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n. 9-2010 - © copyright |
T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI - SEZIONE I - Sentenza 4 agosto 2010 n. 17230
Pres. F. Donadono, est. P. Corciulo
Patrizia Di Monte, Maria Carolina Cortese, Agostino Di Lorenzo, Gualfardo Montanari, Valeria
Fascione, Filomena Di Pede, Liliana Marra, Fabio Ianniciello, Alessandra Polidori, Gerardo
Cardillo, Alberto Fabbricini, Salvatore Silvestri, Antonio Poziello, Antonia Stefania Gualtieri,
Massimo Angrisano (Avv. Gherardo Marone) c. Regione Campania (Avv.ti Almerina Bove, Beniamino Caravita Di Toritto, Gaetano Paolino e Giovanni Verde) con l'intervento di ad
opponendum Ministero dell'Economia e delle Finanze (Avvocatura Distrettuale dello Stato) |
Giurisdizione e competenza – Pubblico Impiego – Revoca di incarichi dirigenziali – Art. 63 D.Lgs. 165/2001 – Giurisdizione dell’A.G.O. – Sussiste – Ragioni
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In ossequio al disposto dell’art. 68, D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, così come modificato dall’art. 29, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, oggi trasfuso nell’art. 63, D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, spetta all’A.G.O. la competenza a conoscere del ricorso avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento di revoca di incarico dirigenziale, incidendo tale provvedimento direttamente nella sfera giuridica del singolo dirigente (1)
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1. cfr. Cassazione Civile, SS.UU. 9 febbraio 2009, n. 3054 |
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso n. 3831/2010 R.G., proposto da:
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Patrizia Di Monte, Maria Carolina Cortese, Agostino Di Lorenzo, Gualfardo Montanari, Valeria Fascione, Filomena Di Pede, Liliana Marra, Fabio Ianniciello, Alessandra Polidori, Gerardo Cardillo, Alberto Fabbricini, Salvatore Silvestri, Antonio Poziello, Antonia Stefania Gualtieri, Massimo Angrisano, rappresentati e difesi dall'avvocato Gherardo Marone, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, via Cesario Console n. 3;
contro
Regione Campania, in persona del Presidente p.t. rappresentata e difesa dagli avvocati Almerina Bove, Beniamino Caravita Di Toritto, Gaetano Paolino e Giovanni Verde, con domicilio eletto in Napoli, via S.Lucia,81, presso gli uffici dell’Avvocatura regionale;
e con l'intervento di
ad opponendum: Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t. rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso cui domicilia ex lege in Napoli, via A Diaz n. 11;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
delle delibere della Giunta Regionale della Campania del 4.6.2010 nn.494, 495 e 496 con le quali si è proceduto all'annullamento delle delibere di Giunta Regionale n.1311 del 31.7.2009, n.1602 del 22.10.2009, nonchè del verbale di cui alla seduta del 13.11.2009; della delibera n.504 dell'11.6.2010 con la quale si è disposta la revoca di diritto degli incarichi dirigenziali di cui sono titolari i ricorrenti; di ogni altro atto connesso e conseguente;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Campania;
Visto l‘intervento in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Data per letta la relazione del consigliere Paolo Corciulo nella camera di consiglio del giorno 28 luglio 2010 e uditi i difensori delle parti come specificato nel verbale;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con deliberazione n. 494 del 4 giugno 2010 la Giunta regionale della Campania annullava la propria precedente deliberazione n. 1311 del 31 luglio 2009 con cui l’attività degli uffici regionali era stata autorizzata per un volume di spesa eccedente di 164 milioni di euro il tetto programmato per l’anno 2009 con il pagamento, entro i nuovi limiti finanziari, di tutte quelle spese il cui mancato assolvimento avrebbe potuto arrecare danni patrimoniali certi e gravi all’ente, ovvero grave nocumento alla collettività per quanto riguardava i servizi di pubblica utilità e di sostegno istituzionale finanziati dalla Regione, soprattutto nella situazione di crisi economico-finanziaria in atto. L’annullamento veniva disposto sul presupposto del mancato rispetto del patto di stabilità interno per l’anno 2009 ed ai sensi dell’art. 14, comma 20 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, secondo cui “gli atti adottati dalla Giunta regionale o dal Consiglio regionale durante i dieci mesi antecedenti alla data di svolgimento delle elezioni regionali, con i quali è stata assunta le decisione di violare il patto di stabilità interno, sono annullati senza indugio dallo stesso organo. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle deliberazioni aventi ad oggetto l'attuazione di programmi comunitari”. Di analogo contenuto e basati sui medesimi presupposti erano le coeve deliberazioni n. 495, di annullamento della precedente deliberazione n. 1062 del 22 ottobre 2009, e n. 496, quest’ultima recante l’annullamento di tutte le determinazioni con le quali, in base a quanto stabilito nel verbale di Giunta del 13 novembre 2009, si era proceduto all’emissione di mandati di pagamento oltre i limiti del patto di stabilità interno per l’anno 2009. Inoltre, con deliberazione n. 504 dell’11 giugno 2010, la Giunta regionale revocava gli incarichi dirigenziali affidati a soggetti esterni all’Amministrazione ai sensi dell’art. 19, sesto comma del d.lgs. n. 165/2001, in un primo momento prorogati al 15 febbraio 2010 con deliberazione n. 1963 del 31 dicembre 2009 e successivamente fino al 31 dicembre 2010, con deliberazione n.111 del 12 febbraio 2010. L’adozione di quest’ultima deliberazione costituiva applicazione di quanto stabilito dall’art. 14, comma 21 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78, secondo cui “i conferimenti di incarichi dirigenziali a personale esterno all'amministrazione regionale ed i contratti di lavoro a tempo determinato, di consulenza, di collaborazione coordinata e continuativa ed assimilati, nonché i contratti di cui all'articolo 76, comma 4, secondo periodo, del decreto legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, deliberati, stipulati o prorogati dalla regione nonché da enti, agenzie, aziende, società e consorzi, anche interregionali, comunque dipendenti o partecipati in forma maggioritaria dalla stessa, a seguito degli atti indicati al comma 20, sono revocati di diritto. Il titolare dell'incarico o del contratto non ha diritto ad alcun indennizzo in relazione alle prestazioni non ancora effettuate alla data di entrata in vigore del presente decreto”. Avverso tali provvedimenti proponevano ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale i signori Patrizia Di Monte, Maria Carolina Cortese, Agostino Di Lorenzo, Gualfardo Montanari, Valeria Fascione, Filomena Di Pede, Liliana Marra, Fabio Ianniciello, Alessandra Polidori,, Gerardo Cardillo, Alberto Fabbricini, Salvatore Silvestri, Antonio Poziello, Antonia Stefania Gualtieri, Massimo Angrisano chiedendone l’annullamento, previa concessione di idonee misure cautelari. I ricorrenti, tutti titolari di incarichi dirigenziali revocati di diritto con le deliberazioni richiamate, proponevano nove motivi di impugnazione; in particolare, deducevano profili di sviamento di potere, essendo state annullate solo le deliberazioni di indirizzo adottate dal precedente organo di governo e non anche gli atti applicativi delle disposizione di spesa e ciò al solo fine di delegittimare l’operato dei precedenti amministratori, i quali avevano invece del tutto correttamente stabilito di violare il patto di stabilità interno per specifiche esigenze di tutela dell’ente, oltre che in accordo con il governo centrale; in secondo luogo, si contestava che, in violazione dell’art. 50 dello statuto regionale, alla seduta di Giunta in cui erano state adottate le impugnate deliberazioni aveva partecipato anche il Capo di Gabinetto; con il terzo motivo, si censuravano le impugnate deliberazioni per difetto di motivazione, per mancata indicazione delle ragioni di interesse pubblico attuale sottendenti l’annullamento. Con le altre sei censure si deducevano vari profili di illegittimità costituzionale dell’art. 14, commi 20,21 e 22 del d.l. 31 maggio 2010 n.78; una prima questione era costituita dall’avere lo Stato ecceduto i limiti della propria potestà legislativa in materia di principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, nonché per aver invaso le competenze regionali in materia di autonomia finanziaria di spesa; inoltre, l’intervento statale appariva palesemente teso a colpire esclusivamente la Regione Campania, l’unica a trovarsi nelle peculiari condizioni previste dalla norma e configurandosi l’istituto come un invasivo potere statale di annullamento indiretto di atti regionali di indirizzo; si riteneva, ancora, che la norma avesse introdotto un’ipotesi di annullamento straordinario in assenza di vizi di legittimità ed in carenza di una necessaria struttura procedimentale. La sanzione dell’annullamento introdotta dalla norma statale urtava, ad avviso dei ricorrenti, anche con il principio di irretroattività costituzionalmente garantito, atteso che all’epoca dell’adozione delle deliberazioni di indirizzo, le uniche conseguenze dello sforamento del patto di stabilità interno erano di natura finanziaria. Infine, si denunciava l’illegittimità costituzionale della previsione di una figura commissariale e l’utilizzo del decreto legge in assenza dei necessari presupposti di necessità ed urgenza.
Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze in veste di interventore ad opponendum e la Regione Campania che, oltre a difese nel merito della controversia eccepiva l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e carenza di legittimazione ed interesse all’impugnazione.
Alla camera di consiglio del 28 luglio 2010, fissata per la trattazione della domanda cautelare, il Tribunale, ritenendo sussistenti i presupposti per una decisione in forma semplificata, tratteneva la causa per la decisione.
Il ricorso è inammissibile, in parte per difetto di giurisdizione amministrativa ed in parte per carenza di legittimazione attiva.
Relativamente all’impugnazione della deliberazione n. 504 dell’11 giugno 2010, recante la revoca degli incarichi dirigenziali di cui i ricorrenti sono titolari e costituente il provvedimento direttamente lesivo di loro posizioni giuridiche sostanziali, deve essere dichiarato il difetto di giurisdizione amministrativa. Invero, l’art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, al primo comma, stabilisce che” sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”. Dal chiaro tenore letterale della norma discende che l’impugnazione della deliberazione di revoca degli incarichi dirigenziali dei ricorrenti deve essere proposta al Giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro (Cassazione Sezioni Unite 9 febbraio 2009 n. 3054).
Riguardo invece all’impugnazione delle deliberazioni n. 494,495 e 496 del 4 giugno 2010, il ricorso è inammissibile per carenza di legittimazione attiva. Invero, fatta salva la funzione di atti presupposti di tali deliberazioni rispetto a quella di revoca degli incarichi – su cui sussiste la giurisdizione ordinaria – non è configurabile in capo ai ricorrenti alcuna ulteriore legittimazione ad una autonoma impugnazione di siffatti provvedimenti, non risultando costoro titolari di una posizione qualificata e differenziata lesa dalla determinazione dei precedenti organi regionali di governo di sforare il patto di stabilità interno per l’anno 2009.
Sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Prima Sezione, dichiara l’inammissibilità del ricorso e compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 luglio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Fabio Donadono, Presidente FF
Paolo Corciulo, Consigliere, Estensore
Francesco Guarracino, Primo Referendario
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/08/2010
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