima delle comunicazioni dell’aggiudicazione definitiva (art. 11, co. 10° del codice dei contratti pubblici); la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione del contratto derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale insieme all’istanza cautelare avverso l’aggiudicazione definitiva (art. 11, co. 10ter, del codice dei contratti pubblici); infine le misure cautelari vere e proprie [14].
La violazione dell’obbligo di standstill e della sospensione automatica ha come conseguenza la dichiarazione di inefficacia del contratto da parte del giudice amministrativo, quale misura ripristinatoria della possibilità per il ricorrente che ha avuto ragione di ottenere specifica tutela dell’interesse fatto valere.
Tuttavia, proprio l’adozione del criterio dell’effettività della tutela comporta che la dichiarazione d’inefficacia del contratto stipulato in violazione dei due suddetti obblighi possa essere disposta solo quando “tale violazione, aggiungendosi a vizi propri dell’aggiudicazione definitiva, abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l’affidamento” (art. 121, co. 1°, lett. c-d, c.p.a.) [15].
Per quanto riguarda specificamente il secondo meccanismo di tutela preventiva, e cioè la sospensione automatica (cd. standstill processuale), il 12° considerando della direttiva ricorsi lasciava agli Stati membri la scelta se far durare questo “termine sospensivo minimo autonomo” fino alla decisione cautelare oppure fino alla decisione di merito (“Gli Stati membri possono decidere che tale termine scada quando l’organo di ricorso abbia preso una decisione circa la domanda di provvedimenti cautelari, anche riguardo a un’ulteriore sospensione della stipula del contratto, o quando l’organo di ricorso abbia preso una decisione sul merito della questione, in particolare sulla domanda di annullamento delle decisioni illegittime”).
Il legislatore nazionale ha preferito adottare la prima opzione. Così, una volta che sia stato proposto ricorso insieme all’istanza cautelare, il contratto non può essere stipulato, “dal momento della notificazione dell’istanza cautelare alla stazione appaltante e per i successivi venti giorni, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare ovvero fino alla pronuncia di detti provvedimenti se successiva” (art. 11, co. 10ter, del codice dei contratti pubblici) [16].
La decisione di mantenere lo stand still processuale fino alla decisione cautelare poggia presumibilmente su varie ragioni: essa consente sia di conservare l’istituto della definizione immediata del giudizio all’udienza cautelare, sia di attribuire al giudice il potere di valutare la sussistenza dei presupposti idonei a confermare la moratoria contrattuale [17].
3. La disciplina della fase cautelare in senso proprio introdotta dal c.p.a. per il rito degli appalti ricalca l’impronta della legge n. 205/2000.
Per tutti indistintamente i cd. riti abbreviati [18] l’art. 119, co.° 3, c.p.a. adotta lo stesso schema già utilizzato dall’art. 23bis della legge Tar per la disciplina dell’udienza cautelare: possibilità di definizione immediata del giudizio nei casi di manifesta fondatezza, infondatezza, inammissibilità, improcedibilità e irricevibilità del ricorso (secondo la regola generale della decisione in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. e con il relativo dimezzamento dei termini ex art. 119, co. 2°); fissazione della data di discussione del merito a breve (“prima udienza successiva alla scadenza del termine di 30 giorni dalla data di deposito dell’ordinanza”) di fronte all’emergere di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l’integrazione dello stesso; infine, possibilità di disporre le “opportune misure cautelari” solo in caso di “estrema gravità ed urgenza”.
Di non immediata comprensione è poi il co. 8° sempre dell’art. 120, ai sensi del quale la decisione sulla domanda cautelare deve essere assunta “interinalmente” anche se il collegio ordina adempimenti istruttori, concede termini a difesa, o solleva o vengono proposti incidenti processuali [19]. Secondo taluni il senso della disposizione va ricercato nel desiderio di evitare “comportamenti processuali dilatori, finalizzati strumentalmente a prolungare la sospensione”, mediante l’imposizione al giudice di decidere comunque sulla misura cautelare [20]. Per altri la norma appare di dubbia utilità perché in sede cautelare il giudice ha sempre l’obbligo di assicurare la tutela qualora ravvisi il fumus boni iuris e il periculum in mora e si è dunque di fronte ad una regola che non introduce alcun elemento significativo di differenziazione rispetto alla disciplina generale [21]. Altri poi hanno osservato che questa, come altre disposizioni codicistiche, paiono sottintendere l’idea, non si sa fino a che punto consapevole, dell’esistenza di due distinte tipologie di misure cautelari, quelle ordinarie e quelle interinali, duplicità che contrasta con il tradizionale carattere provvisorio, e quindi interinale, proprio di tutte le misure cautelari [22].
Per il resto, l’art. 119, co. 4°, rinvia alla disciplina generale del procedimento cautelare, anch’essa ricalcata su quella della precedente legge n. 205/2000 [23].
Se lo schema della fase cautelare nel rito speciale è rimasto invariato rispetto a quello introdotto dalla legge n. 205, non è detto però che esso conservi il medesimo significato nel diverso contesto introdotto a seguito della nuova direttiva ricorsi.
Come si è visto, il nostro legislatore ha tradizionalmente guardato alla tutela cautelare nel settore degli appalti come a un ostacolo per la celere realizzazione delle opere pubbliche, arrivando fino al punto di tentare di abolirla con l’art. 31bis della legge Merloni.
A fronte di ciò la Corte costituzionale ha dovuto ricordare al legislatore l’insegnamento chiovendiano in base al quale la tutela cautelare costituisce “espressione del principio per cui la durata del processo non deve andare a danno dell’attore che ha ragione, in attuazione dell’art. 24 della Costituzione” [24].
Al che il legislatore ha risposto con il d.l. n. 67/1997 introducendo la possibilità di definizione immediata del giudizio, che concretizza, come si è detto, un’ipotesi di sostituzione della tutela cautelare con una cognizione sommaria.
Nella legge n. 205/2000 e nel c.p.a. la possibilità di definizione immediata del giudizio è stata circoscritta a casi (che dovrebbero essere) eccezionali e si è puntato invece sulla fissazione a breve dell’udienza di merito e sul maggior rigore nella definizione del periculum che legittima la concessione della misura cautelare (estrema gravità e urgenza).
Ma la vera scelta compiuta dal codice è stata quella di mantenere in vita il giudizio cautelare stesso, che pure la nuova direttiva ricorsi avrebbe consentito di eliminare prolungando fino alla decisione di merito l’effetto sospensivo automaticamente ricollegato alla proposizione del ricorso.
Questa scelta merita di essere sottolineata proprio perché la concessione della misura cautelare non è più vista come un ostacolo alla celere realizzazione dell’opera pubblica, bensì come la necessaria garanzia della tutela dell’interesse sostanziale che il contenzioso in materia di appalti pubblici dovrebbe normalmente assicurare.
In questo contesto si apre lo spazio teorico per riflettere, in un’ottica finalmente solo processualistica (e non di accelerazione), sulla natura e sui limiti della tutela cautelare.
4. Seguendo la nota distinzione di Calamandrei tra danno da infruttuosità della sentenza e danno da ritardo della sentenza, le misure cautelari vengono solitamente classificate come conservative o anticipatorie.
La misura conservativa mira a scongiurare un’eventuale infruttuosità della futura sentenza per il possibile sopravvenire, durante lo svolgimento del processo, di fatti idonei a rendere impossibile o molto difficoltosa la concreta attuazione della sentenza stessa. La misura anticipatoria è rivolta a evitare il pregiudizio che deriva dal protrarsi dello stato d’insoddisfazione della situazione giuridica soggettiva, attraverso un provvedimento che ha un contenuto analogo a quello che avrebbe la sentenza nel caso di vittoria dell’istante [25].
Ma questo schema è stato elaborato in un processo che ha a oggetto il bene della vita e non la legittimità del provvedimento amministrativo impugnato e la trasposizione dello schema nel processo amministrativo si accompagna ad inevitabili adattamenti [26].
Solitamente nel giudizio in materia di appalti il ricorrente è titolare di un interesse legittimo pretensivo che di per sé avrebbe necessità di misure anticipatorie, tuttavia egli al tempo stesso abbisogna di una misura che sia conservatoria, al fine di evitare che il bene della vita venga consumato dall’amministrazione.
Nella logica della direttiva ricorsi – ma anche nella logica della nostra tradizionale disciplina del rito speciale in materia di appalti pubblici – la misura cautelare è pensata secondo lo schema del tipo conservativo. Si assume infatti che il ricorrente aspiri a un’aggiudicazione dell’appalto che sarebbe resa impossibile se, prima della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione impugnata, venisse stipulato (ed eseguito) il contratto con l’aggiudicatario controinteressato [27].
La misura cautelare consiste quindi nel conservare integra la possibilità di aggiudicare l’appalto al ricorrente che abbia ragione, evitando che il bene sia consumato dall’amministrazione [28].
Analizzando la prassi, tuttavia, la situazione rivela una notevole complessità per la tendenza a utilizzare ordinanze propulsive, che mirano a imporre all’amministrazione aggiudicatrice una revisione della decisione impugnata.
Si pensi alla sospensione dell’aggiudicazione impugnata dal concorrente che lamenta l’illegittima esclusione, sospensione che può non avere un effetto esclusivamente conservativo, qualora contenga anche l’ordine all’amministrazione di ripetere la gara valutando la domanda presentata dal ricorrente [29]. Effetto anticipatorio ha anche la misura cautelare dell’ammissione alla gara con riserva, quando il provvedimento di esclusione sia immediatamente impugnato [30]. Esempi tipici di misure propulsive (sempre a effetto anticipatorio) sono anche l’ordine di proroga del termine di presentazione delle offerte in una gara d’appalto, sul presupposto della sua incongruità in relazione ai complessi adempimenti richiesti ai concorrenti [31], oppure l’ordine di ripetizione del sub procedimento di verifica della congruità dell’offerta della ricorrente entro un termine che decorre dalla notificazione o dalla comunicazione dell’ordinanza cautelare, spesso con le modalità e con le garanzie precisate nella motivazione dell’ordinanza stessa [32].
Tutta queste misure sollevano il delicato problema della strumentalità della tutela cautelare.
Il problema sorge in relazione al fatto che le ordinanze propulsive necessitano di esecuzione da parte della stazione appaltante e trovare un equilibrio tra effettività e strumentalità della misura cautelare non pare affatto scontato [33].
Da una parte, la giurisprudenza ha riconosciuto alle ordinanze cautelari la “medesima efficacia” delle sentenze, “cosicché fino a quando l’ordinanza cautelare non sia revocata, modificata o sostituita da una pronuncia di merito, la stessa non può che ricevere ottemperanza” [34].
D’altra parte, “l’adozione dell’atto consequenziale con cui l’amministrazione dà esecuzione a un’ordinanza cautelare ha una rilevanza meramente provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se quel provvedimento sia o meno legittimo, e non incide in via definitiva sull’assetto dei rapporti in essere, ma mira a regolarli medio tempore, in conformità del dictum giudiziale di tipo cautelare” [35].
L’obbligo per l’amministrazione di conformarsi alla pronuncia cautelare “non può comunque dilatarsi fino a divenire un vincolo assoluto, riservato al giudicato di merito”; ciò “tanto più in presenza di un atto negativo da riesaminare, dopo avere riconosciuto fondata la denunzia di vizio motivazionale, in assenza di alcun indirizzo impartito per il prosieguo dell’attività amministrativa”, per modo che se, ad esempio, la nuova determinazione della stazione appaltante ha introdotto ulteriori elementi rimasti privi di pronunciamento da parte del giudice della cautela, non si può parlare di nullità della seconda determinazione per elusione della decisione cautelare [36].
Questo punto fermo appare però superato se non travolto nel momento il cui il giudice viene a stabilire che la sospensione cautelare dell’aggiudicazione di un servizio “è idonea a legittimare l’aggiudicazione e quindi l’esercizio del servizio da parte della ricorrente principale”. Il ragionamento che sta alla base dell’affermazione è ritenere che la concessione della tutela cautelare non possa ritenersi limitata, “sotto il profilo effettuale”, “solo all’inefficacia dell’assegnazione dell’appalto ma, in quanto rapportata alla ravvisata fondatezza di una causa di esclusione della ditta prima classificata, non esclude di per sé la rilevanza ad ogni altro effetto, dell’atto conclusivo della procedura ad evidenza pubblica tanto con particolare riferimento alle posizioni giuridiche da esso stesso prodotte per gli altri partecipanti utilmente collocatisi. Il che risulta coerente con la funzione anticipatoria, pur se incidentalmente rilevante in rapporto alla definizione del merito, della tutela cautelare suscettiva appunto di far conseguire all’interessato l’utilità sostanziale arrecata dal provvedimento coinvolto nella singola vicenda, utilità peraltro materialmente realizzabile anche ad esito del cd. processo esecutivo cautelare, ora codificato” [37].
Qui l’esecutività della misura cautelare viene applicata a misure anticipatorie non della sentenza, ma dell’attività amministrativa conseguente alla sentenza stessa. Tuttavia in tal maniera pare difficile vedere rispettato il carattere di strumentalità proprio della misura cautelare.
Il problema che queste misure pongono è che il giudice in sede cautelare viene a fissare all’amministrazione le regole del suo comportamento, con il rischio che l’azione cautelare si trasformi in azione principale in forma abbreviata a seguito di una cognizione superficiale.
Il processo cautelare anticipatorio ha sempre in sé il rischio di divenire un processo sommario e questo rischio è particolarmente vivo in materia di appalti, ove, come si è visto, la giurisprudenza tende da diversi punti di vista a consolidare l’assetto degli interessi definito in sede cautelare.
Probabilmente la tendenza del giudice amministrativo a travalicare il limite della strumentalità della misura cautelare e a concentrare nella fase cautelare tutto il giudizio è stata “incentivata” dallo stesso legislatore, quando ha introdotto l’istituto della definizione immediata del giudizio in sede cautelare.
Ma, di fronte all’affiorare di tendenze del genere, è necessario ricordare che l’effettività della tutela si realizza nel rispetto e non a discapito del giusto processo. Proprio per questo la tutela cautelare deve restare rigorosamente all’interno del limite della strumentalità, dato che il potere cautelare è fondato sulla semplice supposizione della fondatezza della pretesa, quindi su di una cognizione che per definizione non è neppure sommaria, ma soltanto superficiale.
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(*) Il testo costituisce la rielaborazione dell’intervento presentato all’incontro Il contenzioso sulle procedure di affidamento degli appalti pubblici organizzato dal Centro di Studi sulla Giustizia presso l’Università degli Studi di Milano, 20 gennaio 2011 ed è destinato alla pubblicazione nella rivista Diritto processuale amministrativo.
[1] Per queste distinzioni cfr. Proto Pisani, Tutela giurisdizionale differenziata e nuovo processo del lavoro, in Foro it., 1973, V, 205 ss.; Nigro, Trasformazioni dell’amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in La riforma del processo amministrativo, Milano, 1980, 177 ss.
[2] Merusi, Diritto e processo tra azioni cautelari e riti speciali amministrativi, in Rossi Sanchini (a cura di), La tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 2006, 171 ss., 173.
[3] La Corte costituzionale, con la sentenza 1 febbraio 1982, n. 8, in www.giurcost.org, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione, precisando che con la norma in questione il legislatore ha inteso affrontare il “problema delle conseguenze connesse al prolungarsi degli effetti di una pronuncia positiva di sospensione quando tardi eccessivamente la decisione sul merito del gravame”, “dato che in tal caso rimane ostacolata la realizzazione delle opere”; quindi la disposizione mira ad “evitare la possibilità di danni gravi alla soddisfazione del pubblico interesse ed insieme maggiormente stimolare il giudice amministrativo di primo grado a risolvere rapidamente nel merito le controversie sottopostegli e … a consentire o negare in via definitiva la realizzazione dell’opera”. Così la Corte non ha ravvisato ragioni di contrasto della disposizione in questione né con l’art. 3, “perché la materia delle opere pubbliche e di pubblica utilità ha sempre formato oggetto di attenzione particolare da parte del legislatore soprattutto al fine di accelerarne le procedure e, quindi, il soddisfacimento degli interessi pubblici ad essa connessi”, né con gli artt. 24, 103 e 113, e cioè con il diritto di difesa, che non sarebbe soppresso e neppure gravemente limitato.
[4] A tal fine il presidente fissava l’udienza per la discussione non oltre 90 giorni dal deposito dell’istanza, oppure, nel caso in cui l’istanza fosse proposta all’udienza già fissata per la discussione della domanda cautelare, entro 60 giorni (art. 31bis, co. 3°).
[5] Su questa tendenza cfr., per tutti, Proto Pisani, Verso la residualità del processo a cognizione piena?, in Foro it., 2006, V, 53 ss.
[6] Cons.St., sez. VI, 5 agosto 1999, n. 1018, in www.giustizia-amministrativa.it.
[7] “L’essenza della cognizione sommaria … non è data da un minor grado di razionalità dell’accertamento logico compiuto dal giudice, bensì dalla circostanza che questo accertamento è il frutto di un processo che si è svolto secondo forme e termini rimessi per la massima parte alla discrezionalità del giudice e non predeterminate dal legislatore” (Proto Pisani, Giusto processo e valore della cognizione piena, in Riv.dir.civ., 2002, I, 265 ss., 269).
[8] Graziosi, La cognizione sommaria del giudice civile nella prospettiva delle garanzie costituzionali, in Riv.trim.dir.proc.civ., 2009, I, 137 ss., 139.
[9] Con la conseguenza che non sarebbe configurabile “una limitazione o una soppressione del diritto delle parti di chiedere ed ottenere un provvedimento interinale e cautelare, ricevendo queste una immediata pronuncia che definisce la lite, rendendosi superflua ed irrilevante una specifica tutela cautelare”, così Corte costituzionale, 10 novembre 1999, n. 427, in www.giurcost.org.
[10] In particolare si è ritenuto che la decisione del ricorso prima della scadenza dei termini dilatori previsti per l’udienza di discussione violi “interessi processuali primari”, quali il diritto del ricorrente di proporre motivi aggiunti e il diritto del controinteressato di proporre ricorso incidentale, a maggior ragione quando, al momento dell’esame dell’istanza cautelare, alcuni parti necessarie non siano ancora costituite e non sia scaduto il termine per la loro costituzione (Travi, Dubbi di legittimità del giudizio abbreviato in materia di opere pubbliche, in Urb.app., 1998, 945 ss., 950).
[11] Proto Pisani, Appunti sul valore della cognizione piena, in Foro it., 2002, V, 65 ss.
[12] Su questo fenomeno cfr. Ramajoli, Il processo in materia di pubblici appalti da rito speciale a giudizio speciale, in Greco (a cura di), Il sistema della giustizia amministrativa negli appalti pubblici in Europa, Milano, 2010, spec. 122 ss.
[13] Cfr. Biavati, Europa e processo civile. Metodi e prospettive, Torino, 2003, 121; Oriani, Il principio di effettività della tutela giurisdizionale, Napoli, 2008, spec. 66 ss.
[14] I primi due strumenti sono contenuti tutt’ora nel codice dei contratti pubblici, in quanto si riferiscono a fasi dell’attività amministrativa precedenti all’instaurazione del giudizio, anche se sono idonei a produrre effetti processuali, l’ultimo invece, pure esso originariamente contemplato nel codice dei contratti pubblici, è da ultimo confluito nel c.p.a., subendo talune modifiche; sul punto cfr. De Pretis, Il sistema della protezione preventiva, in Greco (a cura di), Il sistema, cit., 3 ss.
[15] Per un’applicazione del principio cfr. Tar Piemonte, sez. II, 29 ottobre 2010, n. 3939; Tar Calabria, Reggio Calabria, sez. I, 20 ottobre 2010, n. 942; Tar Lazio, Roma, sez. II, 2 dicembre 2010, n. 35031, tutte in www.giustizia-amministrativa.it.
[16] Precisa poi il combinato disposto dell’art. 14, co. 3°, c.p.a. e dell’art. 11, co. 10ter, del codice dei contratti pubblici, che in sede di esame della domanda cautelare l’effetto sospensivo cessa se il giudice si dichiara incompetente, o fissa la data di discussione “senza concedere misure cautelari” oppure se rinvia al merito, con il consenso delle parti, l’esame della domanda cautelare.
[17] In tema cfr. Maellaro, Giurisdizione e strumenti di tutela, in Clarich (a cura di), Commentario al codice dei contratti pubblici, Torino, 2010, 1075 ss., 1096.
[18] Nel c.p.a. il rito in materia di appalti non è stato strutturato come rito autonomo e separato dal rito cd. abbreviato, come era invece nella bozza originaria predisposta dal Consiglio di Stato e nel primo testo approvato dal Governo. Si è scelto di riunire alcuni giudizi, tra cui quelli in tema di contratti pubblici (“i provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture”), entro un unico rito abbreviato disciplinato all’art. 119, dettando però specifiche disposizioni per il processo qui in esame (artt. 120-125). Ne risulta però un continuo gioco di rinvii interni non sempre lineare, visto che al rito in materia di appalti si applicano le disposizioni sui riti abbreviati di cui all’art. 119, salvo espresse deroghe (art. 120, co. 3°) e, a sua volta, al procedimento cautelare del rito abbreviato si applicano le disposizioni previste per il giudizio ordinario, in quanto non esplicitamente derogate (art. 119, co. 4°). In tema cfr. Lipari, Commento all’art. 119, in Caringella e Protto (a cura di), Codice del nuovo processo amministrativo, 2010, 1092 ss.
[19] Per un’applicazione della disposizione cfr. Tar Lazio, Roma, sez. III, ord. 11 novembre 2010, n. 4890, in www.sospensiveonline.it.
[20] “Il ricorso potrebbe essere proposto anche pretestuosamente per ottenere la sospensione ex lege della stipula, magari dall’impresa uscente che, in tal modo, può vedersi prorogato lo svolgimento del servizio o dei lavori fino alla stipula del nuovo contratto”; così Chieppa, Il codice del processo amministrativo, Milano, 2010, 576.
[21] Lipari, La direttiva ricorsi nel codice del processo amministrativo: dal 16 settembre 2010 si cambia ancora?, in www.giustamm.it.
[22] Corletto, Il procedimento cautelare, in www.giustamm.it, 7.
[23] Nel rito qui in esame la tutela cautelare ante causam, sulla cui utilità molti avevano già espresso dubbi in passato (Villata, Osservazioni in tema di incidenza dell’ordinamento comunitario sul sistema italiano di giustizia amministrativa, in questa Rivista, 2006, 848 ss.; M.A. Sandulli, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in www.federalismi.it, parr. 4-5) è destinata ad essere ulteriormente circoscritta a causa della previsione di efficaci strumenti di sterilizzazione dell’attività che conduce alla stipula del contratto (in questo senso cfr. De Pretis, op.cit., 39). Si è tuttavia notato che persisteranno ipotesi in cui la tutela ante causam sarà idonea a produrre un’utilità per il ricorrente: ad esempio, quando non è stata impugnata l’aggiudicazione definitiva, bensì altri atti quali i bandi, le esclusioni, le sanzioni o le iscrizioni nel casellario informatico; oppure quando è stata impugnata l’aggiudicazione definitiva, ma non si sia prodotto l’automatico effetto sospensivo perché la stazione appaltante ha avviato l’esecuzione d’urgenza del contratto oppure si è avvalsa di una delle deroghe normativamente previste all’obbligo di standstill, oppure ancora quando ha violato l’effetto automatico sospensivo (De Nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi, in www.giustizia-amministrativa.it, par. 10.12.a).
[24] Corte costituzionale, n. 249/1996, cit., punto 2.1 del considerato in diritto. Sulla nota affermazione di Chiovenda secondo cui “la sentenza che accoglie la domanda deve attuare la legge come se ciò avvenisse al momento della domanda giudiziale: la durata del processo non deve andare a detrimento dell’attore”, cfr. Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1965 (ristampa inalterata del 1923), 137, 226.
[25] Calamandrei, Introduzione allo studio sistematico dei provvedimenti cautelari, Padova, 1936, 38 ss.; sulla riforma adottata nel processo civile con la legge n. 80/2005, che ha attenuato o, per lo meno reso eventuali, i tratti di strumentalità della tutela cautelare di tipo anticipatorio, in quanto il provvedimento cautelare anticipatorio è in grado di durare a tempo indefinito, cfr., per tutti, Consolo, Le tutele: di merito, sommarie ed esecutive, Torino, 2010, 267 ss.
[26] Sul punto cfr. Ricci, Profili della nuova tutela cautelare amministrativa del privato nei confronti della p.a., in questa Rivista, 2002, 276 ss.; Bove, La tutela cautelare nel processo amministrativo, in www-judicium.it, 10-11.
[27] In tema cfr. Ramajoli, La Cassazione riafferma la giurisdizione ordinaria sul rapporto contrattuale tra amministrazione e aggiudicatario, in questa Rivista, 2008, 523 ss., spec. 543 ss.; Id., L’Adunanza plenaria risolve il problema dell’esecuzione della sentenza di annullamento dell’aggiudicazione in presenza di contratto, ivi, 2008, 1165 ss., spec. 1177 ss.
[28] Si ritiene così sussista danno grave e irreparabile, “pur in relazione al bilanciamento con l’interesse pubblico all’espletamento della fornitura”, quando l’affidamento della fornitura stessa alla controinteressata “precluderebbe irrimediabilmente alla ricorrente di ottenere la reintegrazione in forma specifica del pregiudizio subito” (Tar Piemonte, Torino, sez. II, ord. 13 dicembre 2010, n. 906, in www.sospensiveonline.it). Ma già sotto il vigore della precedente disciplina il giudice in sede cautelare aveva imposto l’inibizione della stipulazione del contratto (Tar Umbria, sez. I, ord. 10 giugno 2009, n. 74, ivi), oppure aveva accolto l’istanza cautelare ai limitati fini del differimento della stipulazione del contratto fino all’esito della decisione di merito (Cons.St., sez. V, ord. 9 giugno 2010, n. 2682, ivi), o, ancora, aveva inibito all’amministrazione di dare medio tempore esecuzione al contratto già stipulato con la controinteressata (Tar Lombardia, Brescia, ord. 12 marzo 2010, n. 146, ivi).
[29] Tar Lombardia, Brescia, ord. 15 ottobre 2010, n. 738, in www.sospensiveonline.it.
[30] Tar Puglia, Bari, sez. I, ord. 7 ottobre 2010, n. 721, in www.sospensiveonline.it.
[31] Cons.St., sez. V, ord. 12 giugno 2001, n. 3209, in www.sospensiveonline.it.
[32] Tra le tantissime cfr. Tar Lombardia, Milano, sez. I, ord. 15 luglio 2010, n. 751; Tar Lombardia, Milano, sez. I, ord. 12 novembre 2010, n. 1249; Tar Lombardia, Milano, sez. I, ord. 12 novembre 2010, n. 1250, tutte in www.sospensiveonline.it.
[33] Sul punto cfr., tra i tanti, Travi, Misure cautelari di contenuto positivo e rapporti fra giudice amministrativo e pubblica amministrazione (nota a Cons.St., sez. V, 21 giugno 1996, n. 1210), in questa Rivista, 1997, 168 ss.; Andreis, Tutela sommaria e tutela cautelare nel processo amministrativo, Milano, 1996, spec. 77 ss., 306 ss.
[34] Cons.St., sez. V, 21 giugno 2007, n. 3331, in Urb.app., 2007, 1236, con nota di Andreis, Pronuncia cautelare, esecuzione e rinnovazione dell’attività amministrativa.
[35] Tar Emilia Romagna, Parma, ord. 1 luglio 2008, in www.sospensiveonline.it.
[36] Cons.St., sez. V, 11 agosto 2010, n. 5638, in www.giustizia-amministrativa.it.
[37] Tar Lazio, Latina, sez. I, 12 giugno 2009, n. 571, in www.giustizia-amministrativa.it.
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(pubblicato il 14.3.2011)
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