T.A.R. SARDEGNA - SEZIONE II - Sentenza 19 febbraio 2010 n. 203
R.M.P. Panunzio – Presidente, T. Aru - Estensore
D. Srl (avv. S. Segneri) C/ il Ministero per i Beni e le Attività CulturalI;
la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il
Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle Province di Cagliari
e Oristano (Avv. Distr. St.); la Direzione Regionale per i Beni Culturali
e Paesaggistici della Sardegna (n.c.);br> il Comune di Cagliari (n.c.); nei confronti di S. P. |
1. Edilizia e Urbanistica – Vincoli edilizi e urbanistici – Procedimento per la dichiarazione di interesse storico-artistico – Art. 14, D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Comunicazione di avvio – Contenuto – Motivazione esaustiva sui profili di interesse storico-artistico dell’immobile – Necessità – Non sussiste
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2. Edilizia e Urbanistica – Vincoli edilizi e urbanistici – Procedimento per la dichiarazione di interesse storico-artistico – Art. 14, D. Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – Termine di duecentodieci giorni - D.M. 13 giugno 1994 n. 495, tabella A, parte I, n. 13 – Non è perentorio
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1. Ai fini dell’avvio del procedimento per la dichiarazione di riconoscimento del particolare interesse storico-artistico, non è richiesto che l’atto iniziale contenga la stesso impianto motivazionale del provvedimento finale, rivelandosi sufficiente l’indicazione, in termini sufficientemente dettagliati, delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione all’avvio del procedimento di riconoscimento del notevole interesse storico-artistico del bene.
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2. In tema di dichiarazione di riconoscimento del particolare interesse storico-artistico, la violazione del termine di 210 giorni previsto per la dichiarazione di interesse culturale di un bene di proprietà privata (v. D.M. 13 giugno 1994 n. 495, tabella A, parte I, n. 13) non comporta illegittimità, non trattandosi né di un termine perentorio né di termine posto a decadenza dell'esercizio del potere.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 202 del 2007, proposto da: D. Srl, rappresentata e difesa dall'avv. Sergio Segneri, con domicilio eletto in Cagliari presso lo studio del medesimo legale, via Sonnino n. 84;
contro
il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del Ministro in carica; la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle Province di Cagliari e Oristano, in persona del Soprintendente in carica, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari e domiciliati per legge presso i suoi uffici, via Dante n. 23; la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio; il Comune di Cagliari, in persona del Sindaco in carica, non costituito in giudizio;
nei confronti di
S. P., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento di cui alla nota n. 13593 del 20 dicembre 2006, con la quale la Soprintendenza intimata ha comunicato alla ricorrente l’avvio del procedimento di riconoscimento del particolare interesse storico-artistico del Palazzo Aymerich ai sensi dell’art. 14, comma 4°, del D.Lgvo n. 42/2004, con applicazione in via cautelare delle disposizioni riguardanti i beni vincolati, sia in materia di alienazioni che di interventi edilizi;
del provvedimento n. 13673 del 21 dicembre 2006, con il quale la medesima Soprintendenza ha ordinato l’immediata sospensione dei lavori di ristrutturazione del Palazzo Aymerich, ai sensi dell’art. 28, comma 2°, del D.Lgvo n. 42/2004;
di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente o comunque connesso, ed in particolare per quanto occorra:
della nota n. 166 del 4 gennaio 2007, con la quale la Soprintendenza intimata ha precisato che avverso l’ordine di sospensione dei lavori poteva essere proposto ricorso dinnanzi al TAR Sardegna (e non davanti al TAR Liguria, come precedentemente indicato);
del telegramma in data 21 dicembre 2007, con il quale il Soprintendente ha ordinato l’immediata sospensione dei lavori in corso a seguito dell’avvio del procedimento di vincolo del Palazzo Aymerich;
della nota n. 1250 del 2 febbraio 2007, con la quale l’intimata Soprintendenza ha chiesto alla DAC srl di depositare: “1) Il rilievo grafico e fotografico delle strutture esistenti; 2) Il raffronto tra le strutture esistenti ed il nuovo progetto dal quale si evinca chiaramente quali strutture originarie dovrebbero essere conservate e quali demolite”,
nonché, con ricorso per motivi aggiunti,
del decreto n. 77 del 20 luglio 2007, con il quale il Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna ha dichiarato di interesse particolarmente importante, ai sensi dell’art. 10, comma 3°, lett. a), del D.Lgvo n. 42/2004, l’immobile denominato Palazzo Aymerich;
della relazione storico artistica e delle note relative alla partecipazione al procedimento della società proprietaria allegate al medesimo decreto;
di ogni altro atto ad essi presupposto, conseguente o comunque connesso, ed in particolare:
della nota n. 6235 del 15 giugno 2007, con la quale la Soprintendenza intimata ha inoltrato alla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna la proposta di riconoscimento di interesse culturale del Palazzo Aymerich e dell’unita documentazione finalizzata all’emissione del provvedimento di tutela;
della nota n. 4428 del 25 giugno 2007, con la quale la predetta Direzione regionale ha precisato alla Soprintendenza che la “relazione storico architettonica dovrà espressamente contenere in conclusione anche la valutazione di quanto rappresentato dagli interessati che hanno partecipato al procedimento avviato da questo ufficio con nota n. 13593 del 20.12.2006”;
dlla nota n. 7224 del 13 luglio 2007, con la quale la Soprintendenza intimato ha facoltizzato la DAC a presentare, nel termine di 5 giorni, ulteriori osservazioni in relazione al procedimento di dichiarazione di interesse culturale del Palazzo Aymerich;
per quanto occorra, delle note del Soprintendente n. 7224 del 13 luglio 2007 e n. 7354 e 7380 del 18 luglio 2007;
delle disposizioni di servizio n. 13666 del 21 dicembre 2006 e n. 1487 del 12 febbraio 2007, a firma del Soprintendente intimato.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il paesaggio e per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico delle Province di Cagliari e Oristano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 09/12/2009 il dott. Tito Aru e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
La D.A.C. srl è proprietaria dell'area edificabile sita nel comune di Cagliari, tra la via dei Genovesi e la via Lamarmora, ove attualmente insistono i resti del c.d. “Palazzo Aymerich” .
Tale immobile ricade nell’Area 1, Sub – Area “La residenza temporanea”, del Programma Integrato del centro storico denominato “Restauro”, definitivamente approvato dal comune di Cagliari con delibera consiliare n. 10 del 25 marzo 2003, poi rimodulato con deliberazione consiliare n. 93 del 16 novembre 2005.
La normativa gestionale del programma integrato prevede per tale ambito (cfr : punto 1.5. AREA 1: SUB-AREA “La residenza temporanea” ) la ricostruzione dell'edificio nella sua consistenza originaria (piano terra e tre piani alti prospicienti via Lamarmora e piano terra e cinque piani alti prospicienti via dei Genovesi), per restituirlo alla sua originaria funzione residenziale, con ripristino dell'antico percorso pedonale denominato “Portico Laconi”.
Nella conferenza di servizi del 26 marzo 2002, il rappresentante della Soprintendenza ha espresso parere favorevole al programma integrato di cui sopra, evidenziando soltanto la necessità di inserirvi, come vincolato, ai sensi della legge n. 1089/1939, il palazzo Decandia.
Nell’agosto del 2005 la società ricorrente ha presentato, in conformità alle anzidette prescrizioni, il progetto per la ricostruzione del palazzo Aymerich.
Si addiveniva, quindi, previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte del Comune di Cagliari (n. 6102 del 16 marzo 2006), ritenuta legittima dalla soprintendenza oggi intimata (nota prot. n. 5156 del 24 aprile 2006), in data 13 giugno 2006, alla stipula convenzione, a rogito Notaio Roberto Vacca (Rep. n. 175748, Racc. 43739) tra il comune di Cagliari e la società ricorrente per l'attuazione del programma integrato relativo a palazzo Aymerich.
Tale programma, da un lato, consentiva alla ricorrente la ricostruzione dell'edificio nella sua originaria consistenza volumetrica e, dall’altro, la obbligava a cedere gratuitamente all'amministrazione comunale le parti dell’erigendo fabbricato destinate al laboratorio per il centro storico, uffici per la circoscrizione e residenza temporanea, nonché le parti interessate alla ricostruzione del portico Laconi.
Infine, la ricorrente otteneva il rilascio della concessione edilizia n. 808 del 25 luglio 2006.
Il 30 novembre 2006 iniziavano i lavori.
Dopo pochi giorni, con nota n. 8183 del 13 dicembre del 2006, la Soprintendenza per i beni archeologici, lamentando la mancata trasmissione del progetto esecutivo dei lavori da eseguire, disponeva la temporanea sospensione dei lavori “… onde verificare le modalità di intervento della trasformazione dell'immobile che possano interferire con le eventuali presenze archeologiche e consentire, poi, la compatibile prosecuzione dei lavori medesimi”.
Con nota n. 109346/25693 del 13 dicembre 2006, il comune di Cagliari sospendeva temporaneamente i lavori in attesa di determinazioni da parte della soprintendenza archeologica.
Esaminato il progetto dei lavori, con nota n. 8324 del 19 dicembre 2006, la medesima Soprintendenza archeologica esprimeva il nulla osta di competenza a condizione che:
a) lo sgombero dalle macerie fosse eseguito sotto il controllo dei tecnici incaricati dall'ufficio;
b) tutte le opere comportanti escavazioni fossero effettuate sotto il controllo dei tecnici dell'ufficio, con previsione di programmi di periodici controlli da parte dei propri funzionari.
In data 20 dicembre 2006, con nota n. 26.214, il comune autorizzava la prosecuzione dei lavori.
I lavori erano appena ripresi allorquando la ricorrente riceveva tre distinte comunicazioni da parte della Soprintendenza per i beni architettonici, per il paesaggio e per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico per le province di Cagliari Oristano.
In particolare:
- la nota n. 13593 del 20 dicembre 2006, riguardante l’avvio del procedimento preordinato al riconoscimento del particolare interesse storico e artistico, ex artt. 10, comma 3°, lett. a), 13, comma 1°, e 14, comma 1°, del D.Lgvo n. 42/2004 del Palazzo Aymerich;
- la nota n. 13673 del 21 dicembre 2006, recante l’ordine di immediata sospensione dei lavori di ristrutturazione dei lavori di Palazzo Aymerich, ai sensi dell’art. 28, comma 2°, del D.Lgvo 42/2004;
- il telegramma in data 21 dicembre 2006, avente lo scopo di preannunciare la sospensione dei lavori a seguito dell’avvio del procedimento preordinato all’apposizione del vincolo.
Tali provvedimenti evidenziavano, ad avviso della ricorrente, l’intento della Soprintendenza di tutelare, sotto il profilo storico e artistico, quel che resta di Palazzo Aymerich.
Di qui il ricorso ai fini del loro annullamento, affidato ai seguenti motivi:
1) Eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti: in quanto diversamente da quanto ritenuto dalla Soprintendenza, dell’originaria struttura dell’edificio articolato in diversi piani fuori terra, ben poco si sarebbe salvato dai bombardamenti del 1943 (e dalle successive demolizioni,operate, per motivi di sicurezza, dai vigili del fuoco), sicchè, in realtà, quel che la Soprintendenza intenderebbe tutelare, sarebbe solo un cumulo di macerie privo di pregio;
2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria, errata valutazione dei presupposti ed illogicità manifesta, anche con riferimento al disposto di cui agli artt. 14, comma 2° e 28, comma 2°, del D.Lgvo n. 42/2004 – Sviamento della funzione tipica dell’atto: in quanto i provvedimenti impugnati si fonderebbero su affermazioni apodittiche e meramente ipotetiche, del tutto prive di riscontri obiettivi. In particolare, l’impugnata comunicazione di avvio del procedimento preordinato all’apposizione del vincolo non sarebbe stata preceduta da alcuna verifica che ne potesse giustificare il fondamento;
3) Eccesso di potere per insussistenza dei presupposti, difetto di istruttoria e contraddittorietà manifesta – Violazione del principio di buona amministrazione, illogicità manifesta: in quanto, nel vagliare il Programma Integrato, la Soprintendenza aveva ritenuto di sollevare, come unico rilievo, quello di inserire come vincolato, ai sensi della legge n. 1039/39, il Palazzo Decandia. Pertanto, senza alcuna nuova acquisizione istruttoria, sarebbero incomprensibili le ragioni che hanno determinato un mutamento d’avviso in ordine alla valenza culturale dei ruderi di Palazzo Aymerich;
4) Violazione degli artt. 3, ultimo omma e 8, 2° comma, lett. c) bis, della legge 7 agosto 1990 n. 241: per omessa indicazione del termine e dell’Autorità cui ricorrere avverso un provvedimento di immediata lesione per la sfera giuridica della ricorrente. Inoltre, in violazione dell’art. 8, comma 2°, lett. c) bis, della stessa legge, non sarebbe stato indicato il termine di conclusione del procedimento.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo l’annullamento degli atti impugnati, con ogni conseguente pronuncia anche in ordine alle spese del giudizio.
Successivamente alla proposizione del ricorso, con decreto n. 77 del 20 luglio 2007, il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna ha dichiarato di interesse particolarmente importante, ex artt. 10, comma 3°, lett. a), del D.Lgvo n. 42/2004, il Palazzo Aymerich.
Tale provvedimento, unitamente agli atti procedimentali che hanno portato alla sua adozione, è stato impugnato dalla D.A.C. con ricorso per motivi aggiunti, col quale sono stati dedotti i seguenti motivi:
A) Illegittimità derivata per gli stessi vizi dedotti, nel ricorso introduttivo, avverso la comunicazione di avvio del procedimento;
B) Violazione dell’art. 14 del D.Lgvo n. 42/2004 – Incompetenza: in quanto la sottoscrizione dell’atto di avvio del procedimento per la dichiarazione dell’interesse culturale è sottoscritta non dal Soprintendente ma “per il” Soprintendente dall’ing. Gabriele Tola, mentre dalla disposizione di servizio n. 13666 del 21 dicembre 2006 risulta che il Soprintendente aveva incaricato di avviare il procedimento l’arch. Stefano Montinari;
C) Violazione degli artt. 7 e ss della legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché dell’art. 5, comma 2°, del D.M. 13 giugno 1994 n. 495 – Inosservanza del giusto procedimento: in quanto la DAC non sarebbe stata posta in condizione di intervenire con cognizione di causa nel procedimento che la Soprintendenza ha avviato per il riconoscimento del particolare interesse storico-artistico dell’immobile in questione senza precisare, sulla base di studi o ricerche, le giustificazioni della sua iniziativa, con la conseguenza che la ricorrente è rimasta sostanzialmente estranea al processo decisionale che ha determinato l’adozione del provvedimento impugnato;
D) Violazione dell’art. 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e degli artt. 1, 2 e 6, comma 3°, del D.M. 13 giugno 1994 n. 495, nonché dell’Allegata tabella A n. 13: per mancato rispetto del termine previsto per l’adozione del provvedimento finale del procedimento preordinato alla dichiarazione di interesse culturale di Palazzo Aymerich;
E) Difetto di motivazione – Violazione dell’art. 13, comma 1°, del D.Lgvo 22 gennaio 2004 n. 42: per mancata indicazione della motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse “particolarmente importante” dell’immobile denominato “Palazzo Aymerich”;
F) Violazione dell’art. 97 Cost., ed in particolare dei principi di imparzialità e buona amministrazione- Difetto di motivazione – Violazione dell’art. 13 del Codice dei Beni Culturali: in quanto l’Arch. Paolo Scarpellini si sarebbe dovuto astenere dallo svolgere le funzioni delegategli dal Direttore Generale per i Beni Architettonici e Paesistici in quanto la proposta di riconoscimento dell’interesse culturale di Palazzo Aymerich scaturisce da una relazione storico-artistica predisposta dalla moglie, dott.ssa Patricia Olivo, in collaborazione con l’Arch. Stefano Montinari;
G) Violazione dell’art. 13 del D.Lgvo 22 gennaio 2004 n. 42 - Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti – Difetto di istruttoria e di motivazione, contraddittorietà manifesta – Sviamento della funzione tipica dell’atto: in quanto, da un lato, non sarebbe stata dimostrata la riconducibilità del Palazzo Aymerich all’opera del Cima e, dall’altro, anche per il mancato espletamento delle necessarie verifiche, non vi sarebbero elementi tali da attestare l’origine medioevale della parte basamentale dell’edificio;
H) Eccesso di potere per perplessità, contraddittorietà ed illogicità manifesta – Errata valutazione dei presupposti – Violazione dell’art. 13 del D.Lgvo n. 42/2004: in quanto la relazione storico artistica che accompagna il provvedimento di vincolo si fonderebbe su considerazioni apodittiche, supposizioni o circostanze solamente presunte, mancando ogni esplicitazioni delle accertate ragioni obiettive che hanno determinato l’adozione di un provvedimento fortemente pregiudizievole per i proprietari interessati;
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 3, lett. A) e lett. D), e dell’art. 13 del D.Lgvo n. 42/2004 - Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza assoluta di motivazione, illogicità manifesta e sviamento della funzione tipica dell’atto: in quanto il provvedimento impugnato mancherebbe di ogni indicazione sugli avvenimenti storici, politici e culturali di cui l’immobile sarebbe stato teatro, tali da giustificare l’imposizione del vincolo;
L) Eccesso di potere per errata valutazione dei presupposti – Difetto di istruttoria, carenza di motivazione, illogicità manifesta: con riguardo alla ritenuta esistenza, non documentata, di resti medioevali nella parte basamentale dell’edificio (che, tra l’altro, non avrebbero potuto reggere un palazzo articolato su 6 piani);
M) Violazione dell’art. 13 del D.Lgvo n. 42/2004 - Eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, sviamento della funzione tipica dell’atto: per la mancata adeguata considerazione delle osservazioni presentate dalla DAC il 12 luglio 2007, respinte con argomentazioni superficiali, contraddittorie e, comunque, insufficienti;
N) Violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1°, lett. A), del D.Lgvo 22 gennaio 2004 n. 42: per l’assoluta insussistenza, o comunque mancata dimostrazione, del pregio architettonico di Palazzo Aymerich che ha giustificato la dichiarazione di interesse impugnata.
Concludeva quindi la ricorrente chiedendo l’annullamento dei provvedimenti impugnati, con ogni conseguenza in ordine alle spese del giudizio.
Per resistere al ricorso si è costituita l’Amministrazione intimata che, con articolate difese scritte, corredate da ampia documentazione, ne ha chiesto il rigetto, vinte le spese.
Alla pubblica udienza del 9 dicembre 2009, sentiti i difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
Con l’atto introduttivo del giudizio la ricorrente ha impugnato, principalmente, la nota n. 13593 del 20 dicembre 2006, recante la “Comunicazione d’inizio del procedimento di riconoscimento del notevole interesse storico-artistico ex artt. 10, comma 3, lett. a), 13, comma 1°, e 14, comma 1°, del D. Lgvo n. 42/2004”.
Le censure sollevate, meglio specificate in narrativa, sono sostanzialmente riconducibili a due tipologie di vizi:
i primi 3 motivi attengono al merito della decisione assunta dall’Amministrazione intimata, lamentandosi sotto diversi profili l’illegittimità del provvedimento impugnato;
il motivo sub 4), invece, attiene a vizi formali del medesimo provvedimento che avrebbero recato pregiudizio alle garanzie procedimentali di cui alla legge n. 241/1990.
Quanto ai vizi sub a), le argomentazioni della ricorrente sono sostanzialmente incentrate sul rilievo che la Sprintendenza intimata avrebbe avviato il procedimento in questione senza procedere ad una preventiva e adeguata istruttoria volta ad accertare l’effettiva presenza, nelle strutture esistenti, di elementi tali da giustificare l’adozione di un provvedimento di tutela particolarmente invasivo delle prerogative del soggetto proprietario.
Inoltre, sempre ad avviso della ricorrente, il comportamento assunto dalla stessa Soprintendenza sarebbe illogico e contraddittorio in relazione agli assensi precedentemente prestati all’intervento edilizio su Palazzo Aymerich.
Gli argomenti di impugnazione non sono decisivi.
L’art. 14 del D.Lgvo n. 42/2004 recita testualmente (per quanto qui interessa):
“1. Il soprintendente avvia il procedimento per la dichiarazione dell'interesse culturale, anche su motivata richiesta della regione e di ogni altro ente territoriale interessato, dandone comunicazione al proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo della cosa che ne forma oggetto.
2. La comunicazione contiene gli elementi di identificazione e di valutazione della cosa risultanti dalle prime indagini, l'indicazione degli effetti previsti dal comma 4, nonché l'indicazione del termine, comunque non inferiore a trenta giorni, per la presentazione di eventuali osservazioni...”.
Orbene, il riferimento agli elementi di valutazione risultanti dalle prime indagini, contenuto nel 2° comma (quale presupposto per l’avvio del procedimento per la dichiarazione di interesse culturale di un bene immobile), evidenzia che l’azione dell’Autorità preposta alla tutela di tale interesse ben possa essere avviata per l’acquisizione di elementi di conoscenza che, seppur ancora privi di conclusivo supporto probatorio (da accertarsi comunque nel corso dell’istruttoria procedimentale), giustificano, senza pregiudizio per la situazione di fatto, l’avvio del procedimento di vincolo in previsione degli ulteriori e necessari approfondimenti finalizzati alla eventuale apposizione dello stesso.
Non è richiesto, cioè, che il provvedimento di inizio del procedimento contenga la stesso impianto motivazionale del provvedimento finale, rivelandosi sufficiente l’indicazione, in termini sufficientemente dettagliati, delle ragioni che hanno indotto l’amministrazione all’avvio del procedimento di riconoscimento del notevole interesse storico-artistico del bene.
E tale indicazione, nel caso di specie, ricorre senz’altro, laddove nella parte motiva del provvedimento impugnato si legge: “Tenuto conto che, allo stato attuale delle conoscenze, la porzione del Palazzo Aymerich che ancora si conserva potrebbe includere importanti resti di epoca medievale nella sua parte basamentale, mentre in elevazione presenta le caratteristiche compositive dovute all’intervento dell’arch. Cima alla metà dell’ottocento”.
Tale indicazione è altresì riportata nella parte dispositiva del provvedimento, dove l’amministrazione, diversamente da quanto sostiene la ricorrente, dimostra di ben conoscere lo stato attuale di precarietà dell’immobile quando precisa che “trattasi di un interessante esempio di palazzo nobiliare di Castello che, nonostante i danni patiti dai bombardamenti, conserva nella parte basamentale consistenti tracce della preesistente fase edilizia di epoca medievale”.
Quanto alla ritenuta contraddittorietà delle determinazioni assunte della Soprintendenza intimata rispetto a precedenti valutazioni favorevoli all’intervento in questione, non può che prendersi atto di quanto affermato, sul punto incontestata, dalla difesa pubblica (pag. 7 della memoria), e cioè che alcuni documenti sui quali si è fondata l’iniziative di tutela del bene di proprietà della ricorrente è scaturita dalla conoscenza di documenti avvenuta in data successiva alla conferenza di servizi ove si è limitata l’esigenza di tutelare il solo Palazzo Decandia, e che solo successivamente alla rimozione della macerie operata dalla ricorrente a seguito dell’avvio dei lavori sono emerse strutture dell’edificio meritevoli dell’intervento oggi contestato.
Con riguardo ai vizi formali sub b), invece, il Collegio non può che richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale per il quale la mancata indicazione, in calce all'atto impugnato, dell'autorità a cui ricorrere e dei termini dell'impugnativa, nonché del termine di conclusione del procedimento, costituiscono mere irregolarità dell’azione amministrativa che, fatto salvo l’interesse del ricorrente ad evitare le conseguenze sfavorevoli della loro omissione, non inficiano la legittimità del provvedimento adottato (da ultimo, TAR Lazio, Roma, Sez. II, 26 giugno 2009 n. 6256).
Le suesposte considerazioni conducono dunque alla reiezione del ricorso proposto con l’atto introduttivo del giudizio.
Peraltro, con decreto n. 77 del 20 luglio 2007, il Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Sardegna, a conclusione del procedimento avviato con l’atto oggetto del predetto gravame, ha dichiarato di interesse particolarmente importante l’immobile denominato Palazzo Aymerich, recependo la proposta a tal fine avanzata dalla Soprintendenza intimata.
Avverso tale provvedimento, e avverso gli altri atti procedimentali precisati in epigrafe, la società ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, deducendo la pluralità di censure precisate in narrativa.
Si procederà, dunque, al loro esame procedendo peraltro all’accorpamento ed alla trattazione unitaria di quelle connesse o, comunque, di sovrapponibile contenuto.
Con il motivo sub A) la ricorrente lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati in quanto affetti, in via derivata , dagli stessi vizi dedotti col ricorso introduttivo.
Sul punto è sufficiente rilevare che la reiezione, per quanto sopra esposto, delle censure richiamate comporta, automaticamente, la reiezione anche di questo motivo.
Con il motivo sub B) la ricorrente lamenta l’illegittimità della comunicazione di avvio del procedimento del 20 dicembre 2006 per violazione dell’art. 14 del D.Lgvo n. 42/2004 e per incompetenza, in quanto l’ing. Gabriele Tola non poteva sottoscrivere tale atto.
Il motivo è tuttavia irricevibile perché tardivamente proposto avverso un atto che la ricorrente ben conosceva, per sua stessa ammissione, fin dal 27 dicembre 2006, tanto da averlo sotto diversi profili censurato col ricorso introduttivo notificato il 26 febbraio 2007.
Con il motivo sub C) la società DAC lamenta la violazione delle garanzie procedimentali per non essere stata posta in condizioni di intervenire con cognizione di causa nel procedimento che ci occupa.
La ricostruzione in fatto della vicenda non consente di ritenere fondata la censura.
L’avviso di inizio del procedimento del 20 dicembre 2006 facoltizzava la società DAC ad intervenire nel procedimento concernente palazzo Aymerich presentando, entro 140 giorni dalla data dello stesso provvedimento di avvio, memorie e/o documenti pertinenti che l’Ufficio si riservava di valutare prima di inoltrare la sua proposta alla Direzione regionale.
In data 2 febbraio 2007, nota n. 1250, la stessa Soprintendenza chiedeva alla ricorrente documentazione utile ad accertare il rilievo riconosciuto alle strutture esistenti, invitandola alla produzione:
di rilievo grafico e fotografico di tali strutture;
del raffronto tra le strutture esistenti ed il nuovo progetto da dove si evinca chiaramente quali strutture originarie dovrebbero essere conservate e quali demolite.
Non risulta che tale richiesta sia stata evasa.
Risulta per contro avviata una fitta corrispondenza tra la ricorrente e l’amministrazione concernente, prevalentemente, le modalità di esecuzione e la completezza dell’accesso agli atti del procedimento.
E’ seguita, in data 19 febbraio 2007, da parte della ricorrente, la presentazione di osservazioni e controdeduzioni.
A seguito della proposta di adozione del provvedimento di tutela del bene, dopo ulteriore scambio di corrispondenza con la quale la DAC lamentava la mancata visione di parte della documentazione posta a supporto della decisione dell’Amministrazione, veniva chiesto (e ottenuto) un nuovo accesso.
Successivamente, con nota n. 7224 del 13 luglio 2007, la Soprintendenza informava la DAC della concessione di ulteriori 5 giorni per la presentazione di eventuali osservazioni conseguenti alla conoscenza della bozza della relazione storico-artistica posta a fondamento della proposta di vincolo.
La DAC, in data 17 luglio 2007, lamentava nuovamente l’illegittimità del procedimento in questione, anche sotto il profilo dell’incompletezza della documentazione ricevuta per la presentazione delle sue osservazioni, e comunque l’incongruità del termine assegnato.
Alla luce dell’anzidetta sequenza procedimentale non può ritenersi condivisibile la lamentata lesione delle garanzie procedimentali di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 241.
Fin dal dicembre 2006, infatti, il procedimento per cui è causa si è svolto nel sostanziale contraddittorio tra le parti, in presenza di atti e comunicazioni perfettamente idonei a portare a conoscenza della società DAC l’intendimento dell’Amministrazione di addivenire alla dichiarazione di particolare interesse storico-artistico del Palazzo Aymerich per la presenza nella parte basamentale di tracce della preesistente fase edilizia di epoca medievale e per la riconducibilità dell’intervento in questione all’opera del Cima.
E a tale procedimento ha attivamente partecipato la ricorrente, presentando in data 19 febbraio 2007 articolate osservazioni.
Al di là di alcune lamentate circostanze, sintomatiche di una certa disorganizzazione amministrativa nel rilascio di qualche atto endoprocedimentale, dunque, non può fondatamente ritenersi che la ratio delle garanzie del contraddittorio procedimentale sia stata, nella specie, pregiudicata dal comportamento tenuto dall’amministrazione procedente, con conseguente reiezione della censura.
Con il motivo sub D) la ricorrente lamenta, ancora, la violazione del termine fissato dal D.M. 13 giugno 1994 n. 495 per la conclusione del procedimento per cui è causa (210 giorni).
Neppure tale argomento vale a inficiare il provvedimento impugnato.
Ed invero, premesso in via generale che salva diversa previsione di legge, i termini fissati per la conclusione del procedimento amministrativo non hanno natura perentoria e il loro inutile decorso non determina, quindi, ex se, l'illegittimità del provvedimento finale ancorché adottato dopo lo spirare del termine prescritto per la sua adozione (da ultimo, TAR Lazio, Roma, Sez. I, 11 settembre 2009 n. 8577), con riguardo alla specifica materia che ci occupa il Consiglio di Stato ha anche recentemente riaffermato che la violazione del termine di 210 giorni per la dichiarazione di interesse culturale di un bene di proprietà privata non comporta illegittimità, non trattandosi né di un termine perentorio né di termine posto a decadenza dell'esercizio del potere ( Consiglio Stato , sez. VI, 29 luglio 2008 , n. 3795).
Con il motivo sub E) la ricorrente lamenta il difetto assoluto di motivazione del provvedimento impugnato che, a suo avviso, si sarebbe limitato a recepire acriticamente la relazione storico-artistica predisposta dalla Soprintendenza, senza esprimere alcuna autonoma valutazione sull’immobile.
Anche tale censura è peraltro infondata, non essendo affatto precluso al Direttore regionale di procedere, ai sensi dell’art. 3, comma 2°, della legge n. 241/1990, alla redazione di una motivazione per relationem ad atti endoprocedimentali resi disponibili ai destinatari del provvedimento finale.
Con il motivo sub F) la ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento di vincolo adottato dall’Arch. Paolo Scarpellini in quanto, a suo avviso, quest’ultimo si sarebbe dovuto astenere dallo svolgere le funzioni allo scopo delegategli dal Direttore generale per i beni architettonici e paesistici in quanto la proposta di riconoscimento di interesse culturale di Palazzo Aymerich, posta a fondamento di tale provvedimento, scaturiva da una relazione storico-artistica predisposta dalla moglie dott.ssa Patricia Olivo, sia pure in collaborazione con l’arch. Stefano Montinari.
L’argomento non è decisivo.
Si rileva in proposito, da un lato, che, come del resto riconosciuto dalla stessa ricorrente, la relazione di cui sopra è stata redatta, oltre che dalla dott.ssa Patricia Olivo, anche da un altro funzionario della Soprintendenza, l’arch. Stefano Montinari e, dall’altro lato, che la stessa è stata altresì vistata, oltre che dall’arch. Scarpellini, anche dal Soprintendente ad interim Arch. Stefano Gizzi, rivestendo dunque, essa, una connotazione soggettiva complessa rispetto alla quale la dichiarata relazione di coniugio tra la dott.ssa Olivo e l’arch. Scarpellini sfuma fino a rendersi del tutto insignificante ai fini del paventato venir meno dei requisiti di imparzialità ed obiettività dell’autore del provvedimento di vincolo.
Si passa ora all’esame dei motivi centrali di doglianza, di cui alle lettere G, H, I, L del ricorso per motivi aggiunti, con i quali la società DAC Srl contesta, sotto diversi profili, le valutazioni della Soprintendenza che hanno ritenuto meritevole di pregio l’immobile in questione.
La stretta connessione delle argomentazioni addotte consente peraltro al Collegio di procedere ad una trattazione unitaria delle questioni.
Trattazione che, tuttavia, va svolta tenendo conto delle note limitazioni al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo in ordine al merito delle scelte ed alle valutazioni operate dalla Soprintendenza nell’esercizio delle sue prerogative funzionali.
Orbene, con riguardo all’asserita riconducibilità del Palazzo Aymerich al Cima, ritiene il Collegio che il ricorrente uso di verbi al condizionale nella stessa relazione storico artistica evidenzi la conclusione che, ad oggi, non risultano definitivamente acquisite certezze in ordine all’ipotesi di lavoro indagata.
Si legge infatti che “l’attuale sistemazione ottocentesca potrebbe essere stata affidata all’architetto Gaetano Cima, al quale gli stessi Aymerich avevano commissionato nel 1846 la realizzazione del grande palazzo di famiglia, Villa Aymerich a Laconi (OR), anche se allo stato attuale non è stato possibile trovarne certezza nei documenti, ad eccezione di quelli dell’archivio privato del Cima…”.
Tuttavia, dai riscontri di tale archivio, si ricava, sia pure sotto forma indiziaria, il consistente convincimento che il Cima, il quale aveva sicuramente indirizzato la sua attività verso la classe nobiliare dell’epoca, attraverso la cura e l’abbellimento di diversi palazzi gentilizi di Castello, sia stato direttamente coinvolto nei lavori concernenti Palazzo Aymerich.
In particolare, appare significativo il ritrovamento, nell’archivio privato del Cima, di una carta del 1848 , dove vengono annotate le spese di mano d’opera pagate al maestro Mura per lavori di muratore e ponteggio per la casa Laconi.
Questo reperto, infatti, colloca nel tempo il suo intervento e accredita con forza l’ipotesi che il Mura, che abitualmente lavorava per il Cima, come attestano le difese dell’amministrazione, avesse svolto i lavori di ristrutturazione sotto la sua direzione.
Inoltre, lo stesso Cima, nel Piano regolatore di Castello del 1858, progetta un abbellimento ed una risistemazione dell’isolato del Palazzo Aymerich, prevedendo la demolizione di una parte del Portico Laconi per allargare la via di almeno 5 metri mediante la resezione e l’arretramento delle facciate dei palazzi.
Orbene, il quadro indiziario sopra esposto, se da un lato non conferma con certezza documentale la piena riconducibilità del palazzo Aymerich, come oggi si presenta nelle parti sopravissute ai danni del tempo ed alle vicende belliche, all’opera del Cima, dall’altro non esclude ed anzi induce in termini prevalenti alla ragionevole conclusione che il Cima sia fattivamente intervenuto nell’opera di ristrutturazione dell’edificio, imprimendovi quelle connotazioni estetiche e architettoniche che oggi hanno indotto l’Autorità competente a salvaguardarne la conservazione in ragione della sua funzione di testimonianza dell’opera di una delle personalità dell’epoca che maggiormente hanno contribuito allo sviluppo urbano della città di Cagliari.
In ogni caso, conclude la Soprintendenza, “…l’assenza di documentazione che attesti inconfutabilmente la partecipazione di Gaetano Cima alla progettazione del palazzo, ovvero di una eventuale riforma a pochi decenni dall'impianto, non esclude di per sé che il Cima medesimo, o anche altri progettisti appartenenti alla stessa temperie stilistica e compositiva, possano aver contribuito al disegno architettonico dell'edificio. Il fatto maggiormente rilevante è costituito, infatti, non già dalla presunta partecipazione del Cima al progetto bensì dalla coerenza del disegno con i tratti formali ricorrenti nelle architetture civili cagliaritane della prima metà dell'800, caratterizzate da un sobrio classicismo temperato da dettagli decorativi ancora propri del minuto barocchetto di derivazione sabauda, clima del quale il Cima fu stratega ed interprete indiscusso”.
Considerazioni nella sostanza non dissimili possono svolgersi con riguardo al secondo profilo di tutela evidenziato dall’Amministrazione intimata, laddove il provvedimento impugnato, ancora una volta usando formule condizionali, rileva che l’edificio potrebbe essere di origine medievale nella parte basamentale, “…anche se sarebbe necessario effettuare delle mensiocronologie al fine di datare con esattezza l’epoca di realizzazione della struttura”.
Il quadro indiziario delle diverse stratificazioni storiche della parte basamentale del palazzo, infatti, impone, ad avviso dell'autorità preposta alla tutela dei beni di interesse culturale, la salvaguardia dell'esistente in vista di futuri e più accurati accertamenti in proposito.
Orbene, in presenza delle suesposte conclusioni, con le quali l'amministrazione ha sostanzialmente ritenuto che il Palazzo Aymerich “ … sebbene gravemente depauperato dal parziale crollo dei bombardamenti bellici, conserva parti significative delle strutture originarie, pur mutilate dalle bombe e pur sommerse dalle macerie”..e rappresenta comunque “… un rudere monumentale di grande valore storico e architettonico, nonché di elevata importanza documentaria e ambientale, che merita di essere debitamente conservato e indagato analiticamente, onde potergli restituire uno dignitoso nel panorama del quartiere di Castello…” resta precluso al Collegio, in assenza di evidenti profili di illogicità ed irragionevolezza, il sindacato di merito sul giudizio della Soprintendenza sfociato nel provvedimento di tutela.
Di qui l’infondatezza anche di queste censure.
Del pari è palese l'infondatezza, in punto di fatto, del motivo di cui alla lettera M) del ricorso per motivi aggiunti, con il quale si lamenta la mancata valutazione di merito delle osservazioni presentate dalla ricorrente nel corso del procedimento, giacchè le ultime due pagine della relazione storico artistica contestata contengono, con richiamo anche ai singoli punti dei rilievi, proprio le risposte date dall'amministrazione alle osservazioni presentate dalla società DAC.
Si rivela, infine, infondato anche l'ultimo motivo di cui alla lettera N) del ricorso per motivi aggiunti, concernente la mancata dimostrazione del pregio architettonico del palazzo, risultando le argomentazioni della ricorrente, anche in relazione a quanto sopra detto sulla motivazione del provvedimento impugnato, del tutto inconsistenti.
In conclusione, quindi, il ricorso è in parte irricevibile (con riguardo alla censura sub B) del ricorso per motivi aggiunti), mentre per la restante parte è infondato.
Sussistono nondimeno giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso indicato in epigrafe in parte irricevibile, mentre per la restante parte lo respinge .
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 09/12/2009 con l'intervento dei Magistrati:
Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente
Francesco Scano, Consigliere
Tito Aru, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/02/2010
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