VAGLIO Mauro, rappresentato e difeso dagli avv.ti Andrea Costanzo e Maria Sorda ed elettivamente domiciliato presso lo studio dei suindicati difensori in Roma, Largo Luigi Antonelli n. 10;
contro
il COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Baroni dell’Avvocatura comunale, presso la cui sede è elettivamente domiciliato in Roma, Via del Tempio di Giove n. 21;
per l’esecuzione
della sentenza n. 53657/05, pubblicata in data 13 dicembre 2005, emessa dal giudice di Pace di Roma.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione del Comune intimato ed i documenti prodotti;
Esaminate le ulteriori memorie e produzioni documentali
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2009 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. - Premetteva il Signor Mauro Vaglio che il Giudice di Pace di Roma, Sez. III, con sentenza n. 53657/05, pubblicata in data 13 dicembre 2005, accoglieva la domanda dallo stesso proposta in opposizione ad un verbale di accertamento di violazione del Codice della Strada notificatogli dal Comune di Roma, condannando quest’ultimo alla rifusione delle spese di giudizio oltre agli oneri di legge.
Riferiva il ricorrente che, con atto di precetto notificato in data 4 ottobre 2007, il Comune di Roma veniva intimato a pagare la somma complessiva di euro 530,69 ma che l’Amministrazione non aveva comunque provveduto a corrispondergli la somma spettante; di talché, tenuto conto dell’equipollenza tra l’atto di precetto e la diffida prevista dall’art. 90 del regio decreto n. 642 del 1907 per come ribadito dal TAR Lazio con la sentenza n. 1484 del 2009, proponeva il presente ricorso per ottenere l’esecuzione della sentenza sopra indicata, anche in virtù di nomina di un commissario ad acta.
2. – Si costituiva in giudizio il Comune di Roma chiedendo che il Tribunale adito dichiarasse estinto il procedimento di esecuzione attivato dal ricorrente per effetto di quanto previsto dal DPCM 4 luglio 2008 che ha istituito la gestione commissariale del Comune di Roma.
Eccepisce, infatti, la difesa Comunale che, per effetto di quanto contenuto nel suindicato decreto presidenziale nonché in ragione del piano di rientro predisposto dal commissario straordinario ed approvato con DPCM 5 dicembre 2008, deve farsi applicazione delle prescrizioni fissate nei commi 2 e 3 dell’art. 248 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, espressamente richiamato nei predetti decreti presidenziali, a mente delle quali è impedita “categoricamente la coltivazione di azioni di esecutive nei confronti dell’Ente, per debiti che rientrano nella competenza dell’organo straordinario di liquidazione” (così, testualmente, alla seconda pagina della memoria di costituzione del Comune di Roma) e ciò, nel caso di specie, per tutte quelle somme legate a titoli venuti in emersione antecedentemente al 28 aprile 2008.
3. – Con nota conclusiva parte ricorrente contesta la fondatezza dell’eccezione sollevata dalla difesa comunale:
non solo perché il DPCM del 4 luglio 2008 non risulta essere mai stato pubblicato in Gazzetta ufficiale essendo, quindi, inefficace a mente di quanto è stabilito nell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile nonché per quel che deriva dal combinato disposto degli artt. 7 e 15 del D.P.R 28 dicembre 1985 n. 1092, che stabiliscono anche per i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri l’entrata in vigore nel quindicesimo giorno successivo dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, salvo che non sia altrimenti stabilito;
ma anche perché, per l’applicazione processuale delle disposizioni contenute nei surriferiti decreti presidenziali, l’art. 248 del testo unico sugli Enti locali esclude la dichiarazione di estinzione dei procedimenti pendenti alla data di dichiarazione del dissesto, imponendo invece al giudice adito (in sede di esecuzione) “di adottare un provvedimento giudiziale di inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese” (così, testualmente, a pag. 6 delle note conclusive depositate da parte ricorrente).
A quanto sopra si aggiunga che, sempre secondo l’avviso di parte ricorrente, l’applicazione dell’art. 246 del testo unico per gli Enti locali giunge a poter affermare la doverosità comunque del pagamento, anche in caso di dichiarazione di dissesto finanziario dell’Ente, qualora nel bilancio di previsione vigente al momento della formazione del titolo (nel caso in esame il bilancio di previsione del 2007 per il 2008) fossero state inserite delle voci per i pagamenti anche di spese legali e/o di crediti, le relative somme debbono comunque essere pagate.
4. - Il ricorso proposto dalla parte ricorrente è fondato e va accolto, nei limiti e nei termini che seguono, nonostante le indicazioni fornite dal Comune intimato.
Va preliminarmente ribadito che, come è noto, per una sempre più confermata giurisprudenza che non vi è ragione di non condividere, la dichiarazione dello stato di dissesto finanziario, a norma dell'art. 248 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n. 267, costituisce una situazione che non preclude l'emanazione della odierna pronuncia giurisdizionale (di esecuzione di un giudicato) ma, semmai, solo le conseguenti azioni esecutive dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 256 del ridetto testo unico sugli Enti locali (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 7 luglio 2008 n. 3372).
Anzi, sul punto va rammentato che la normativa che dispone il blocco della rivalutazione monetaria e degli interessi in relazione ai debiti degli enti locali in stato di dissesto finanziario, di cui all'art. 21 del decreto legge 18 gennaio 1993 n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 19 marzo 1993 n. 68 (ora trasfuso nell'art. 248 del citato decreto legislativo n. 267 del 2000), deve essere interpretata nel senso che anche dopo la dichiarazione di dissesto continuano a maturare sui debiti pecuniari degli Enti dissestati interessi e rivalutazione, restando soltanto escluse l'opponibilità alla procedura di liquidazione e l'ammissione, alla massa passiva, degli interessi e della rivalutazione maturati successivamente alla dichiarazione di dissesto e fino all'approvazione dell'apposito rendiconto. Infatti, l'eventuale dichiarazione dello stato di dissesto finanziario dell'Ente locale non preclude che sui debiti pecuniari dello stesso maturino interessi e rivalutazione monetaria, ai sensi dell'art. 1224 c.c. a decorrere dal momento in cui il credito è divenuto liquido ed esigibile; pertanto, la citata disposizione, secondo cui i debiti insoluti alla data di dichiarazione del dissesto finanziario dell'Ente locale non producono interessi, né rivalutazione monetaria ha carattere meramente sospensivo e non preclude all'interessato - una volta esaurita la gestione straordinaria con la cessazione della fase di dissesto - di riattivarsi per la corresponsione delle poste stesse nei confronti dell'ente risanato (cfr., in tal senso, Cons. Stato., Sez. V, 19 settembre 2007 n. 4878 e Sez. IV, 17 maggio 2005 n. 2469).
5. - Il Collegio non ignora la presenza di alcune pronunce giurisprudenziali, pervero più risalenti nel tempo rispetto a quelle poco sopra richiamate, in virtù delle quali il tenore delle norme (anch’esse) sopra richiamate apparirebbe “inequivoco” nel senso di escludere che nei confronti dei Comuni, una volta intervenuta la dichiarazione di dissesto, possano essere intraprese o proseguite azioni esecutive (cfr. tra le altre Cass. Sezione Lavoro 20 novembre 1999 n. 13234 e la decisione della Quinta sezione del Consiglio di Stato 10 maggio 2005 n. 2326, che l’ha espressamente richiamata a supporto). Partendo dal presupposto che le citate disposizioni normative avrebbero la “chiara funzione” di garantire la parità di condizione di tutti i creditori dell'Ente locale che si trovi in difficoltà finanziarie e che non sia in grado di soddisfare in modo pieno i suoi impegni e di effettuare puntualmente i pagamenti dovuti, secondo tale orientamento l'eccezione interpretativa in senso contrario che si manifesterebbe in alcuni interventi giurisprudenziali amministrativi non potrebbe essere ammessa, in quanto la giurisprudenza ha sottoposto a riesame critico la precedente impostazione, escludendo l'ammissibilità del giudizio di ottemperanza, in vista del soddisfacimento di pretese creditorie, in pendenza dello stato di dissesto dell'Ente locale debitore (così Cons. Stato, Ad Plen., 24 giugno 1998 n. 4).
Ad avviso del Collegio è preferibile l’opzione fatta propria dalla più recente giurisprudenza e sopra sinteticamente riproposta nelle sue traiettorie argomentative, in quanto la giusta pretesa del ricorrente (o attore) vittorioso in un procedimento giurisdizionale conclusosi con sentenza passata in cosa giudicata non può essere svilita nella proponibilità dell’azione esecutiva dal provvedimento con il quale è stato dichiarato il dissesto, potendo quest’ultimo semmai ed in ragione delle norme di settore vigenti provocare una tardiva acquisizione del bene della vita riconosciuto con la sentenza da eseguirsi (nella specie il pagamento di somme), ritardata nel tempo dalla necessaria conclusione della procedura di ricognizione debitoria da parte del commissario straordinario. Il giudizio di ottemperanza costituisce, dunque, quale procedimento di esecuzione dinanzi al giudice amministrativo, in caso di dichiarazione del dissesto finanziario, lo strumento attraverso il quale il creditore cristallizza la propria pretesa in attesa che il relativo credito sia inserito nella massa passiva e quindi nel bilancio relativo al piano di rientro, di modo che all’esito di tale fase possa conseguire, integro per effetto della non interrotta maturazione degli interessi (trattandosi di somme liquide ed esigibili, nel presente caso, in quanto rese tali dalla condanna alle spese di giudizio contenuta nella sentenza che qui si chiede di eseguire; cfr., tra le altre, Cass., Sez. II, 13 novembre 2000 n. 14703 nonché T.A.R. Liguria, Sez. II, 21 novembre 2006 n. 1556), il proprio obiettivo satisfattorio che trova titolo nella sentenza giurisdizionale passata in giudicato.
Trattasi quindi di una posizione del creditore volta a “prenotare” la soddisfazione del credito, che merita di essere tutelata e non può essere ignorata – almeno nei suindicati limiti - dal giudice dell’esecuzione adito (nel nostro caso, in sede di ottemperanza)
Conseguentemente è inappropriata, rispetto alla situazione rappresentata dalla difesa Comunale e comunque ininfluente nell’ambito del presente giudizio, l’eccezione formulata dalla ridetta difesa dell’Ente, ad avviso della quale andrebbe dichiarata l’estinzione del giudizio stesso, di talché essa deve essere respinta.
6. – Fermo quanto sopra, il Collegio deve ora farsi carico delle censure di parte ricorrente in virtù delle quali quest’ultima vorrebbe neutralizzare gli effetti della dichiarazione di dissesto con riferimento al Comune di Roma e delle relative conseguenze derivanti dall’applicazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 luglio 2008 e 5 dicembre 2008, ottenendo l’ordine di immediato pagamento nei confronti del Comune di Roma.
Come è noto, con il primo dei suindicati decreti presidenziali, in applicazione dell’art. 78 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito poi, successivamente all’emanazione del ridetto decreto, nella legge 6 agosto 2008 n. 133, l’onorevole Gianni Alemanno, Sindaco del Comune di Roma, veniva nominato Commissario straordinario del Governo per la ricognizione economico-finanziaria del medesimo Comune e delle società partecipate e per la predisposizione di un piano di rientro dal pregresso indebitamento. Assunte dalla gestione commissariale tutte le obbligazioni vigenti alla data del 28 aprile 2008, il commissario straordinario veniva autorizzato, tra l’altro, a fare applicazione delle disposizioni di cui ai commi 2, 3, e 4 dell’art. 248 e del comma 12 dell’art 255 del testo unico sugli Enti locali.
Con il DPCM 5 dicembre 2008 veniva approvato il piano di rientro, dando peraltro mandato al commissario straordinario “per i debiti inseriti nel piano, anche non scaduti (… di) rinegoziare il relativo debito, previo consenso irrevocabile di ciascun debitore, ovvero procedere alla sua estinzione, o mantenere integro l’originario profilo di rimborso” (così all’art. 2, comma 3).
Orbene, in virtù di quanto sopra, in disparte le valutazioni espresse dalla odierna parte ricorrente con riferimento all’efficacia dei decreti presidenziali suindicati, relativamente alla loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, censura che non può trovare accoglimento in quanto le indicazioni contenute in ordine alla fonte normativa secondaria costituita dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri nel DPR n. 1092 del 1985 riguardano le forme di pubblicità e di conoscibilità all’esterno di tali atti a carattere normativo, consentendone la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e non anche prescrivono la suddetta pubblicazione quale elemento determinante l’efficacia di tali atti, non rinvenendosene alcun riferimento specifico in tal senso nelle disposizioni richiamate dalla parte ricorrente né in altre disposizioni dell’ordinamento, le ragioni espresse da parte ricorrente al fine di neutralizzare la portata della dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Roma, ottenendo quindi l’immediato pagamento della somma dovuta, non possono essere condivise.
Infatti, il decreto presidenziale del 4 luglio 2008 chiarisce espressamente, facendo applicazione dell’art. 78 del decreto legge n. 112 del 2008 che in conseguenza della dichiarazione di dissesto finanziario del Comune di Roma al commissario è fatto obbligo, in particolare e tra l’altro, di applicare le disposizioni contenute nei commi 2, 3 e 4 dell’art. 248 del testo unico sugli Enti locali.
Dette disposizioni prescrivono testualmente che:
(comma 2) “dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 256 non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o se la stessa opposizione benchè proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese”;
(comma 3) “i pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità di legge”;
(comma 4) “dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'art. 256 i debiti insoluti a tale data e le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi nè sono soggetti a rivalutazione monetaria. Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità”.
Del comma 2 dell’art. 248, in particolare del secondo periodo nonché del comma 4 del medesimo articolo, si è più sopra ampiamente riferito. Nello stesso tempo, dall’intero complesso delle disposizioni richiamate nel DPCM 4 luglio 2008 emerge che, per come si è già anticipato, la dichiarazione di dissesto finanziario non può essere ignorata, anche perché avrebbe potuto essere impugnata – se fosse stata ritenuta illegittima - da qualunque cittadino ovvero da qualsiasi soggetto al quale da essa derivi un nocumento (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 17 maggio 2006 n. 2837), attività che non è stata esplicata dall’odierno ricorrente, neppure nell’ambito del presente giudizio
7. – A diversa soluzione deve approdare, infine, il Collegio con riferimento all’applicabilità nella specie di quanto stabilito dall’art. 246, comma 4, del testo unico sugli Enti locali, invocata dalla parte ricorrente per escludere dal coinvolgimento nella procedura di dissesto finanziario il credito vantato nei confronti del Comune di Roma.
L’art. 246, comma 4, così recita “se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i divieti e gli obblighi previsti dall'art. 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata esplicando gli effetti di cui all'art. 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell'organo straordinario di liquidazione e del consiglio dell'ente, sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto. Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso”.
Ebbene, il titolo al pagamento del credito vantato dall’odierna parte ricorrente nei confronti del Comune di Roma è sorto con la dichiarazione di esecutività della sentenza della quale qui si chiede l’esecuzione e quindi in data 2 gennaio 2006 (cfr. copia della sentenza in questione, versata in atti). A questo punto, come condivisibilmente afferma parte ricorrente nella memoria conclusiva, qualora nel bilancio di previsione del 2007 per il 2008 fossero state inserite delle voci per i pagamenti anche di spese legali e/o di crediti, le somme relative al credito vantato dal ricorrente dovrebbero comunque essere pagate, indipendentemente dalla dichiarazione dello stato di dissesto: tuttavia tale indagine deve essere rimessa al Comune che è parte debitrice e nei confronti del quale questo Giudice deve disporre la relativa ricognizione.
8. - L'inadempienza dell'Amministrazione, in conclusione, tenuto conto della portata che assume nella vicenda de qua la dichiarazione di dissesto finanziario relativamente al Comune di Roma nonché delle disposizioni contenute nei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 4 luglio 2008 e 5 dicembre 2008 comporta l'accoglimento del ricorso proposto dalla parte ricorrente nei seguenti termini (e limiti) per cui va ordinato al Comune di Roma di dare esecuzione alle statuizioni contenute nella sentenza n. 53657/05, pubblicata in data 13 dicembre 2005, emessa dal giudice di Pace di Roma ed esecutiva dal 2 gennaio 2006:
provvedendo alla ricognizione nell’ambito del bilancio del 2007 della presenza di voci per i pagamenti anche di spese legali e/o di crediti e, conseguentemente, disponendosi il pagamento di quanto dovuto;
in caso di esito negativo della suindicata indagine, provvedendo all’inserimento nella massa passiva dell’importo dovuto dall’odierna parte ricorrente a titolo di capitale, accessori e spese.
Dall’accoglimento del proposto ricorso per l’ottemperanza consegue che il Comune di Roma, ovviamente solo per il primo dei suindicati incombenti, è tenuto a porre in essere, entro sessanta giorni dalla notificazione o dalla comunicazione della presente sentenza, le attività necessarie all’adempimento degli obblighi discendenti dalla sentenza n. 53657/05, pubblicata in data 13 dicembre 2005, emessa dal giudice di Pace di Roma ed esecutiva dal 2 gennaio 2006.
Il parziale accoglimento del ricorso nonché la novità delle questioni esaminate costituiscono elementi che inducono il Collegio a disporre la compensazione integrale delle spese di lite tra le parti costituite.
Non si fa luogo alla nomina di commissario ad acta in ragione del tipo di adempimento che discende dalla presente decisione.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione seconda, definitivamente pronunciandosi sul ricorso in epigrafe ai sensi dell’art. 27 T.U. C.d.S., richiamato dall’art. 37 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, lo accoglie nei limiti e nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 maggio 2009 con l'intervento dei Magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Carlo Modica de Mohac, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 16/09/2009
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)