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GIOVANNI IUDICA

Brevissime notazioni in tema di atti violativi ed elusivi del giudicato e nuove norme in tema di processo amministrativo


Sommario: 1. Atti violativi ed elusivi del giudicato ed art. 21 septies, 2° comma L. n. 241 del 1990. 2. Nuove norme del codice sul processo amministrativo in tema di atti violativi o elusivi del giudicato.



Atti violativi ed elusivi del giudicato ed art. 21 septies, 2° comma L. n. 241 del 1990.


Secondo la recente giurisprudenza amministrativa il vizio di violazione del giudicato, sanzionato dall’art. 21 septies, 2° comma, L. n. 241 del 1990, è ravvisabile non solo laddove dal giudicato siano ricavabili statuizioni analitiche e puntuali, tali da escludere o ridurre in modo significativo la discrezionalità dell’amministrazione nella rinnovazione della propria attività, ma anche nell’ipotesi in cui l’amministrazione, pur disponendo di un ampio margine di discrezionalità in sede di esecuzione del giudicato, ne faccia uso in modo da riprodurre invariati i medesimi vizi di legittimità, già accertati nel giudizio di cognizione.[1] Sempre per la giurisprudenza è ininfluente agli effetti della riscontrata elusione del giudicato la consapevole volontà di violare o eludere il giudicato ovvero il mero fraintendimento dei suoi contenuti, in quanto tale vizio ha natura oggettiva[2].
Secondo autorevole dottrina[3], se ci si ferma al dato letterale dell’art. 21 septies, ogni qualvolta vi sia un atto violativo o elusivo del giudicato si dovrebbe proporre ricorso dinanzi al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva qualora il privato ha interesse a conseguire una pronuncia d’accertamento sulla nullità del provvedimento violativo o elusivo del giudicato. Se invece si agisce in sede di giudizio di ottemperanza, onde esclusivamente ottenere l’esecuzione del giudicato “…la questione della nullità dell’atto si presenta come questione pregiudiziale, che viene quindi decisa con una pronuncia incidenter tantum, per effetto della quale nel giudizio di ottemperanza, in cui detta questione è stata definita, quell’atto deve essere considerato tamquam non esset: si che esso non è in grado di ostacolare la realizzazione del giudicato”[4].
In tutta evidenza si tratta di due diverse azioni: una tendente alla nullità del provvedimento, l’altra all’esecuzione del giudicato.
Secondo la prevalente dottrina, l’art. 21 septies, 2° comma, ha introdotto la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in tema di atti violativi o elusivi del giudicato, ferma restando però la giurisdizione di merito del giudice dell’ottemperanza[5] .
In effetti, è il giudice dell’ottemperanza giudice naturale degli atti violativi o elusivi del giudicato, proprio perché è chiamato a valutare se l’adozione di tali atti possa impedire l’esecuzione del giudicato. Tale valutazione costituisce una ipotesi di giurisdizione esclusiva, perché se il giudicato non viene osservato, tramite atti elusivi o violativi, viene leso un diritto della parte vittoriosa all’esecuzione e quindi il giudice dell’ottemperanza dovrebbe pronunciare una sentenza dichiarativa della nullità del provvedimento.[6]
Bisogna peraltro prendere atto che in qualche decisione la giurisprudenza non dichiara espressamente in sede di ottemperanza la nullità degli atti violativi o elusivi del giudicato, bensì accerta soltanto che l’atto in questione non attua correttamente quest’ultimo ed ordina di “porre in essere tutti gli atti necessari per la corretta ottemperanza del giudicato in questione”[7], perché il provvedimento amministrativo che viene sottoposto al suo esame non può essere preclusivo rispetto alla satisfattività della pretesa esecutiva[8].


Nuove norme del codice sul processo amministrativo in tema di atti violativi o elusivi del giudicato.


L’ art. 4, comma 1°, n. 15) (Ulteriori abrogazioni) dell’all. 4 (Norme di coordinamento e abrogazioni) del dlgs 2.7.2010 n. 104 (Attuazione dell’art. 44 della legge 18.6.2009 n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo) prevede l’abrogazione dell’art. 21 septies, 2° comma, L. n. 241 del 1990.
Peraltro, l’art. 133, 1° comma n. 5)[9], dispone la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie in materia di nullità del provvedimento amministrativo adottato in violazione o elusione del giudicato[10], in sostanza riproducendo l’art. 21 septies, 2° comma[11].
Nell’art. 114, Libro IV (Ottemperanza e riti speciali), comma 4°, lett. b[12], è previsto che il giudice, in caso di accoglimento del ricorso (in ottemperanza), dichiara nulli gli eventuali atti violativi o elusivi del giudicato[13].
Di conseguenza, il codice del processo amministrativo elimina ogni dubbio di sorta sul principio che il giudice dell’ottemperanza possa dichiarare nulli gli atti violativi o elusivi del giudicato. Purtuttavia, anche alla luce del nuovo testo non è del tutto chiaro se si possa agire in sede di giurisdizione esclusiva contro atti violativi o elusivi del giudicato quando non sussista un interesse all’esecuzione della sentenza.
In sostanza, la questione è se vi sia un diverso interesse ad agire nelle diverse tipologie di giudizi (giurisdizione esclusiva e di ottemperanza) e se siano quindi diversi i soggetti legittimati ad esperire l’azione di nullità per la violazione o elusione del giudicato.
Bisogna riflettere sulla disposizione dell’art. 1421 c.c.: “Salvo diverse disposizioni di legge la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse”. Da tale disposizione si desume che, tranne il caso di una norma di legge che limiti la cerchia dei legittimati, quando si profila la nullità di un atto, chiunque abbia interesse può proporre l’azione.
Il testo del Codice tace in ordine ai soggetti legittimati alla proposizione dell’azione di nullità, per cui potrebbe esperire l’azione anche chi abbia un interesse diverso rispetto all’esecuzione della sentenza.
In modo esemplificativo, si possono formulare tre ipotesi.
A) Il provvedimento amministrativo potrebbe riguardare più soggetti, destinatari di effetti lesivi del provvedimento.
Si pensi ad es. ad un provvedimento espropriativo concernente un bene indiviso appartenente a più proprietari. Un solo proprietario impugna il provvedimento e, conseguito l’annullamento giurisdizionale, esso viene reiterato con la medesima motivazione. Nonostante sia nullo, preclude la commerciabilità dell’immobile in questione[14].
Di conseguenza il proprietario o i proprietari che non abbiano partecipato al giudizio di cognizione potrebbero avere interesse a far valere la nullità dell’atto elusivo e tale interesse potrebbero far valere in sede di giurisdizione esclusiva.

B) L’interesse ad ottenere una pronuncia dichiarativa di nullità dell’atto violativo o elusivo potrebbe configurarsi onde ottenere l’accertamento della responsabilità aquiliana per tale atto, indipendentemente dall’interesse all’esecuzione del giudicato[15].
Sul punto si deve considerare che l’art. 112, comma 3°, del codice del processo amministrativo prevede un’azione di risarcimento del danno derivante dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato in sede di giudizio di ottemperanza.
Purtuttavia tale azione, dal tenore della norma sembra proponibile solo in connessione all’azione per l’esecuzione del giudicato e non via autonoma.
Autonomamente l’azione risarcitoria per violazione del giudicato potrebbe essere proposta in sede di giurisdizione esclusiva.

C) Si può pensare inoltre al caso di sentenze autoapplicative che non necessitino dell’esecuzione del giudicato[16]. Ad esempio, viene annullato in sede giurisdizionale un provvedimento d’annullamento d’ufficio[17]. Se viene reiterato dalla p.a. con la medesima motivazione, la parte avrebbe interesse ad agire per la declaratoria di nullità in sede di giurisdizione esclusiva e non di ottemperanza, proprio perché in questo caso non vi è nulla da ottemperare.

Da queste ipotesi si desume che anche il destinatario del provvedimento che non lo ha impugnato in sede di giurisdizione di legittimità potrebbe avere interesse alla declaratoria di nullità in sede di giurisdizione esclusiva dell’atto violativo o elusivo del giudicato.
Di recente peraltro la giurisprudenza[18] ha ammesso la legittimazione ad esperire giudizio di ottemperanza da parte di soggetti non partecipanti al giudizio di cognizione, alle seguenti condizioni: a) deve trattarsi di un giudicato che abbia annullato un provvedimento amministrativo; b) la legittimazione dei terzi estranei deve inerire al solo contenuto cassatorio[19] del giudizio; c) il giudicato deve incidere su di un atto indivisibile che, oltre ad essere caratterizzato da una pluralità di destinatari, abbia un contenuto inscindibile, sicchè non possa essere scisso in determinazioni autonome, oppure deve incidere su di un atto collettivo che, a seguito del giudicato di annullamento, non possa essere ritenuto esistente per taluni o inesistente per altri.
Se si affermasse tale orientamento anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, sarebbe possibile chiedere la declaratoria di nullità per atti violativi o elusivi del giudicato anche per soggetti che non siano stati parti formali del giudizio di cognizione.
A nostro sommesso avviso comunque, il codice del processo amministrativo avrebbe potuto meglio precisare se l’azione di nullità degli atti violativi o elusivi del giudicato possa essere proposta anche in casi in cui non via sia interesse all’esecuzione del giudicato.
In relazione ai termini di proposizione dell’azione di nullità, si deve precisare che l’art. 31, comma 4°, del dlgs n. 104 del 2010 in generale prevede che l’azione di nullità si propone entro un termine di decadenza di 180 gg. Il comma 4° però dispone che tale principio non si applica per le nullità di cui all’art. 114, comma 4°, lett b), per le quali restano ferme le disposizioni del Titolo I del Libro IV. Tale ipotesi è quella concernente la dichiarazione di nullità in sede di ottemperanza per gli atti violativi o elusivi del giudicato per la quale non si dovrebbe applicare il termine di decadenza previsto in generale per l’azione di nullità[20].
Peraltro, l’art. 114, 1° comma, prevede che l’azione d’ottemperanza si prescrive in dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza. Per cui ragionevolmente si dovrebbe ritenere che se l’azione di nullità dell’atto elusivo è connessa con un interesse all’esecuzione, dovrebbe essere soggetta alla prescrizione decennale, proprio perché tale azione non ha carattere autonomo.
Sotto un certo profilo, si può conclusivamente considerare che, essendo difficile tracciare una netta linea di demarcazione tra nullità ed annullabilità del provvedimento amministrativo, i ricorrenti potrebbero essere indotti, onde evitare il rischio di pronunce giudiziali d’inammissibilità, ad impugnare nei termini decadenziali eventuali atti violativi o elusivi del giudicato, principalmente quando tale natura sia incerta[21], e contestualmente proporre ricorso per l’ottemperanza, così come risulta da qualche recente decisione[22].

 

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[1] V. ad es. Tar Lazio Sez. III quater 25.7.2008 n. 7405, in www.giustizia-amministrativa.it ; Cons. St. Sez IV 31.12.2009 n. 9296 in Foro Amm. CDS, 2009, 2840 ss. Questa giurisprudenza costituisce un passaggio ulteriore rispetto alle decisioni secondo cui il vizio di violazione del giudicato, previsto oggi dall’art. 21 septies è ravvisabile soltanto quando dal giudicato siano ricavabili stetuizioni analitiche e puntuali, tali da escludere la discrezionalità della p.a. nella rinnovazione della propria attività. V. Cons. St. Sez IV 4.10.2007 n. 5188; Cons. St. Sez VI 31.5.2008 n. 2626, in www.giustizia-amministrativa.it

[2] V. la giurisprudenza citata nella prima parte della nota precedente. La giurisprudenza invece ritiene che sia necessario l’ordinario ricorso in sede di legittimità quando ad esempio il giudicato amministrativo annulla il provvedimento per vizi formali e la p.a reitera il provvedimento negativo, emendato dai vizi che ne hanno determinato l’annullamento. Si supponga che l’annullamento del provvedimento impugnato sia pronunciato per difetto di motivazione: se la p.a. reitera il provvedimento formulando la motivazione, è necessario impugnare il provvedimento con un ordinario ricorso in sede di legittimità. Giurisprudenza costante, v. ad es. tra le tante Cons. St. Sez V 17.3.1998 n. 297; Cons. St. Sez V 16.9.2004 n. 6047, in www.Lexitalia.it. N. 9/04; Cons. St. Sez IV 12.9.07 n. 4829, in www.Lexitalia.it. n. 9/07. In particolare, il criterio giurisprudenziale in relazione all’annullamento per difetto di motivazione è che la p.a. può riesaminare la questione nella sua interezza, con definitiva preclusione per l’avvenire, di tornare a decidere per la terza volta in relazione a circostanze non esaminate. In tutta evidenza si tratta di un criterio creato dalla giurisprudenza, senza alcuna base normativa. A fortiori, non si tratta di nullità del provvedimento quando il giudicato elimina il vizio formale e la p.a. adotta un provvedimento, sempre sfavorevole per l’amministrato, fondato però su una nuova valutazione dei fatti. Anche in questo caso il giudice dell’ottemperanza rigetta il ricorso per l’esecuzione del giudicato affermando la necessità che il ricorso venga impugnato con ricorso ordinario. V. da ultimo, la fattispecie considerata dal Cons. St. Sez IV 24.3.2010 n. 1727, in www.Lexitalia.it., 3/10. Peraltro, l’art. 21 septies considera questioni di nullità sia la violazione sia l’elusione del giudicato. In precedenza, la giurisprudenza distingueva tra violazione del giudicato, per cui il provvedimento non appare conforme al giudicato e quindi il privato doveva proporre ricorso in sede di legittimità e l’elusione del giudicato, che ignora e palesemente trascura il contenuto del giudicato e quindi costituisce inadempimento, come tale rendendo ammissibile il giudizio di ottemperanza. Per questa distinzione, v. per tutti, Nigro, Giustizia amministrativa (a cura di Cardi e Nigro A.), Bologna, 2002, 336.

[3] Mazzarolli, Sulla disciplina della nullità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., 3/06, 559 ss.

[4] Op.ult.cit., 567.

[5] In questa direzione, Spasiano, Articolo 21 septies, Nullità del provvedimento, in AA.VV. La pubblica amministrazione e la sua azione, Torino 2005, 575.

[6] Già in un nostro precedente scritto (Profili della pregiudizialità amministrativa, Roma, 2008, 247 ss.) l’accertamento incidentale sugli atti violativi o elusivi del giudicato ci ha suscitato qualche perplessità, Ciò in relazione al disposto dell’art. 34 c.p.c. in tema di accertamenti incidentali, per cui: “Il giudice, se per legge o per esplicita domanda di una delle parti è necessario decidere con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale che appartiene per materia o per valore ad un giudice superiore, rimette tutta la causa a quest’ultimo, assegnando alle parti un termine perentorio per la riassunzione della causa dinanzi a lui” Nell’ipotesi dell’art. 21 septies, 2° comma, la legge ha previsto espressamente che in ordine alle questioni di nullità dei provvedimenti elusivi o violativi del giudicato vi debba essere un accertamento in via principale in sede di giurisdizione esclusiva. La formulazione del principio implica che non è possibile al giudice conoscere incidenter tantum di tali questioni proprio perché vi è una disposizione di legge che impone un accertamento con efficacia di giudicato sul punto, in applicazione dell’art. 34 c.p.c. In sostanza o si ammette che degli atti violativi o elusivi del giudicato ne debba conoscere in via principale il giudice dell’ottemperanza (soluzione conforme ad un principio di concentrazione di tutela) oppure, si dovrebbe ritenere che si debba proporre un giudizio autonomo in sede di giurisdizione esclusiva. Se si dovesse applicare l’art. 34 c.p.c., ove il giudice dell’ottemperanza si trovi a dover conoscere non solo del ricorso per l’esecuzione del giudicato, ma anche della nullità di atti violativi o elusivi, dovrebbe rimettere tali questioni al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva, assegnando un termine perentorio alle parti per tale incombente. Ciò ci sembrerebbe particolarmente doveroso quando sia contestata in giudizio la natura di atto violativo o elusivo del giudicato: ad es. se la p.a. (o l’eventuale controinteressato) eccepisca che non si tratta di un atto violativo o elusivo ma di nuovo esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione, deducendosi ad es. che un certo profilo della questione non era coperto dalla cosa giudicata. In sostanza la legge avrebbe rimesso la questione della nullità degli atti violativi o elusivi del giudicato al giudice amministrativo in sede di giurisdizione esclusiva e quindi il giudice dell’ottemperanza non può risolvere tale questione in via incidentale.

[7] V. ad es. la recente decisione del Cons. St. Sez IV 31.12.2009 n. 9296 in Foro Amm. cit., 2840 ss. In questo giudizio di ottemperanza veniva in questione la nullità della reiterazione di una delibera per il conferimento di un incarico per un ufficio giudiziario. Tale atto per il giudice amministrativo è elusivo del giudicato, perché, pur versandosi in una ipotesi in cui la p.a. ha un ampio margine di discrezionalità, ne fa uso in modo tale da riprodurre i medesimi vizi di legittimità già accertati nel giudizio pregresso. Il giudice peraltro non dichiara la nullità degli atti elusivi, ma accerta soltanto che essi siano elusivi del giudicato. Parzialmente diversa sembra la precedente decisione del Tar Lazio Sez. III quater 25.7.2008 n. 7405, cit. In questo giudizio di ottemperanza viene in questione la nullità della delibera della Giunta Regionale del Lazio, che reiterava, in violazione del giudicato, l’equiparazione tra medico chirurgo specializzato e quello non specializzato con esperienza quinquennale nel settore ai fini dei requisiti per l’apertura e l’esercizio dei Presidi ambulatoriali e di recupero e rieducazione funzionale. Tale delibera dal giudice amministrativo viene ritenuta nulla in forza dell’art. 21 septies nel corpo della motivazione, ancor se tale nullità non è dichiarata nel dispositivo, in cui viene solo ordinato l’esecuzione del giudicato con la nomina del commissario ad acta.

[8] Considerando in effetti questa giurisprudenza, la tesi del Mazzarolli (op.cit.,559 ss.) avrebbe un rilievo notevole sul piano ricostruttivo. Purtuttavia, si ritiene che non sarebbe precluso al giudice dell’ottemperanza dichiarare la nullità dell’atto violativo o elusivo con efficacia di giudicato.

[9] Disposizione collocata nel Libro V, norme finali, materie di giurisdizione esclusiva. V. il testo definitivo in www.Lexitalia 7/8 2010.

[10] V. questo testo in www.Lexitalia. it., 6/2010, con note di commento, ivi.

[11] Si tratta di abrogazione di una disposizione (l’art. 21 septies, 2°comma) ma non della norma che di per sé rimane in vita. La nullità per violazione del giudicato non viene inserita in una norma dedicata alla nullità, quale l’art. 21 septies, ma nelle ipotesi di controversie spettanti alla giurisdizione esclusiva. Nella sostanza però non verrebbe a trattarsi di una vera e propria abrogazione.

[12] Norma collocata nel Libro IV (ottemperanza e riti speciali).

[13] Nella relazione di accompagnamento al codice, si sottolinea che “quando viene ordinata l’esecuzione di un provvedimento giurisdizionale non passato in giudicato, il giudice determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione, e provvede di conseguenza tenendo conto degli eventuali effetti prodotti”. Come sembra il giudice non accerta la nullità di tali provvedimenti ma li dichiara inefficaci. In sostanza accerta che non possono costituire ostacolo per il giudicato. Secondo la relazione d’accompagnamento, stante la natura “mista” del giudizio di ottemperanza, possono essere proposte azioni cognitorie connesse.

[14] Si è considerato che anche l’apparenza di un provvedimento potrebbe risultare pregiudizievole di un diritto soggettivo o un interesse legittimo, senza dire poi delle ipotesi in cui la p.a. dia concreta esecuzione a provvedimenti nulli. V. in questa direzione Zingales, Note in tema di tutela giurisdizionale dichiarativa nei confronti dei provvedimenti amministrativi nulli, in Annali del seminario giuridico dell’Università di Catania, pubblicazioni della Facoltà di Giurisprudenza, Vol IX, Milano 2009, 556.

[15] Bisogna considerare che l’art. 30, comma 3°, del dlgs n. 104 del 2010 prevede una azione risarcitoria autonoma per la lesione d’interessi legittimi, purchè proposta in un termine di decadenza di 120 gg. decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento. Nel nostro caso però siamo in materia di giurisdizione esclusiva e quindi, come sembra, l’azione di risarcimento derivante da un atto violativo del giudicato dovrebbe essere proposta nel termine di prescrizione.

[16] V. per questa ipotesi, Mazzarolli, cit., 566.

[17] Per quest’ipotesi di sentenza autoapplicativa, v. Mignone, L’esecuzione della sentenza, in AA.VV., Diritto amministrativo, Bologna, 2005, 668. L’A sottolinea che in tal caso la sentenza produce solo effetti giuridici non suscettibili di esecuzione forzata.

[18] V. Cons. St. Sez V 19.11.2009 n. 7249, in Foro Amm. CDS, 2009, 2601 ss.

[19] In sostanza, non ci si potrebbe avvantaggiare di una eventuale pronuncia di carattere risarcitorio, o comunque di accertamento di una certa pretesa.

[20] Di per sé dalla formulazione della norma si potrebbe arguire che per tali azioni si applica il principio dell’imprescrittibilità dell’azione di nullità di cui all’art. 1422 c.c.

[21] Cio potrebbe accadere non solo per gli atti violativi o elusivi del giudicato ma anche per gli altri casi di nullità, in questa direzione, v. Zingales, Note in tema di tutela giurisdizionale dichiarativa nei confronti dei provvedimenti amministrativi nulli, cit., 553.

[22] Per es. v. Cons. St. Sez IV 31.12.2009 n. 9296, in Foro Amm. CDS, 2843.




 

(pubblicato il 6.9.2010)

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