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n. 2 -2010 - © copyright

 

ALCESTE SANTUARI

Note sul trasporto pubblico locale alla luce delle recenti modifiche dell’art. 23-bis


1. Introduzione
Il trasporto pubblico locale, rappresenta un asset strategico per lo sviluppo del territorio,[1] in quanto:
1. il servizio di trasporto di persone rappresenta una importante risposta al “bisogno di mobilità” dei cittadini;
2. il servizio di trasporto di persone è, laddove adeguatamente sostenuto e potenziato, un veicolo strategico di promozione turistica;
3. nel servizio di trasporto di persone, come in altri servizi pubblici, la valutazione della qualità da parte dei cittadini è diventata oramai una componente essenziale del processo di erogazione dei servizi.[2]
Si aggiunga, poi, che per quanto attiene a molte realtà regionali ovvero provinciali, in cui il trasporto pubblico locale si regge anche sulla presenza di imprese artigiane di autotrasporto, il servizio di trasporto di persone:
a) costituisce un anello strategico per il servizio scolastico;
b) rappresenta un patrimonio radicato;
c) per dimensioni organizzative e imprenditoriali, costituisce un segmento significativo dell’economia del territorio.
Il servizio di trasporto di persone è definito da alcuni concetti chiave, in larga parte di derivazione comunitaria, tra i quali si evidenziano i seguenti:
• libertà di prestazione dei servizi;
• liberalizzazioni;
• competitività;
• concorrenza;
• necessità di superare gli approcci ideologici;
• ripartizione di competenze legislative tra il livello comunitario, quello nazionale e quello regionale.
In particolare, una moderna concezione di servizio pubblico locale e, quindi, di trasporto pubblico locale, non può prescindere da un confronto “leale” con i principi elaborati dal diritto comunitario. In primis, atteso che gli enti locali – in quanto appartenenti allo Stato nazionale - sono responsabili dell’assunzione del servizio di trasporto pubblico locale e, conseguentemente, della modalità di affidamento degli stessi, essi sono tenuti al rispetto degli obblighi imposti dall’appartenenza all’Unione Europea. In secondo luogo, il quadro normativo comunitario influenza l’erogazione dei servizi in parola, in quanto è in ambito europeo che si è affermata la libertà di concorrenza, principio che forse più di altri è invocato, sotteso ovvero compromesso nei casi di assunzione di un servizio pubblico.

2. Il contesto normativo europeo
Nel contesto comunitario, é il Regolamento (CE) n. 1370/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2007, relativo ai servizi pubblici di trasporto di passeggeri su strada e per ferrovia (entrato in vigore il 3 dicembre 2009), che ha disciplinato la materia in oggetto. Il Regolamento, inter alia, dispone quanto segue:
• la sua applicazione è relativa ai contratti di servizio pubblico per la fornitura e gestione di servizi di trasporto di passeggeri affidati con la forma della concessione di servizi;
• i servizi di tpl, nella fattispecie sopra richiamata della concessione di servizi, possono essere affidati in forma diretta o mediante gara;
• quando si ricorre alla gara (opzione giuridico-organizzativa contenuta anche nella normativa italiana di riforma dei servizi pubblici locali), l’amministrazione pubblica si rivolge ad un operatore privato (impresa o gruppo di imprese siano esse di diritto pubblico ovvero di diritto privato) per l’affidamento dei servizi in parola;
• le autorità locali competenti sono chiamate a perseguire il fine di garantire la prestazione di trasporto pubblico di passeggeri di interesse economico “senza discriminazione e in maniera continuativa (art. 2, lett. a) e c);
• gli obblighi di servizio pubblico che l’operatore deve assolvere e le zone geografiche interessate devono essere definiti “con chiarezza” nel “contratto di servizio (art. 4, par. 1, lett. a);
• poiché gli obblighi di servizio pubblico sono quelli che un operatore, ove considerasse il proprio interesse commerciale, non si assumerebbe nella stessa misura o alle stesse condizioni senza compenso, il Regolamento de quo prevede che a favore dell’operatore possono essere riconosciute “compensazioni e diritti di esclusiva”.

3. Il contesto normativo italiano
  La “materia” dei trasporti pubblici locali è storicamente caratterizzata da numerosi e spesso contradditori interventi del legislatore, risultato spesso della ripartizione di competenze tra Stato, Regioni ed Enti Locali. L’art. 117 della Costituzione attribui(va) alle Regioni il potere di legiferare in dettaglio per “le tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale” e “navigazione e porti lacuali” adottando il criterio dell’interesse regionale. Di contro, l’art. 118 assegna(va) alle Regioni le competenze amministrative nelle stesse materie nelle quali esercitano le competenze legislative, aggiungendo che lo Stato poteva con legge delegare alla Regione l’esercizio di altre funzioni amministrative. Detta previsione si è concretizzata pienamente soltanto nelle Regioni a Statuto speciale, le quali, in tema di trasporto locale, hanno svolto le proprie funzioni non solo amministrative ma anche legislative.
La succitata ripartizione di competenze si è protratta fino all’emanazione del D.P.R. 14 gennaio 1972, n. 5, recante “trasferimento alle Regioni a Statuto ordinario delle funzioni amministrative in materia di tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale e di navigazione e porti lacuali e del relativo personale ed uffici”. In modo particolare, il trasferimento delle funzioni amministrative si è verificato in materia di tranvie e di linee automobilistiche di interesse regionale, previa estensione, per le prime, della nozione di tranvia alle linee metropolitane, ai servizi ferroviari, alle funicolari, ai servizi ferroviari di ogni tipo e, per le seconde, del trasferimento delle linee sostitutive di linee tranviarie e ferroviarie in concessione e delle linee delle ferrovie dello Stato definitivamente soppresse a norma del RDL 21 dicembre 1931, n. 1575 (art 1), nonchè in materia di navigazione lacuale, fluviale, lagunare e sui canali navigabili ed idrovie e “di porti di navigazione interna” (art. 4 e 5). Con il DPR n. 5/1972, il legislatore nazionale ha inteso valorizzare l’esigenza funzionale delle Regioni di esercitare una vasta ed organica azione in tema di trasporti, atta a governare tutti i servizi interessati, permettendo altresì alle Regioni di inserire la programmazione dei trasporti nella politica di assetto del territorio.
Agli inizi degli anni ’80, tutti i Paesi europei hanno iniziato una fase di totale rinnovamento del contesto istituzionale ed organizzativo del trasporto pubblico locale. In Italia, con la legge-quadro 10 aprile 1981, n. 151 il legislatore intendeva finalmente regolare la materia del trasporto pubblico locale in maniera completa ed organica, prevedendo competenze, responsabilità, procedure nonchè modalità ed entità dei finanziamenti statali per l’esercizio e per gli investimenti. Negli anni successivi, si aprì il dibattito (in corso anche oggi) sul delicato tema della separazione dei ruoli (di governo, da affidare agli enti locali) e di gestione (da affidare ad aziende e società). Questo ampio dibattito sulla “privatizzazione” delle “public utilities”, per quanto concerne i servizi di trasporto pubblico locale, sfocerà nella c.d. “legge Bassanini” (l. 15 marzo 1997, n. 59) e nel d. lgs. n. 422/97 (c.d. “decreto Burlando”). La c.d. “Bassanini uno” ha individuato tassativamente le funzioni e i compiti da mantenere in capo alle amministrazioni pubbliche statali e quelli da trasferire alle Regioni e agli enti locali. Alle Regioni ed agli enti locali sono state affidate le funzioni e i compiti in materia di trasporto pubblico locale, ribadendo i principi di sussidiarietà, economicità ed efficienza, quali linee guida che informano il settore dei trasporti pubblici locali. Ai sensi di questa legge, è stato approvato il d. lgs. 19 novembre 1997 n. 422, recante “Conferimento alle regioni ed agli enti locali di funzioni e compiti in materia di trasporto pubblico locale”. Il decreto, tra l’altro,
• ribadisce il riparto delle competenze tra Stato, Regioni ed enti locali, invertendo la tendenza rispetto al passato, poichè le funzioni delegate agli enti territoriali riguardano l’intero comparto del servizio di trasporto e le competenze conferite sono di carattere programmatorio, amministrativo e finanziario;
• stabilisce l’organizzazione dei servizi a livello territoriale;
• individua i servizi minimi da erogare sul territorio;
• stabilisce che l’organizzazione dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale deve garantire un assetto di concorrenzialità, derivante dall’espletamento di procedure competitive per la scelta del gestore del servizio o dei soci privati delle società che gestiscono i servizi;
• enfatizza il ricorso ai contratti di servizio, quale strumento di raccordo, verifica, monitoraggio e valutazione dei servizi erogati.
Allo scopo di uniformare la disciplina normativa italiano agli orientamenti e alle disposizioni di rango comunitario, da ultimo, il quadro normativo concernente il settore del trasporto pubblico locale è stato interessato, da ultimo, dalla l. n. 166/2009, che ha introdotto l’”ennesima” revisione dell’art. 23-bis riguardante i servizi pubblici locali. Sostanzialmente uniformandosi alle scelte espresse nell’art. 18, d. lgs. n. 422 del 1997, come modificato dal d. lgs. 400/1999 con la previsione, nel comma aggiunto 3-bis, della possibilità, per le Regioni, di continuare a ricorrere all’in house nel corso di un periodo di transizione via via differito alla fine del 2008, il d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modifiche, nella l. 6 agosto 2008, n. 133, così come novellato dall’art. 15 del d.l. n. 135/09 convertito dalla l. n. 166/09, contempla nell’art. 23-bis, per i servizi pubblici locali di rilevanza economica, tra cui espressamente i trasporti (comma 10, lett. d), il normale affidamento della loro gestione in forma di gara, con la possibilità di eccezioni sino alla fine del 2011 ovvero del 2010.[3]
Occorre aggiungere che l’art. 15, comma 1-bis, del d.l. 135/09 convertito in l. n. 166/09, che ha novellato l’art. 23-bis, dispone che nelle Regioni a statuto speciale e nelle Province Autonome di Trento e di Bolzano sono fatti salvi, nel rispetto delle attribuzioni previste dagli statuti delle predette regioni e province autonome e dalle relative norme di attuazione, i contratti di servizio in materia di trasporto pubblico locale su gomma in atto al 25 novembre 2009 (data di entrata in vigore della legge n. 166/09 di conversione del d.l. n. 135/09).[4]

4. Rilievi conclusivi
Negli ultimi anni, sia in Europa che in Italia, è andata progressivamente aumentando la domanda di mobilità, intesa come possibilità di effettuare spostamenti da e verso le città in termini efficienti, economici ed efficaci. Il trasporto pubblico, in specie locale, è un diritto esigibile da parte dei cittadini e, conseguentemente, richiede di essere, benché mantenendo inalterata la sua funzione, flessibile e adattabile ai bisogni dei singoli.
Questo non significa che l’intervento pubblico sia destinato ad assumere una funzione “residuale” rispetto al mercato. La libertà di prestazione dei servizi, la contendibilità del mercato e la richiesta di competitività possono rappresentare fattori che impongono la ricerca di nuovi assetti e di nuove modalità di organizzazione e gestione del trasporto pubblico locale. In questo scenario, comune a tutti i paesi europei, l’ente pubblico è chiamato a svolgere un ruolo fondamentale e insostituibile, ossia quello di regolatore, di coordinare gli interventi integrati, nonché di valutare gli interventi e i servizi realizzati.
Si tratta pertanto di introdurre in un settore ad altissima vocazione pubblica, nel senso di collettiva, con la cautela e l’attenzione che il tema richiede, forme di integrazione e di partnership che implementino il principio di sussidiarietà orizzontale e che contribuiscano a superare la rigida e storica contrapposizione tra pubblico e privato.
In Italia e in molte Regioni, per vero, il contesto normativo non è sfavorevole in termini generali a questa impostazione. Infatti, in alcuni territori, la storia e la tradizione locale permettono di avviare processi di confronto e di valutazione di nuove formule di integrazione tra strutture pubbliche ed esperienze private, al fine di:
innalzare il livello qualitativo delle prestazioni;
ridurre i costi e, conseguentemente,
contribuire ad una complessiva efficienza del sistema.
In questo quadro di riferimento, notevoli sono gli spazi di intervento e di collaborazione che si possono aprire per soggetti privati organizzati, quali i consorzi (in specie artigiani). Essi sono caratterizzati dai seguenti elementi:
la dimensione artigianale delle aziende erogatrici del servizio;
il forte radicamento sul territorio;
la dimensione sociale del servizio prestato (es. servizio scolastico);
la capacità di fare “sintesi” tra prestazioni di trasporto e attività turistiche;
una forte propensione a promuovere un servizio di qualità.
Quelli sopra indicati possono rappresentare invero gli elementi utili per far crescere realtà territoriali, capaci di accreditarsi quali interlocutori qualificati nei confronti del territorio e delle istituzioni pubbliche, mettendo a disposizione il proprio know how e potenzialità. In questo modo, si possono immaginare e progettare interventi e collaborazioni pubblico-privato (for profit e non profit), anche in un settore, quello del trasporto pubblico locale, normalmente concepito quale “riserva indiana” dell’intervento degli enti pubblici. Al contrario, anche questo comparto, come altri, potrebbe divenire un interessante laboratorio in cui sviluppare – come richiamato anche recentemente dall’Unione Europea – affidabili PPPI, ossia partnerships pubblico-privato istituzionalizzate.[5]

 

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[1] In dottrina, si è segnalato, che il trasporto pubblico locale, rappresenta un “bene condizionale”, ossia “un prerequisito[...] per la produzione di altri beni e in generale per lo sviluppo del territorio”. F. CARON, Trasporto pubblico locale: la sfida della deverticalizzazione, in Non Profit, 4/2007, p. 861.
[2] S. BUSTI – A. SANTUARI, Il trasporto pubblico locale (TPL) tra regolazione e mercato, in Diritto dei Trasporti, 2/2009, p . 376.
[3] E’ l’alternativa prevista dalla nuova versione dell’art. 23-bis, comma 8 che così recita: “Il regime transitorio degli affidamenti non conformi a quanto stabilito ai commi 2 e 3 (Comma 2. Il conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:a) a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità;b) a società a partecipazione mista pubblica e privata, a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) , le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifi ci compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. Comma 3. In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che, a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione cosiddetta “in house” e, comunque, nel rispetto dei principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta dalla stessa con l’ente o gli enti pubblici che la controllano) è il seguente:a) le gestioni in essere alla data del 22 agosto 2008 affidate conformemente ai principi comunitari in materia di cosiddetta ‘‘in house’’ cessano, improrogabilmente e senza necessità di deliberazione da parte dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011. Esse cessano alla scadenza prevista dal contratto di servizio a condizione che entro il 31 dicembre 2011 le amministrazioni cedano almeno il 40 per cento del capitale attraverso le modalità di cui alla lettera b) del comma 2 ;b) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali non abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, alla data del 31 dicembre 2011;c) le gestioni affidate direttamente a società a partecipazione mista pubblica e privata, qualora la selezione del socio sia avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei principi di cui alla lettera a) del comma 2, le quali abbiano avuto ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio;d) gli affidamenti diretti assentiti alla data del 1° ottobre 2003 a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota non superiore al 40 per cento entro il 30 giugno 2013 e non superiore al 30 per cento entro il 31 dicembre 2015; ove siffatte condizioni non si verifichino, gli affidamenti cessano improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, rispettivamente, alla data del 30 giugno 2013 o del 31 dicembre 2015 . e) le gestioni affidate che non rientrano nei casi di cui alle lettere da a) a d) cessano comunque entro e non oltre la data del 31 dicembre 2010, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante.
[4] Si tratta di una previsione introdotta dal’art. 61 della legge 23 luglio 2009 n. 99, secondo la quale le autorità competenti all’aggiudicazione dei contratti di servizio di trasporto pubblico locale, anche operando in deroga alla disciplina di settore, possono avvalersi delle disposizioni di cui al Regolamento CE n. 1370/2007. L’art. 5, paragrafi 2, 4, 5 e 6 e l’art. 8, paragrafo 2 del richiamato regolamento, in virtù del rinvio operato dalla l. n. 166/09, prevedono che i contratti in essere, nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano si intendono prorogati fino al 31 dicembre 2019.
[5] In argomento, si veda: Commissione delle Comunità europee, Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI), C(2007)6661, Bruxelles, 5 febbraio 2008 e Commissione delle Comunità europee, Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, Mobilising private and public investment for recovery and long term structural change: developing Public Private Partnerships, COM(2009) 615 final, Bruxelles, 19 novembre 2009.

 

(pubblicato il 2.2.2010)

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