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n. 10-2006 - © copyright |
NICOLA LUGARESI
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Regole, diritti ed interessi in rete: il diritto pubblico di Internet
1. CyberLaw e diritto di Internet |
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Il termine cyberlaw, comunemente usato nei Paesi anglosassoni, non è facilmente traducibile. Diritto di Internet potrebbe essere una soluzione, ma Internet Law e cyberlaw non sono necessariamente coincidenti. Ancora più complesso è stabilire se con il termine cyberlaw sia possibile identificare una branca autonoma del diritto, non nuova, ma ancora in via di costruzione ed elaborazione, o se invece tale termine abbia solamente una connotazione descrittiva. Certo è interessante notare come anche negli Stati Uniti, che hanno un approccio generalmente più pragmatico e concreto al diritto rispetto all’Europa continentale, un dibattito di questo tipo, di carattere prevalentemente teorico, si sia sviluppato. Infine, non è chiaro quale sia lo spazio che il diritto pubblico, ed in particolare il diritto amministrativo, possano occupare in un settore che ancora sta cercando una propria sistemazione.
Al di là della sua autonomia o meno, la cyberlaw (per comodità si preferisce per il momento utilizzare questa definizione) costituisce un diritto relativamente nuovo, per il quale non sempre possono essere utilizzati, direttamente o per analogia, criteri giuridici già esistenti. In questo senso, come diritto complesso, che interagisce con le altre branche tradizionali, comporta una rivisitazione di principi giuridici, di cui si deve verificare la capacità di adattamento di fronte a nuovi fenomeni. Si tratta di un diritto in via di continuo e frenetico sviluppo, che segue e nel contempo cerca di precedere, la tecnologia, nel quale è possibile, più che in altri settori, una attività creativa, di carattere normativo, interpretativo, giurisprudenziale.
L’oggetto della cyberlaw è, se non totalmente, almeno difficilmente compatibile con costruzioni dogmatiche e classificazioni astratte, sia per la velocità con cui nascono i problemi (rapporti interprivati, rapporti tra cittadini e pubblici poteri, profili internazionali), e conseguentemente devono essere ricercate le soluzioni giuridiche (in via normativa o giurisprudenziale), sia in rapporto all’evoluzione deii riferimenti tecnologici (hardware, software, architettura della rete). Anche se, rispetto ad altre branche, si può dire che si tratti di differenze quantitative, più che qualitative (i cambiamenti di contesto, e normativi, sono comuni a tutto il diritto vivente), ciò non toglie che la velocità del cambiamento costituisca un elemento sostanziale di valutazione.
D’altra parte, anche qualora non si volesse riconoscere alla cyberlaw una sua autonomia “ontologica”, il dibattito teorico su di essa non è aprioristicamente destinato ad un insuccesso. Se nel dibattito teorico non si perde il contatto con le problematiche giuridiche reali, tenendo conto della funzionalità degli aspetti teorici rispetto alla ricerca di soluzioni giuridiche idonee a migliorare la situazione di fatto, ecco allora che le energie impiegate nello sforzo non saranno da ritenersi sprecate. La considerazione dei profili teorici può aggiungere, e non togliere, un valore alla migliore comprensione dei nuovi fenomeni giuridici che l’interrelazione con Internet quotidianamente comporta. Diritto pubblico e diritto amministrativo non possono rimanere estranei a tale processo. |
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2. L’evoluzione della cyberlaw |
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La cyberlaw è, e sarà sempre di più, soggetta a processi evolutivi. Si può prevedere che, per essa, ci siano tre possibili alternative. Per una prima ipotesi (a), la cyberlaw è destinata a conquistare, ed a mantenere, un certo livello di autonomia, in virtù delle sue caratteristiche intinseche. Per una seconda ipotesi (b), la cyberlaw, nel rispetto di una propria autonomia, è destinata a dividersi in sottodiscipline, anche per motivi pratici legati alla formazione degli operatori del diritto. Per una terza ipotesi (c), le discipline tradizionali si impadroniranno (o si riapproprieranno) progressivamente delle tematiche attualmente proprie della cyberlaw, e quindi, pro quota, della cyberlaw stessa, che subirà pertanto un processo di smembramento ed eliminazione. Ognuna di queste tre teorie ha un suo fondamento.
(a) La cyberlaw può essere vista come disciplina autonoma, in quanto ha principi ed istituti comuni. Al di là degli aspetti soggettivi (backgrounds e modi di pensare, intesi anche come metodologie comuni), che di fatto costituiscono un elemento di unificazione della disciplina, l’aspetto tecnologico è un altro fattore rilevante, inteso sia in senso strumentale (Internet come oggetto della ricerca), che in senso sostanziale (la regolamentazione inserita nella tecnologia stessa). In questo senso la cyberlaw ha un carattere autonomo, ma anche trasversale, e proprio tale trasversalità potrebbe garantire alla stessa un’autonomia anche in futuro.
(b) Se adesso si può riconoscere non solo una certa autonomia, ma anche una certa unitarietà, alla cyberlaw, si può ritenere che tale situazione non si manterrà a lungo. La cyberlaw dovrà dividersi in più sottodiscipline, che avranno ovviamente punti di contatto, eventualmente istituti e principi comuni, ma che avranno anche caratteri sostanzialmente divergenti, proprio per la connessione naturale con le branche tradizionali del diritto, a meno di non voler considerare la cyberlaw come un momento di eversione complessiva della categorie giuridiche tradizionali. La distinzione in sottodiscipline può essere difficilmente vista come un esito finale, in quanto più probabilmente costituirà una fase intermedia, ma tale fase potrà durare a lungo, in virtù di due fattori. Da un lato, la vastità, destinata ad aumentare, degli argomenti trattati dalla cyberlaw, vastità che richiede conoscenze ed esperienze diverse, difficilmente riassumibili in una sola sede. Dall’altro, la diffusa mancanza di capacità, o di interesse, ad affrontare tali tematiche nell’ambito delle discipline tradizionali.
(c) L’assorbimento delle sottodiscipline della cyberlaw nelle discipline tradizionali è probabilmente un evento, o meglio un processo, ineluttabile, potendo rimanere peraltro un nucleo comune, ridotto, costituito da aspetti trasversali e strumentali. La cyberlaw potrà sopravvivere come diritto, in un certo senso, procedurale, anche se in un’accezione diversa da quella usuale. Gli aspetti sostanziali si fonderanno invece nelle discipline tradizionali, ma non in maniera neutra, anzi contaminando le stesse. La cyberlaw, comunque intesa, non sarà pertanto altro che una parte, “moderna”, delle singole parti del diritto. |
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3. Il diritto pubblico di Internet |
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Considerando gli oggetti di cui la cyberlaw si occupa, ci si può chiedere, d’altro canto, se essa possa essere affrontata in via unitaria. Se è vero che ci sono aspetti comuni, che chiunque si troverà ad affrontare la porzione “cyber” della propria disciplina, dovrà conoscere (si pensi ad aspetti tecnologici, quali l’uso della crittografia o degli strumenti di identificazione, ma anche a limiti oggettivi, quali quelli relativi alla giurisdizione, che caratterizzano fortemente il settore), è anche vero che la vastità trasversale degli oggetti della disciplina non rendono credibile un approccio olistico ed omnicomprensivo.
Dal punto di vista di un sistema di civil law, le normative esistenti potranno essere applicate frequentemente anche ai nuovi fenomeni, e altre volte potranno costituire uno strumento di interpretazione analogica. Ma altre volte ancora, poche o molte non importa da un punto di vista teorico, le risposte dovranno essere costruite ex novo, e probabilmente il diritto (in generale, non solo la cyberlaw) subirà comunque un processo di aggiustamento dovuto alle nuove esigenze.
La considerazione unitaria ed autonoma della cyberlaw, anche se temporaneamente limitata, offrirà poi la possibilità di rivedere l’equilibrio interno della stessa. Attualmente, per una serie di motivi, essa è sbilanciata, usando le due categorie più generali, verso il diritto privato, ai danni del diritto pubblico. Probabilmente, la consapevolezza di tale sbilanciamento è già presente, portata alla luce da problemi insorti nell’ambito di una visione estremamente commerciale della rete, dopo quella militare e quella comunicativa, e, conseguentemente, del suo diritto.
In questo senso la cyberlaw potrà parzialmente superare la distinzione tra categorie spesso troppo rigide, non sempre potendosi tracciare una netta linea di confine, e dovendosi invece conoscere sempre di più “l’altro settore”, e cercare di entrare in un “altro” habitus mentale, per capire il proprio. Ciò è evidente in riferimento a macrocategorie (diritto pubblico e diritto privato), ma anche, e forse di più, in riferimento a sottocategorie (ad esempio, diritto dell’informazione e diritto industriale).
In questo senso, non è una novità che nuove branche del diritto non possano essere incluse nella bipartizione diritto privato - diritto pubblico (si pensi al diritto ambientale). La novità della cyberlaw è l’estensione del suo carattere trasversale, che da un lato ne determinerà probabilmente l’assorbimento, anche se forse non totale, da parte delle altre discipline, ma che dall’altro ne costituirà, altrettanto probabilmente, il valore aggiunto, come momento di ripensamento di molte parti del diritto.
Lo studio della cyberlaw, e dei fenomeni ad essa afferenti, può del resto essere affrontato secondo due prospettive. La prima è una prospettiva “interna”, dell’utilizzatore di Internet, che si trova ad operare in un luogo, o in un non-luogo, il cyberspace, caratterizzato da dinamiche spesso diverse da quelle proprie del “mondo reale”. La seconda è una prospettiva “esterna”, che fa riferimento alle applicazioni tecnologiche che stanno alla base della creazione del cyberspace (sistemi di connessione, reti, trasferimento di dati e così via) ed alle relazioni di tali applicazioni con le attività umane giuridicamente rilevanti, cercando di coglierne le specificità ed i caratteri distintivi. In ogni caso, la modificazione del cyberspace, secondo la prima prospettiva, o delle applicazioni tecnologiche, nella seconda prospettiva, richiedono la costruzione di categorie giuridiche duttili e mobili, aventi un obiettivo di sistemazione costante e continuo della disciplina.
Prima ancora, la regolamentazione del cyberspace, sia che si tratti di regolamentazione da parte dei pubblici poteri, di autoregolamentazione, o di regolamentazione indiretta attraverso le scelte tecnologiche, necessita di principi, di criteri, di riferimenti di carattere generale. E’ in questo spazio, giuridico, che diritto pubblico e diritto amministrativo devono intervenire, per fissare gli obiettivi fondamentali, garantire l’interesse pubblico, assicurare la convivenza tra cittadini, operatori economici, pubbliche amministrazioni, formazioni sociali.
In sostanza, il diritto pubblico di Internet dovrebbe analizzare le diverse problematiche che Internet propone, cercando di fornire soluzioni che riproducano i valori che la collettività ritiene prioritari. In via esemplificativa, e senza pretese di completezza, il diritto pubblico dovrà occuparsi dei profili di regolamentazione (attraverso l’intervento legislativo e regolamentare), regolazione (attraverso atti di regolazione di autorità amministrative indipendenti, attraverso il riconoscimento ed il controllo della self-regulation, attraverso l’intervento sull’architettura della rete, attraverso il riconoscimento del ruolo del mercato e delle norme sociali) e di garanzia (tutela degli interessi diffusi degli utenti); dei profili relativi alla tutela dei diritti e degli interessi individuali e collettivi (tutela della privacy; della libertà di espressione; della segretezza delle comunicazioni; della libertà di stampa); dei profili organizzativi (autorità garanti e organismi tecnici); dei profili relativi alla società dell’informazione ed all’e-government (circolazione delle informazioni pubbliche; fornitura di servizi al cittadino; accesso agli atti), all’e-procurement e a tutti quegli altri profili caratterizzati dall’influenza della rivoluzione digitale. Il diritto pubblico di Internet, in sostanza, si deve occupare di individuazione delle regole, di tutela dei diritti, di cura degli interessi pubblici. Nel farlo, dovrà misurarsi con i cambiamenti continui della tecnologia, con le concorrenti prospettive giuridiche (privatistiche, penalistiche, internazionalistiche, e così via) proprie di altri settori, con la necessità di ripensare categorie e classificazioni tradizionali del diritto. Se manterrà un equilibrio nella sua esistenza, corta o lunga che sia, il diritto pubblico di Internet riuscirà a trasmettere qualcosa, e a non rappresentare solamente una parentesi descrittiva delle soluzioni innovative individuate per rispondere a problematiche relative a fenomeni nuovi. |
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Riferimenti bibliografici essenziali
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F., Cyberspace and the Law of the Horse, 1996 U.
Chi. Legal F. 207
HUNTER, D., Cyberspace as Place and the Tragedy
of the Digital Anticommons, 91, Cal. L. Rev. 439
(2003)
LESSIG, L., Code and Other Laws of Cyberspace, Basic
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LESSIG, L., The Law of the Horse: What Cyberlaw
Might Teach, 113 Harv. L. Rev. 501 (1999)
LEMLEY, M., Place and Cyberspace, 91 Cal. L. Rev.
521 (2003)
REIDENBERG, J., Lex Informatica: The Formulation
of Information Policy Rules through Technology 76
Texas L. Rev. 553 (1998)
(pubblicato
il 27.10.2006)
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