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T.A.R. VENETO - SEZIONE III - Sentenza 7 settembre 2009 n. 2353
Pres.A. De Zotti, Est.M. Buricelli


Processo - Processo amministrativo – Fusione del ricorrente – Prosecuzione del processo.

Anche nell’ambito del processo amministrativo, in caso di fusione societaria della società ricorrente con altro soggetto societario c’è prosecuzione e, dunque, continuità anche nei rapporti processuali. Deve infatti essere escluso che la fusione comporti, a norma degli artt. 110, 299 e 300 c.p.c., interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante ad una fusione.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso e sull’atto di motivi aggiunti rubricati al n. di RGR 57 del 2000 proposti dalla

s.r.l. Atlanta Market (ora Standa Commerciale s.r.l., società nella quale Atlanta Market si è fusa per incorporazione con atto notaio Matarrese 8 novembre 2007), in persona del legale rappresentante “pro tempore”, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Bianchini e Marco Sica ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Venezia, Piazzale Roma n. 464;;

contro



il Comune di San Biagio di Callalta, in persona del legale rappresentante “pro tempore”, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avvocati Paola Moretti e Filippo Cazzagon, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Venezia –Mestre, Piazza Ferretto, 22;

nei confronti di
di Eugenio Varotto, responsabile del Servizio III –Unità Organizzativa –Ufficio Attività Produttive del Comune resistente, rappr. e dif. dagli avvocati Ferdinando Trivellato e Giovanni Cavallaro, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Venezia –Mestre, corso del Popolo, 53;

 

e della s.n.c. Idea di Colombo Francesco, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per l'annullamento
-quanto al ricorso introduttivo: 1)della determinazione prot. n. 1015 del 9 dicembre 1999 con la quale il responsabile del Servizio III –U. O. –Ufficio Attività Produttive del Comune di San Biagio di Callalta ha ordinato alla società Atlanta Market di cessare l’attività di vendita sperimentale di prodotti editoriali, ex l. n. 108/99, entro 5 giorni dal ricevimento dell’atto;
-quanto all’atto di motivi aggiunti: 2)del provvedimento prot. n. 20123 in data 14 dicembre 2000, emesso dal responsabile del Servizio III –U. O. –Ufficio Attività Produttive del Comune resistente, concernente rigetto di istanza diretta al rilascio di autorizzazione alla vendita sperimentale di giornali e riviste, presentata dalla ditta Atlanta Market ai sensi della l. n. 108/99, con riferimento alla struttura di vendita di Via Postumia Ovest, 76, presso il centro commerciale Tiziano; e atti connessi;

visti il ricorso e l’atto di motivi aggiunti, rispettivamente notificati il 20 dicembre 1999 e il 12 febbraio 2001 e depositati in segreteria il 10 gennaio 2000 e il 23 febbraio 2000, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Eugenio Varotto e del Comune di San Biagio di Callalta, con i relativi allegati;
vista l'ordinanza collegiale n. 93 del 19 gennaio 2000 con la quale la I sezione ha accolto la domanda di emanazione di misure cautelari presentata dalla ricorrente;
vista l’ordinanza istruttoria delegata n. 12 del 2009 e i documenti depositati in giudizio dal Comune in data 30 aprile 2009;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
visti gli atti tutti della causa;
uditi, all’udienza del 21 maggio 2009 (relatore il consigliere Marco Buricelli), gli avvocati Turetta su delega di Bianchini per la società ricorrente, Moretti per il Comune e Trivellato per Eugenio Varotto;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO



1.- Nel ricorso introduttivo la società ricorrente espone:
-di essere titolare di un esercizio commerciale della grande distribuzione situato nel comune di San Biagio di Callalta (TV), Via Postumia Ovest, 76: si tratta del centro commerciale Tiziano;
-che la l. n. 108/99, recante “Nuove norme in materia di punti vendita per la stampa quotidiana e periodica” (abrogata dal d. lgs. n. 170 del 2001, recante “riordino del sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’articolo 3 della legge 13 aprile 1999, n. 108”), ammette anche le grandi strutture di vendita alla sperimentazione delle nuove forme di vendita di giornali quotidiani e periodici di cui all’art. 1 l. cit.;
-di avere, in data 13 maggio 1999, regolarmente comunicato all’Amministrazione comunale di voler accedere alla sperimentazione, essendo in possesso dei requisiti prescritti dalla legge;
-che con nota in data 12 novembre 1999 l’Amministrazione ha comunicato alla ricorrente “l’avvio del procedimento preordinato alla interruzione della vendita a titolo sperimentale di giornali quotidiani e periodici nell’esercizio” di Via Postumia Ovest, 76, e ha invitato Atlanta Market a controdedurre relativamente: a)allo sconto praticato sui prodotti editoriali, in violazione dell’art. 1, punto 5), della l. n. 108/99, come si rileva dagli scontrini di vendita di cui alla documentazione fornita dal Sindacato Giornalai (v. nota SINAGI –Treviso pervenuta al Comune l’8 novembre 1999 sub allegati 1 e 2 fasc. ric.); b)alla asserita disparità di trattamento fra le testate nella vendita sperimentale, come da segnalazione della ditta L’Idea di Francesco Colombo, gestore del punto esclusivo di vendita di quotidiani e periodici nel centro commerciale suddetto, sub allegato 9 elenco doc. P. A. 30 aprile 2009; c)al fatto che la struttura commerciale ove si svolge la sperimentazione della “nuova forma di vendita di giornali quotidiani e periodici”, trattandosi di grande struttura di vendita, non possiede i requisiti previsti dall’art. 1, punto 3) l. 108/99 cit. ;
-di avere controdedotto ma che il Comune, con il provvedimento in epigrafe enumerato sub 1), ha disposto la cessazione dell’attività di vendita. La determinazione impugnata –che dà atto non essere sostenibile con certezza la tesi della violazione della parità di trattamento fra testate- si regge sulle due considerazioni che seguono: 1) Atlanta Market, essendo una grande struttura di vendita, non rientra fra le strutture ammesse alla sperimentazione di vendita dei prodotti in parola ; 2) la società risulta avere praticato variazioni nei prezzi dei prodotti editoriali offerti alla vendita, in violazione dell’art. 1, punto 5), della l. n. 108/99.
Il termine di 5 giorni concesso dal Comune per la cessazione della sperimentazione è stato differito fino alla decisione del Tar sulla istanza di sospensiva.
“Medio tempore”, infatti, Atlanta Market aveva proposto ricorso al Tar per ottenere l’annullamento, previa sospensiva, della determinazione sopra riassunta. Cinque le censure dedotte, concernenti violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati aspetti.
Con ordinanza n. 93 del 2000 la prima sezione del Tar ha accolto l’istanza di sospensiva presentata da Atlanta Market.
La società ha quindi proseguito nella già intrapresa sperimentazione.
Con nota in data 27 novembre 2000 la ricorrente, intendendo avvalersi di quanto disposto dall’art. 4 della l. n. 108 del 1999 –secondo il quale “fino alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui all’art. 3 (vale a dire del decreto di riordino organico della stampa quotidiana e periodica n. d. est. ) gli esercizi commerciali in cui è stata effettuata la sperimentazione possono continuare a vendere i prodotti editoriali prescelti. Ai medesimi esercizi l'autorizzazione alla vendita dei giornali, quotidiani e periodici, è rilasciata qualora richiesta, di diritto”- , ha chiesto al Comune di accordarle l’autorizzazione alla vendita dei giornali, quotidiani e periodici, nell’esercizio di Via Postumia Ovest n. 76.
Con la determinazione in epigrafe indicata sub 2) il Comune ha rifiutato di rilasciare, ad Atlanta Market, l’autorizzazione ex art. 4 cit. , e ciò sul presupposto che requisito indispensabile per la concessione dell’autorizzazione dev’essere una sperimentazione avvenuta legittimamente. Per usare le parole dell’autore della determina, “il rilascio di diritto dell’autorizzazione presuppone una situazione giuridica non contestata nei suoi elementi costitutivi, circostanza che nel caso di specie non si dà”.
Di qui l’atto di motivi aggiunti proposto nel febbraio del 2001 e imperniato su motivi di illegittimità autonoma, e di invalidità derivata, rubricati ai numeri da 6) a 11).
Resistono il Comune di San Biagio di Callalta e il dr. Varotto.
Con nota in data 31 marzo 2009 la ricorrente, nel dichiarare di avere interesse a vedere definito il giudizio nel merito, ha fatto presente che nel 2007 la srl Atlanta Market si è fusa per incorporazione nella società Standa Commerciale srl e che, ai sensi dell’art. 110 c.p.c., “il giudizio in epigrafe è continuato da Standa Commerciale srl”.
2.-Il ricorso introduttivo e l’atto di motivi aggiunti sono fondati e devono essere accolti, e i provvedimenti in epigrafe vanno annullati, essenzialmente perché nel quadro normativo vigente all’epoca della emanazione degli atti impugnati anche le grandi strutture di vendita potevano farsi rientrare tra le strutture ammesse alla sperimentazione di nuove forme di vendita di giornali, quotidiani e periodici, ex art. 1, n. 3, l. n. 108 del 1999, e perché la variazione nei prezzi di vendita dei prodotti editoriali, che Atlanta Market risulta avere praticato, non poteva essere tale da comportare l’esclusione della società dalla sperimentazione.
Prima però di soffermarsi su alcuni rilievi –fondati- fatti da Atlanta Market, il collegio ritiene opportuno fare presente:
a) circa la sopravvenuta fusione per incorporazione di Atlanta Market nella società Standa Commerciale srl (atto notaio Matarrese 8 novembre 2007), che la Corte Suprema di Cassazione, sezione III, con la sentenza n. 14526 del 2006, ha statuito quanto segue: “l’art. 2504 bis c.c., comma 1, quale risulta modificato dal … d. lgs. n. 6 del 2003, … così recita: "la società che risulta dalla fusione o quella incorporante assumono i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti, anche processuali anteriori alla fusione".
Come ha osservato la dottrina, la nuova formulazione dell'art. 2504 bis c.c., comma 1, chiarisce, ponendo fine al dibattito dottrinario, che la fusione tra società, prevista dagli artt. 2501 c.c. e segg., non determina, nel caso di fusione per incorporazione, l'estinzione della società incorporata, nè crea un nuovo soggetto di diritto nel caso di fusione paritaria, bensì attua l'unificazione per integrazione reciproca delle società partecipanti alla fusione.
La fusione, quindi, diventa una mera modifica che lascia sopravvivere tutte le società partecipanti alla fusione, sia pure con un nuovo assetto organizzativo reciprocamente modificato, e senza alcun effetto successorio ed estintivo. In altri termini la fusione configura una vicenda meramente evolutivo-modificativa dello stesso soggetto, allo stesso modo di quanto avviene con la trasformazione.
Come questa Corte ha statuito, la trasformazione di una società in un altro dei tipi previsti dalla legge non si traduce nell'estinzione di un soggetto e nella correlativa creazione di un altro e diverso soggetto, ma configura, per converso, una vicenda meramente evolutivo- modificativa dello stesso soggetto (Cass. 13/08/2004, n. 15737; Cass. 29/12/2004, n. 24089).
Cioè si attua un mutamento formale di un'organizzazione societaria già esistente, ma non la creazione di un nuovo ente, che si distingua dal vecchio, per cui la società incorporata sopravvive in tutti i suoi rapporti alla vicenda modificativa nella società incorporante.
Come è stato esattamente osservato, la riforma del 2003 ha precisato che, in caso di fusione societaria, c'è prosecuzione e, dunque, continuità anche nei rapporti processuali: si è quindi escluso che la fusione comporti, a norma degli artt. 110, 299 e 300 c.p.c., interruzione del processo in cui sia parte una società partecipante ad una fusione.
Per escludere l'assimilazione della fusione alla morte della parte, persona fisica, si è anche omesso di parlare della società incorporata o delle società partecipanti alla fusione, costitutiva di nuova società, quali "società estinte", come, invece, le qualificava la precedente norma di cui all'art. 2504 bis c.c.”. Con riferimento alla vicenda in esame il processo viene perciò proseguito da Standa Commerciale srl;
b)che l’interesse della ricorrente a vedere definito il presente giudizio sicuramente permane, con la precisazione però che il d. lgs. n. 170 del 2001 ha riordinato il sistema di diffusione della stampa quotidiana e periodica, a norma dell’art. 3 della l. n. 108 del 1999, prevedendo la possibilità di accordare l’autorizzazione all’esercizio di un punto vendita non esclusivo di stampa quotidiana e periodica anche a favore delle grandi strutture di vendita, oltre che per i centri commerciali. Infatti la lettera d) dell’art. 1, comma 3, del d. lgs. n. 170 del 2001 rinvia non solo all’art. 4, lett. e) (medie strutture di vendita) del decreto n. 114 del 1998, ma anche alle lettere f) (grandi strutture di vendita) e g) (centri commerciali) del decreto medesimo, subordinando la possibilità di accordare l’autorizzazione alla condizione che la superficie di vendita minima sia di mq. 700.
Come si è accennato sopra, è fondata e va accolta la censura con la quale è stata dedotta la violazione dell’art. 1 della l. n. 108/99.
Correttamente la difesa della ricorrente osserva che nel corso degli anni si è andato affermando un orientamento giurisprudenziale secondo cui l’interpretazione sistematica della l. n. 108 del 1999 impone di includere anche le grandi strutture di vendita nel novero delle strutture da ammettere alla vendita sperimentale di giornali quotidiani e periodici di cui alla citata l. n. 108/99.
Appare emblematico quanto è stato affermato a questo riguardo dalla III sezione del Tar Lombardia –Milano, con la sentenza n. 527 del 2005, densa di richiami a precedenti giurisprudenziali e che si ritiene di trascrivere in parte: “… l’art. 1, comma 1, della legge 13 aprile 1999, n. 108 ha introdotto, nell’art. 14, comma 11, della legge 5 agosto 1981, n. 416, la lettera d-bis), ove al punto 3 si precisa che “la sperimentazione viene effettuata dalle rivendite di generi di monopolio, dalle rivendite di carburanti e di oli minerali con il limite minimo di superficie pari a mq. 1500, dai bar, dalle strutture di vendita come definite dall’art. 4 comma 1 lett. e) del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 114 (medie strutture di vendita), con un limite minimo di superficie di vendita pari a mq. 700 e dagli esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, con un limite minimo di superficie di mq. 120. Gli esercizi a prevalente specializzazione di vendita possono svolgere egualmente attività di vendita delle riviste di identica specializzazione”.
In particolare il punto 7 della sopra indicata lettera d-bis) dispone che: “gli esercizi che partecipano alla sperimentazione devono prevedere un apposito spazio espositivo per le testate poste in vendita, adeguato rispetto alla tipologia prescelta; gli esercizi della grande distribuzione devono esporre i giornali posti in vendita in un unico spazio”.
Premesso quanto sopra, va osservato che l’art. 4, comma 1, lett. e) del D. Leg. vo n. 114/98, nell’individuare le medie strutture di vendita (secondo il richiamo contenuto nella lettera d-bis) punto 3 dell’art. 14, comma 11, della citata legge n. 416/1981), afferma che queste “devono possedere una superficie di vendita, a seconda del numero degli abitanti residenti nel Comune, compresa tra i 150 e i 1500 mq. e tra i 250 e i 2500 mq.”, mentre le grandi strutture, “costituite dagli esercizi con superficie di vendita superiore ai massimi previsti per le medie”, sono previste dalla successiva lettera f) (non richiamata nel sopra indicato punto 3).
Da un primo esame delle norme sopra citate sembrerebbe potersi dedurre che le grandi strutture di vendita siano escluse dalla sperimentazione.
Peraltro un’interpretazione meramente letterale della lettera d-bis) dell’art. 14, comma 11, della ripetuta legge n. 416/1981 non appare esaustiva, poiché la disposizione, nell’individuare le strutture commerciali ammesse alla sperimentazione, descrive alcuni esercizi secondo la loro tipologia (bar), altri per tipologia e limite minimo di superficie e riferendosi alle medie strutture di vendita, cita solo il loro limite minimo di superficie (non inferiore a 700 mq.), senza, comunque, prevedere mai un limite massimo di superficie di vendita, superato il quale l’esercizio dovrebbe essere escluso dalla sperimentazione (cfr, sul punto, TAR Lazio, Sez, II Ter, 6.10.2003, n. 9402; idem 1.02.2005, n. 894).
Attraverso una interpretazione sistematica della legge n. 108/1999 si giunge ad includere nel novero dei soggetti ammessi alla sperimentazione anche le grandi strutture di vendita. Ciò risulta in linea con la precisa espressione contenuta nel punto 7 della citata lettera d- bis), che ammette implicitamente la vendita dei giornali negli esercizi della grande distribuzione (in senso conforme v. anche TAR Toscana, II Sez. 17.10.2003, n. 5366).
A tale conclusione conduce la lettura combinata del punto 7) della citata lettera d-bis), con quanto indicato al precedente punto 3) della stessa lettera, in base alla quale risulta confermata la possibilità di includere nella sperimentazione i grandi esercizi commerciali come la società ricorrente.
Una diversa interpretazione presenterebbe seri profili di irragionevolezza, dal momento che non è dato individuare le ragioni per le quali le grandi strutture dovrebbero essere escluse dalla sperimentazione in argomento.
A sostenere la correttezza della linea interpretativa sopra proposta, soccorrono i lavori parlamentari della legge n. 108 del 1999, ove in un passo dell’ordine del giorno del 31.03.1998 il Senato impegna il Governo ad operare affinché dalla sperimentazione non vengano escluse le strutture di vendita di cui all’art. 4, comma 1, lettere f) e g), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (le grandi strutture di vendita ed i centri commerciali, per l’appunto).
Inoltre, come evidenziato dalla ricorrente, la stessa Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in una propria indagine conoscitiva riguardante la distribuzione della stampa quotidiana e periodica successiva alla legge n. 108 del 1999, ha osservato che, da un monitoraggio della fase sperimentale, “la grande distribuzione si era rivelata un canale particolarmente idoneo a favorire l’incremento delle vendite di giornali e periodici”.
Alla luce di quanto sopra, è quindi possibile ritenere che il riferimento alle medie strutture di vendita sia stato introdotto dal legislatore solo al fine di specificare che non tutti gli esercizi possono partecipare alla sperimentazione, ma solo quelli che superano una certa dimensione…” (così Tar Lombardia –Milano, sent. n. 527/05 cit.).
Non pare inutile aggiungere che anche il Tar del Veneto (sezione III, sent. n. 1282 del 2000) ha precisato, con riferimento a una fattispecie analoga a quella odierna, che “…apparentemente quindi, sulla base della lettera della norma, le strutture di grande distribuzione sembrerebbero escluse dalla sperimentazione; senonchè, ad una più attenta lettura, si deve pervenire alla conclusione opposta.
Innanzi tutto il numero 7 dell’articolo 1 della legge 108 del 1999, espressamente dispone le modalità di esposizione dei giornali da parte degli esercizi di grande distribuzione, il che non avrebbe alcun senso in caso di esclusione di dette strutture dalla sperimentazione.
Inoltre, la “ratio” dell’intera normativa è quella di inclusione delle grandi strutture, e non dell’esclusione, come dimostrato dalla previsione di superfici minime di vendita.
Infine, va ricordato il noto canone ermeneutico per cui tra due diverse interpretazioni possibili va privilegiata quella conforme a Costituzione, e l’ampliamento, sia pure in via sperimentale, della vendita di giornali, pur trattandosi di un settore particolare e regolamentato, tuttavia rientra “latu sensu” nella libertà di esercizio di attività commerciale, espressione del più generale principio della libertà di iniziativa economica garantita dall'articolo 41 Costituzione (T.A.R. Lazio sez. II, 16 luglio 1998, n. 1177)…” .
In senso conforme si può fare richiamo anche alle sentenze del Tar Lazio –Roma, nn. 894/05, 9402, 9405, 9408 9578 del 2003 e alla posizione del Tar Lombardia –Milano il quale, per primo, con una miriade di ordinanze cautelari emesse nel 1999, si era pronunciato a favore dell’inclusione delle grandi strutture di vendita tra le strutture ammesse alla sperimentazione.
Quanto poi al capo di motivazione, della determina di cessazione, relativo alla asserita variazione del prezzo di vendita di prodotti editoriali, una volta che Atlanta Market ha spiegato al Comune, in termini oggettivamente plausibili (v. nota ric. 9 novembre 1999 sub alleg. 4 fasc. ric.) che, a causa di una svista e per un breve periodo, non aveva esposto, nel reparto vendite di quotidiani e periodici, la comunicazione alla clientela con la quale si informava che i prodotti editoriali non erano soggetti allo sconto del 5 % applicato il martedì e il giovedì ai soli pensionati, chiarendo di avere prontamente provveduto a rimediare all’errore (gli scontrini di vendita emessi praticando la variazione di prezzo sono stati prodotti in giudizio sub alleg. 1 fasc. ric. ; v. anche doc. 9 fasc. P. A.); una volta spiegato e chiarito tutto ciò ben si avrebbe potuto trarre la conclusione che, alla luce delle peculiarità del caso in esame, la momentanea variazione nei prezzi dei prodotti editoriali praticata dalla ricorrente si era concretizzata in una semplice irregolarità, inidonea, di per sé sola, a determinare l’esclusione dalla sperimentazione (conf. nota P.C.M. –Ufficio per l’Editoria –Servizio Studi, 2 febbraio 2000, sub alleg. 27 fasc. P. A.).
Di questo il Comune ha illegittimamente omesso di tenere conto quando ha affermato, nel provvedimento impugnato sub 1), che sul punto Atlanta Market non aveva addotto argomenti a propria giustificazione.
Dall’illegittimità della determinazione impugnata sub 1) discende l’illegittimità del diniego indicato in epigrafe sub 2) e impugnato con i motivi aggiunti, attesa la erroneità del presupposto, posto a base della determina del 14 dicembre 2000, relativo al carattere contestato e quindi controverso della richiesta di rilascio dell’autorizzazione “di diritto” ex art. 4 l. 108/99.
In conclusione, assorbita ogni altra censura non espressamente esaminata il ricorso e i motivi aggiunti sono fondati e vanno accolti e gli atti impugnati vanno annullati.
Nonostante l’esito del ricorso sussistono giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese e gli onorari del giudizio

P.Q.M.



il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione terza, definitivamente decidendo sul ricorso in premessa lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 21 maggio 2009 con l'intervento dei Magistrati:

Angelo De Zotti, Presidente
Marco Buricelli, Consigliere, Estensore
Stefano Mielli, Primo Referendario



DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/09/2009


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