CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE VI - Sentenza 30 gennaio 2007 n. 362
Pres. Giovannini, Rel. Volpe
Voltri Terminal Europa S.r.l. (Avv.ti R. Villata, A. Degli Esposti) c.Contship Italia S.p.a. (Avv. ti F. Munari e F. Sorrentino);Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Autorità Portuale di Genova (Avv. dello Stato) e altri |
1. Autorizzazione e concessione – Concessione-contratto – Delibera dell’Autorità portuale di estensione della concessione demaniale senza procedura concorrenziale – Illegittimità – Ragioni
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2. Autorizzazione e concessione – Concessione di servizi - Applicazione dei principi comunitari generali ai contratti diversi dagli appalti – Esistenza di un interesse concorrenziale – Legittimità
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3. Autorizzazione e concessione – Concessione-contratto – Obbligo di applicare la disciplina comunitaria dell’evidenza pubblica – Concessioni nel settore portuale – Sussiste – Inapplicabilità dell’esenzione ex art. 45 del Trattato - Ragioni
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1. E’ illegittima la delibera dell’Autorità portuale con cui sia estesa la concessione demaniale, in favore della società già concessionaria di alcuni moduli del medesimo porto, senza l’esperimento delle previa procedura concorrenziale. Infatti, non rilevano le eventuali esigenze di coordinamento nella gestione complessiva dei servizi portuali, quando il piano regolatore portuale non abbia previsto esplicitamente l’espansione dei servizi, imponendo l’affidamento al medesimo concessionario, senza l’indizione di una gara. Nè tanto meno è applicabile l’art. 24 del Regolamento per la navigazione marittima, approvato con D.P.R. n. 328/1952, in quanto quest’ultimo deve essere interpretato nel senso di permettere, previa richiesta, e a discrezione dell’amministrazione, variazioni al contenuto della concessione, senza però ammettere che si faccia a meno del procedimento concorrenziale.
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2. E’ legittima l’applicazione dei principi comunitari generali con riferimento alla concessione di servizi, anche sottosoglia, e ai contratti diversi dagli appalti, tali da suscitare l’interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti, nonché alle stesse concessioni di beni pubblici di rilevanza economica.
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3. Sussiste l’obbligo di applicare la disciplina comunitaria dell’evidenza pubblica, anche alle concessioni di beni pubblici, comprese quelle relative al settore portuale. Infatti, la concessione senza gara non può trovare giustificazione nell’art. 45 del Trattato, secondo cui sono escluse dall’applicazione di tali disposizioni, le attività che nello Stato nazionale partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri: tale norma va interpretata in senso restrittivo, dovendo trattarsi di un trasferimento di potere pubblicistico autoritativo non ravvisabile con riferimento all’istituto della concessione che, ai fini comunitari, si distingue dall’appalto essenzialmente con riguardo alle modalità di remunerazione dell’opera del concessionario.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
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N.362/2007 Reg.Dec.
N. 3710-3863 Reg.Ric.
ANNO 2006
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Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
Sezione Sesta
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ha pronunciato la seguente
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DECISIONE
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- sul ricorso in appello n. 3710/2006, proposto da:
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VOLTRI TERMINAL EUROPA S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Riccardo Villata, Andreina Degli Esposti, Lorenzo Acquarone e Giovanni Acquarone, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, via Bissolati, n. 76;
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contro
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CONTSHIP ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Francesco Munari e Federico Sorrentino, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere delle Navi, n. 30;
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e nei confronti di
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MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI E AUTORITA’ PORTUALE DI GENOVA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domiciliano per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
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REGIONE LIGURIA, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Gabriele Pafundi, Michela Sommariva e Luigi Cocchi, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
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PROVINCIA DI GENOVA, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avv. Roberto Giovanetti e Gabriele Pafundi, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
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COMUNE DI GENOVA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. Edda Odone e Gabriele Pafundi, ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;
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RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
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e
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- sul ricorso in appello n. 3863/2006, proposto da:
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AUTORITA’ PORTUALE DI GENOVA E MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, come sopra rappresentati, difesi e domiciliati;
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contro
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CONTSHIP ITALIA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
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e nei confronti di
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VOLTRI TERMINAL EUROPA S.R.L., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
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REGIONE LIGURIA, in persona del presidente in carica, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
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PROVINCIA DI GENOVA, in persona del presidente in carica, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata;
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COMUNE DI GENOVA, in persona del sindaco in carica, come sopra rappresentato, difeso e domiciliato;
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RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
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per l’annullamento
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Liguria, sezione prima, 16 marzo 2006, n. 225;
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visti i ricorsi in appello principale, con i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio dei soggetti suindicati;
visti i ricorsi in appello incidentale della Regione Liguria;
visto il ricorso in appello incidentale della Contship Italia s.p.a. (nel giudizio relativo al ricorso in appello principale n. 3710/2006);
viste le memorie prodotte dalle parti;
visti tutti gli atti della causa;
relatore all’udienza pubblica del 21 novembre 2006 il consigliere Carmine Volpe, e uditi gli avv. R. Villata, A. Degli Esposti, L. Acquarone e G. Acquarone per la Voltri Terminal Europa s.p.a., l’avv. dello Stato Novaresi per l’Autorità portuale di Genova e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, gli avv. F. Munari e F. Sorrentino per la Contship Italia s.p.a., gli avv.ti G. Pafundi, M. Sommariva e L. Cocchi per la Regione Liguria, l’avv. G. Pafundi per la Provincia di Genova e per il Comune di Genova;
ritenuto e considerato quanto segue.
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FATTO
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Il primo giudice, con la sentenza suindicata, ha accolto il ricorso principale e quello con motivi aggiunti proposti dalla Contship Italia s.p.a. e ha dichiarato inammissibile la domanda di condanna al risarcimento del danno dalla medesima presentata. Erano impugnati i seguenti provvedimenti:
a) delibera del Comitato portuale dell’Autorità portuale di Genova 13 luglio 2005, con cui è stata estesa al VI modulo del porto di Genova-Voltri la concessione demaniale 15 ottobre 1991, n. 49 (e successive integrazioni) in titolarità della Voltri Terminal Europa s.p.a.;
b) ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, compreso il verbale della seduta del Comitato portuale, la nota della detta Autorità 4 febbraio 2005, n. 269/SG, il verbale relativo alla seduta del 20 dicembre 2004 (richiamato nel provvedimento impugnato), in parte qua il piano regolatore portuale di Genova adottato dal detto Comitato portuale in data 18 giugno 1999, approvato dalla Regione Liguria con deliberazioni 31 luglio e 13 novembre 2001 e pubblicato il 28 novembre 2001, nonché l’accordo di programma concluso il 7 maggio 1996;
c) l’atto di sottomissione per anticipata occupazione del VI modulo del terminal di Voltri in data 5 agosto 2005 e, ove occorra, la nota della Voltri Terminal Europa s.p.a. 28 luglio 2005 di richiesta di occupazione anticipata dell’area relativa al detto VI modulo.
La sentenza viene appellata, con il ricorso n. 3710/2006, dalla Voltri Terminal Europa s.p.a. e, con il ricorso n. 3863/2006, dall’Autorità portuale di Genova e dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Si sono costituiti, nel giudizio relativo al ricorso in appello n. 3710/2006, la Contship Italia s.p.a., che ha proposto anche ricorso in appello incidentale, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l’Autorità portuale di Genova, la Regione Liguria, che ha proposto anche ricorso in appello incidentale, la Provincia di Genova e il Comune di Genova. La Voltri Terminal Europa s.p.a., la Contship Italia s.p.a., la Regione Liguria, la Provincia di Genova e il Comune di Genova hanno prodotto memorie con le quali hanno ulteriormente illustrato le proprie difese.
Si sono costituiti, nel giudizio relativo al ricorso in appello n. 3863/2006, la Contship Italia s.p.a., la Regione Liguria, che ha proposto anche ricorso in appello incidentale, la Provincia di Genova e il Comune di Genova. L’Autorità portuale di Genova e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Contship Italia s.p.a., la Regione Liguria, la Provincia di Genova e il Comune di Genova hanno prodotto memorie con le quali hanno ulteriormente illustrato le proprie difese.
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DIRITTO
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1. I ricorsi in appello principale devono essere riuniti siccome proposti avverso la medesima sentenza.
La controversia per cui è causa attiene alla legittimità della delibera dell’Autorità portuale di Genova 13 luglio 2005, con cui si è estesa al VI modulo del porto di Genova-Voltri la concessione demaniale 15 ottobre 1991, n. 49 (e successive integrazioni) in titolarità della Voltri Terminal Europa s.p.a., già concessionaria degli altri moduli del medesimo porto; senza l’esperimento di una previa procedura concorrenziale. L’Autorità, con la detta delibera, ribadiva “la fondamentale esigenza dell’unitarietà del Terminal di Voltri sino al VI modulo, in funzione di una gestione unica e coordinata dei servizi resi al fine di garantire lo sviluppo competitivo del porto e dei traffici, altrimenti compromesso da un frazionamento gestionale”.
Il primo giudice ha affermato che:
a) il ricorso non era irricevibile per tardività;
b) andava esperita una gara previa pubblicità, anche ai sensi dell’art. 18 della l. 28 gennaio 1994, n. 84;
c) l’impegno assunto dall’Autorità portuale di Genova, con la deliberazione del Comitato portuale 20 dicembre 1996, non avrebbe avuto alcun valore;
d) il non esperire la previa gara non sarebbe consentito nemmeno dal disposto dell’art. 24 del regolamento per la navigazione marittima, approvato con d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328, in quanto la norma non può applicarsi all’affidamento di una nuova area demaniale di vaste dimensioni e dotata di specifiche opere;
e) l’azione risarcitoria è inammissibile poiché non coltivata in giudizio.
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2. Con riguardo ai ricorsi in appello principale la sezione osserva quanto segue.
Deve innanzitutto rilevarsi che il piano regolatore portuale di Genova prevedeva l’espansione del terminal di Voltri attraverso la realizzazione del VI modulo (si vedano le pagine 129 e 148 del piano), ma non ne imponeva l’affidamento al medesimo concessionario del terminal senza l’indizione di una previa gara. E tanto meno disponeva che l’intero terminal dovesse essere affidato in concessione a un solo soggetto o escludeva la gestione separata del VI modulo.
Ne consegue che il piano regolatore portuale di Genova non ha alcuna influenza sulla controversia per cui è causa né costituisce presupposto degli ulteriori provvedimenti impugnati in primo grado, i quali non ne sono attuazione.
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3. La Contship Italia s.p.a. non avrebbe dovuto impugnare le note dell’Autorità portuale di Genova 7 dicembre 2004, n. 2616/SG (di avvio dell’istruttoria sull’istanza presentata dalla Voltri Terminal Europa s.p.a.), 4 febbraio 2005, n. 269/SG, 24 febbraio 2005, n. 1112/DEM e 23 maggio 2005, n. 1227, dato il carattere interlocutorio delle stesse, nelle quali non era espressa (né era desumibile) l’univoca volontà dell’amministrazione di affidare la concessione del VI modulo alla Voltri Terminal Europa s.p.a.. L’Autorità aveva solo informato la Contship Italia s.p.a. dell’attuale corso del procedimento, riguardante la Voltri Terminal Europa s.p.a. e instaurato allo scopo di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per l’eventuale estensione della concessione sul VI modulo; procedimento che non era ancora pervenuto alla decisione di estendere la concessione. Il che è avvenuto solo con la deliberazione in data 13 luglio 2005 impugnata in primo grado.
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4. La sezione ritiene che il VI modulo non fosse compreso nell’originaria concessione demaniale 15 ottobre 1991, anche perché non era stato ancora realizzato (le opere di allestimento del VI modulo si sono concluse alla fine del 2004) né tanto meno previsto (lo è stato da parte del piano regolatore portuale di Genova, che risale al 1999 e nel 2001 è stato approvato e pubblicato).
Con riguardo alla delibera del Comitato portuale dell’Autorità portuale di Genova 20 dicembre 1996, n. 3, essa, al punto 4.4. dal titolo “Ampliamento terminal (VI° modulo)”, aveva previsto che “L’ulteriore espansione del terminal, entro il limite del VI° modulo, sarà realizzato dall’Autorità Portuale e, quindi, successivamente inserito nell’ambito della concessione secondo i criteri dell’accordo” (che è quello di programma stipulato il 7 maggio 1996 e che sul VI modulo non prevede alcunché). Si tratta della manifestazione, da parte dell’amministrazione, di un mero intento, non impegnativo per la stessa tanto è vero che poi si dava mandato al presidente di riscrivere l’atto di concessione in data 15 ottobre 1991. E comunque la detta delibera n. 3/1996 non può ritenersi espressiva della volontà dell’Autorità di includere nella concessione di cui trattasi anche il VI modulo, al momento ancora non esistente. Così che sia la delibera sia il successivo atto suppletivo/integrativo del 29 aprile 1998 non dovevano essere impugnati. Come anche tutti gli atti successivi dell’Autorità, compresi l’atto aggiuntivo del 16 marzo 1999 a precisazione di quanto pattuito nel detto atto suppletivo/integrativo del 29 aprile 1998, in cui si parla solo di “lavori di pavimentazione del VI modulo del terminal portuale di Genova-Voltri” da ultimare nell’anno 2001, il che comporterà “una prima variazione dell’entità del canone annuo concessorio in relazione all’ammontare dei costi all’uopo necessari”, e l’atto di concessione suppletivo/integrativo del 21 marzo 2001; nel quale - dopo avere premesso che “la rideterminazione del canone, a partire dal 1° gennaio 2004, contemplerà…anche la realizzazione del VI modulo del terminal portuale, tenuto anche conto degli eventuali investimenti effettuati dalla concessionaria” - si precisa che “le ulteriori nuove espansioni del terminal ed i relativi investimenti, che determineranno conseguenti variazioni nell’entità del canone annuo per gli esercizi successivi, saranno concordati e definiti di volta in volta secondo le esigenze dei piani di impresa della concessionaria e d’intesa con l’Autorità portuale”.
In tali atti non vi è la manifestazione univoca della volontà di estendere al VI modulo la concessione in capo alla Voltri Terminal Europa s.p.a.; la quale manifestazione, si ribadisce, si è avuta solo con la deliberazione in data 13 luglio 2005 impugnata in primo grado. Tanto più che tale ultima società aveva richiesto l’estensione della concessione al VI modulo solo con istanza depositata il 26 novembre 2004.
La circostanza per la quale i precedenti atti dell’Autorità portuale di Genova potrebbero avere generato un affidamento della Voltri Terminal Europa s.p.a. nell’estensione della propria concessione al detto VI modulo, non salva di per sé il provvedimento di estensione della concessione dall’illegittimità rilevata dal primo giudice, né obbliga l’amministrazione a tenere il comportamento conseguente al generato affidamento.
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5.1. La sezione ritiene che dovesse essere svolta una procedura concorrenziale previa pubblicità, per le medesime ragioni già esposte nella propria decisione 25 gennaio 2005, n. 168, oltre che in quella 30 dicembre 2005, n. 7616 che si richiama alla prima.
L’obbligo di dare corpo a forme idonee di pubblicità deriva dai principi del Trattato dell’Unione Europea, direttamente applicabili a prescindere dalla ricorrenza di specifiche norme comunitarie o interne e in modo prevalente su eventuali disposizioni interne di segno opposto.
Alla stregua della comunicazione della Commissione europea del 12 aprile 2000, pubblicata in Gazzetta ufficiale n. C 121 del 29 aprile 2000, richiamata e sviluppata da un circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento per le politiche Comunitarie n. 945 in data 1° marzo 2002, i principi di evidenza pubblica, da attuare in modo proporzionato e congruo all’importanza della fattispecie in rilievo, vanno applicati, in quanto dettati in via diretta e self-executing dal Trattato, anche alle fattispecie non interessate (nella specie concessione di servizi) da specifiche disposizioni comunitarie volte a dare la stura a una procedura competitiva puntualmente regolata.
Con la comunicazione della Commissione si è rimarcato che “benché il Trattato non contenga alcuna esplicita menzione degli appalti pubblici, né delle concessioni, molte delle sue disposizioni sono rilevanti in materia. Si tratta delle norme del Trattato che presidiano e garantiscono il buon funzionamento del mercato unico, ossia: - le norme che vietano qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità (articolo 12, paragrafo 1, ex articolo 6, paragrafo 1); - le norme relative alla libera circolazione delle merci (articoli 28 - ex 30 - e seguenti), alla libertà di stabilimento (articoli 43 - ex 52 - e seguenti), alla libera prestazione di servizi (articoli 49 - ex 59 - e seguenti) nonché le eccezioni a tali norme previste agli articoli 30, 45 e 46 (ex articoli 36, 55 e 56);- le disposizioni dell'articolo 86 (ex 90) del Trattato”.
La circolare ha a sua volta puntualizzato che, “a prescindere dall’applicabilità di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a 55 (ex articoli da 52 a 66) del Trattato o dei principi sanciti dalla giurisprudenza della Corte. Si tratta in particolare dei principi di non discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di mutuo riconoscimento e proporzionalità così come risultano dalla costante tradizione giurisprudenziale della Corte europea che si è posta all’avanguardia nella loro elaborazione”. Segnatamente “il principio di trasparenza, strettamente legato a quello di non discriminazione poiché garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di pubblicità, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione. Secondo le indicazioni della Commissione europea (cfr. il punto 3.1.2 della Comunicazione interpretativa) tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioni necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro interesse a partecipare alla procedura quali l’indicazione dei criteri di selezione ed attribuzione, l’oggetto della concessione e delle prestazioni attese dal concessionario. Spetterà poi in particolare ai giudici nazionali valutare se tali obblighi siano stati osservati attraverso l’adozione di appropriate regole o prassi amministrative.” A sua volta, “il principio di parità di trattamento implica che le amministrazioni concedenti pur essendo libere di scegliere la procedura di aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore interessato e di stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi della procedura, debbano poi garantire che la scelta del candidato avvenga in base a criteri obiettivi e che la procedura si svolga rispettando le regole e i requisiti inizialmente stabiliti (cfr. Corte di Giustizia, sentenza 25 aprile 1996, causa C-87/94 Bus Wallons, punto 54). La Commissione individua quali esempi di pratiche contrarie alla parità di trattamento quelle che permettono l’accettazione di offerte non conformi al capitolato d’oneri o modificate successivamente alla loro apertura ovvero la presa in considerazione di soluzioni alternative qualora la possibilità non sia stata prevista dal progetto iniziale.
La sottoposizione delle concessioni di servizi al principio di non discriminazione, in particolare in base alla nazionalità, è stato recentemente confermato anche dalla giurisprudenza comunitaria, che ha precisato come l’obbligo di trasparenza a cui sono tenute le amministrazioni consiste nel garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di pubblicità che consenta l’apertura degli appalti dei servizi alla concorrenza nonché il controllo sull’imparzialità delle procedure di aggiudicazione (Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, cit., considerato n. 62)”.
La circostanza che le direttive comunitarie in materia di appalti siano attuative dell’art. 81 del Trattato porta in sostanza a ritenere che queste norme siano puramente applicative, con riferimento a determinati appalti, di principi generali che, essendo sanciti in modo universale dal Trattato, sono ovviamente valevoli anche per contratti e fattispecie diverse da quelle concretamente contemplate.
Di qui l’immediata operatività dei principi, sopra esposti con riferimento alla concessione di servizi, anche agli appalti sottosoglia (si veda la circolare del Dipartimento per le politiche comunitarie del 30 giugno 2002 ove si richiama l’ordinanza 3 dicembre 2001, in C-59/00, e la sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, rese dalla Corte di Giustizia), e ai contratti diversi dagli appalti tali da suscitare l’interesse concorrenziale delle imprese e dei professionisti, nonché, infine, alle stesse concessioni di beni pubblici di rilevanza economica. La Corte di giustizia, in particolare, ha statuito che, “sebbene le direttive comunitarie che coordinano le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici si applichino soltanto ai contratti il cui valore supera un determinato limite previsto espressamente in ciascuna delle dette direttive, il solo fatto che il legislatore comunitario abbia considerato che le procedure particolari e rigorose previste in tali direttive non sono adeguate allorché si tratta di appalti pubblici di scarso valore, non significa che questi ultimi siano esclusi dall'ambito di applicazione del diritto comunitario” (si veda, in tal senso, l’ordinanza 3 dicembre 2001, in C-59/00, punto 19). Già in precedenza il giudice comunitario aveva sottolineato la necessità del rispetto del principio di trasparenza anche per gli appalti non rientranti espressamente nella sfera di applicazione di una direttiva, ricordando che “nonostante il fatto che siffatti contratti, allo stadio attuale del diritto comunitario, siano esclusi dalla sfera di applicazione della direttiva 93/38, gli enti aggiudicatori che li stipulano sono ciò nondimeno tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, e il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare” (sentenza 7 dicembre 2000, in C-324/98, Teleaustria c. Post & Telekom Austria, punto 60). Prendendo le mosse da siffatte considerazioni la Corte di Giustizia ha rimarcato che anche per un appalto pubblico di lavori non eccedente il valore limite previsto dalla direttiva 93/37, “l’articolo 30 del Trattato osta a che un’amministrazione aggiudicatrice inserisca nel capitolato d’oneri relativo al detto appalto una clausola che prescrive per l’esecuzione di tale appalto l’impiego di un prodotto di una determinata marca senza aggiungere la menzione o “equivalente” (Corte Giust. ord. 3 dicembre 2001 cit., ove si mette in rilievo come la riserva del mercato ai soli offerenti che intendano utilizzare materiali prodotti in un certo Stato, nella specie l’Irlanda, può ostacolare le correnti d’importazione nel commercio intracomunitario, in contrasto con l’art. 30 del Trattato; si veda, in tal senso, sentenza Corte Giust. 24 gennaio 1995, causa c-359/93, Commissione/93). Anche il Consiglio di Stato, riconoscendo la giurisdizione del giudice amministrativo in un appalto di servizi di importo inferiore a quello previsto dalla disciplina comunitaria, ai sensi dell’art. 33, lettera d), nel testo attuale del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e dell’art. 6, comma 1, della l. 21 luglio 2000, n. 205, ha richiamato e condiviso gli orientamenti della Corte di Giustizia, puntualizzando che norme comunitarie vincolanti ben possono imporsi oltre il ristretto ambito applicativo delle direttive sugli appalti e che i sistemi di scelta del contraente ispirati alla par condicio presentano sempre i medesimi requisiti strutturali e richiedono, sul fronte del contenzioso, le medesime tecniche di indagine e giudizio (Cons. Stato, sez. IV, 15 febbraio 2002, n. 934).
Il giudice amministrativo ha richiamato la posizione della Commissione UE, secondo la quale, anche nei casi in cui non trova applicazione la direttiva sugli appalti di servizi (in particolare, nel caso delle concessioni di pubblici servizi), la scelta del contraente incontra i limiti indicati dalle norme del Trattato in materia di libera prestazione di servizi e dai principi generali del diritto comunitario, tra cui la non discriminazione, la parità di trattamento, la trasparenza. Si impone così una scelta ispirata a criteri obiettivi e trasparenti, tali da assicurare in ogni caso la concorrenza tra i soggetti interessati (si vedano i progetti di comunicazione interpretativa della Commissione del 24 febbraio 1999 e del 12 aprile 2000, nonché, per l’affermazione dei medesimi principi e per la rilevanza generale degli obblighi di trasparenza nella scelta dei contraenti, specie quando si tratta di servizi pubblici, Corte di Giustizia CE, 7 dicembre 2000, C-324/98).
La giurisprudenza amministrativa, pur citando principi espressi dalla Corte di Giustizia con riferimento alle concessioni di servizi pubblici, che è figura diversa dall’appalto di servizi, ha riconosciuto agli stessi “una portata generale che può adattarsi ad ogni fattispecie che sia estranea all’immediato ambito applicativo delle direttive sugli appalti. Del resto, è utile ricordare che la tradizione dell’ordinamento interno è sempre stata quella di favorire la libera scelta del concessionario, introducendo ampie deroghe al regime dell’evidenza pubblica, e di considerare con maggior rigore, all’opposto, proprio la scelta del contraente appaltatore (dec. n. 934/2002 cit.)”.
Si è in particolare chiarito che “la normativa europea in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non trova applicazione (e pertanto l'affidamento diretto della gestione del servizio è consentito anche senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle norme comunitarie) solo quando manchi un vero e proprio rapporto giuridico tra l’ente pubblico e il soggetto gestore, come nel caso, secondo la terminologia della Corte di Giustizia, di delegazione interorganica o di servizio affidato, in via eccezionale, "in house" (Corte di Giustizia, sentenza del 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal).
In altri termini, quando un contratto sia stipulato tra un ente locale e una persona giuridica distinta, l’applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa nel caso in cui l’ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e questa persona (giuridica) realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente o con gli enti locali che la controllano. Segnatamente, ad avviso delle istituzioni comunitarie, per controllo analogo s'intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti pratici, a una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente dell’ente pubblico sull’ente societario. In detta evenienza, pertanto, l’affidamento diretto della gestione del servizio è consentito senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie innanzi citate.
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5.2. Quanto esposto si applica anche alle concessioni di beni pubblici, comprese quelle relative al settore portuale il quale non è escluso dall’applicazione del diritto comunitario.
L’indifferenza comunitaria al nomen della fattispecie, e quindi alla sua riqualificazione interna in termini pubblicistici o privatistici, fa sì che la sottoposizione ai principi di evidenza trovi il suo presupposto sufficiente nella circostanza che con la concessione di area demaniale marittima si fornisce un’occasione di guadagno a soggetti operanti sul mercato; così da imporre una procedura competitiva ispirata ai ricordati principi di trasparenza e non discriminazione.
Né si può ritenere che la tradizionale idea della concessione senza gara possa trovare giustificazione nell’art. 45 del Trattato, secondo cui sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente capo le attività che nello Stato nazionale partecipino, sia pure occasionalmente, all’esercizio dei pubblici poteri. La norma va interpretata in senso restrittivo, dovendo trattarsi di un trasferimento di potere pubblicistico autoritativo non ravvisabile con riferimento all’istituto della concessione che, ai fini comunitari, si distingue dall’appalto essenzialmente con riguardo alle modalità di remunerazione dell’opera del concessionario.
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6. Con riguardo al supposto carattere funzionalmente inscindibile del VI modulo del porto di Genova-Voltri rispetto alle altre sezioni della banchina, del quale costituisce prolungamento a cui può accedersi utilizzando le attrezzature e gli spazi preesistenti, affidati alla Voltri Terminal Europa s.p.a., la sezione ritiene che siffatte circostanze, proprie della situazione logistica dei luoghi, non impongano la gestione da parte di un unico soggetto e non possano esentare dall’osservanza dell’obbligo di indire una gara. Anche in considerazione della notevole estensione del VI modulo (circa 20 ettari di superficie) e in applicazione di quanto prescritto dall’art. 18, comma 1, della l. n. 84/1994 (secondo cui “Le concessioni sono affidate, previa determinazione dei relativi canoni, anche commisurati all'entità dei traffici portuali ivi svolti, sulla base di idonee forme di pubblicità, stabilite dal Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, con proprio decreto”), nonché dall’art. 18, comma 1, del regolamento per la navigazione marittima, approvato con d.p.r. n. 328/1952 (il quale prevede la previa pubblicazione della domanda in caso di “concessioni di particolare importanza per l'entità o per lo scopo”).
Non costituisce ostacolo nemmeno l’art. 24, comma 2, del citato regolamento, il quale, comunque, va disapplicato se contrastante con principi e norme comunitarie. La norma (prevedendo, al primo periodo, che “Qualsiasi variazione nell'estensione della zona concessa o nelle opere o nelle modalità di esercizio deve essere richiesta preventivamente e può essere consentita mediante atto o licenza suppletivi dopo l'espletamento dell'istruttoria”) intende permettere, previa richiesta e a discrezione dell’amministrazione, variazioni al contenuto della concessione, ma non giustifica certo di provvedere senza previa pubblicità e senza un procedimento concorrenziale. Quanto al secondo periodo del comma 2 del citato art. 24 (secondo cui “Qualora, peraltro, non venga apportata alterazione sostanziale al complesso della concessione e non vi sia modifica nell'estensione della zona demaniale, la variazione può essere autorizzata per iscritto dal capo del compartimento, previo nulla osta dell'autorità che ha approvato l'atto di concessione”), esso non è invocabile nella fattispecie per cui è causa nella quale si è in presenza di una modifica nell’estensione della zona demaniale.
La particolarità della situazione, che comunque non impedisce di per sé la gestione da parte di soggetto diverso dal concessionario del terminal di Voltri, dovrà essere considerata dall’amministrazione, nell’ambito della gara, in sede di fissazione dei criteri da seguire nell’espletamento della relativa procedura.
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7. I ricorsi in appello incidentale della Regione Liguria devono essere respinti.
Con i gravami la Regione sostiene che il primo giudice avrebbe dovuto dichiarare il ricorso irricevibile per tardività con riguardo all’impugnazione del piano regolatore portuale.
La censura è priva di pregio in quanto, come da questa sezione già osservato, il piano regolatore portuale non ha alcuna influenza sulla controversia per cui è causa né costituisce presupposto degli ulteriori provvedimenti impugnati in primo grado.
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8. La Contship Italia s.p.a., nel giudizio relativo al ricorso in appello principale n. 3710/2006, ha proposto ricorso in appello incidentale con cui ha insistito sulla fondatezza della domanda risarcitoria proposta in primo grado.
Il ricorso deve essere respinto. Allo stato, infatti, non vi sono i presupposti per conseguire il risarcimento del danno, in quanto non è stata ancora accertata la fondatezza della pretesa della Contship Italia s.p.a. a conseguire l’affidamento in concessione del VI modulo del porto di Genova-Voltri. Il potere dell’amministrazione, in esecuzione della decisione di questa sezione, si dovrà riesercitare con l’indizione di una procedura di evidenza pubblica; a seguito della quale e sulla base degli esiti della stessa, si potrà porre un problema di risarcimento del danno. L’annullamento degli atti restaura la chance che si assume pregiudicata e funge da strumento di tutela in forma specifica, allo stato satisfattorio in assenza di un accertamento amministrativo sulla spettanza del bene della vita.
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9. Pertanto, i ricorsi in appello principale devono essere riuniti. I ricorsi in appello principale, i ricorsi in appello incidentale della Regione Liguria, nonché il ricorso in appello incidentale della Contship Italia s.p.a. (nel giudizio relativo al ricorso in appello principale n. 3710/2006) vanno respinti. Le spese del giudizio, sussistendo giusti motivi, possono essere compensate.
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Per questi motivi
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il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta:
a) riunisce i ricorsi in appello principale;
b) respinge i ricorsi in appello principale, i ricorsi in appello incidentale della Regione Liguria e il ricorso in appello incidentale della Contship Italia s.p.a. (nel giudizio relativo al ricorso in appello principale n. 3710/2006);
c) compensa tra le parti le spese del giudizio;
d) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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Così deciso in Roma il 21 novembre 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio, con l’intervento dei signori:
Giorgio Giovannini presidente
Sabino Luce consigliere
Carmine Volpe consigliere, estensore
Gianpiero Paolo Cirillo consigliere
Giuseppe Romeo consigliere
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA il...30/01/2007 (Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
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