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TAR PIEMONTE, SEZ. I - sentenza 25 febbraio 2004 n. 332
Pres. Gomez de Ayala, Est. Altavista
N. c. Comune Cocconato (D.M. 564 del 17.12.1992 art. 1)

  1. Pubblici esercizi - Autorizzazione all’uso di locali destinati a sala ritrovo, senza distribuzione di alimenti e bevande - Applicazione delle prescrizioni di cui al D.M. 564 del 17.12.1992. - Fattispecie

  2. Pubblici esercizi - Autorizzazione all’uso di locali destinati a sala ritrovo, senza distribuzione di alimenti e bevande - Applicazione prescrizioni di cui al D.M. 546 del 17.12.1992.- Motivazione - Sufficienza mero richiamo alle disposizioni di legge.

1. E’ legittima ai sensi del del D.M. 546 del 17.12.92 l’autorizzazione per l’uso di locali, posti al primo piano di un edificio, per sala ritrovo senza somministrazione di bevande che prevede in particolare la chiusura con struttura fissa della porta di accesso al vano scala dal locale adibito a bar e chiusura con struttura fissa della porta che dall’esterno dà l’accesso ai locali al primo piano.

2. L’autorizzazione, per l’uso di locali destinati a sala ritrovo senza somministrazione di bevande, rilasciata con specifiche prescrizioni ai sensi del D.M. 546 del 17.12.1992, è sufficientemente motivata col mero richiamo alle disposizioni di legge delle quali viene fatta applicazione, configurando un’ipotesi in cui l’amministrazione esercita un’attività tipicamente vincolata.

 

REPUBBLICA ITALIANA
"IN NOME DEL POPOLO ITALIANO"

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL PIEMONTE
Prima Sezione

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 203 del 2004 proposto da

Noto Marianna, rappresentata e difesa dagli Avvocati Paolo Monti, Giuuseppe Greppi e

Alberto Gaj, con domicilio eletto in Torino via De Sonnaz 19 presso lo studio dell'Avv. Antonio Fiore

contro

Comune di Cocconato, in persona del Sindaco p.t.,

per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia,

nonché per la condanna del Comune di Cocconato al risarcimento dei danni.

visto il ricorso con i relativi allegati; visti gli atti tutti della causa;
relatore nella Camera di Consiglio del 25 febbraio 2004 ii referendario Cecilia Altavista;
udito l'Avv. Monti per il ricorrente.

Ritenuto in fatto

In data 3 12 2003, Marianna Noto, titolare di licenza di pubblico esercizio per il Bar Caffetteria Cavour, sito in Piazza Cavour 23, ha presentato istanza per l'autorizzazione all'uso dei locali posti al primo piano dell'edificio, per sala ritrovo, senza distribuzione di alimenti e bevande.

La autorizzazione è stata rilasciata il 3 12 2003, con specifche precsrizioni ai sensi del D.M. 564 del 17 12 1992., in particolare la chiusura con struttura fissa della porta di accesso al vano scale dal locale adibito a bar; chiusura con struttura fissa della porta che dall'esterno dà accesso ai locali al primo piano.

In sopralluoghi effettuati il 12 12 2003 e il 24 12 2003, veniva accertato che la porta interna del locale era solamente chiusa a chiave e non con struttura fissa, mentre la porta di accesso dall'esterno ai locali posti al primo piano non sempre era chiusa a chiave, consentendo pertanto un libero accesso.

Con provvedimento del 20 1 2004 il Comune ha intimato il rispetto delle prescrizioni.

Tale provvedimento e l'autorizzazione, nella parte in cui impone le prescrizioni ai sensi del D.M. 564 del 17 12 1992, sono stati impugnati con il presente ricorso per i seguenti motivi:

  1. Violazione di legge in relazione all'an 1 del D.M. 564 del 17 12 1992; inapplicabilità ai locali non destinati alla somministrazione di alimenti e bevande.
  2. Violazione di legge in relazione all'art 1 del D.M. 564 del 17 12 1992; inapplicabilità ai locali non destinati alla somministrazione di alimenti e bevande delle prescrizioni riflettenti il divieto di uso della posrta interna che immette nella scala comune illogicità manifesta.
  3. Eccesso di potere per insufficiente motivazione in relazione alle prescrizioni imposte al fine di garantire la sorvegliabilità dei locali;
  4. Illegittimità derivata dell'intimazione del 20 1 2004.

Alla Camera di Consiglio del 25 febbraio 2004 il ricorso era ritenuto per la decisione immediata.

Considerato in diritto

Il Collegio non ravvisando la necessità di disporre alcuna ulteriore attività istruttoria ritiene di potersi pronunciare ai sensi dell'art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205; non vi è luogo, dunque, ad alcuna pronuncia sull'invocata tutela cautelare.

Con il primo motivo di ricorso si sostiene la violazione dell'art 1 del D.M. 564 del 1992, in quanto l'Amministrazione avrebbe imposto delle prescrizioni del decreto non applicabili ai locali dove non avviene la somministrazione di alimenti e bevande.

Tale profilo di censura è privo di fondamento.

L'art 1 del D.M. 564 prevede che i locali adibiti ad esercizio per la somministrazione al pubblico di alimenti o bevande debbano avere caratteristiche costruttive tali da non impedire la sorvegliabilità alle vie d'accesso o d'uscita. Le porte od altri ingressi devono consentire l'accesso diretto dalla strada, piazza o altro luogo pubblico e non possono essere utilizzati per l'accesso ad abitazioni private. Nel caso di locali ubicati ad un livello superiore a quello della strada o della piazza la visibilità esterna deve essere specificamente verificata dall'autorità di pubblica sicurezza che può prescrivere la chiusura di ulteriori vie d'accesso o d'uscita.

Dalla norma risulta chiara la ratio: impedire che vi siano accessi ed uscite dai pubblici esercizi non sorvegliabili dall'esterno o vie d'uscita non controllabili.

Nel caso di specie è evidente che sia la porta interna sia quella che dai locali superiori permette l'accesso sulle scale comuni dell'edificio, costituiscono vie di entrata e d'uscita non sorvegliabili.

Priva di rilevanza si deve ritenre la circostanza che la somministrazione non avvenga direttamente nei locali superiori. Infatti il collegamento tra il locale dove avviene la somministrazione e i locali superiori conduce a considerare le porte per cui è stata disposta la chiusura comunque accessi per il locale dove avviene la somministrazione.

Ne deriva l'infondatezza altresì del secondo motivo di ricorso.

Inoltre il comma 4 dell'art 1 del D.M. non richiede espressamente che si tratti di locali in cui avvenga la somministrazione, nel caso si tratti di locali ubicati ad un livello o piano superiore a quello della strada, piazza o altro luogo pubblico d'accesso.

La censura relativa al fatto che la prescrizione imposta impedirebbe anziché favorire la sorvegliabiità esterna del locale comporta una valutazione di merito che non può essere effettuata in questa sede.

Altresì infondata è la censura relativa la difetto di motivazione.

Infatti l'Amministrazione ha imposto limitazioni al provvedimento ampliativo, in osservanza delle disposizioni normative. Tali disposizioni configurano un potere amministrativo vincolato al riscontro dei presupposti.

L'esercizio del potere amministrativo, ove rivesta natura vincolata, è correttamente e sufficientemente motivato col mero richiamo alle disposizioni di legge delle quali viene fatta applicazione (cfr Consiglio Stato, sez. V, 1 ottobre 2002, n. 5116, per cui nel caso in cui l'amministrazione esercita un'attività tipicamente vincolata, la motivazione è insita nel richiamo alle disposizioni di legge)

La motivazione dell'atto amministrativo assolve, infatti, la funzione di rendere palesi le ragioni che hanno indotto l'amministrazione ad adottarlo al fine di consentire il successivo ed eventuale sindacato di legittimità; peraltro, quando l'attività amministrativa è vincolata, tale funzione deve considerarsi assolta se il provvedimento indichi con precisione i presupposti di fatto e di diritto la cui presenza o la cui mancanza ne hanno reso necessaria l'adozione (Consiglio Stato, sez. IV, 18 ottobre 2002, n. 5730)

Il ricorso è pertanto infondato e va respinto.

Sussistono giustificati motivi per compensare tra le parti le spese di lite del grado.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte, Prima Sezione, respinge il ricorso in epigrafe. Spese compensate Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 25.2.2004, con l'intervento dei signori magistrati:
Alfredo Gomez de Ayala, Presidente
Roberta Vigotti Consigliere
Cecilia Altavista ref. Est.

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