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n. 6-2008 - © copyright

 

PAOLO CARPENTIERI

Ancora (due righe) sui diritti incomprimibili


In un mio precedente contributo, pubblicato su questa Rivista nel mese di ottobre del 2006, avevo criticato il “rilancio” della teorica del diritto incomprimibile (come criterio di riparto di giurisdizione) compiuto dalle note ordinanze “gemelle” delle Sezioni Unite della Cassazione del giugno del 2006[1]. La Cassazione, come è noto, aveva sostenuto che La tutela giurisdizionale contro l'agire illegittimo della pubblica amministrazione spetta al giudice ordinario, quante volte il diritto del privato non sopporti compressione per effetto di un potere esercitato in modo illegittimo, sicché l'amministrazione deve essere convenuta davanti al giudice ordinario in tutte le ipotesi in cui l'azione risarcitoria costituisca reazione alla lesione di diritti incomprimibili, come la salute (Cass. 7 febbraio 1997 n. 1187; 8 agosto 1995 n. 8681; 29 luglio 1995 n. 8300; 20 novembre 1992 n. 12386; 6 ottobre 1979 n. 5172) o l'integrità personale.
In quella sede avevo osservato criticamente come questa idea della riserva di giurisdizione (ordinaria) sui diritti essenziali della persona costituzionalmente protetti (perciò “incomprimibili”, ossia non “degradabili” a interessi legittimi) fosse legata al modello monista a Costituzione flessibile del 1865 e fosse pertanto da ritenersi ormai antistorica rispetto al nostro sistema a Costituzione rigida, con controllo di costituzionalità accentrato e “costituzionalizzazione” della doppia giurisdizione. Avevo altresì aggiunto che, comunque, questa mitologia del diritto incomprimibile poteva giudicarsi in ogni caso inutile oggi, dopo l’introduzione della giurisdizione amministrativa “piena”, estesa al risarcimento del danno della lesione dell’interesse legittimo.
In quelle prime note avevo tratto spunto dall’ordinanza di rimessione alla Consulta, da parte del Tribunale civile di Civitavecchia (ordinanza del 16 marzo 2005 in G.U., 1^ Serie speciale, n. 34 del 24 agosto 2005), della questione di legittimità costituzionale del comma 552 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per l’anno 2005) attributivo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie (anche risarcitorie) aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di generazione di energia elettrica di cui al decreto legge n. 7 del 2002. Avevo in proposito rilevato come la tesi del diritto incomprimibile portasse oltretutto al risultato aberrante di spostare la scelta realizzativa e localizzativa di impianti e opere pubbliche potenzialmente incidenti sull’ambiente (e sulla salute) dalla sede propria del procedimento amministrativo legalmente dato alla decisione del giudice civile (lì si trattava della nota vicenda della riconversione a carbone della centrale termoelettrica di Civitavecchia).
Successivamente la Corte Costituzionale ha respinto la questione (sentenza n. 140 del 27 aprile 2007) affermando che il giudice amministrativo (come già detto nelle precedenti pronunce n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006) "è idoneo ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa", sicché non osta alla validità costituzionale del «sistema» in esame la natura «fondamentale» dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus, su cui pure insiste il rimettente, non essendovi alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti. Questa pronuncia è stata ripresa dall’adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 12 del 2007 ed è stata oggetto di numerosi commenti (per lo più adesivi), di cui vi è ampia traccia in questa Rivista (cui si rinvia). Anche le stesse Sezioni unite, in una successiva pronuncia, sembrano aver recepito questo indirizzo (in un caso di art. 700 c.p.c. concesso da un giudice di merito contro l’apertura di una discarica a Serre, in provincia di Salerno)[2].
Di recente il Governo ha adottato un decreto legge (d.l. 23 maggio 2008, n. 90, recante Misure straordinarie per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile) che, all’art. 4, rubricato Tutela giurisdizionale, attribuisce alla giurisdizione esclusiva del g.a. tutte le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati, precisando, nell’ultimo periodo del comma 1, che “La giurisdizione di cui sopra si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati”.
Quest’ultima proposizione normativa suscita una breve riflessione (critica). Essa, infatti, benché animata da buone intenzioni, è inutile e sbagliata.
E’ in primo luogo inutile, perché va a specificare per il caso particolare quello che la Corte aveva già detto in modo inequivoco per tutti i casi di giurisdizione amministrativa, in via generale. E’ in secondo luogo e foriera di equivoci, poiché ingenera il dubbio che questa “estensione” sia eccezionale e non sia possibile quando manchi un’apposita previsione che la preveda, il che si pone in evidente contrasto con il rescritto della Corte sopra citato.
La verità è che non servirebbe, a rigore, in casi del genere, neppure l’attribuzione speciale di giurisdizione esclusiva: il ricorso alla giurisdizione esclusiva, infatti, postula l’incomprimibilità, implica, cioè, che questi diritti costituzionalmente protetti restino diritti pur dinanzi all’esercizio del potere, sottende, dunque, l’idea che essi siano effettivamente incomprimibili, che è proprio ciò che si era negato nei precedenti, citati, contributi: esclusa l’incomprimibilità – sicuramente, almeno, del cd. “diritto all’ambiente salubre” – non si capisce, infatti, perché non dovrebbe bastare, per la tutela avverso gli atti autoritativi lesivi di questo “diritto”, quali le localizzazioni e le autorizzazioni di impianti produttivi, la giurisdizione generale di legittimità del g.a. E’ dunque sbagliata, a ben vedere, non solo la specificazione che la giurisdizione esclusiva si estende, nel caso specifico, anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente tutelati, ma anche la scelta, a monte, di attribuire una nuova materia di giurisdizione esclusiva in subiecta materia.
Questa disposizione normativa dimostra, dunque, che il grande equivoco dei diritti incomprimibili resta in piedi e non è stato ancora adeguatamente chiarito. S’intravede, infatti, dietro questa disposizione, l’idea che perché il g.a. possa conoscere di questi diritti costituzionalmente tutelati, sia necessaria un’apposita attribuzione di giurisdizione esclusiva, il che val quanto dire che questi diritti sono e restano, per l’appunto, incomprimibili, ossia tali che il potere non li possa mai ridurre a interessi legittimi, donde la necessità che il g.a. disponga, in tali casi, per poterli conoscere, di una giurisdizione estesa anche ai diritti soggettivi, cioè esclusiva. In realtà non esistono diritti – in particolare quello cd. all’ambiente salubre o alla salute – che siano in assoluto intangibili (incomprimibili) dal potere legalmente dato: ed infatti, se il Sottosegretario Bertolaso requisisce o espropria un’area e ci fa una discarica, il diritto all’ambiente salubre dei vicini è bell’e che compresso (o degradato che dir si voglia), ed è del tutto naturale che la tutela di questi vicini non potrà che essere quella, normalissima, di chi vanta un interesse legittimo oppositivo asseritamente leso da un illegittimo esercizio di potere, ossia la tutela propria dell’azione impugnatoria dinanzi al g.a. nella sede della giurisdizione generale di legittimità, senza che occorra alcuna attribuzione speciale di giurisdizione esclusiva. Sede, quella della giurisdizione generale di legittimità, occorre peraltro aggiungere, nella quale il cittadino che protesta potrà trovare tutti gli strumenti di tutela disponibili dinanzi al G.O. (cautelari, anche inaudita altera parte e, forse, secondo taluni, finanche ante causam, e risarcitori, per equivalente o in forma specifica), con, in più, e non e poco, l’annullamento dell’atto illegittimo. La tutela del nucleo incomprimibile del diritto alla salute potrà caso mai porre un problema di costituzionalità della legge attributiva del potere (ove qualcuno dubiti, ad esempio, dell’eccessiva ampiezza della deroga alle garanzie procedurali proprie delle normali istruttorie procedimentali), ma si tratta in tutta evidenza di un problema diverso, che va posto dinanzi al Giudice delle leggi, adito in via incidentale, che nulla ha a che vedere col riparto della giurisdizione sugli atti applicativi di quella legge.
L’attribuzione di giurisdizione esclusiva in questi casi è dunque ultronea (e, forse, contraddittoria) e si spiega solo con la volontà politica di fare piazza pulita di ogni dubbio possibile, di “tagliare la testa al toro” e di mettere un punto fermo per prevenire ogni tipo di dubbio applicativo. Insomma, il legislatore si vede in qualche modo costretto (dal permanere irrisolto in giurisprudenza dell’errore dogmatico sul diritto incomprimibile) a fare ricorso a questo escamotage: non potendo dire che determinati provvedimenti autoritativi si devono impugnare davanti al G.A. perché – come è ovvio - le posizioni soggettive lese non sono incomprimibili, il legislatore si vede costretto – al fine di evitare problemi – a dire che la materia è rimessa alla giurisdizione amministrativa esclusiva. Ma il mezzo è sovradimensionato rispetto al fine: si tratta di un ricorso alla giurisdizione esclusiva, per così dire, ad abundantiam, ispirato al principio per cui il più contiene il meno, giusto per impedire che a qualcuno venga in mente qualche dubbio e che i giudici si inventino qualcosa per rimpallarsi le questioni.
Il che è comprensibile, ma non è giustificabile, in termini di correttezza dogmatica.

 

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[1] Si tratta delle ordd. 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660, e 15 giugno 2006, n. 13911 (reperibili in questo sito, mese di luglio 2006, con note di M.A. Sandulli e V. Cerulli Irelli). Le tesi da me sostenute – cui mi riferisco nel testo – sono svolte più ampiamente in P. Carpentieri, Il nuovo riparto della giurisdizione, in Foro amm. – TAR, n. 7-8 del 2006, 2760 ss., nonché in Diritto alla salute, localizzazione degli impianti e giudice ordinario, in Urb e App., n. 7 del 2007, 797 ss. Posizioni analoghe sono espresse da ultimo da F. Caringella, Giudice amministrativo e diritti fondamentali, relazione al Convegno organizzato per il trentennale del Tar Lecce, 14 - 15 marzo 2008, in http://www.giustizia-amministrativa.it (maggio 2008).
[2] Si tratta di Cass. ss.uu., 28 dicembre 2007, n. 27187, in Il Corriere del merito, n. 3/2008, 387 ss., con nota di M.L. Maddalena.

 

(pubblicato il 9.6.2008)

 

 
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