Giudice amministrativo e diritti fondamentali: i nodi irrisolti del PEI ovvero dell’istruzione inclusiva

Guerino Fares

Ordinario di diritto amministrativo e pubblico nell’Università Roma Tre

 

  1. Diritti fondamentali e riparto di giurisdizione: un problema solo apparentemente superato; – 2. Il Piano Educativo Individualizzato nel quadro degli strumenti di sostegno alla disabilità; – 3. La contesa per le controversie in materia di PEI: la posizione della Suprema Corte; – 4. Il giudice amministrativo sulle orme del diritto internazionale pattizio: la teoria dei ragionevoli accomodamenti; – 5. La spettanza della giurisdizione nel prisma del rapporto fra effettività della tutela e condizionamenti organizzativo-finanziari dell’inclusione scolastica: viaggio di andata e ritorno dal G.O. al G.A.?
  1. Diritti fondamentali e riparto di giurisdizione: un problema solo apparentemente superato

Dopo una lunga e articolata elaborazione giurisprudenziale la questione del rapporto fra diritti fondamentali e giurisdizione amministrativa sembrava aver trovato una buona stabilità. L’equilibrio raggiunto, tuttavia, viene rimesso in discussione ogni qualvolta una copiosa casistica, con le sue innumerevoli sfaccettature, mette l’interprete di fronte alla necessità di fornire una soluzione non agevole per la fattispecie di volta in volta esaminata.

Nel fornire il suo importante contributo esegetico, la Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che il diritto fondamentale – a partire dalla tutela della salute consacrata nell’art. 32 Cost. – opera non solo nei rapporti tra privati, ma limita anche l’esercizio dei pubblici poteri, sovrastandoli nella gerarchia delle posizioni costituzionalmente definite.

Per le Sezioni Unite, che si occupano del tema da circa mezzo secolo, l’attività di localizzazione di una centrale nucleare o di un impianto per il disinquinamento ambientale deve fare i conti con un diritto non degradabile ad interesse legittimo in quanto diritto fondamentale ed inviolabile che la Costituzione riconosce e tutela in via primaria e non condizionata ad eventuali interessi di ordine collettivo o generale, e, quindi, anche nei confronti della pubblica amministrazione[1].

La stessa Suprema Corte ha individuato, in relazione al bene­salute, un nucleo essenziale, in ordine al quale si sostanzierebbe un diritto soggettivo assoluto, volte a garantire le condizioni di integrità psico-fisica delle persone bisognose di cura allorquando ricorrano condizioni di indispensabilità, gravità e urgenza non altrimenti sopperibili, a fronte delle quali è configurabile soltanto un potere accertativo della P.A. volto all’apprezzamento della pura e semplice ricorrenza di dette condizioni[2].

Ne deriva, in sostanza, l’equazione “nucleo duro del bene costituzionalmente protetto = estensione ed intangibilità del diritto soggettivo”, con le due aree che coincidono, sovrapponendosi, e con l’ulteriore corollario secondo cui in carenza delle condizioni legislativamente stabilite, la domanda diretta ad ottenere le dovute prestazioni con modalità di più comoda ed agevole praticabilità per ii paziente di quelle apprestate dalla P.A., unitamente al ristoro degli eventuali pregiudizi alla salute in termini di aggravamento o non adeguata guarigione, viene invece a fondarsi su una situazione soggettiva di interesse legittimo, a fronte della discrezionalità riconosciuta all’autorità amministrativa di soddisfare tempestivamente le esigenze del privato scegliendo tra le possibili opzioni praticabili quella che essa reputi più adeguata alla finalità di piena efficienza del servizio sanitario.

In altre parole, nella prospettiva tracciata dalla Cassazione, la P.A., ancorché agisca per motivi di interesse pubblico, rimane priva di qualunque potere di affievolire o pregiudicare la situazione soggettiva appartenente a quella categoria di diritti che non tollerano interferenze esterne capaci di comprometterne l’integrità[3].

Seguendo la stessa impostazione, in tempi più recenti la Corte regolatrice ha attribuito al giudice ordinario le controversie relative al mancato rispetto delle misure emergenziali previste dal legislatore per il contenimento della pandemia da Covid-19 da parte dei gestori dei centri di accoglienza straordinari per richiedenti asilo: ciò sul rilievo che nessun potere pubblico può incidere sul diritto fondamentale fino al punto di degradarlo ad interesse legittimo[4].

In sostanza, spetta al giudice ordinario la cognizione della domanda risarcitoria, proposta nei confronti della P.A., qualora il soggetto leso lamenti l’omessa adozione dei provvedimenti necessari per la salvaguardia del diritto inviolabile che, in quanto tale, non tollera compressioni neppure da parte dei pubblici poteri e conserva sempre natura di diritto soggettivo[5].

Analogamente, è stata riconosciuta la giurisdizione del giudice ordinario rispetto alla controversia in cui il privato, denunciando la mancata adozione degli opportuni atti a tutela del diritto, chieda il risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a immissioni intollerabili di odori e polveri provenienti da un’azienda agricola privata, venendo in rilievo, alla stregua del criterio del petitum sostanziale, un comportamento materiale di pura inerzia delle autorità pubbliche, suscettibile di pregiudicare il nucleo essenziale del diritto stesso[6].

Analogamente, dovrà rivolgersi al giudice ordinario chi intenda agire per ottenere la condanna della P.A. a provvedere, con tutte le misure adeguate, all’eliminazione o riduzione nei limiti della soglia di tollerabilità delle immissioni acustiche nocive provenienti da aree pubbliche, posto che l’inosservanza da parte dell’ente pubblico delle regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni non involge scelte ed atti autoritativi della P.A. bensì un’attività materiale soggetta al principio del neminem laedere[7].

Una simile prospettazione poggia sull’ulteriore assunto per cui l’eventualità che l’attività nociva sia svolta in conformità a provvedimenti autorizzativi della P.A. non incide sul riparto di giurisdizione, dal momento che a tali atti non può riconoscersi l’effetto di affievolire diritti fondamentali dei terzi ma tutt’al più di incidere sui poteri del giudice ordinario[8].

Così ricostruiti i termini del problema, è possibile affermare che, a fronte di una pre­determinazione, da parte del legislatore, delle modalità concrete di gestione del servizio volte a soddisfare il diritto fondamentale, il potere amministrativo resta circoscritto e vincolato, non residuando spazio alcuno per il dispiegarsi di poteri amministrativi discrezionali e autoritativi, fronteggiati da posizioni di interesse legittimo.

Se, dunque, non c’è un potere da esercitare discrezionalmente, non vi sono interessi legittimi e non c’è giurisdizione del giudice amministrativo il quale, in sede di giurisdizione esclusiva, è giudice degli interessi legittimi “e anche” dei diritti soggettivi (art. 103 Cost.).

Laddove, invece, entrino in gioco anche interessi legittimi, la tutela del diritto fondamentale potrà essere apprestata dal giudice amministrativo abilitato a conoscere, in sede di giurisdizione esclusiva, di materie diffusamente costellate di diritti costituzionali come quello all’istruzione o alla tutela della salute o all’ambiente salubre o al lavoro e alla previdenza (cfr. art. 113 c.p.a.)

Alla puntualizzazione del piano dommatico ha apprezzabilmente concorso una recente pronuncia delle stesse Sezioni Unite che si è fatta carico di puntualizzare in quali casi la pretesa del privato a che un’autorità amministrativa eserciti i poteri che la legge le assegna per la tutela di un interesse pubblico si configuri non come un interesse legittimo ma come un diritto soggettivo, pertanto azionabile dinanzi al giudice ordinario[9].

In quali ipotesi l’inerzia della P.A. non è riconducibile, quale sua forma negativa, all’esercizio di un pubblico potere equivalendo, piuttosto, ad un comportamento materiale esorbitante dalla sfera della discrezionalità amministrativa?

Premessa del discorso è che il rango costituzionale del diritto non vale, di per sé solo, ad escluderne in radice l’intangibilità e l’affievolimento ad interesse legittimo, perlomeno quando esso debba essere contemperato con altri diritti di pari rango in un’opera di complessivo bilanciamento di stampo solidaristico[10].

L’approdo del percorso argomentativo fin qui esposto mostra, infatti, la piena e indiscussa legittimazione del giudice amministrativo a conoscere di diritti fondamentali, ove se ne presentino le condizioni[11], ergendosi esso a garante del contemperamento tra diritti individuali, anche di matrice costituzionale, e doveri derivati dall’appartenenza ad una stessa comunità[12].

Come è stato chiarito, la categoria dei diritti fondamentali non delimita un’area impenetrabile all’intervento di pubblici poteri autoritativi[13]. Ferma, invero, l’intangibilità del nucleo minimo essenziale, o nocciolo duro, del diritto inviolabile, è ben possibile che il legislatore definisca le modalità di protezione del diritto stesso affidandone la concreta determinazione del livello di tutela al potere amministrativo attraverso il bilanciamento, ragionevole e proporzionato, con altri valori costituzionali in un’ottica squisitamente pluralistica[14].

Del resto, la stessa Corte costituzionale ha riconosciuto la piena idoneità del giudice amministrativo “ad offrire piena tutela ai diritti soggettivi, anche costituzionalmente garantiti, coinvolti nell’esercizio della funzione amministrativa”[15]; e nella medesima direzione volge la normativa di cui al c.p.a. che, da una parte, esclude che la concessione o il diniego della misura cautelare possa essere subordinata a cauzione quando la domanda cautelare attenga a diritti fondamentali della persona o ad altri beni di primario rilievo costituzionale (art. 55) e, dall’altra, affida alla giurisdizione esclusiva del giudice speciale le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a di­ ritti costituzionalmente tutelati (art. 133, comma 1, lett. p).

Ove, dunque, il legislatore abbia conferito all’autorità amministrativa il potere di conformare un bene della vita che sia proiezione di un diritto fondamentale, toccherà al giudice amministrativo sindacare se l’eventuale scelta dell’amministrazione di non esercitare quel potere violi il canone della proporzionalità ovvero abbia oltrepassato la soglia del contenuto minimo essenziale del diritto fondamentale[16].

La norma è attributiva del potere quando attribuisce alla P.A. la potestà autoritativa di stabilire discrezionalmente l’assetto degli interessi e fissare il precetto giuridico in misura puntuale e specifica: in tali casi, la tutela dell’interesse legittimo è mediata dall’esercizio del potere, in ciò differenziandosi dal diritto soggettivo che, viceversa, equivale ad attribuzione diretta e immediata del vantaggio o bene della vita al soggetto privato.

È, quest’ultima, l’ipotesi in cui il bilanciamento sia già stato effettuato interamente dal legislatore, sicché “l’interesse fondamentale non può che avere la consistenza di un diritto soggettivo anche verso la pubblica amministrazione”[17].

Tre sono, in particolare, le situazioni la cui presenza priva ab origine l’azione amministrativa di ogni profilo di discrezionalità, conferendo alla posizione del privato la consistenza di un diritto soggettivo pieno con tutte le conseguenze in punto di giurisdizione: (i) se il diritto sostanziale è stato definito dalla legge con la preventiva gerarchizzazione degli interessi; (ii) se, e nella misura in cui, risulta coinvolto il nucleo minimo essenziale del diritto inviolabile; (iii) se, anche al di là della tutela del suo nucleo essenziale, il diritto sia stato conformato dal legislatore ordinario senza lasciare in sede applicativa ulteriori margini di bilanciamento con l‘interesse pubblico.

In definitiva, il nucleo essenziale o, comunque, l’area della predeterminazione legislativa – si pensi, ad es., alla pretesa a non subire danni alla salute derivanti dalla degradazione dell’ambiente circostante – coincide con il perimetro del diritto soggettivo, cui è sotteso un bene per la cui realizzazione la P.A. è senz’altro tenuta ad attivarsi evitando che possa essere impedita o compromessa.

Molto dipende, perciò, dal modo in cui il legislatore prende in considerazione situazioni giuridiche fondamentali: se, anche solo per alcuni aspetti, la realizzazione dell’interesse ovvero il grado e le modalità di essa si esauriscono nelle scelte già effettuate dal legislatore non implicando valutazioni discrezionali della pubblica amministrazione, in relazione alle quali la posizione del privato possa profilarsi come di interesse legittimo, il rapporto giuridico che si instaura attiene a diritti soggettivi e la P.A. è tenuta a dare attuazione al precetto e/o a vigilare sulla sua osservanza.

Ai fini del riparto giurisdizionale assume, allora, valore dirimente la distinzione fra l’omesso esercizio di un potere discrezionale e la pura condotta omissiva dell’amministrazione: la totale inerzia serbata dall’autorità non è da considerarsi esercizio negativo del potere quando è espressione di una mera inattività in quanto la misura satisfattiva del diritto inviolabile è precostituita dalla Costituzione o dalla legge senza lasciare spazio all’interposizione o all’apprezzamento valutativo, ulteriore ed autonomo, della P.A.

Impostata la questione nei termini della dicotomia discrezionalità vs. predeterminazione, occorre verificare se l’inerzia o l’omissione imputabile all’autorità pubblica costituisca una scelta oppure un fatto, vale a dire una inattività corrispondente a un comportamento materiale della stessa P.A.

Come è stato messo in luce dalla Suprema Corte, all’amministrazione “è riconosciuta una discrezionalità attiva, attinente cioè alla scelta delle misure più idonee, non anche la discrezionalità nel non agire, perché quest’ultima è incompatibile con la natura inviolabile del diritto fondamentale, soprattutto quando sia a rischio il nucleo essenziale del diritto medesimo”[18].

In sintesi, ove il legislatore abbia delineato e predefinito in modo assoluto e cogente un determinato diritto fondamentale e le modalità della sua protezione, non prevedendo alcuna mediazione da parte del potere pubblico, la giurisdizione spetterà al giudice ordinario[19]. In caso contrario, il bilanciamento fra diritti inviolabili avrà preso la forma della norma attributiva di un potere amministrativo discrezionale.

Come si è sopra ricordato, ai sensi dell’art. 103 Cost., nelle materie di giurisdizione esclusiva affidategli dal legislatore il giudice amministrativo conosce di interessi legittimi “e anche di diritti soggettivi”, in quanto situazioni soggettive compresenti e fra loro strettamente intrecciate: il presupposto è che sussista comunque un potere amministrativo fronteggiato da contrapposte posizioni di interessi e diritti del privato.

Il discorso cambia allorché l’operare del soggetto pubblico sia ascrivibile a mera attività materiale e, in ogni caso, tutte le volte in cui l’esercizio del potere non sia strutturato e riconoscibile come tale, trattandosi di comportamenti meramente materiali posti in essere al di fuori dell’esercizio di una attività autoritativa.

  1. Il Piano Educativo Individualizzato nel quadro degli strumenti di sostegno alla disabilità

Il c.d. piano educativo individualizzato (PEI) – contemplato ab origine dall’art. 12, L. 5 febbraio 1992 n. 104 – costituisce uno strumento cruciale per valorizzare le capacità e soddisfare i bisogni educativi individuali dell’alunno cui si riferisce.

Sul piano funzionale, il PEI deve contenere motivata proposta del numero di ore di sostegno didattico ritenute necessarie per assicurare l’inclusione scolastica dell’alunno in rapporto al proprio fabbisogno effettivamente rilevato[20].

In un primo tempo, spettava al docente di sostegno la redazione del PEI, potendo a tal fine avvalersi delle interlocuzioni con la famiglia e dell’analisi della documentazione in possesso della scuola con diagnosi funzionali associate all’osservazione del comportamento in classe.

Successivamente, è stata rafforzata la partecipazione attiva delle famiglie e degli alunni stessi attraverso l’introduzione di uno schema che affida la predisposizione di un quadro informativo ai genitori o esercenti la responsabilità genitoriale e altri componenti del gruppo di lavoro operativo per l’inclusione (GLO) esterni all’istituzione scolastica, relativo alla situazione familiare e alla descrizione delle caratteristiche dell’alunno bisognoso del sostegno scolastico.

Inoltre, il PEI diventa modello unico, adottato su tutto il territorio nazionale, differenziato solo per ordine e grado di istruzione, riducendosi in tale ambito l’autonomia di cui godevano in precedenza le singole istituzioni scolastiche.

Sulla base del D.Lgs. 13 aprile 2017 n. 66, come modif. dal D.Lgs. 7 agosto 2019 n. 96, il Ministero dell’Istruzione era chiamato ad adottare, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, “le modalità, anche tenuto conto dell’accertamento di cui all’articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l’assegnazione delle misure di sostegno di cui al presente articolo e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche” (art. 7, comma 2-ter). Di conseguenza, veniva emanato il decreto interministeriale 29 dicembre 2020 n. 182 recante il nuovo “modello nazionale di piano educativo individualizzato e le correlate linee guida, nonché i criteri di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità”.

Il citato decreto mira, quindi, a disciplinare l’assegnazione delle misure di sostegno ed il modello universale di PEI da adottare da parte di tutte le amministrazioni scolastiche, precisandone gli aspetti attuativi, di natura tecnica, che determinano la composizione e le funzioni dei gruppi di lavoro per l’inclusione e uniformano a livello nazionale le modalità di redazione del piano stesso[21].

Tra i molteplici contenuti normativamente previsti, va segnalato che il PEI “esplicita le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno alla classe, le modalità di verifica, i criteri di valutazione, gli interventi di inclusione svolti dal personale docente nell’ambito della classe e in progetti specifici, la valutazione in relazione alla programmazione individualizzata, nonché gli interventi di assistenza igienica e di base, svolti dal personale ausiliario nell’ambito del plesso scolastico e la proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione” (art. 7, comma 2, lett. d, D.Lgs. n. 66/2017, cit.), secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti dall’Accordo di cui all’art. 3, comma 5-bis, dello stesso D.Lgs. n. 66/2017.

In particolare, l’unità di valutazione – eventualmente partecipata anche da un assistente sociale o un pedagogista o un altro delegato, in possesso di specifica qualificazione professionale, in rappresentanza dell’Ente locale di competenza – è responsabile della stesura del profilo di funzionamento, quale documento propedeutico e necessario alla predisposizione del PEI e del progetto individuale (cfr. art. 5, comma 4, D.Lgs. n. 66/2017, cit.); in un contesto in cui la disciplina ne enuclea in dettaglio la composizione soggiungendo che esso opera con il necessario supporto dell’Unità di valutazione multidisciplinare (art. 9, comma 10).

In pratica, il piano educativo è frutto anche del confronto tra genitori e scuola, grazie al quale vengono specificate le esigenze dell’alunno con disabilità e, sulla base di queste, determinate le ore di sostegno a lui necessarie.

Il GLO assurge opera in veste di organo collegiale, ai sensi dell’art. 37, D.Lgs. 16 aprile 1994 n. 297/1994, che trova applicazione per la validità della sua costituzione e delle deliberazioni da esso assunte in sede di progettazione degli interventi inclusivi. È presieduto dal dirigente scolastico o da un suo delegato e ne fanno parte i docenti contitolari del consiglio di classe, l’insegnante specializzato per il sostegno didattico, i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale, le figure professionali specifiche, interne ed esterne all’istituzione scolastica, che interagiscono con la classe, con l’alunno disabile e con l’unità di valutazione multidisciplinare.

È, invero, assicurata la partecipazione attiva degli studenti e delle studentesse con accertata condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica nel rispetto del principio di autodeterminazione.

Riassumendo, il PEI: a) viene elaborato e approvato dal GLO (art. 3, comma 9); b) recepisce le risultanze dell’accertamento della condizione di disabilità di cui all’art. 12, comma 5, L. n. 104/1992, cit., e s.m.i. nonché del profilo di funzionamento, con particolare riguardo all’indicazione dei facilitatori e delle barriere, secondo la prospettiva bio-psico-sociale alla base della classificazione ICF dell’OMS; c) attua le indicazioni di cui all’art. 7, D.Lgs. n. 66/2017, cit.; d) è redatto a partire dalla scuola dell’infanzia ed è aggiornato in presenza di nuove e sopravvenute condizioni di funzionamento della persona; e) ha durata annuale e costituisce uno strumento di progettazione educativa e didattica riferita agli obiettivi educativi e didattici oltre che agli strumenti e alle strategie da adottare al fine di realizzare un ambiente di apprendimento che promuova lo sviluppo delle facoltà degli alunni con disabilità e il soddisfacimento dei bisogni educativi individuati; f) nel passaggio tra i gradi di istruzione e in caso di trasferimento, è accompagnato dal coordinamento fra i docenti dell’istituzione scolastica di provenienza e i docenti della scuola di destinazione e, nel caso di trasferimento, è ridefinito sulla base delle diverse condizioni contestuali e dell’ambiente di apprendimento del nuovo istituto; g) si risolve, in ultima analisi, in un atto amministrativo che garantisce il rispetto e l’adempimento delle norme relative al diritto allo studio degli alunni con disabilità ed esplicita le modalità di sostegno didattico, compresa la proposta del numero di ore di sostegno e assistenza all’autonomia e alla comunicazione[22].

  1. La contesa per le controversie in materia di PEI: la posizione della Suprema Corte

L’indirizzo delle Sezioni Unite in tema di sostegno all’alunno disabile è nel senso che il piano educativo individualizzato, definito con le modalità descritte al § precedente, obbliga l’amministrazione scolastica a garantire il supporto per il numero di ore programmato, senza lasciare alla stessa il potere discrezionale di ridurne l’entità in ragione delle risorse disponibili o in base a considerazioni di carattere organizzativo o programmatorio[23].

Si profila una fattispecie a formazione progressiva che vede, in prima battuta, le istituzioni scolastiche redigere, su richiesta delle famiglie interessate, il PEI con l’assegnazione delle ore di sostegno conformi alle esigenze proprie di ciascun alunno disabile e del personale docente specializzato; segue l’individuazione dei posti di sostegno necessari, effettuata dal dirigente che ne fa pedissequa richiesta all’ufficio scolastico regionale. Intorno a questi due atti amministrativi si sviluppa il contenzioso che può, pertanto, situarsi a monte oppure a valle del PEI[24]: nel primo caso, quando ad es. si lamenti l’omessa predisposizione del piano ovvero la previsione in esso di un numero di ore insufficienti alle esigenze dell’alunno, entra in gioco il giudice amministrativo; quando, invece ad essere contestata è l’inattuazione delle statuizioni del piano o la difformità delle determinazioni del dirigente scolastico rispetto allo stesso PEI, scatta la giurisdizione del giudice ordinario[25].

Ne deriva che la condotta della P.A., che non appresti il sostegno nella misura pianificata, si traduce nella contrazione del diritto del disabile alla pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, consumandosi una discriminazione, denunciabile ex L. 1° marzo 2006 n. 67 davanti al giudice ordinario, rispetto agli alunni normodotati che non patiscono una analoga riduzione dell’offerta formativa[26].

Nello specifico, la linea di demarcazione fra le giurisdizioni passa per la distinzione tra la fase prodromica alla predisposizione del PEI e la fase in cui esso è venuto ad esistenza[27], di modo che al giudice amministrativo restano affidate le controversie vertenti sulla consistenza dell’insegnamento di sostegno precedentemente alla formalizzazione del piano[28] mentre la competenza del giudice ordinario matura a seguito della redazione conclusiva del piano stesso da parte degli organi competenti che abbiano quantificato l’ammontare delle ore necessarie all’educazione, all’istruzione e all’assistenza dello studente affetto da disabilità[29].

Una volta approvato il piano, verrebbe così a configurarsi un diritto già pienamente conformato a fruire del docente specializzato senza che residui alcun margine per l’autorità amministrativa di rimodulare, decurtandoli, gli interventi stabiliti per la salvaguardia effettiva del diritto allo studio del beneficiario[30].

Nella tradizionale ricostruzione offerta dalla Corte regolatrice assume, pertanto, valore decisivo il fatto che la vicenda considerata si collochi a monte o a valle della redazione del PEI. La Cassazione fa leva, in particolare, sulla centralità del piano educativo individualizzato e sul conseguente, immediato e doveroso collegamento tra le necessità da esso riconosciute e la provvista di ore per il sostegno all’alunno. D’altro canto, la tipologia o gravità del bisogno designa un nucleo indefettibile di garanzie da assicurare anche attraverso l’idonea conformazione della pianta organica dell’ente, in modo da assicurare al disabile grave il miglioramento della sua condizione nell’ambito sociale e scolastico.

Nel perenne oscillare tra la negazione della sussistenza del potere e l’ipostatizzazione dell’onnipresenza del potere, nella fattispecie esaminata vengono in gioco doveri istituzionali o veri e propri obblighi in capo all’amministrazione[31].

Nel caso dell’inclusione scolastica, analogamente a quanto accade in altri contesti, il diritto fondamentale si presenta nella sua veste di posizione soggettiva a nucleo rigido, il quale, in mancanza dell’intervento, doveroso e indeclinabile, richiesto alla p.a., sarebbe esposto al rischio del grave pregiudizio della ineffettività[32].

Ove non risulti in alcun modo coinvolto il pubblico potere, in capo alla P.A. è riscontrabile, tutt’al più, un potere accertativo dei presupposti di legge, risultando la condotta dell’ente priva di connotati autoritativi e riconducibile a una condizione di sostanziale obbligatorietà connaturata al grado di tutela del diritto predeterminato dalla Costituzione o dal legislatore.

Applicando uno schema tipico di tutti i diritti sociali, la ricerca del nocciolo duro del diritto all’istruzione dell’alunno disabile conduce, per l’appunto, alla pretesa giuridicamente tutelata ad ottenere un numero di ore di sostegno adeguato alla specifica patologia riscontrata e alle esigenze concretamente rilevate dall’amministrazione alla luce di quanto risultante dal profilo dinamico funzionale e dal Piano Educativo Individualizzato[33].

Relativamente alla dotazione organica degli insegnanti di sostegno, del resto, la Corte costituzionale ha giudicato illegittime misure legislative che fissano un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno o che precludono l’assunzione in deroga, con contratto a tempo determinato, di docenti specializzati, pur in presenza nelle classi di studenti con disabilità grave, una volta esperiti gli strumenti di tutela previsti dalla normativa vigente[34].

Sullo sfondo di tali statuizioni vi è la costante presa d’atto che la discrezionalità di cui il legislatore gode nella individuazione delle misure necessarie a tutela dei diritti delle persone disabili non ha carattere assoluto, trovando un limite invalicabile nel rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie per gli interessati[35].

  1. Il giudice amministrativo sulle orme del diritto internazionale pattizio: la teoria dei ragionevoli accomodamenti

Alcune recenti pronunce del giudice amministrativo suscitano importanti riflessioni in merito ai criteri di riparto fra giudice ordinario e giudice amministrativo.

Come si accennava nel § che precede, il regolamento dei confini indicato dalle Sezioni Unite della Cassazione è oggetto di critica da parte di chi lamenta il tenore equivoco, suscettibile di diversa lettura, delle previsioni legislative su cui esso si basa, contestandone l’effetto di contraddire il senso della giurisdizione esclusiva che verrebbe snaturata dalla riattribuzione al giudice ordinario di parte della materia assegnata dal legislatore al giudice amministrativo[36].

In effetti, le più recenti novellazioni legislative sembrano aver stemperato il carattere vincolante delle previsioni contenute nel PEI, perlomeno con riguardo alle ore di assistenza educativa, suscettibili di essere rimodulate dall’ente locale nei limiti delle risorse disponibili.

Ai sensi, infatti, degli artt. 10, comma 3, e 3, comma 5, D.Lgs. n. 66/2017, cit., sono i Comuni a stabilire la misura definitiva delle funzioni di assistenza scolastica, su richiesta dei dirigenti scolastici e in base alle proprie disponibilità finanziarie.

In un sistema in cui l’ente locale non partecipa alla formazione del PEI, di competenza del GLO ex art. 9, D.Lgs. 66/2017, scolorisce il diritto incondizionato dell’alunno disabile al mantenimento delle ore settimanali di assistenza scolastica riconosciute dal PEI, ché viene subordinato alla compatibilità del quantum dedotto nel piano con i principi di buona amministrazione e sostenibilità economica.

In altri termini, una volta redatto il PEI, prende avvio l’iter volto alla provvista delle misure di sostegno che, nel rispetto della distinzione tra funzioni scolastiche stricto sensu e assistenza scolastica, sono individuate dal dirigente scolastico, il quale invia all’ufficio scolastico regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno (art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 66/2017) affinché l’ufficio predetto possa assegnare le relative risorse e, al contempo, trasmette la richiesta complessiva delle misure di supporto ulteriori rispetto a quelle didattiche agli enti locali preposti i quali attribuiscono le corrispondenti e complessive risorse secondo le modalità attuative e gli standard qualitativi previsti nell’apposito accordo concluso in sede di Conferenza unificata (art. 10, comma 3, D.Lgs. n. 66/2017).

L’Amministrazione comunale, una volta interessata dal dirigente scolastico circa le proposte di misure per l’assistenza scolastica cristallizzate nel PEI, provvede dunque a mezzo di una propria valutazione discrezionale.

Veicolando una semplice proposta delle risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione, lo storico vincolo sotteso al PEI fatalmente sfuma[37].

Nelle sue decisioni più recenti[38], il giudice amministrativo ha posto in evidenza come la disciplina de qua prenda le mosse dai referenti di diritto internazionale pattizio, rappresentati primariamente dalle disposizioni vergate dalla Convenzione ONU sulle persone con disabilità, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite in data 12 dicembre 2006 e ratificata poi dall’Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18: Convenzione in cui trova accoglienza il concetto di “accomodamento ragionevole”, con ciò intendendosi le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali (arg. ex art. 3 della stessa Convenzione).

Se il quadro normativo – nel prescrivere il prudente contemperamento dell’indefettibile diritto fondamentale del disabile alle necessarie misure di inclusione scolastica con i vincoli di finanza pubblica[39] – rappresenta la traduzione concreta e paradigmatica del concetto convenzionale di accomodamento ragionevole, ne discende che il dirigente scolastico esercita un potere discrezionale soggetto al duplice limite delle risorse disponibili e delle modalità e standard contemplati nell’accordo raggiunto in conferenza unificata.

In tal modo, infatti, il dirigente finisce col tradurre le proposte contenute nel PEI in altrettante richieste, rivolte all’USR e al Comune, rispettivamente, per le funzioni scolastiche del sostegno didattico all’apprendimento e per le funzioni amministrative di assistenza all’autonomia e alla comunicazione. Esso assurge, in un siffatto schema, a trait d’union fra il piano delle proposte indicate dal PEI, che esso riceve, il piano delle richieste, che esso trasmette ai soggetti competenti ad organizzare, finanziare ed erogare in concreto le prestazioni e il piano dei servizi corrispondenti a quelle proposte e a quelle richieste[40].

Il tema del sostegno scolastico ai disabili rimanda, dunque, alla figura di un diritto fondamentale che pretende l’esercizio del potere pubblico in funzione attuativa e conformativa del diritto stesso. Se così è, perde terreno la tesi della natura vincolata del potere intestato al dirigente scolastico tenuto a dare esecuzione al PEI.

E se l’agire dell’organo amministrativo non può qualificarsi come integralmente vincolato, alla stregua di un atto dovuto in un rapporto paritetico, non ci si può esimere dall’individuare l’oggetto e il perimetro delle valutazioni che in capo ad esso si appuntano: al riguardo, sembra appropriato richiamare quella stessa giurisprudenza che evidenzia come «i criteri richiamati nel ridetto art. 10 si prestano ad essere intesi nel senso che la limitatezza delle risorse a disposizione della scuola possa scalfire quel “nucleo indefettibile di garanzie” a tutela di diritti fondamentali del disabile, sul quale la stessa Corte costituzionale ha già avuto modo di esprimersi (sentenza n. 80/2010), e conseguentemente il dirigente possa richiedere un numero di ore di sostegno inferiori rispetto a quelle previste nel PEI (tanto più se si considera che il comma 2-bis dell’art. 7 fa oggi esplicito riferimento al fatto che le misure attuative del PEI debbano avvenire ad “invarianza di spesa e nel rispetto del limite dell’organico docente ed ATA assegnato”)»[41].

  1. La spettanza della giurisdizione nel prisma del rapporto fra effettività della tutela e condizionamenti organizzativo-finanziari dell’inclusione scolastica: viaggio di andata e ritorno dal G.O. al G.A.?

Come è stato evidenziato, se ci si sforza di riflettere sull’evoluzione dei fenomeni giuridici e delle tecniche di tutela si rende “meno duro per il cittadino il ricorso al giudice”[42].

L’analisi dei profili più attuali, inerenti alla mai del tutto sopita questione del riparto giurisdizionale in materia di diritti fondamentali, non può che partire da alcuni punti fermi e dalla considerazione della ontologica complessità strutturale di un sistema di giustizia duale come il nostro.

Partendo dall’art. 103, comma 1, Cost., che abilita il giudice amministrativo a conoscere in determinate materie anche dei diritti soggettivi, è imprescindibile rintracciare in concreto un collegamento con il potere pubblico nelle varie, possibili fattispecie ricadenti nella sua giurisdizione esclusiva.

Alla luce di tali coordinate si è affermato l’orientamento che affida alla giurisdizione del giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti materiali della pubblica amministrazione collegati all’esercizio del potere pubblico, ancorché sia pretesa la tutela di diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e purché si verta in materie riservate alla giurisdizione esclusiva[43].

Purché sia rintracciabile una qualche forma di potestà discrezionale, la giurisdizione esclusiva introduce una deroga al criterio che devolve al giudice ordinario la cognizione dei diritti soggettivi, se però si controverte del nucleo intangibile del diritto opera una controderoga nel senso che la giurisdizione del giudice amministrativo recede di fronte alla inettitudine della P.A. a scalfire quel nucleo attraverso decisioni di carattere discrezionale e imperativo.

Sembra difficilmente controvertibile che, per potersi radicare la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo, non deve difettare la connessione fra danno patito dal ricorrente ed esercizio, o mancato esercizio, di una potestà autoritativa da parte della P.A.; l’omissione deve, cioè, risolversi nell’altra faccia (quella passiva) della manifestazione di un potere amministrativo discrezionale e non invece in una mera inerzia o rinuncia ad assumere misure doverose e vincolate.

Correlandosi a scelte organizzative complesse, la vicenda del diritto al sostegno e all’assistenza scolastica dell’alunno disabile rappresenta un difficile banco di prova per la tenuta dei criteri di riparto quali si erano venuti a stabilizzare dopo una faticosa evoluzione ordinamentale.

È fuor di dubbio che il diritto all’istruzione e all’inclusione scolastica è parte integrante del patrimonio giuridico della persona umana che esige il riconoscimento e la garanzia dei diritti dei disabili per il conseguimento di quella pari dignità sociale che ne consente il pieno sviluppo e un’integrazione effettiva nella comunità di appartenenza.

In questa cornice, la somministrazione di un numero adeguato di ore di servizio di sostegno scolastico costituisce una delle principali misure destinate ad assicurare l’effettività del diritto stesso[44], il cui difetto comporta obblighi ripristinatori e risarcitori a carico della P.A. [45].

Va tenuto presente che la materia dei diritti sociali o a prestazione, per la cui realizzazione si rende necessaria la disponibilità di una determinata quantità di risorse, risponde al seguente schema: l’individuazione del bisogno (di salute, di istruzione, educazione, assistenza sociale, etc.) richiede misure satisfattive specifiche (cure e prestazioni sanitarie, sostegno didattico, supporto educativo, assistenza domiciliare, etc.) e si colloca al centro del sistema di welfare disponendosi in un rapporto trilatero che lega il bisogno, da un lato, alla programmazione (in cui si stabilisce la capacità di spesa o fabbisogno finanziario e l’entità e tipologia degli interventi e delle misure concretamente attuabili) e, dall’altro, al budget e agli altri interessi pubblici e privati da contemperare in quanto parimenti meritevoli di tutela (efficienza del servizio pubblico, aspettative dei privati e degli operatori economici, ecc.).

In questa prospettiva, le pubbliche autorità concorrono all’attuazione dei diritti costituzionalmente garantiti secondo la tecnica del bilanciamento con le esigenze di funzionalità del servizio pubblico e tenendo conto, ai fini del soddisfacimento dell’interesse generale, del limite delle risorse disponibili secondo le scelte allocative compiute dagli organi competenti[46].

In un contesto in cui, come ormai da più parti riconosciuto, il riparto di giurisdizione non esprime più un valore processuale assolutamente imperativo e in cui il diritto fondamentale non rappresenta più un argine invalicabile rispetto al perseguimento di interessi generali attraverso strumenti autoritativi, il cardine del sistema non è più la tipologia di situazione soggettiva in quanto tale ma, piuttosto, il potere con la sua natura e le sue dinamiche.

L’indirizzo prevalente fino a qualche tempo fa, teso ad assicurare un effettivo esercizio del diritto allo studio, pur escludendo talvolta che il provvedimento del dirigente scolastico fosse un atto del tutto vincolato alle risultanze della documentazione amministrativa o sanitaria da cui desumere il fabbisogno assistenziale, nondimeno precisava che il margine di apprezzamento dovesse fondarsi su ragioni obiettive che non potevano consistere nella indisponibilità di insegnanti di sostegno e di risorse economiche.

Soltanto qualora fosse stato rilevabile un profilo di manifesta irragionevolezza, erroneità o contraddittorietà della documentazione da cui evincere il fabbisogno di sostegno, o una misura palesemente incongrua attinente al rapporto fra il numero di alunni disabili e la provvista di docenti specializzati, il dirigente avrebbe potuto motivatamente discostarsi dalle determinazioni del PEI: ma, in ogni caso, non poteva trincerarsi dietro l’insufficienza delle risorse economiche o la scarsa disponibilità in organico degli insegnanti di sostegno[47].

Ancora di recente continua a riconoscersi che, rispetto alle esigenze imperative dello studente disabile, sono destinate a recedere le ragioni di ordine organizzativo e finanziario, eventualmente prospettate dall’amministrazione quali cause ostative alla attuazione del PEI predisposto con le cadenze sopra evidenziate[48].

Rispetto al passato, tuttavia, cominciano a farsi sempre più numerose le pronunce di segno opposto che si richiamano, da un lato, al nuovo regime normativo, di cui andrebbe peraltro ben vagliata la legittimità costituzionale e, dall’altro, al principio di economia processuale e di concentrazione delle tutele a vantaggio del cittadino.

Non di rado, infatti, viene affermata la giurisdizione amministrativa anche dopo la redazione del PEI al fine di garantire una tutela giudiziaria unitaria a fronte di un’unica vicenda della vita quale quella del sostegno scolastico e, così, superare la frantumazione della tutela spettante alla persona disabile evitando di spezzarla fra i due diversi plessi giudiziari[49]. Ciò in quanto l’esistenza di un diritto di natura fondamentale quale l’istruzione del disabile comporta che il giudice amministrativo sia, in detta materia, giudice naturale dei diritti soggettivi coperti da garanzia costituzionale, non giustificandosi, pertanto, un sistema giurisdizionale frammentato, che genera comprensibile confusione negli utenti[50].

Più in generale, si è ritenuto che “non pare predicabile in alcun modo il carattere vincolante del P.E.I. in punto di determinazione delle misure di assistenza scolastica, per l’assorbente considerazione che il Piano educativo individualizzato si limita a formulare motivate proposte e non già determinazioni conclusive”[51].

Sul mutamento di rotta del giudice amministrativo ha con ogni probabilità inciso anche la normativa sopravvenuta, della quale, come si accennava, andrebbe attentamente vagliata la costituzionalità alla stregua dell’obbligo di salvaguardia e intangibilità del nucleo indefettibile di garanzie costituzionali: tenuto conto che la legge ha sostituito un obbligo, che prima fondava la condotta doverosa del dirigente, con un potere di scelta, viceversa legittimante una condotta discrezionale.

Come si è visto, infatti, dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 7 agosto 2019 n. 96, che ha riscritto l’art. 10, D.Lgs. n. 66/2017, gli spazi valutativi rimessi al dirigente scolastico si sono significativamente incrementati[52]: se si considera che la nuova previsione normativa subordina la richiesta complessiva dei posti di sostegno, fra l’altro, alla valutazione da parte del dirigente “delle risorse didattiche, strumentali, strutturali presenti nella scuola, nonché della presenza di altre misure di sostegno”, l’ampiezza del margine apprezzamento pare essersi spinta fino a giustificarne la qualificazione in termini di vera e propria discrezionalità amministrativa[53].

Fra gli snodi di una procedura complessa, appare invero innegabile il fondamento normativo che legittima l’ente locale all’esercizio di un autonomo potere discrezionale di concreta assegnazione delle risorse con cui soddisfare le istanze acclarate dal piano educativo.

Quali paletti permangono, a questo punto, per le determinazioni di uffici scolastici regionali e comuni? Cosa ne è del nucleo indefettibile del diritto? Ai futuri sviluppi giurisprudenziali è verosimilmente affidato il responso.

La regola migliore possibile resta, comunque, quella della riconduzione della singola vicenda nel cono d’ombra del potere pubblico e, quindi, della connessione tra diritto inviolabile e potestà discrezionale[54]: giudice amministrativo come giudice del potere pubblico più che come giudice dei rapporti di diritto pubblico.

Il criterio della verifica in ordine alla correttezza del potere esercitato non può, tuttavia, del tutto affrancarsi dalla regola concomitante del caso per caso, permanendo un margine ineliminabile di incertezza interpretativa ed applicativa.

Quel che conta è, in fondo, che il cittadino trovi una risposta efficace e adeguata alla sua domanda di giustizia.

Non a caso, è stato ricordato che «il principio chiovendiano, in base al quale il titolare del diritto soggettivo deve ottenere in sede giurisdizionale tutto e quello e proprio che gli viene riconosciuto sul piano sostanziale, deve valere a prescindere dal fatto che a tutelarlo sia il giudice civile o quello amministrativo»[55].

[1] Cfr. Cass. civ., Sez. Un., 9 marzo 1979 n. 1463; Id., 6 ottobre 1979 n. 5172.

[2] Cass. civ., Sez. Un., 1° agosto 2006 n. 17461. Nel senso che il nucleo essenziale dei diritti «risiede entro la sovranità e da essa non fuoriesce», L.R. Perfetti, Pretese procedimentali come diritti fondamentali. Oltre la contrapposizione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, in Dir. proc. amm., 2012, 872.

[3] Cass. civ., Sez. Un., 8 novembre 2006 n. 23735.

[4] Cass. civ., Sez. Un., 15 febbraio 2022 n. 4873. Nel senso che è sempre necessaria la presenza dell’esercizio di un potere autoritativo, A. Valitutti – F. Lattanzi, Diritti fondamentali e riparto di giurisdizione. Lo stato dell’arte, in Giust. civ., 2013, n. 1, 52.

[5] Cass. civ., Sez. Un., 23 febbraio 2023 n. 5668, ord., resa in materia di mancato esercizio dei poteri amministrativi finalizzati alla tutela dei cittadini dall’inquinamento atmosferico.

[6] Cass. civ., Sez. Un., 12 novembre 2020 n. 25578, ord. In senso analogo, con riguardo al contenzioso avente ad oggetto il diniego dell’autorizzazione a ricevere cure specialistiche all’estero, Cass. civ., Sez. Un., 6 settembre 2013 n. 20577; Id., 25 ottobre 2013 n. 24146, entrambe in Corr. giur., 2014, n. 3, 326 ss., con nota di E. Grippaudo, Rimborso di spese sanitarie sostenute all’estero, indegradabilità del diritto alla salute e giurisdizione del giudice ordinario.

[7] Cass. civ., Sez. Un., 12 ottobre 2020 n. 21993, ord., ove si chiarisce che l’azione va proposta davanti al giudice ordinario tanto se si punti a conseguire il risarcimento dei danni quanto se si voglia ottenerne la condanna ad un facere. Similmente, Cass. civ., Sez. Un., 24 gennaio 2023 n. 5668, ord; Id., 14 aprile 2023 n. 10063, in tema di degrado e abbandono dell’area urbana.

[8] Cass. civ., Sez. Un., 23 aprile 2020 n. 8092, precisa che il giudice ordinario, nell’ipotesi in cui l’attività lesiva derivi da un comportamento materiale non conforme ai provvedimenti amministrativi che ne rendono possibile l’esercizio, provvederà a sanzionare, inibendola o riportandola a conformità, l’attività rivelatasi nociva perché non conforme alla regolazione amministrativa, mentre, nell’ipotesi in cui risulti tale conformità, dovrà disapplicare la predetta regolazione ed imporre la cessazione o l’adeguamento dell’attività in modo da eliminarne le conseguenze dannose.

[9] Cass. civ., Sez. Un., 27 luglio 2022 n. 23436, concernente un’azione proposta per il ristoro del pregiudizio derivante da persistenti immissioni di odori e polveri provenienti da un’azienda agricola, profilandosi così una possibile riconduzione delle relative controversie alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo aventi ad oggetto gli atti e i provvedimenti delle pubbliche amministrazioni in materia urbanistica e edilizia, concernente tutti gli aspetti dell’uso del territorio (art. 113, lett. f, c.p.a.).

[10] Il contemperamento dei diritti fondamentali del singolo con l’interesse pubblico e con i diritti fondamentali potenzialmente antagonistici degli altri può senz’altro «essere rimesso alle valutazioni discrezionali della p.a., va- lutazioni che questa è chiamata a compiere sulla base dei criteri fissati dal legislatore ordinario e costituzionale»: R. Giovagnoli, Diritti fondamentali e giudice amministrativo: un binomio davvero impossibile?, in Urb. app., 2005, 1162.

[11] Sull’equiordinazione e la parità dei plessi giudiziari, e dei relativi strumenti decisori, cfr., ex multis, E. Scotti, I diritti fondamentali nel pluralismo delle giurisdizioni, in Quest. giust., 2021, n. 1, 202 ss. Sottolinea l’insussistenza di alcuna incompatibilità logica tra diritti fondamentali e potere pubblico e, specularmente, di alcuna riserva a favore del giudice ordinario della tutela dei diritti costituzionalmente protetti, R. Giani, Giudice amministrativo e giurisdizione esclusiva sui diritti fondamentali: il caso del sostegno scolastico ai disabili e i dubbi sul criterio di riparto di giurisdizione seguito dalla Cassazione, ivi, 210 s.

[12] Come rimarca A. Giusti, Spigolature su riparto di giurisdizione e diritti fondamentali, in Quest. giust., 2021, n. 1, 196, la cognizione e la tutela dei diritti fondamentali non è estranea all’ambito della giurisdizione amministrativa «nella misura in cui il loro concreto esercizio implica e incontra l’espletamento di poteri pubblicistici, preordinati non solo alla garanzia della loro integrità, ma anche alla conformazione della loro latitudine, in ragione delle contestuali ed equilibrate esigenze di tutela di equivalenti interessi costituzionali» (in questi termini, Cons. St., Ad. Plen., 12 aprile 2016 n. 7).

[13] Cass. civ., Sez. Un., 25 novembre 2014 n. 25011.

[14] Cass. civ., Sez. Un., n. 4873 del 2022, cit.

[15] Corte cost., 27 aprile 2007 n. 140, in Giorn. dir. amm., 2007, 1167 ss., con nota di A. Battaglia, Il giudice amministrativo e la tutela dei diritti fondamentali. In dottrina, F. Martini, Poteri e diritti fondamentali nelle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva, in Dir. proc. amm., 2009, 406 ss., fa notare come, tuttavia, tale pronuncia non si è soffermata adeguatamente sulla problematica del requisito della connessione, o dell’intreccio, che deve sussistere fra situazioni giuridiche di diritto e di interesse. Similmente, nel senso che la giurisdizione esclusiva non è ontologicamente diversa da quella di legittimità, sussistendo fra esse un rapporto di species a genus tale per cui le (qualitativamente) particolari materie devono comunque contemplare la presenza dell’amministrazione in veste di autorità, A. Lamorgese, Il tribunale di Firenze rivendica (a ragione) la giurisdizione sui diritti fondamentali, in Giur. merito, 2012, 2321 ss.

[16] Sottolinea «l’importanza di un sindacato forte sul potere pubblico e sulla ragionevolezza di non facili bilanciamenti tra diritti fondamentali e tra dimensione individuale e collettiva degli interessi protetti», E. Scotti, I diritti fondamentali, cit., 203.

[17] Cass. civ., Sez. Un., n. 23436/2022, cit.

[18] Cass. civ., Sez. Un., n. 23436/2022, cit., ove si legge che “la portata della regola, per cui la tutela dei diritti fondamentali spetta al giudice amministrativo in ambiti presidiati dalla giurisdizione esclusiva, può estendersi anche ai comportamenti materiali della P.A., solo qualora siano consequenziali ad atti amministrativi o comunque espressivi di un potere autoritativo, fino a che questi comportamenti non degradino a comportamenti di mero fatto”.

[19] Cass. civ., Sez. Un., n. 23436/2022, cit., ove si evidenzia la centralità del criterio del petitum sostanziale che, nella fattispecie, si risolve nella denuncia di una ipotesi di mera inerzia della pubblica amministrazione nell’adozione di provvedimenti doverosi a tutela del diritto alla salute e all’ambiente salubre. In pratica, la mancata adozione dell’atto e le omissioni nel controllo dell’attività privata rilevano non come illegittimità dell’esercizio negativo del potere, ma come mera inerzia della P.A., ossia come un comportamento materiale negligente e imprudente nella doverosa tutela della salute. Così facendo, l’autorità pubblica finisce con l’abbandonare la sua posizione di garanzia, rinunciando ad attivarsi a protezione del diritto fondamentale, venendo in gioco una abdicazione colposa alle doverose cautele imposte dalla diligenza e dalla prudenza che, in quanto tale, sono volte alla preservazione del nucleo minimo della posizione fondamentale garantita dalla Costituzione. Non viene, perciò, in discussione la legittimità della (omessa) adozione o meno di questo o di quel provvedimento amministrativo, ma è dedotta una colpevole inerzia, rappresentata da una pura e semplice inattività. In definitiva, non può essere invocata la giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, che rimanda ad attività che esprimono l’esercizio del potere amministrativo, mentre qui non viene in rilievo alcuna attività autoritativa.

[20] L’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, enunciato con portata generale dall’art. 3, L. n. 241/1990, va inteso ed assolto non già sul piano meramente formale, come elemento strutturale del provvedimento, ma in senso funzionale, per cui il contenuto dispositivo dell’atto deve essere adeguato in relazione agli elementi di fatto e di diritto considerati per l’esercizio del potere autoritativo, quali complessivamente emergenti dal procedimento e dall’istruttoria ivi svolta (ex plurimis, Cons. St., sez. IV, 21 febbraio 2020 n. 1341; Id., sez. V, 14 febbraio 2020 n. 1180; Id., sez. VI, 3 agosto 2021 n. 5727).

[21] La modifica delle modalità di accertamento e certificazione delle disabilità contemplata dalla legge delega n. 107/2015 mirava a consentire al legislatore delegato di raccordare le modalità di assegnazione delle misure di sostegno alla prospettiva di Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell’Organizzazione mondiale della sanità (Cons. St., sez. VII, 26 aprile 2022 n. 3196).

[22] Nel senso che “le ore attribuibili devono essere quantificate esclusivamente tramite il PEI, sicché ogni determinazione di segno contrario deve ritenersi illegittima”, TAR Campania – Napoli, sez. IV, 4 novembre 2019 n. 5222; a sua volta Id., sez. IV, 14 marzo 2022 n. 1700 ribadisce che “va riconosciuto il diritto del minore ad essere assistito da un insegnante di sostegno secondo il rapporto o la quantificazione determinati nel Piano Educativo Individualizzato che tenga conto della disabilità grave di cui è portatore il minore”.

[23] Cass. civ., Sez. Un., n. 25011/2014, cit.

[24] Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, in quanto afferente a materia di pubblici servizi, ove la controversia riguardi una pretesa azionata antecedentemente alla formalizzazione del PEI (Cons. giust. amm. Sicilia, 27 gennaio 2022, n. 127; (Tar Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 23 novembre 2022 n. 554).

[25] La teoria dello spartiacque si è andata diffondendo fino a dar vita a «un orientamento che si consolida ulteriormente su tutto il territorio nazionale grazie alle conformi decisioni sia dei giudici di primo grado che del giudice di appello: (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giur., 27 marzo 2019 n. 262; id., 27 novembre 2018 n. 875; id nn. 49, 710,711, 915, 920, 599 del 2018; n. 350/2017; nn. 234, 245, 246, 248 del 2016); Consiglio di Stato, ex plurimis, sez. VI, 10 luglio 2017 n. 3393; id., 6 giugno 2017 n. 2698; id., 5 giugno 2017 n. 2683; id., 14 settembre 2017 n. 4342; id., 7 agosto 2017 n. 3926 e soprattutto Adunanza Plenaria 12 aprile 2016 n. 7, in una fattispecie relativa solo all’attribuzione in favore del Giudice amministrativo delle controversie afferenti la fase antecedente l’adozione del Piano Educativo Individualizzato e non quella successiva)»: Cons. giust. amm., 21 marzo 2022 n. 340.

[26] Analogo ordine di ragioni segue anche la Corte europea dei diritti umani (cfr. C. eur., sez. I, 10 settembre 2020, G.L. c. Italia, ric. 59751/15, su cui v. C. Nardocci, I diritti delle persone con disabilità “si fanno strada” e la Corte di Strasburgo apre le sue porte, in Gruppo di Pisa, 2021, n. 1, 336 ss.; e G. Matucci, La rivincita del diritto all’inclusione scolastica innanzi alla Corte EDU, in Oss. cost., 2020, n. 6, 508 ss.) stigmatizzando lo Stato convenuto che ometta di verificare se le restrizioni finanziarie abbiano prodotto lo stesso impatto sugli alunni non disabili e non riduca proporzionalmente i servizi per tutti gli studenti. In tal modo la Corte EDU interviene sostanzialmente sulle modalità di ripartizione delle risorse disponibili, dopo aver dichiarato che il modello inclusivo è in grado, meglio di altri, di rispondere al diritto all’istruzione così come sancito dai documenti internazionali nel quadro dei principi di universalità e di non discriminazione (contra, C. eur., sez. V, 18 dicembre 2018, Dupin c. Francia, ric. 2282/17, su cui E. Crivelli, Luci ed ombre sulla scuola come luogo di necessaria inclusione nella più recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo, in Riv. AIC, 2019, n. 2; A. Patti, Il diritto all’istruzione delle persone con disabilità: le pronunce Dupin contro Francia e Stoian contro Romania alla luce della normativa italiana, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2020, n. 1, 188 ss.).

[27] in casi, come quello qui in esame, in cui una doppia giurisdizione insiste sulla medesima vicenda, vengono condivisibilmente invocati i principi di concentrazione delle azioni e di semplificazione della tutela giurisdizionale per suggerire, viceversa, una cognizione unica fondata sulla materia che viene in rilievo (il servizio pubblico scolastico, nel caso del c.d. PEI): così S. Cimini – W. Giulietti, Potere pubblico e diritti soggettivi: gli incerti confini della giurisdizione esclusiva sul Piano educativo individualizzato, in AA.VV., L’attività nomofilattica del Consiglio di Stato, Roma, 2017, 227 ss., i quali ripercorrono i termini del rapporto fra giurisdizione amministrativa e diritti fondamentali e svolgono interessanti puntualizzazioni sul diverso atteggiarsi del dovere e dell’obbligo della p.a. a fronte del carattere vincolato dell’atto amministrativo.

[28] Cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 7/2016, cit.

[29] Cass. civ., Sez. Un., 20 aprile 2017 n. 9966; Id., 28 febbraio 2017 n. 5060, ord. In sostanza, l’amministrazione scolastica risulta sfornita della potestà di modificare (e quindi, di ridurre) discrezionalmente le misure stabilite in sede di redazione del PEI alle quali è tenuta doverosamente a conformarsi predisponendo interventi mirati alla realizzazione delle esigenze rilevate dal piano stesso, onde favorire le pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico ed evitare discriminazioni indirette ai danni degli studenti portatori di handicap

[30] Contro questo assetto si esprime R. Giani, Giudice amministrativo e giurisdizione esclusiva sui diritti fondamentali, cit., 215, al quale, sul piano operativo, «sfugge la logica per la quale i soggetti lesi nei loro diritti dovrebbero essere costretti a ricercare il giudice competente attraverso un criterio così complesso e sfuggente. E ciò per fronteggiare situazioni del tutto accomunabili di cattivo esercizio del potere, sia esso consistente nella mancata predisposizione del PEI ovvero nella concreta attribuzione, da parte del dirigente scolastico, di un numero di ore di sostegno di- verso da quello previsto dal PEI medesimo»

[31] Cfr. E. Scotti, I diritti fondamentali, cit., 206.

[32] Per una puntuale rassegna delle numerose fattispecie in cui il coinvolgimento di diritti costituzionalmente protetti incide in maniera significativa sulle decisioni in tema di riparto della giurisdizione a favore del giudice ordinario (raccolta e smaltimento dei rifiuti, immissioni prodotte dagli aerogeneratori di un parco eolico, opposizione avverso il provvedimento di diniego del permesso di soggiorno, respingimento dello straniero alla frontiera, assistenza sanitaria transfrontaliera, ecc…), si rinvia ad A. Giusti, Spigolature, cit., 199 s.

[33] Cons. St., sez. VI, 23 marzo 2010 n. 2231.

[34] Corte cost., 26 febbraio 2010 n. 80.

[35] Corte cost., 4 luglio 2008 n. 251; Id., 23 dicembre 2008 n. 431.

[36] R. Giani, Giudice amministrativo e giurisdizione esclusiva sui diritti fondamentali, cit., 216, per il quale «se gli argomenti sui quali si fonda la enclave a favore del giudice ordinario non appaiono granitici, si consolida la forza dei profili disfunzionali in precedenza evocati e si rafforza l’interrogativo se abbia senso l’individuazione di un confine interno a una vicenda della vita unitaria, come quella del sostegno scolastico a favore degli alunni disabili». A tali conclusioni l’a. giunge muovendo dalla seguente premessa: «La Cassazione disegna un’enclave di pertinenza del giudice ordinario, pur in presenza di materia assegnata tout court dal legislatore alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, richiamando congiuntamente la natura vincolata del potere pubblico, una volta che il diritto dell’alunno disabile sia stato conformato dall’emanazione dal PEI, e la conseguente natura discriminatoria che verrebbero ad assumere gli atti dell’amministrazione scolastica che si pongano in contrasto con il PEI adottato. Si tratta di tematiche complesse, che sono state ampiamente esaminate dalla giurisprudenza dei due plessi e dalla dottrina, e che non possono trovare in questa sede la compiuta trattazione che meritano. Appare sufficiente qui rilevare come i suddetti argomenti, nel concreto della vicenda amministrativa esaminata, appaiano non così preclari da precludere un supplemento di analisi e da imporre di mettere da parte le disfunzioni operative già evidenziate».

[37] D’altro canto, la normativa non consente di affermare che il PEI sia il risultato di un lavoro compartecipato anche dal sicuro intervento del rappresentante comunale, il quale solo eventualmente prende parte all’unità di valutazione multidisciplinare che, a sua volta, coadiuva obbligatoriamente il GLO che, tuttavia, in seguito elabora e approva autonomamente lo stesso PEI (cfr. art. 7, comma 2, lett. a, D.Lgs. n. 66/2017).

[38] Cons. St., sez. III, 12 agosto 2024 n. 7089, che fa leva sulla distinzione tra funzioni scolastiche propriamente intese e attività di assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale.

[39] «Il testo pattizio non conia un diritto incondizionato all’inclusione scolastica, ma lo tempera secundum quid tenendo a battesimo la nozione di “accomodamento ragionevole”: in particolare, la Convenzione, all’art. 24, nel riconoscere previamente il diritto all’istruzione delle persone con disabilità, impegna gli Stati parti a garantire un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli ed un apprendimento continuo lungo tutto l’arco della vita che realizzi tale diritto senza discriminazioni e su base di pari opportunità, ma al contempo specifica che, nell’attuazione di questo diritto gli Stati parti devono assicurare sia che le persone con disabilità non siano escluse dal sistema di istruzione generale in ragione della disabilità e che i minori con disabilità non siano esclusi in ragione della disabilità da una istruzione primaria gratuita libera ed obbligatoria o dall’istruzione secondaria, sia che venga fornito un accomodamento ragionevole in funzione dei bisogni di ciascuno e che le persone con disabilità ricevano il sostegno necessario, all’interno del sistema educativo generale, al fine di agevolare la loro effettiva istruzione»: così Cons. St., sez. III, n. 7089/2024, cit.

[40] Come si legge, ancora, in Cons. St., sez. III, n. 7089/2024, cit., «il P.E.I. compendia le determinazioni conclusive del GLO quale organo collegiale a composizione mista cui è demandato l’esercizio della discrezionalità tecnica sull’individuazione delle misure di inclusione scolastica e veicola le proposte finali in punto di determinazione del numero di ore di sostegno e di risorse professionali da destinare all’assistenza, all’autonomia e alla comunicazione. I passaggi successivi vedono il coinvolgimento del dirigente scolastico quale organo propulsivo nell’individuazione e assegnazione delle misure di sostegno: invero, anche per il sostegno didattico in senso stretto, la disciplina primaria non vincola in modo pedissequo il dirigente scolastico, il quale gode comunque di taluni margini di apprezzamento ben individuati dall’art. 10, co. 1 d.lgs. 66/2017».

[41] TAR Lazio – Roma, sez. III-bis, 3 settembre 2020 n. 9312.

[42] F. Patroni Griffi, L’eterno dibattito sulle giurisdizioni tra diritti incomprimibili e lesione dell’affidamento, in Foro amm.- TAR, 2011, LXXIII.

[43] Così già Cass. civ., Sez. Un., 5 marzo 2010 n. 5290, ord., in Giorn. dir. amm., 2010, 1034, con nota di F. Giglioni, La ridotta incidenza dei diritti fondamentali per il riparto di giurisdizione. Ancor prima, similmente, Id., 28 dicembre 2007 n. 27187, in Urb. app., 2008, 589 ss., con nota di L. Cameriero, Giurisdizione esclusiva e diritto alla salute.

[44] Nel senso che la predisposizione del PEI si contraddistingue per i suoi obiettivi minimi coincidenti con quelli da soddisfare per il superamento dell’anno scolastico, nel rispetto degli effettivi e certificati bisogni dello studente dell’appellante e con l’adozione di metodologie e strategie educative adeguate e l’ausilio di strumenti compensativi atti a favorire la comunicazione e graduali ritmi di apprendimento, Cons. St., sez. VII, 2 novembre 2022 n. 9451.

[45] Cons. St., sez. VII, 28 dicembre 2022 n. 11533; Cons. giust. amm. Sicilia, 28 marzo 2022 n. 398.

[46] Per un esempio di spesa costituzionalmente necessaria, attinente al finanziamento del trasporto scolastico per gli alunni disabili, Corte cost. 16 dicembre 2016 n. 275.

[47] Come mette in risalto Cons. giust. amm., 29 luglio 2016 n. 234, non si comprende come un alunno gravemente disabile possa pienamente vivere la complessità dell’esperienza scolastica se non debitamente assistito nella misura determinata dagli organi competenti.

[48] Cfr. Cons. St., sez. VII, 3 maggio 2023 n. 4473, secondo cui le norme sull’inclusione scolastica di studenti affetti da disabilità introdotte con il D.Lgs. n. 66/2017 sono di generale applicazione, siccome riferibili a quelle istanze universali che hanno ispirato la ridefinizione del sistema organizzativo preposto all’integrazione nel sistema di istruzione scolastica di soggetti con disabilità. L’istituzione dei gruppi di lavoro multilivello vale, quindi, anche per le istituzioni scolastiche degli enti locali. Ciò in quanto «sull’autonomia degli enti locali ex art. 118 Cost. si impongono esigenze di uniforme trattamento su base nazionale del fenomeno della disabilità e dell’intervento delle amministrazioni pubbliche a tutela dell’integrazione scolastica, espresse dalla legislazione primaria attraverso l’istituzione di un sistema unitario, ordinato su base territoriale, facente capo all’amministrazione scolastica statale. Le medesime esigenze sono a loro volta riconducibili ai principi costituzionalità di uguaglianza, tutela della famiglia e dell’assolvimento dei compiti ad essa relativi, della salute, diritto allo studio e apertura della scuola a tutti, enunciati dagli artt. 3, 30, 31, 32, 33 e 34 della Carta fondamentale e richiamati nel preambolo del più volte richiamato decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 66».

[49] Cons. giust. amm. Sicilia, 14 luglio 2021 n. 704.

[50] Cons. giust. amm. Sicilia, 27 gennaio 2022 n. 137.

[51] Cons. giust. amm. Sicilia, 21 novembre 2018 n. 788.

[52] Nella formulazione allo stato vigente, l’art. 10 stabilisce che il “dirigente scolastico, sulla base del PEI di ciascun alunno, raccolte le osservazioni e i pareri del GLI, sentito il GIT, tenendo conto delle risorse didattiche, strumentali, strutturali presenti nella scuola, nonché della presenza di altre misure di sostegno, al fine di realizzare un ambiente di apprendimento favorevole allo sviluppo dell’autonomia delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti con accertata condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell’inclusione scolastica, invia all’ufficio scolastico regionale la richiesta complessiva dei posti di sostegno».

[53] R. Giani, Giudice amministrativo e giurisdizione esclusiva sui diritti fondamentali, cit., 211, nota che «il potere pubblico, che interviene a conformare e dar corpo al diritto fondamentale, e che è potere-dovere, cioè funzione pubblica, viene esercitato attraverso l’intervento di una pluralità di soggetti, spesso di composizione collegiale, e si estrinseca in una serie di passaggi procedimentali di importanza fondamentale, soprattutto nell’ottica della possibile lesione delle situazioni giuridiche coinvolte e, quindi, della eventuale tutela giurisdizionale».

[54] Come avverte E. Scotti, I diritti fondamentali, cit., 207, «tutto ciò che esula dalla connessione o dalla dipendenza tra diritto fondamentale e potere pubblico appare come un corpo estraneo alla giurisdizione amministrativa che, se incluso in essa, segna un depotenziamento della tutela, una perdita di specificità del giudice amministrativo e una perdita di coordinate sostanziali e di chiari confini nel rapporto tra autorità e diritti fondamentali dei cittadini. Il punto è comprendere quando e in che misura il diritto fondamentale, che può dar luogo a ventagli di situazioni giuridiche soggettive – dal diritto perfetto di libertà alla pretesa di prestazione, all’interesse legittimo pretensivo o oppositivo – rientra nello spazio di azione del potere».

[55] A. Carratta, Diritti fondamentali e riparto di giurisdizione, in Riv. dir. proc., 2010, 42.