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n. 6-2008 - © copyright

 

PAOLO PROVENZANO

La revoca delle concessioni TAV e la legge Giolitti del 1903


Con l’art. 13 della L. n. 40 del 2 aprile del 2007 il Legislatore ha convertito in Legge l’art. 12 del Decreto Bersani-bis ( D.L. n. 7 del 2007).
La norma in parola (“Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad altavelocità e nuova disciplina degli affidamenti contrattuali nella revoca di atti amministrativi”) ha provveduto nel contempo a revocare le concessioni rilasciate dall’Ente Ferrovie dello Stato S.p.a.
alla T.A.V. S.p.a.[1] e a prevedere una nuova disciplina generale in materia di revoca degli atti amministrativi.
Lo stesso art. 13 prescrive, inoltre, al comma 8-sexiesdecies che gli effetti delle revoche delle concessioni rilasciate a TAV S.p.a. si estendono a tutti i contratti stipulati dalla stessa con i general contractractors.
Il Legislatore ha, quindi, deciso di azzerare i vecchi contratti T.A.V. emanando una Legge-provvedimento di revoca degli stessi[2] e non avvalendosi del diritto di recesso espressamente riconosciuto al concedente dalle convenzioni disciplinanti i rapporti di general-contracting[3].
La scelta della revoca in luogo del recesso comportava, come evidenziato da Clarich, la necessità, per ragioni di natura economica, di inserire forti limitazioni agli indennizzi. Proprio per questo motivo si è provveduto ad apportare, a neanche due anni dall’entrata in vigore della L. n. 15 del 2005, una modifica alla disciplina in materia di revoca degli atti amministrativi prevista dalla Legge sul procedimento amministrativo.
Il Legislatore ha, a tal fine, introdotto nell’art. 21-quinquies[4] della legge 241 del 1990, “Revoca del provvedimento”, il comma 1-bis[5] a norma del quale: ‹‹ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l’indennizzo liquidato dall’amministrazione agli interessati è parametrato al solo danno emergente››[6]. Al di là del fatto che appare aberrante, da un punto di vista di tecnica legislativa,‹‹il meccanismo di introduzione di una previsione nell’ambito della disciplina generale sul procedimento, occasionato da una vicenda contingente››[7], risulta contestabile lo stesso contenuto della nuova disciplina che stabilisce, sostanzialmente, che in caso di revoca[8] di un atto amministrativo ad efficacia durevole l’indennizzo dovuto al soggetto privato non terrà più conto del lucro cessante, essendo questo ‹‹parametrato al solo danno emergente››[9].
Tale nuovo criterio di determinazione del quantum di indennizzo risulta essere, infatti, senza ombra di dubbio, del tutto incoerente con l’attuale tendenza a disciplinare in modo sempre più paritario i rapporti tra soggetti privati e Pubbliche amministrazioni.
Quanto previsto dal nuovo comma 1-bis dell’art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990 appare, quindi, sicuramente non attuale, e a mio modo di vedere addirittura anacronistico. Si consideri, infatti, che già più di un secolo fa si evidenziava che ‹‹per ragioni di diritto pubblico, si può risolvere il contratto [di concessione, ma che], non può viceversa negarsi il compenso per tutte quelle ulteriori legittime aspettative che, a partire dal momento in cui la risoluzione sia ordinata, rimangono al concessionario›› questo perché ‹‹i lucri del passato non tolgono, ai sensi del contratto, i lucri dell’avvenire: ed è per questi che – se non si vuol compiere una violenta confisca- deve darsi indennizzo››.[10]
Questo concetto espresso dal Majorana venne positivizzato nell’art. 25 della l. n. 103 del 1903[11], “Legge sulla municipalizzazione dei servizi pubblici”, meglio nota come Legge Giolitti del 1903[12]. La norma in parola prevedeva, infatti, che l’esercizio del potere di revoca del rapporto concessorio fosse condizionato all’osservanza di determinate forme e procedure, quali la previsione di un’indennità comprensiva di una valutazione sia del danno emergente che del lucro cessate. L’ammontare del quantum lucrari potui si valutava, segnatamente, in ‹‹tante annualità eguali alla media dei profitti industriali dell’ultimo quinquennio quanti sono gli anni nei quali dovrebbe ancora durare la concessione, purché un tale numero di anni non superi mai quello di venti›› (così l’art. 25 L. n. 103/1903).
Tale criterio di determinazione dell’indennità di revoca portò ad una vera e propria inversione di tendenza nel modo di concepire il rapporto tra concedente e concessionario[13]. Prima dell’avvento della Legge giolittiana del 1903, infatti, si riconosceva all’amministrazione concedente il potere di revocare il rapporto concessorio senza alcun obbligo d’indennizzo, non si aveva pertanto a che fare con un rapporto paritario.
Questa inversione di tendenza nel modo di concepire i rapporti tra P.A. e concessionari fu determinata da ragioni metagiuridiche, ovvero della convinzione che fosse necessaria una maggiore sensibilità per l’esigenze dell’imprenditoria, al fine di evitare che gli imprenditori privati preferissero investire altrove i propri capitali, privando in tal modo l’Amministrazione dell’aiuto di un partner necessario per la conduzione di attività essenziali, quali la gestione di servizi pubblici e la realizzazione di infrastrutture.
Ciò appare in modo solare dalle parole pronunciate da Giolitti in occasione della presentazione alla Camera del progetto di legge sulle municipalizzazioni. Giolitti, infatti, disse in quel frangente che:‹‹la facoltà del riscatto[14] deve essere circoscritta in modo che non venga turbata l’iniziativa industriale privata, la quale si acconcerebbe all’impiego dei suoi capitali nei servizi pubblici, se da un giorno all’altro potesse temere la revoca delle concessioni››[15].
Da quanto detto discende che, già all’inizio del secolo scorso, appariva necessario, al fine di incentivare la diffusione del partenariato pubblico privato, il riconoscimento del diritto del concessionario ad ottenere, in caso di revoca della concessione, la liquidazione sia del danno emergente che del lucro cessante.
Tornando ai giorni nostri possiamo ritenere che‹‹l’indennnizzo può essere apprezzato nel senso di una maggiore sensibilità del legislatore verso l’amministrato››[16] e di conseguenza che la disciplina prevista dall’art. 21-quinquies[17]- nella versione precedente alle ultime modifiche- poteva ‹‹essere presa come esempio della evoluzione del diritto amministrativo verso una tutela maggiore dell’amministrato››[18]
Pertanto, risulta che con la riduzione dell’entità dell’indennizzo in caso di revoca degli atti amministrativi, ex Art. 13 L. n. 40 del 2007, si siano azzerati i risultati ottenuti con anni di riforme volte a dar vita ad un rapporto più paritario tra la Pubblica amministrazione e i soggetti privati, cercando in tal modo di ovviare ad uno dei difetti più evidenti del nostro sistema ‹‹che è per una serie di circostanze ben note assai refrattario a sottoporre la pubblica amministrazione ad un qualche regime di responsabilità piena od anche attenuata per i danni e i sacrifici che legittimamente o illegittimamente il cittadino subisce››[19].

 


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[1] Segnatamente si è provveduto a revocare ex lege le concessioni rilasciate alla TAV S.p.a. per la realizzazione delle tratte Milano-Verona, Verona-Padova, Milano-Genova e del terzo valico del Giovi.
[2] E’ opportuno ricordare, per completezza, che gli effetti degli atti di revoca dei rapporti intercorrenti tra T.A.V. S.p.a. e i general contractors sono stati sospesi dal T.A.R. Lazio con l’articolata e motivata ordinanza cautelare del 23 maggio 2007, n. 880. E che il TAR Lazio, inoltre, ha adito la Corte di Giustizia affinché i giudice del Lussemburgo si pronuncino sulla compatibilità dell’art. 13 della L. n. 40 del 2007 con l’ordinamento comunitario.
[3] Si consideri, inoltre, come giustamente sottolineato da Zamberletti, che sussistendo, nei rapporti di general-contracting, una clausola di recesso che limita il rimborso dei costi di progettazione entro il limite del 3%‹‹una previsione come quella dell’art. 12[del Decreto Bersani-bis] sembra avere addirittura un effetto paradossale››. La TAV S.p.a., infatti, scelta la strada della revoca, sarà, comunque, obbligata a rimborsare i costi di progettazione senza usufruire del predetto limite. Cfr. Zamberletti, in atti Tavola rotonda I.G.I del 27 marzo 2007, L’art. 12 del D.L. 7/2007 sulla revoca dell’alta velocità: costituzionalità e legittimità nazionale ed europea, in www.igitalia.it.
[4] L’art. 21-quinquies fu inserito nella Legge sul procedimento amministrativo dalla L. n. 15 del 2005 al fine di introdurre nel nostro ordinamento una disciplina in materia di revoca degli atti amministrativi che si rifacesse in parte a quella prevista dal § 49, comma 5, della Legge tedesca sul procedimento amministrativo. Norma quest’ultima codificata nel lontano 1976 e che prevede l’obbligo dell’Amministrazione pubblica di risarcire, in caso di revoca di un atto amministrativo, il danno patrimoniale subito dal soggetto privato destinatario del provvedimento. Sull’ argomento cfr. Masucci, La codificazione del procedimento amministrativo nella Repubblica Federale di Germania, Napoli, 1979.
[5] Si consideri che è stato ritenuto che il nuovo comma 1-bis dell’art. 21-quinquies si applichi anche alle vicende insorte ed esauritesi prima dell’entrata in vigore della L. n. 15 del 2005. Cfr. T.A.R. Puglia, Lecce, sez. II, 6 marzo 2006, n. 830, in www.giustizia-amministrativa.it.
[6] Il nuovo comma 1-bis dell’art. 25-quinquies ripropone, dopo centododici anni, il criterio di determinazione dell’indennizo in caso di revoca di un provvedimento proposto da Federico Cammeo (cfr. Cammeo, I monopoli Comunali, in Arch. Giur., 1895 pp. 540 ss.). ‹‹Per Cammeo[infatti] la cessazione per revoca o riscatto- la distinzione non era ancora chiara nella nostra esperienza giuridica-[di una concessione] dà diritto all’indennità, che è ammessa in ogni caso, poiché l’interesse del concessionario al mantenimento della concessione per un determinato periodo di tempo è considerato comunque diritto soggettivo. L’indennità è però limitata al danno emergente, poiché il diritto ad essere “mantenuto nella concesione” e gli altri diritti soggettivi del concessionario sono “diritti pubblici subbiettivi” e non “diritti subbiettivi assoluti”, di derivazione contrattuale, i quali soli potrebbero giustificare anche il risarcimento del lucro cessante in caso di revoca o riscatto››.Così in D’Alberti, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981, p. 113.
[7] Così in Tarantino, Per una critica dell’autotutela sull’attività amministrativa spettrale, in Urbanistica e Appalti, n. 4, 2007, p. 414. Nello stesso senso anche Mezzacapo, Alta velocità,revocate le concessioni alla Tav, in Guida al diritto, 2007, pp. 46-47.
[8] La revoca, giova ricordarlo,‹‹è il provvedimento che produce la cessazione definitiva e irreversibile dell’efficacia (durevole) di un altro provvedimento; fermi restando gli effetti da questo già prodotti››. Così in Cerulli Irelli, Lineamenti del diritto amministrativo, Torino, 2006, p. 454.
[9] Come è stato giustamente osservato:‹‹non è chiara l’interpretazione che deve darsi all’espressione “l’indennizzo[…]è parametrato al solo danno emergente”. Il Legislatore infatti non equipara tout court indennizzo e danno emergente, ma utilizza il secondo termine come parametro per la determinazione del primo. Poiché normalmente il parametro che si utilizza per quantificare un risultato non necessariamente coincide con il risultato medesimo, sembra doversi ritenere che l’indennizzo, pur dovendo essere calcolato sulla base del danno emergente, possa, tuttavia, tenendo conto delle circostanze del caso concreto, scendere anche al di sotto di tale soglia[…].Sembra, in definitiva che “parametrando” l’indennizzo al danno emergente il legislatore abbia voluto dire che il danno emergente rappresenta il limite massimo sopra il quale l’indennizzo non può salire, ferma restando la possibilità di liquidare una somma inferiore (o addirittura nulla) in considerazione della consistenza dell’affidamento vantato dal privato››. Così in Giovagnoli, I criteri per la quantificazione dell’indennizzo in caso di revoca del provvedimento: le novità del Decreto Bersani, in Urbanistica e appalti, n. 4, 2007, p. 401.
[10] Così in Atti parl., Camera, Legisl. XXI, 2a ess. 1902, p.52.
[11] In generale sulla legge 103 del 1903, vedi: Corsi, Per l’attuazione della legge 29 marzo 1903 sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni, in Tip. Subalpina, Torino, 1903; Majorana, La municipalisation des services publics en Italie, in Revue Socialiste, Mars-Avril, 1903.
[12]Legge 103 del 29 marzo del 1903, regolava materie nelle quali le amministrazioni erano legate ai privati da rapporti concessori concernenti: l’utilizzazione dei beni pubblici, la costruzione di opere e la gestione di servizi. Tale normativa fu successivamente riaccorpata nel T.U. sui servizi municipalizzati di cui al R.D. 15 ottobre 1925, n. 2578.
[13] La legge Giolitti del 1903 ‹‹dettò un regime paritario più che di subordinazione fra amministrazioni municipali e concessionari, e agli interessi di questi ultimi dedicò grande attenzione››. Così in D’Alberti, (voce) Concessioni amministrative, in Enciclopedia giuridica Treccani, 1985, vol. VII , p. 2.
[14] ‹‹Va notato, per inciso, che allora la differenza fra riscatto e revoca non era oscura soltanto nel linguaggio dei politici: anche in larga parte della cultura giuridica essa verrà delineata in periodi molto succcessivi››. Così in D’Alberti, Le concessioni amministrative, Napoli, 1981, p. 185.
[15] Cosi in Atti parl., Camera, legisl. XXI, 2a sess., 1902, p. 19.
[16] Così in Vasta, I procedimenti di revisione, in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di Cerulli Irelli, Napoli, 2006, p. 342.
[17] ‹‹In tema di revoca, l’art. 21-quinquies, l. 7 agosto n. 241, è norma di principio, in quanto si inserisce nel sistema delle garanzie del cittadino nei riguardi dell’azione amministrativa, introducendo la previsione di un indennizzo per il pregiudizio che l’interessato abbia a subire per effetto della revoca di un provvedimento amministrativo›› così in T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 9 settembre 2007, n. 1775, in Foro amm. TAR 2007, p. 2672
[18] Così in Vasta, I procedimenti di revisione, in La disciplina generale dell’azione amministrativa, a cura di Cerulli Irelli, Napoli, 2006, p. 346.
[19] Così in Immordino, Revoca degli atti amministrativi e tutela dell’affidamento, Torino, 1999, p.194.

(pubblicato il 12.6.2008)

 

 
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