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ARMANDO POZZI

Relazione per inaugurazione anno giudiziario TRGA 2011


INDICE: 1 - Indirizzo di saluto. 2 - I ringraziamenti per la partecipazione alla cerimonia. 3 - Prudenza, Giustizia ed Etica nell’esercizio della Giurisdizione. 4 - Sentimento etico e nuovo codice del processo amministrativo. 5 - Il c.p.a. richiede una complessiva pratica dell’etica, non solo da parte del giudice. 6 - La ( presunta ) politicizzazione dei Giudici Amministrativi Trentini. 7 - Giudice Amministrativo e Burocrazia. 8 - Necessità di concreta attenzione per il ruolo della Magistratura Amministrativa. 9 - La realtà del T.R.G.A. di Trento nello spirito del federalismo. 10 - Il federalismo normativo nella giurisprudenza costituzionale del 2010. 11 - L’isola felice del T.R.G.A. va salvaguardata con misure nuove. La riforma dell’ordinamento del personale amministrativo e le sentenze semplificate. 12 - La giurisprudenza significativa del T.R.G.A. nell’anno 2010: i limiti all’edificazione delle case vacanze; l’avvalimento e le false dichiarazioni nelle gare d’appalto; la tutela dell’ambiente ed il principio di non tipicità delle sostanze inquinanti. 13 - Segue: le competenze di comuni e Provincia nell’attività di pianificazione urbanistica; la stabilizzazione del personale docente della scuola. 14 - Conclusioni



1 - Indirizzo di saluto.
Indirizzo un cordiale e affettuoso saluto a tutte le Autorità, Politiche, Giudiziarie, Amministrative, Militari, Religiose, ai rappresentanti del Foro, della Società civile e produttiva operanti in questa Regione - tanto splendida di bellezze naturali tali da affascinare un innamorato del mare come me, quanto ricca di una tradizione e di una consuetudine di civiltà e di operosità - le quali, con la Loro presenza in questa magnifica sala di Palazzo Londron, attuale sede del TRGA di Trento, testimoniano, ciascuna per la parte di rispettiva competenza, non solo l’attenzione per l’attività della Giustizia Amministrativa nella Provincia Trentina, quanto, soprattutto, l’operare sinergico ed armonioso di tutti i rappresentanti delle Istituzioni Pubbliche e Private, Centrali e Locali, secondo quel disegno sapiente di unità ed indivisibilità, amalgamato con gli altrettanto fondamentali principi di specificità autonomistica, che il Legislatore Costituente seppe tracciare, in poche ma chiare e lungimiranti norme, con gli articoli 5 e quelli di cui al Titolo V della Costituzione ( artt. 114 e seguenti ) e con la IX disposizione transitoria, i quali, già prima della riforma introdotta dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, erano espressione di un principio di equilibrata e prudente articolazione e diversificazione dell’Unita Nazionale, di cui quest’anno si ricorda il 150° anniversario; principio senza il quale i germi del particolarismo e dell’egoismo, sempre annidati nei meandri oscuri ed imperscrutabili della mente umana, rischierebbero di compromettere gli innumerevoli esempi di sacrificio e dedizione che pure tanti Trentini – come testimonia la Fossa dei Martiri del Castello del Buonconsdilio - hanno voluto iscrivere nella storia del nostro Paese; una storia martoriata, sì, da totalitarismi, meschinità ed insipienze di tante classi dirigenti, ma altrettanto illuminata dalla schiera di altrettanto numerosi Italiani, politici, funzionari, imprenditori, lavoratori, che con l’esempio e la laboriosità quotidiana hanno riscattato e riscattano i peccati della società italiana.

2 - I ringraziamenti per la partecipazione alla cerimonia.
Insieme al saluto, tanto più sincero ed umile in quanto proveniente da un nuovo arrivato in terra tridentina, mi sia consentito rivolgere, altresì, un sincero ringraziamento per la partecipazione ad una cerimonia che il nostro Consiglio di Presidenza, nella consiliatura 2001 - 2004 alla quale ebbi l’onore di partecipare, volle introdurre anche per la Magistratura Amministrativa quale momento di riflessione annuale sulle cose fatte e sulle molte ancora da fare; cerimonia la quale, pertanto, lungi dal rappresentare un momento di rappresentatività esteriore, intende essere l’occasione di una testimonianza di partecipazione agli impegni ed alle prove che la collettività ci chiede, in modo sempre più pressante, di dimostrare nel nostro lavoro giornaliero.
Voi, Noi, ciascuno per ciò che gli spetta, siete la testimonianza visibile di un’Italia silenziosamente ma pervicacemente fedele ai valori di quel monumento di saggezza, sapienza, etica e modernità, che i nostri Padri Costituenti seppero erigere sulle macerie morali e materiali provocate dalla follia fascista, macerie tanto pesanti e maleodoranti da indurre il Legislatore Costituente a formulare l’impegno morale collettivo, prima ancora che il precetto giuridico, contenuto nella XII disposizione transitoria della Costituzione, recante il divieto della riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista e, vorrei aggiungere, di qualsiasi movimento predicante e praticante i “ valori ” della soverchieria e ogni forma di folle intolleranza.
Voi, siete l’espressione rappresentativa dei principi di democrazia lavoristica, di disciplina ed onore nell’espletamento delle funzioni pubbliche, di dedizione esclusiva al servizio del Paese, sanciti negli articoli 1, 4, 54 e 98 della Costituzione, che i nostri figli, i nostri fratelli, i nostri colleghi, morti o straziati nell’assolvimento dei propri doveri di difesa esterna ed interna del Paese, dediti nelle ore libere all’attività di solidarietà sociale, impegnati quotidianamente nell’assicurare la tenuta complessiva del nostro sistema istituzionale, sociale e produttivo, mostrano di possedere in misura sovente assai più consapevole delle loro classi dirigenti.
Voi – ed è questa la motivazione conclusiva del mio ringraziamento – siete, in definitiva, i rappresentanti di quell’etica del dovere istituzionale e dei comportamenti quotidiani, che trova sanzione negli appena accennati principi della nostra Costituzione, a loro volta espressione di un diritto naturale, che trova eco in ogni forma della civiltà umana e che dovrebbe accompagnare, soprattutto, l’opera dei Giudici.

3 - Prudenza, Giustizia ed Etica nell’esercizio della Giurisdizione.
Non ritengo casuale, ad esempio, che la dottrina cattolica coniughi le due virtù fondamentali, appunto dette cardinali, della prudenza e della giustizia.
Nell’esercizio della giurisdizione la prudenza è la regola certamente più importante, in quanto essa indica la « retta norma dell'azione », per dirla con San Tommaso.
Essa non si confonde con la timidezza o la paura, né con la doppiezza o la dissimulazione.
Grazie alla virtù della prudenza applichiamo i principi morali ai casi particolari senza soverchi rischi di sbagliare e superiamo i dubbi sul bene da compiere e sul male da evitare.
Quello sui limiti e le modalità di esercizio del potere e della funzione pubblica è un dibattito ricorrente, ma oggi tanto più sentito anche al suono degli ammonimenti delle due più alte Autorità istituzionali e morali del nostro Paese: il Presidente della Repubblica ed il Presidente della CEI. Entrambi, nel recentissimo passato, hanno ripetutamente richiamato tutte le articolazione della società ed i loro rappresentanti ad un più forte senso etico della funzione, ad un esercizio prudente della stessa, nel perseguimento di una “ robusta morale “.
Anche tra noi magistrati il dibattito sul recupero di un forte e robusto senso dell’etica di vita, prima ancora che professionale, è forte e continuo.
Fra i tanti messaggi che intasano le nostre caselle di posta elettronica, alcuni giorni or sono è apparsa la comunicazione di un valente e caro collega, alla cui considerazione come tale non fanno velo oltre trent’anni di amicizia ed il cui spessore morale la collettività trentina ha potuto apprezzare sul campo, quale mio predecessore.
Si tratta di Paolo Numerico, il quale sulla predetta lista di posta elettronica ha riportato un breve, ma intenso, dialogo fra Leonardo Boff, un teologo brasiliano, ed il Dalai Lama ( il quale, mi è stato detto essere frequentatore di queste Terre, dimostrando, così, ancora una volta, la sua infinita saggezza ) al quale il primo aveva posto, maliziosamente, la domanda su quale fosse la religione migliore.
La risposta è stata questa: " La religione migliore è quella che ti rende un uomo migliore, cioè tutto ciò che ti riempie di compassione, che ti rende più sensibile, più distaccato, più amabile, più umano, più responsabile, più rispettoso dell'etica. Pertanto, non mi interessa la tua religione e nemmeno se sei religioso o no ... Per me ciò che conta è come ti comporti con gli altri, con la tua famiglia, con i tuoi colleghi, con la tua comunità e con tutti quanti. Ricordati che l'universo è l'eco delle nostre azioni e dei nostri pensieri “.
Un po’ come dire, secondo il proverbio popolare: le idee e le proclamazioni di principio camminano sulle gambe degli uomini e secondo il percorso che quotidianamente, pazientemente e tenacemente esse vogliono coprire. Un proverbio che il nostro legislatore mostra di dimenticare nella sua bulimia normativa, illudendosi ed illudendoci che produrre tantissime leggi e complicate, spesso pleonastiche e ripetitive, assicuri che esse siano osservate e fatte osservare.
Lo stesso concetto, in fondo, che espresse il pittore della dignitosa povertà contadina - quale è stata quella Trentina nella prima metà del ‘900 e dalla quale, poi, sono sorte solide realtà economiche, come quella cooperativa, ispirate ad un forte senso etico e di aggregazione - Jean François Millet, quando disse che bisogna rappresentare il banale per arrivare al sublime.

4 - Sentimento etico e nuovo codice del processo amministrativo.
Anche all’interno della Magistratura in genere, e di quella amministrativa in particolare, si rafforza il sentimento di un’etica professionale dell’agire quotidiano, di un modo sempre più risolutivo e meno formalistico di concepire ed esercitare la Giurisdizione, di rispetto di valori e regole che dobbiamo praticare anzitutto noi stessi, prima di predicarne l’adempimento ad altri.
Si tratta di un’etica e di un sentimento che anche il nuovo codice del processo amministrativo, entrato in vigore appena alcuni mesi fa ( il 16 settembre 2010 ), in parte pone e riafferma, non solo sul piano degli istituti processuali – assegnando, ad esempio, anzitutto ai Presidenti compiti di scrematura ed alleggerimento del momento decisorio collegiale ( es.: artt. 85 e 118, relativi, rispettivamente, alle pronunce di estinzione ed improcedibilità del ricorso ed ai decreti ingiuntivi ) - ma anche nei momenti di gestione ordinaria ed istituzionale disciplinati soprattutto nell’allegato 3 al codice stesso: organizzazione delle udienze e dei relativi ruoli, modalità di confezionare ed istruire i fascicoli, uso adeguato e diffuso, quando non addirittura obbligatorio, di strumenti informatici. Il tutto senza tralasciare la conferma ed il rafforzamento di tecniche redazionali non nuove, quale la sentenza in forma semplificata, di cui fra poco dirò.
Nel momento in cui il c.p.a. predispone nuovi o rinnovati strumenti di tecnica processuale, più incisivi e sostanzialistici, esso richiede ed impone un’etica rafforzata della funzione giurisdizionale, addossando al Giudice - ed in particolare a quello di primo grado - un impegno culturale, prima ancora che cognitivo.
Mi riferisco, a mero titolo esemplificativo:
- al nuovo regime dell’incompetenza che oggi, a differenza del passato, è rilevabile dal Giudice anche d’ufficio, ma solo in primo grado: art. 15, comma 1;
- alle più complesse incombenze istruttorie, ad esempio quelle derivanti dal nuovo regime della verificazione, che gli artt. 44 del R.D. n. 1054/1934 e l’art. 26 del R.D. n. 642/1907 rimettevano alla stessa P.A. e che ora, invece, deve, giustamente, essere effettuata da un ( seppur non meglio precisato ) “ organismo pubblico estraneo alle parti “ , cioè del tutto imparziale: art. 19;
- ai vari adempimenti istruttori e decisori monocratici, procedimentali e sostanziali, assegnati anzitutto ai Presidenti e, solo in subordine e come ipotesi eventuale e residuale, al Magistrato delegato o all’intero Collegio - che sicuramente accresceranno il livello di impegno personale dei Giudici ( artt. 49, comma 1, 61, 65, 68, 85 comma 1 ) ;
- alla fissazione contestuale dell’udienza di merito in caso di ordinanza collegiale istruttoria ( art. 65 comma 2 );
- alla concentrazione in unica ordinanza delle numerose e puntuali incombenze per organizzare la CTU, senza il cui corretto e diligente adempimento la consulenza rischia, come sovente accade, di risolversi in un calvario per le parti invece di costituire un solido supporto alla decisione ( art. 67 );
- al rafforzamento del principio dispositivo rispetto al metodo acquisitivo d’ufficio delle prove, anche al fine di evitare interlocutorie inutili o defatiganti ( le c.d. interlocutorie di sopravvivenza ): art. 64, comma 1, letto in correlazione con il comma 4;
- alla valutazione delle numerose e complesse circostanze che l’articolo 122 elenca per l’ipotesi di declaratoria di inefficacia facoltativa del contratto stipulato in base a procedura di aggiudicazione dell’appalto annullata dallo stesso giudice;
- all’ampliamento del limite della giurisdizione esclusiva e quindi dell’impegno e dello sforzo del Giudice nelle azioni di condanna al risarcimento del danno, per le quali il nuovo codice ha disposto il superamento – seppure con le cautele e le limitazioni stabilite dal terzo comma dell’articolo 30 – di quella pregiudiziale amministrativa ( prima annullo il provvedimento e poi mi pronuncio sul risarcimento), che per tanto tempo ha visto Giudici ordinari ed amministrativi su fronti contrapposti.

5 - Il c.p.a. richiede una complessiva pratica dell’etica, non solo da parte del giudice.
Il nuovo Codice, oltre a rappresentare un aggiornato e prezioso strumento di lavoro e di efficace tutela del Cittadino, in sostituzione di un impianto normativo “ pulviscolare “ (per usare l’aggettivazione usata da Natalino Irti per descrivere l’età della decodificazione ), vetusto e lacunoso risalente al primo trentennio del secolo scorso, costituisce anche e soprattutto l’occasione per riflettere sul modo di concepire e vivere la professione da parte di tutti gli operatori del processo, non solo giudici ed avvocati, ma anche e anzitutto i dirigenti e i funzionari delle pubbliche amministrazioni, da sempre il convitato di pietra del processo amministrativo.
Il Codice, attraverso una riordinata e rinnovata disciplina del processo amministrativo, ripropone, infatti, l’esigenza del rispetto di un’etica complessiva, ma articolata in tante componenti quante sono le categorie degli attori del processo amministrativo: Giudici, Avvocati e P.A..
L’Etica non è un’astratta dimensione e aspirazione dell’anima; essa è lo strumento concreto per assicurare assetti strutturali ed ordinamentali razionali ed efficienti, in quanto conformi a quelle regole stabili e discriminanti della condotta umana - ed in particolare di cittadini e funzionari pubblici - fra le quali la nostra Costituzione ne individua tre, non a caso ricorrenti a vario titolo negli studi sull’etica: la fedeltà, la disciplina e l’onore ( art. 54 Cost. ).
Il codice deve dunque rinvigorire - e non solo nella Magistratura Amministrativa - quel senso dell’obbedienza alle regole, quel sapiente e prudente esercizio del potere e quell’orgoglio di appartenenza alle Istituzioni, prima fra tutte quella giudiziaria, che talvolta appaiono smarriti.
Si registrano e si lamentano, anzitutto dagli stessi magistrati dediti esclusivamente al proprio lavoro istituzionale - come tutti i Giudici di questo Tribunale, che anche per questo funziona come un cronometro - sentimenti e fenomeni di disaffezione da parte di altri colleghi; fenomeni di lettura ambivalente, in quanto essi sono lo specchio di grandi capacità tecnico – giuridiche, che tuttavia vengono sottratte al “ servizio esclusivo della Nazione “ imposto dall’articolo 98 della Costituzione, cioè alla funzione giurisdizionale resa in nome del Popolo ed al Popolo.
Riaffermare un’etica della funzione giurisdizionale – il cui smarrimento già fu lamentato nel suo discorso di insediamento da uno dei grandi presidenti del Consiglio di Stato, Santi Romano, il quale auspicava una funzione ausiliaria prestata dal Consiglio di Stato e non, a titolo individuale, dai Consiglieri di Stato - e trattenere energie preziose sono gli strumenti essenziali, prima di ogni codificazione, per alleviare il peso dell’arretrato ed accelerare i tempi eccessivi dei processi: fenomeni, questi, sconosciuti al T.R.G.A. ma rispetto ai quali occorre tenere la guardia sempre alta. Una decisione che intervenga a distanza di anni dalla proposizione del ricorso giurisdizionale è, infatti, un insulto al generale bisogno di tutela e sicurezza dei Cittadini, allontana gli investimenti dal nostro Paese, fa assumere alla Magistratura penale un improprio e da essa non cercato ruolo surrogatorio, mantiene sacche di inefficienza negli apparati amministrativi e giudiziari.
Non mi sembra, pertanto, peregrino auspicare che i nostri legislatori ed amministratori, invece di predicare la non politicizzazione delle magistrature, lamentandone l’ignavia e faziosità, per poi utilizzare non pochi magistrati in Organi politici, uffici, gabinetti, commissioni, Autorità indipendenti, rafforzino sistemi oggettivi e trasparenti di riscontro valutativo, come quello introdotto per i colleghi ordinari dall’articolo 11 del D. Lgs. 5 aprile 2006, n. 160.

6 - La ( presunta ) politicizzazione dei Giudici Amministrativi Trentini.
Tra le forme di indebita politicizzazione dei giudici gli organi di informazione di questa Regione denunciano, seppur assai sporadicamente, il meccanismo di composizione del T.R.G.A. di Trento ed il procedimento di nomina di due dei suoi magistrati, come stabilito dall’articolo 1 delle norme di attuazione dell’articolo 90 dello Statuto speciale per la regione Trentino - Alto Adige emanate con D.P.R. 6 aprile 1984, n. 426.
Secondo la citata disposizione, al T.R.G.A. di Trento sono assegnati sei magistrati, di cui uno con la qualifica di presidente e cinque con la qualifica di consigliere di tribunale amministrativo regionale. Di questi, due, scelti tra gli appartenenti alle categorie di cui al successivo art. 2, sono designati dal Consiglio provinciale di Trento e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e su parere del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa. Essi durano in carica nove anni e non possono essere nuovamente designati.
Contro questa norma - peraltro ritenuta costituzionalmente legittima in riferimento all'articolo 90 dello Statuto emanato con D.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, nonché agli articoli 3, 102, 104, 106 e 107 della Costituzione: C.d.S., sez. V, sent. n. 1546 del 13.11.1995; C.d.S., sez. IV, sent. n. 393 del 9.2.2004; Corte costituzionale, sent. n. 316 del 4.11.2004 - si appuntano le critiche dei mezzi di informazione nei casi ( invero rari ) in cui si tratti di commentare qualche sentenza “ politica “ di questo Tribunale, la quale rivelerebbe – a causa, appunto, delle modalità di nomina non concorsuale di un componente del Collegio giudicante - l’atteggiamento non imparziale dei suoi Giudici.
Al riguardo, mi siano consentite due considerazioni.
Le sentenze dei Tribunali amministrativi non di rado hanno necessariamente, per loro stessa natura ed oggetto, valenza, risvolti e risonanza “ politica “, in quanto sono istituzionalmente rivolte a sindacare, su istanza per lo più dei Cittadini, atti, provvedimenti e comportamenti posti in essere dalle amministrazioni anche per il tramite dei loro organi “ politico – amministrativi “ o “ di governo “ ( cfr. artt. 4 e 14 D.Lgs. n. 165 del 2001 ).
I componenti “ laici “, distinti da quelli “togati “ di concorso, sono una realtà ordinamentale voluta dal Legislatore non solo per le magistrature speciali o specializzate ( C.d.S., C.d.C., Commissioni Tributarie ), ma per la stessa Magistratura Ordinaria: mi riferisco, evidentemente, alla legge 21.11.1991, n. 374, istitutiva del Giudice di Pace.
Quindi, il fenomeno dei Giudici “ laici “ non è voluto dalla Casta giudiziaria - che, anzi, lo ha sempre denunciato come fenomeno anomalo - ma dalla stessa classe politica, la quale, se riterrà, potrà eliminarlo in qualsiasi momento.
Fino a quando ciò non avverrà, i Giudici “ laici “, al pari dei “ togati ”, continueranno a fare il loro dovere. Il problema, allora, sarà quello pratico della scelta secondo l’unico criterio del merito e che dovrà cadere, nell’ambito delle categorie, già altamente qualificate, individuate dallo stesso Legislatore, su persone munite di un convincente ed oggettivo bagaglio tecnico – culturale e di un elevato profilo morale, desunti dai loro curricula.
Al Presidente dell’Ufficio giudiziario o dei Collegi spetterà, poi, verificare la laboriosità, la diligenza e la capacità tecnica, di ogni magistrato, laico o togato che sia.
Questa peculiare funzione presidenziale mi sarà assai agevole esercitare in questo Tribunale.
Nelle poche udienze che sino ad oggi ho avuto l’onore di presiedere, ho già potuto verificare sul campo che i magistrati “ laici “sono stati scelti secondo criteri di una rigorosa competenza e preparazione, che tutti i miei Colleghi, senza distinzioni fra laicità e toga, con i quali si è subito instaurato un rapporto di stima ed amicizia, dimostrano di possedere nel quotidiano esercizio appassionato, scrupoloso e collegiale della loro funzione.
Quindi, nessun timore di faziosità o distorsioni nell’assumere le decisioni da parte di questo Tribunale, che continuerà ad operare, come sempre e come tutti i Magistrati, nel rigoroso rispetto della legge e dei principi di terzietà ed autonomia, così come stabiliscono gli artt. 101, 104 e 111 della Costituzione.
Si tratta di principi che mi hanno sempre guidato – al pari di qualsiasi altro Giudice - nei miei trentadue anni di magistratura amministrativa, tentati di vivere secondo un disciplinato ed onorevole sentimento di indipendenza interna ed esterna; un sentimento che mi ha portato anche a combattute scelte di vita professionale, come quella di lasciare una carriera, pur prestigiosissima, nell’ Avvocatura dello Stato.
Dico questo non per narcisismo, ma solo per presentarmi alla Comunità trentina, secondo una regola di buona creanza per la quale chi entra per la prima volta in casa d’altri deve dire chi è e cosa fa ( o intende fare ).
Permettetemi dunque di dichiarare, a tal fine, che mi considero, un magistrato amministrativo fortunato e atipico.
Fortunato, perché in tanti anni di mestiere sono riuscito a percorrere tutte le tappe dell’esperienza del Giudice amministrativo. Magistrato di primo grado, magistrato d’appello assegnato via via a tutte le Sezioni del Consiglio di Stato: normativa, consultive e giurisdizionali ed ora tornato alla giurisdizione di primo grado, secondo un percorso che testimonia la unitarietà circolare del nostro plesso ordinamentale; una unitarietà alla quale fanno tuttavia estremo torto varie, illogiche ed inique pevisioni normative, come quella che dispone la perdita di tutta l’anzianità maturata nei T.A.R. al momento del passaggio nella funzione giurisdizionale d’appello ( art. 23, comma 5, L. n. 186 del 1982 ).
Atipico, perché se la specialità del nostro ruolo e della nostra funzione di Giudici amministrativi vuole essere considerata, secondo l’opinione diffusa, nella sua portata di polivalenza funzionale esterna, nella capacità, cioè, di fare, accanto ed oltre il Giudice, tante altre cose, io, insieme alla stragrande maggioranza degli altri colleghi, sono il meno “ speciale “ ed il più “ ordinario “ dei Magistrati Amministrativi.
L’elenco degli incarichi extraistituzionali da me svolti nel corso di oltre trent’anni possono riassumersi in poche righe e testimoniano, per lo più, il mio mai dimenticato amore per l’attività accademica di insegnamento e ricerca. .
Ciò, perché ho sempre ritenuto e ritengo che chi entra nella Magistratura debba farlo con uno spirito di servizio, di passione, di curiosità e di dedizione, tendenzialmente incompatibile con ogni altra distrazione.
Nell’esercizio della Giurisdizione ho, quindi, cercato di praticare quell’etica professionale di cui ho sopra detto, finalizzata anche a diffondere lo stesso valore nei confronti degli altri protagonisti del processo: P.A. e Cittadini.

7 - Giudice Amministrativo e Burocrazia.
A proposito dell’etica dell’apparato burocratico, ritengo che il Giudice Amministrativo possa e debba svolgere un ruolo non di poco conto, potendo egli stesso contribuire ad innalzarne il tasso di efficienza, non solo con la precisione ed esaustività delle indicazioni conformative delle proprie sentenze, ma anche con politiche giudiziarie mirate e diffuse, alcune espresse anche nel nuovo codice del processo amministrativo, tra le quali suggerirei:
a) sottolineare ( anziché minimizzare ), anche d’ufficio, nei passi significativi della motivazione delle pronunce, i comportamenti colposi dei funzionari autori di atti palesemente illegittimi, a prescindere da espresse richieste risarcitorie delle parti;
b) praticare la regola della condanna alle spese, graduandone la quantificazione – pur sempre nel rispetto delle tariffe professionali – in relazione al tasso più o meno elevato di negligenza del responsabile del procedimento ed applicando, se del caso, il nuovissimo istituto della condanna alle spese a carattere sanzionatorio, introdotto dall’articolo 26, comma 2, del Codice ;
c) trasmettere copia delle sentenze agli organi di disciplina delle amministrazioni o delle altre giurisdizioni ( contabile e penale ) in caso di vicende palesemente ed inspiegabilmente illegittime.
Tutto ciò comporta, da parte dei giudici e soprattutto dei presidenti dei collegi, uno spirito di rigore e fermezza che ancor oggi si scolora – ad esempio con una pratica, assai diffusa nella nostra Giurisdizione ma per fortuna espunta con il nuovo Codice, della compensazione delle spese di giudizio o di condanne a cifre irrisorie, offensive per quei cittadini, che non di rado sono letteralmente soffocati da provvedimenti amministrativi abnormi, ermetici, astrusi o pervicaci.
Pervicacia che in terra Trentina – pur nella ristrettezza temporale del mio mandato – non ho colto in senso allarmante, come invece mi è occorso di registrare nelle mie passate e, anche territorialmente, articolate esperienze di Giudice amministrativo.
Questo, forse, non solo per un diffuso senso di rispetto istituzionale verso le nostre pronunce, a sua volta ricavato da una antica tradizione di comprensione e collaborazione fra comunità locali e pubblici poteri, ma anche per l’esistenza ed il funzionamento di realtà istituzionali altrove poco operanti, come il Difensore Civico.
Il mio predecessore, Francesco Mariuzzo, nel suo discorso di insediamento nel 2007, ebbe a rilevare il ruolo fattivamente assolto dal Difensore civico nella Provincia di Trento, evidenziando la disponibilità dei privati e della Pubblica Amministrazione a comporre in sede precontenziosa e con reciproco vantaggio le liti, evitando che esse pervengano nelle aule giudiziarie. Anche il Presidente de Lise, nella sua Relazione di apertura del presente anno giudiziario, ha sottolineato l’importanza di creare strumenti ordinamentali di deflazione del contenzioso, nella constatazione che la giurisdizione non è una risorsa illimitata e per questo da usare con parsimonia e per le questioni di maggior rilievo.
E’ mia ferma intenzione rafforzare questo ruolo prezioso di filtro pregiudiziale svolto dal Difensore civico, assistendone le richieste e sollecitazioni, prive di propria forza cogente, con la pressione della persuasione indotta dalla qualificazione negativa, in termini di colposa disattenzione, di atteggiamenti di indifferenza o di preconcetta ed immotivata avversione alle ragionate indicazioni di questa Istituzione, con le conseguenti statuizioni nella condanna alle spese di giudizio.

8 - Necessità di concreta attenzione per il ruolo della Magistratura Amministrativa.
Unicuique suum, a ciascuno il suo, diceva Sciascia, ma, al Giudice di fare la sua parte spetta più degli altri, con fermezza e chiarezza, senza l’ipocrisia e l’ambiguità che pervadono il romanzo dello scrittore siciliano.
Al di là e prima delle rivendicazioni di stampo sindacale dobbiamo dimostrare a tutti non solo di saper fare, ma di fare al meglio il nostro lavoro.
Lo spirito di dedizione non può, tuttavia, essere il martirologio dei magistrati.
La classe politica deve dimostrare attenzione e considerazione per quella parte nettamente maggioritaria della Magistratura Amministrativa che svolge quotidianamente, silenziosamente ed appassionatamente il proprio lavoro.
E’, pertanto, necessario perseguire un principio di ragionevolezza nell’attività legislativa, che, come pure osservato dal Procuratore Generale nel suo discorso alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte d’Appello di Trento, viene spesso dimenticato.
Intendo riferirmi, in particolare, per la loro dirompenza sugli assetti strutturali della Giustizia, non solo amministrativa, agli interventi in materia previdenziale recati dall’articolo 12 del D.L. 31.5.2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, il cui comma 7, nel dilazionare i pagamenti delle indennità di buonuscita ai pubblici dipendenti a far tempo dal 1 gennaio 2011, ha provocato un esodo in massa anche di magistrati amministrativi, tale da provocare un imprevisto ed immediato depauperamento delle piante organiche, che le lungaggini delle procedure concorsuali non sono in grado di riempire né sul piano quantitativo, né su quello, ancor più importante, delle esperienze professionali acquisite in decenni di lavoro.
Occorre, quindi, intervenire con misure normative urgenti di autorizzazione ed accelerazione delle procedure concorsuali.

9 - La realtà del T.R.G.A. di Trento nello spirito del federalismo.
Ma veniamo al nostro e vostro Tribunale, a ciò che esso rappresenta per la Collettività Trentina, al modo di organizzare al meglio un Servizio che i miei predecessori hanno reso pronto, spedito ed efficiente, attestandolo su livelli di qualità che è mio dovere ed impegno mantenere e ( fatica assai ardua ) se possibile migliorare.
Il T.R.G.A. di Trento si pone in posizione privilegiata non solo rispetto al quadro spesso sconfortante dello stato della Giustizia Amministrativa, ma anche rispetto al problema di valutare gli effetti del federalismo sul tipo di tutela che il giudice amministrativo è chiamato ad assicurare.
Sotto tale profilo, l’attuale Presidente del Consiglio di Stato ebbe a segnalare – nel corso del bel convegno organizzato dall’A.N.M.A. a Venezia nei giorni 28 e 29 novembre 2008 - l’esigenza di assicurare protezione, con le pronunce dei TAR, al principio di differenziazione e, soprattutto, ai principi di sussidiarietà e di adeguatezza ( art. 118 Cost. ), che impongono di allocare ciascuna funzione pubblica al livello di governo più efficace, privilegiando la formazione di “regole armoniosamente autonome”, a seconda delle Regioni.
Il giudice amministrativo, in altri termini, deve entrare nell’ottica secondo cui tali regole possono introdurre diritti e doveri nuovi nei confronti della pubblica amministrazione locale e possono quindi dar luogo a “giurisprudenze differenziate” – sempre nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari - per le diverse aree del Paese. Le varie normative regionali in tema di edilizia ed urbanistica sono una delle tante testimonianze di questa differenziazione accorpata intorno a principi unitari e, perciò, non disgregatrice.
Il giudice amministrativo, mantenendo la sua natura nazionale, dovrà allora avere la capacità di adeguarsi al nuovo sistema costituzionale, favorendo i diritti delle autonomie, senza però mai consentire che si possa incidere sui diritti comuni ed insopprimibili di cittadinanza, sulle libertà individuali e sui diritti sociali essenziali.
Mi sembra che queste riflessioni calzino perfettamente alla realtà dell’ordinamento trentino e del suo T.R.G.A., il quale potrebbe rappresentare un paradigma estensibile all’intero territorio nazionale.
Esso, infatti, sul piano strutturale possiede una configurazione che sarebbe in grado di costituire – con la compresenza di membri togati e laici - un modello istituzionale da esportare in una nuova realtà di “ federalismo giurisdizionale “, riproposto dallo stesso Presidente de Lise nella ricordata Relazione dell’8 febbraio scorso; inoltre, esso rappresenta un esercizio di giurisdizione nella quale le nozioni e gli istituti tradizionali del diritto amministrativo – quali gli accordi di programma, le intese e le convenzioni tra amministrazioni centrali e locali, le attività di pianificazione e governo del territorio, quelle di rispetto dell’ambiente e del paesaggio – trovano occasione di nuove sperimentazioni attraverso la normativa provinciale di rango primario e secondario, per molti versi anticipatrice o innovatrice rispetto a quella statale. Uno dei tanti esempi, al riguardo, fu la L.P. 25 novembre 1988, n. 45, la quale introdusse nell’ordinamento provinciale quei principi generali per la semplificazione e la democratizzazione dell'azione amministrativa, che solo dopo due anni vennero elevati al livello nazionale dalla legge n. 241 del 1990.
L’autonomia è dunque un valore aggiunto per l’intera collettività nazionale ed una ricchezza per le popolazioni locali, purché esercitata nel rispetto del disegno armonioso voluto dal Costituente, secondo quel principio di lealtà istituzionale fra tutti i livelli di governo e di concorso di tutte le amministrazioni pubbliche al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionale in coerenza con i vincoli comunitari ed internazionali, recato nell’articolo 1, comma 2, della legge delega in materia di federalismo fiscale, 5.5.2009, n. 42.

10 - Il federalismo normativo nella giurisprudenza costituzionale del 2010.
La stessa Corte Costituzionale ha avuto ripetutamente modo, anche nell’anno passato, di tracciare i confini ed i rapporti reciproci fra potestà normativa statale e regionale/provinciale.
In particolare, merita rilievo la sentenza n. 45 del 12 febbraio 2010, riguardante molteplici e complessi profili di costituzionalità sollevati dal Presidente del Consiglio nei confronti della legge della Provincia di Trento 24 luglio 2008, n. 10, recante plurime modificazioni alle leggi provinciali 10 settembre 1993, n. 26, in materia di lavori pubblici, 13 dicembre 1999, n. 6, in materia di sostegno dell’economia, e 4 marzo 2008, n. 1, in materia di urbanistica. Quella pronuncia ha ribadito la validità di un disegno relazionale ispirato alla formula di garanzia dell’autonomia nel rispetto dell’unitarietà dell’ordinamento nazionale e sovranazionale.
E’ vero, infatti, che l’art. 8, primo comma, n. 17), del D.P.R. n. 670 del 1972, recante lo Statuto speciale della Regione, attribuisce alle Province autonome di Trento e di Bolzano competenza legislativa primaria in materia, tra l’altro, di «lavori pubblici di interesse provinciale», tale da comportare una maggiore autonomia delle Province autonome e delle Regioni a statuto speciale rispetto a quella delle Regioni a statuto ordinario. E’ altrettanto vero, tuttavia, che la potestà legislativa provinciale in questa specifica materia deve essere esercitata nel rispetto dei limiti stabiliti dal disposto dello stesso art. 8 e dell’art. 4, cioè “ in armonia con la Costituzione e i principi dell’ordinamento giuridico della Repubblica e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali (…) ”. . Tra questi, anzitutto quelli inerenti la disciplina, riservata allo Stato, di istituti e rapporti di diritto privato ( come quelli concernenti la fase della stipulazione del contratto d’appalto con l’aggiudicatario della gara ) e quelli, di fonte comunitaria, derivanti dal principio di concorrenza e da tutte le disposizioni ad esso riconducibili, come quelle finalizzate ad evitare comportamenti delle imprese idonei ad alterare le regole concorrenziali o a garantire la progressiva liberalizzazione dei mercati con l’ingresso di nuovi operatori economici.
Sulla base di tali presupposti, la Corte:
a) da un lato, ha accolto le censure alla legge provinciale, dirette contro talune disposizioni afferenti, prevalentemente, alla fase della procedura di affidamento dell’appalto e contenenti norme per molti aspetti in contrasto con quelle dettate dal legislatore statale con il codice dei contratti pubblici e con il principio comunitario di libera circolazione;
b) dall’altro, ha salvato le numerose disposizioni provinciali che:
- o erano coerenti con la disciplina del codice dei contratti pubblici e perciò non suscettibile di recare alcun vulnus alle competenze statali ( come la definizione di contratto misto, sostanzialmente equivalente a quella contenuta nel comma 3 dell’art. 14 del predetto codice );
- o introducevano figure contrattali sconosciute al diritto comunitario e nazionale – come quella dei “lavori sequenziali”, tenuti distinti dai lavori in lotti – che consentono di ricorrere alla trattativa privata fuori dai casi previsti dal diritto comunitario e dal D.Lgs. n. 163 del 2006. Per ammettere tali figure atipiche la Corte ha ritenuto costituzionalmente legittime le disposizioni emanate dalla Provincia Autonoma per dare voce a motivate esigenze delle amministrazioni provinciali e locali di carattere tecnico-organizzativo e finanziario;
- ovvero, ancora, attenevano alla fase dell’organizzazione amministrativa dell’ente provinciale ( e non a quella della giurisdizione ), come quelle relative all’istituto dell’accordo bonario per la risoluzione delle riserve e delle contestazioni tra l’amministrazione aggiudicatrice e l’appaltatore.
In altra recente sentenza, la n. 357 del 16 dicembre 2010, la Corte ha ritenuto sussistere la potestà legislativa provinciale in materia di IRAP, riconoscendo la legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 2, della legge provinciale di Trento 28 marzo 2009, n. 2 (legge finanziaria di assestamento 2009), la quale ha ridotto di un punto percentuale ( dall’1,9% allo 0,9 % ) l’aliquota dell’IRAP applicabile ai soggetti operanti nel settore agricolo ed alle cooperative della piccola pesca e loro consorzi, come indicata nell’art. 45, comma 1, del Decreto Legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, istitutivo del tributo.
Questa riduzione dell’aliquota speciale dell’IRAP stabilita dalle disposizioni provinciali è consentita – secondo la Corte, dal comma 1 bis dell’art. 73 dello Statuto d’autonomia, aggiunto dal comma 107 dell’art. 2 della legge finanziaria 23 dicembre 2009, n. 191, secondo cui «le province, relativamente ai tributi erariali per i quali lo Stato ne prevede la possibilità, possono in ogni caso modificare aliquote e prevedere esenzioni, detrazioni e deduzioni purché nei limiti delle aliquote superiori definite dalla normativa statale».
In particolare, il novellato art. 73 dello Statuto è stato interpretato dalla Corte nel senso che, nell’ipotesi in cui il gettito di un tributo erariale sia interamente devoluto alla Provincia, questa − ove la legge statale le consenta una qualche manovra sulle aliquote, sulle agevolazioni o sulle esenzioni − può liberamente modificare aliquote e prevedere agevolazioni, con il solo limite del rispetto delle «aliquote superiori» fissate dalla legge statale.
In altri termini, la Provincia può operare «in ogni caso» qualsiasi manovra che possa comportare una riduzione del gettito del tributo, diminuendo l’aliquota, anche al di sotto dei limiti minimi eventualmente stabiliti dalla legge statale; quindi, anche nel caso di un tributo per il quale la legge statale consenta la modifica solo dell’aliquota base e non delle aliquote speciali, le quali, perciò, potranno essere sempre diminuite dalla Provincia.
Come si vede, la Corte accede ad una visione composita ed articolata dell’autonomia legislativa provinciale, riconoscendone la legittimità in base ad una ricostruzione rigorosa del complicato sistema delle relazioni tra fonti statali e fonti provinciali, ispirato al principio di coordinamento ed appropriatezza recato dall’art. 119 Cost..

11 - L’isola felice del T.R.G.A. va salvaguardata con misure nuove. La riforma dell’ordinamento del personale amministrativo e le sentenze semplificate.
Torniamo, in conclusione, alla situazione della Giustizia amministrativa trentina.
Ho già parlato di situazione privilegiata del Tribunale, che si riscontra anche nei dati statistici, che non sto qui ad elencare per non tediare l’auditorio e che sono riportati in allegato.
Anche nelle Relazioni dei miei predecessori ricorre l’immagine, forse un po’ abusata, di isola felice rispetto alle altre realtà dei T.A.R. e dello stesso Consiglio di Stato.
Ma la felicità non è un dono piovuto dal cielo: essa è, sì, lo specchio di una realtà politico-economico-sociale più virtuosa rispetto a tante altre zone del Paese; ma è anche il frutto di un impegno costante di tutto il personale amministrativo, dei giudici e dei Presidenti che mi hanno preceduto, i quali, con il loro esempio personale hanno saputo infondere nei colleghi e nei collaboratori l’entusiasmo del servire la collettività; impegno che nel prossimo futuro sarà diretto anzitutto a fare corretto uso degli strumenti processuali messi a disposizione dal nuovo Codice.
Per alimentare e rinvigorire questo entusiasmo non bastano, però, gli apprezzamenti ed i ringraziamenti verbali: occorrono misure concrete, come quella contenuta nello schema di norma di attuazione recante delega delle funzioni amministrative relative al T.R.G.A. di Trento.
Lo schema normativo in esame dispone un’integrazione al D.P.R. 6 aprile 1984, n. 426 (istitutivo del Tribunale Amministrativo regionale di Trento e della Sezione autonoma di Bolzano), con l’aggiunta dell’art. 19 ter, che prevede la delega alla Provincia autonoma di Trento delle funzioni amministrative di supporto al T.R.G.A. e l’inquadramento, a domanda, nei ruoli della stessa Provincia del personale tecnico amministrativo proveniente dai ruoli di enti diversi ed assegnato al Tribunale per l’assolvimento delle predette funzioni.
Assicuro il mio massimo impegno affinché questo strumento prezioso di razionalizzazione dell’ordinamento del personale arrivi presto ad un traguardo che ritengo e mi auguro vicino, avendo lo schema in parola superato il vaglio della Sezione Atti Normativi del Consiglio di Stato ( parere numero 00278/2011 pubblicato in data 20.1.2011 ).
Per quanto concerne le misure processuali idonee a mantenere alto il grado di efficienza, esse sono molteplici.
Dei decreti presidenziali istruttori e decisori, che alleviano le fatiche del Collegio, già ho fatto cenno.
Un altro istituto assai efficace è quello della sentenza c.d. breve o in forma semplificata, già introdotta nel nostro processo con gli articoli 21 e 26 della legge n. 1034 del 1971, come novellati dagli articoli 3 e 9 della legge n. 205 del 2000, anche con il termine di “ sentenza succintamente motivata “ e riproposta dall’art. 60 c.p.a. Si tratta, come noto, di una modalità di definizione nel merito di cause portate alla decisione sulla domanda di sospensiva e prevista – nell’ambito del generale principio di sinteticità e di semplificazione affermato dall’articolo 3 del c.p.a. - come forma redazionale obbligatoria per numerose tipologie di controversie ( ottemperanza, silenzio, ecc. ).
Questo strumenti di accelerazione del processo, tuttavia, è da usare con diligenza e intelligenza.
La sentenza in forma semplificata, infatti, anche se sovente utilizzata dai Giudici amministrativi di primo grado, ha alleviato solo in parte il peso del contenzioso, che, seppur ridotto rispetto agli anni passati, ancora oggi supera il mezzo milione di cause pendenti, secondo i dati riportati nella già ricordata Relazione del Presidente de Lise per l’apertura dell’anno giudiziario in corso.
Questo per due motivi essenziali.
Il primo, è che i Giudici interpretano la norma processuale nel suo tenore letterale di “ sentenza succintamente motivata “: il che porta alla redazione di sentenze talvolta sinceramente ermetiche ed apodittiche, basate essenzialmente sulla doppia argomentazione del fatto compiuto e della discrezionalità tecnica.
Così facendo, la sentenza semplificata può pure alleggerire il carico delle pendenze in primo grado, ma, in concreto, provoca, sovente, in appello, un aggravamento non solo quantitativo ma anche qualitativo, costringendo non di rado i Giudici di seconda istanza, al fine di definire dignitosamente innanzi a loro la controversia, ad una complessa opera di ricostruzione di fatti rilevanti ed analisi di diritto omessi o semplicisticamente trattati in primo grado.
Questo, però, è un pericolo che non si corre al T.R.G.A. di Trento.
Già dalle poche udienze che ho avuto il piacere di presiedere, ho trovato una spontanea disponibilità di tutti i colleghi a redigere spesso e volentieri, sentenze su ricorsi cautelari le quali, per ampiezza e chiarezza, hanno tutt’altra forma che quella semplificata: sicché la formula processuale della sentenza “ breve “ non è tanto una mera modalità redazionale, quanto piuttosto una tecnica per chiudere presto ( e mi sembra bene ) un contenzioso in cui paiono evidenti le rispettive ragioni e torti.
Ciò richiede un’accurata lettura delle carte, uno studio preventivo della giurisprudenza, una capacità e voglia di comprensione, grazie alle quali un Collegio giudicante si sente una squadra e ciascuno si sente stimolato, confortato e rassicurato dal lavoro dei colleghi: io per primo.

12 - La giurisprudenza significativa del T.R.G.A. nell’anno 2010: i limiti all’edificazione delle case vacanze; l’avvalimento e le false dichiarazioni nelle gare d’appalto; la tutela dell’ambiente ed il principio di non tipicità delle sostanze inquinanti.
I risultati di un simile modo di lavorare e di vivere la giurisdizione si vedono.
Nel corso dell’anno 2010 questo Tribunale ha prodotto 250 provvedimenti decisori e 138 ordinanze cautelari, che evidenziano anche in questa Regione, il ruolo della Magistratura amministrativa, che è quello di risolvere conflitti intersoggettivi e fornire alle amministrazioni ed ai Cittadini indicazioni conformative nelle loro scelte e nel loro operare, nei settori vitali della nostra società, avendo sempre a mente i diritti fondamentali della persona ( diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, al sapiente e parsimonioso uso delle risorse naturali ) ed i valori coagulanti della nostra Costituzione: eguaglianza, tolleranza, solidarietà, fedeltà, iniziativa economica, buon andamento degli apparati pubblici, i quali - è bene ricordarlo – senza il precetto costituzionale opererebbero in un regime di intollerabile privilegio rispetto alle regole della concorrenza .
Questo Tribunale ha dunque svolto, ancora una volta, un ruolo importante per la vita delle Popolazioni e delle Istituzioni trentine – al pari di tutti gli altri organi della Giustizia amministrativa – pronunciandosi principalmente nelle materie di edilizia ed urbanistica, di gare d’appalto, di ambiente, di permanenza e regolarizzazione di persone extracomunitarie, con una serie significativa di pronunce, delle quali mi permetterò di ricordarne solo alcune, più significative.
Vorrei iniziare dalla sentenza n. 143/2010 ( relatore il collega Stevanato ), che mi ha consentito di apprezzare subito e tangibilmente il senso del bene comune e l’amore per il proprio territorio da parte della classe politica locale.
Con quella pronuncia, infatti, è stata dichiarata legittima la delibera della Giunta provinciale di Trento del 30.12.2005, con la quale, in attuazione del disposto di cui al comma 3 dell'art. 18 sexies della L.P. n. 22 del 1991, introdotto dall'art. 5 della L.P. n. 16 del 2005, il Comune di Strembo era stato inserito nell'elenco dei Comuni soggetti a tale disposizione normativa ed era stato fissato il limite percentuale del 20% della volumetria residenziale realizzabile sul territorio comunale da destinare alle seconde case per vacanza.
Il T.R.G.A. ha dunque integralmente condiviso – anche rilevandone la costituzionalità - le finalità sottese alla citata legge provinciale n. 16, volte ad arginare l'eccesso di seconde case per l'impatto negativo legato allo sperpero egoistico e speculativo di aree edificabili da un lato ed al pregiudizio per i valori paesaggistici dall'altro, oltre a causare una lievitazione dei prezzi dei terreni e degli immobili a fronte di una domanda di siffatte abitazioni; senza considerare, poi, il fenomeno dell'allontanamento dei residenti, non in grado di vivere ed operare all'interno di un mercato in costante rialzo e del conseguente degrado di paesi, destinati a impoverirsi gradualmente di popolazione ivi già stabilmente insediata.
Con le sentenze nn. 151/2010 e 162/2010 ( rel. Chiettini ) il Tribunale si è occupato di una complessa vicenda, che riguardava l'aggiudicazione, disposta dalla soc. Autostrada del Brennero, del servizio di sgombero neve e spargimento cloruri per le stagioni invernali dal 2009 al 2012.
L’estensore della sentenza ha interpretato la clausola del bando, che richiedeva il requisito della disponibilità dei mezzi spalaneve e spargisale, nel senso - conforme ai principi della normativa e della giurisprudenza comunitaria in materia di divieto di clausole di carattere discriminatorio e anticoncorrenziale - che i partecipanti alla gara non dovessero dimostrare la disponibilità dei mezzi fin dal momento della loro partecipazione alla procedura concorsuale, essendo sufficiente che detta prova sopravvenisse immediatamente dopo l’eventuale aggiudicazione provvisoria.
Le sentenze hanno fatto corretta applicazione degli istituti di sinergia imprenditoriale mantenuti o introdotti dal codice dei contratti pubblici, evidenziandone le potenzialità ma anche i pericoli, non ultimo, vorrei personalmente aggiungere, quello ricorrente ed in crescita preoccupante, costituito dalle infiltrazioni criminali nei settori dell’economia pulita.
Con le citate sentenze, richiamandosi la giurisprudenza del Giudice d’appello (cfr. C.d.S., sez. IV, 20.11.2008, n. 5742). si è precisato che l'istituto dell'avvalimento ha, sì, una portata generale ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di partecipazione, restando peraltro ferma la necessità, in ogni caso, di un vincolo giuridico, preesistente all'aggiudicazione della gara, che obblighi il soggetto terzo a fornire al concorrente i requisiti di cui non dispone direttamente e la cui titolarità, in forza di detto vincolo, viene ad essere riferita al soggetto che partecipa alla gara.
Con le stesse pronunce si è ulteriormente precisato che a seguito del sopravvenuto D.Lgs. n. 53 del 2010 la giurisdizione sulla sorte del contratto spetta al Giudice amministrativo, conformemente a quanto aveva statuito la Corte di Cassazione con l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 2906 del 10.2.2010 ed a quanto ora previsto dall’articolo 133, comma 1, lett. e) del c.p.a.
Sempre in materia di appalti, la sentenza n. 68/2010 ( rel Stevanato ), ha stabilito, secondo un’opzione offerta da oscillanti indirizzi giurisprudenziali, che l’art. 38, comma 1, lett. h, del D. Lgs. 12.4.2006, n. 163 - laddove prevede l’esclusione dalle gare d’appalto di coloro che nell'anno antecedente la data di pubblicazione del bando abbiano reso false dichiarazioni in merito ai requisiti di partecipazione - va interpretato nel senso di riconoscere la natura costitutiva dell’iscrizione della falsa dichiarazione nel casellario informatico dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici; ciò, sulla base del rilievo che il far retroagire il periodo di dodici mesi dalla data dell’iscrizione risponde a ragioni di certezza prevalenti su altri possibili inconvenienti di ordine burocratico e appare più coerente con il sistema unico ed obbligatorio di qualificazione delle imprese di cui, com’è noto, il casellario informatico rappresenta lo strumento generale di riferimento, dal quale tutte le stazione appaltanti sono in grado di attingere per consentire la partecipazione o meno delle imprese alle pubbliche gare da loro indette.
La sentenza mi pare particolarmente degna di attenzione, poiché, al di là della fattispecie, afferma un principio di certezza utile nel dipanare problemi assai dibattuti nell’ambito della G. A., come quello della disapplicazione delle clausole del bando contrarie a norme imperative di origine comunitaria o interna.

Le sentenze nn. 93/2010 ( rel Stevanato ) e 171/2010 ( rel Tomaselli ) hanno affrontato delicati problemi connessi al diritto ad un ambiente salubre, affermando la legittimità del divieto di uso di una sostanza nociva alla salute umana ( l'MTBE ) che andava ad inquinare una falda di acque sottostante un'area di servizio autostradale e destinata ad irrigare le circostanti coltivazioni agricole, con conseguente successivo ingresso nel ciclo alimentare umano.
Alle argomentazioni formalistiche dell’inquinatore, il quale invocava a suo favore la mancata inclusione di quella sostanza nelle tabelle allegate al D. Lgs. n. 152 del 2006, per cui tale lacuna non avrebbe potuto essere colmata con un'operazione di integrazione svolta dall'Amministrazione, anziché dal Legislatore, il T.R.G.A. ha opposto il motivato e circostanziato parere di accreditati organi tecnici della P.A., secondo i quali la stessa sostanza, pur non essendo prevista dalla normativa introdotta dal ricordato D. Lgs. n. 152, altererebbe dal punto di vista organolettico la proprietà dell'acqua e potrebbe produrre effetti pregiudizievoli sulla salute umana; ritenendo così intollerabile il superamento di valori di concentrazione della soglia olfattiva, non legalmente tipizzati ma ricavati da criteri scientifici.
Con tale pronuncia si è data, pertanto, appropriata applicazione del principio sostanzialistico e finalistico di precauzione, di fonte comunitaria e vigente nell'ordinamento italiano; principio invocabile ogni volta che, pur a fronte di una carente base normativa e dunque di un possibile ritardo da parte del Legislatore nel prendere atto del costante progresso della scienza, sia ragionevolmente ipotizzabile l'esistenza di un rischio non tollerabile per la salute umana, indicata espressamente dall’art. 174 del Trattato CE fra gli obiettivi della politica comunitaria in materia ambientale e tutelata attraverso il ricordato principio, introdotto al comma 2 dello stesso articolo come forma anticipata di tutela; forma di tutela ben preferibile a quella, meramente patrimonialistica e monetaristica, insita nell’altro principio comunitario “ chi inquina paga”.
La rilevanza del principio generale di precauzione – ha osservato ancora la decisione in esame - che è come tale direttamente cogente per tutte le pubbliche amministrazioni, ha trovato riconoscimento da parte degli organi comunitari soprattutto nel settore della salute, con una valenza non solo programmatica, ma direttamente imperativa nel quadro degli ordinamenti nazionali, vincolati ad applicarlo qualora sussistano incertezze riguardo all'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone. In tal caso, infatti, le istituzioni comunitarie possono adottare misure di tutela senza dover attendere che siano approfonditamente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (cfr., sul punto, ad es.: Tribunale I grado CE, sez. II, 19.11.2009, n. 334; Corte giustizia CE, sez. III, 12.1.2006, n. 504).

13 - Segue: le competenze di comuni e Provincia nell’attività di pianificazione urbanistica; la stabilizzazione del personale docente della scuola.
Ritengo rilevante - per le delicate tematiche dei rapporti tra enti locali e Provincia nell’attività di pianificazione urbanistica da essa risolte - la sentenza n. 205/2010 ( rel. Tomaselli ) che ha dichiarato legittima la deliberazione della Giunta provinciale di Trento del 3.12.2009, di approvazione con modifiche, del P.R.G. del Comune di Lavis, il quale, con ricorso al Tribunale, aveva lamentato che la Provincia avesse stralciato la previsione urbanistica comunale di un'area ove sarebbe dovuto sorgere un distributore di benzina, debordando dai suoi poteri di “ ingerenza “ nella redazione degli strumenti urbanistici comunali ( come disciplinati dalla L. P. n. 22 del 1991 ) ed illegittimamente anticipando effetti vincolanti derivanti dall'approvazione del progetto di collegamento ferroviario relative alla tratta Verona - Brennero.
Il T.R.G.A. ha ritenuto che, nella ponderazione dei diversi interessi in gioco, quello azionato dal Comune di Lavis risultasse cedevole rispetto all’interesse nazionale volto a promuovere la ragionevole e coordinata sistemazione della grande opera infrastrutturale in parola, senza creare nuovi ed ulteriori motivi di interferenza ed aggravamento di un travagliato iter progettuale, iniziato nel 2003 e culminato nella deliberazione della Giunta provinciale di Trento n. 2897 del 7.11.2008 di approvazione degli elaborati progettuali preliminari e di fattibilità, redatti a cura dell'apposito gruppo misto di progettazione costituito da tecnici di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. e della stessa Provincia di Trento, in base all'accordo da essa sottoscritto in data 26 febbraio 2007 con la società Rete Ferroviaria Italiana S.p.A..
Il progetto, di indubbio rilievo transnazionale, è – come rilevato in sentenza - il risultato dell'approfondimento del precedente progetto preliminare del 2003 e la nuova proposta di tracciato ha dunque permesso all’Organo tutorio di esercitare la facoltà - riconosciuta dall’art. 41, comma 2, lett. d) della citata L.p. n. 22 del 1991 - di introdurre nel P.R.G. quelle modifiche, anche sostanziali, atte a garantire, come prevede la norma, una “razionale e coordinata sistemazione” di opere di interesse nazionale, comprese quelle la cui complessa procedura di approvazione si trovi in itinere.
Non possiamo poi, dimenticare la materia del lavoro pubblico, sul quale la G. A. ha mantenuto ampi spazi di giurisdizione, pur dopo la privatizzazione sostanziale e processuale introdotta dalla legge delega n. 421 del 1992.
Il T.R.G.A., nel corso del 2010, si è più volte occupato del sempre ricorrente problema del precariato nella Scuola.
In particolare, con la sentenza n. 87 del 2010 ( rel. Chiettini ) si è ribadito quanto già statuito con la sentenza n. 153 del 2009 in merito alla presunta ma insussistente incostituzionalità dello specifico e particolare sistema di reclutamento del personale insegnante previsto dall’art. 92, comma 2 bis, della legge provinciale di Trento 7.8.2006, n. 5, la quale prevede, in modo apparentemente illogico e discriminatorio, che gli insegnanti iscritti nelle graduatorie ad esaurimento previste dall’art. 1, comma 605, lett. c), della legge finanziaria 27.12.2006, n. 296, che chiedano l’inserimento nelle graduatorie provinciali per titoli, siano inseriti nelle medesime in posizione subordinata a tutte le fasce.
Lo scopo della norma provinciale limitativa è, secondo la decisione, quello di salvaguardare le graduatorie della Provincia di Trento, che è l’unica ad avere graduatorie “aperte”; il che è giustificato dal fatto che il sistema trentino non è più omogeneo con quello nazionale.
Ma si tratta, appunto, di una discriminazione solo apparente.
Se, infatti, non fosse stata introdotta l’anzidetta “misura di salvaguardia” della graduatoria provinciale trentina, su di essa si sarebbero riversate le domande degli aspiranti all’immissione in ruolo del restante territorio nazionale, per i quali la Provincia di Trento avrebbe rappresentato l’unica alternativa alle altre graduatorie vigenti in tutte le Regioni, trasformate dalla finanziaria Prodi “ ad esaurimento “ e pertanto congelate e chiuse all’accesso di nuovi docenti; la strumentale immissione in ruolo così conseguita si sarebbe, peraltro, tradotta nel pregiudizio per la continuità didattica e per il buon andamento del servizio scolastico, tutelato dall’art. 97 Cost.
La materia, come tutte le misure di stabilizzazione del precariato, è magmatica e di difficile governabilità legislativa.
Ne è riprova, da un lato, l’ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale da parte di questo Tribunale ( n. 11/2010 reg. ord. coll.), riguardante l’articolo 67, comma 8, della L.P. finanziaria n. 19 del 2009, ritenuto illogico e sperequato nella parte in cui prevede, in via straordinaria ( ma con effetti permanenti ) e retroattiva, un punteggio spropositato per ogni triennio di servizio scolastico; dall’altro, la recentissima sentenza della Corte Costituzionale n. 41/2011 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4 ter, del decreto legge 25 settembre 2009, n. 134 (Disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010), aggiunto dalla legge di conversione del 24 novembre 2009, n. 167: ciò, in quanto quella norma, utilizzando il mero dato formale della maggiore anzianità di iscrizione nella singola graduatoria provinciale per attribuire al suo interno la relativa posizione, introduce una disciplina irragionevole che sacrifica il principio del merito, insito nell’articolo 97 della Costituzione e posto a fondamento della procedura di reclutamento dei docenti e della correlata esigenza di assicurare, per quanto più possibile, la migliore formazione scolastica.

14- Conclusione.
Conclusivamente, ritengo di poter affermare, con assoluta tranquillità e fuor di ogni retorica, che la realtà complessiva di questa Regione e di questa Provincia sia un tale poliedrico specchio delle tematiche che si agitano nell’intero Paese, arricchite dalla specificità e dinamicità dell’autonomia politica ed amministrativa, da costituire un irresistibile, continuo richiamo di curiosità e di sfida professionale per il quale ogni magistrato – ed io in prima persona – deve sentirsi fortunato e gratificato e perciò spinto a fare sempre di più e sempre meglio, con l’aiuto ed il sostegno di tutti Voi, che ringrazio ancora una volta anche per la pazienza e l’attenzione dimostrata a me e all’intero T.R.G.A. di Trento.

 

(pubblicato il 28.2.2011)

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