BARI – 1 dicembre 2021 h. 9,15 Seminario di studi Presentazione del libro di Vincenzo Caputi Jambrenghi Libertà e Autorità

A cura di Enrico Follieri

Sommario: 1. Prime impressioni del libro di Vincenzo Caputi Jambrenghi. – 2. L’esperienza giuridica. – 3. La struttura dell’opera “Libertà e autoritàdi Vincenzo Caputi Jambrenghi. – 4. Il “Saggio sullo Stato”. – 5. Giuseppe Capograssi metafisico. – 6. Osservazioni conclusive.

 

  1. Prime impressioni del libro di Vincenzo Caputi Jambrenghi.

Ringrazio gli organizzatori del seminario per avermi invitato a discutere di “Libertà e Autorità” per il piacere di essere a Bari nel Dipartimento di Giurisprudenza e rivedere tanti amici e colleghi dai quali sono stato separato da una pandemia, non ancora doma, e che mi ha colpito personalmente nel mese di novembre del 2020.

Un ringraziamento ancora più grande è per l’occasione fornitami di aprire il meraviglioso scrigno di valori rappresentato dal libro di Vincenzo Caputi Jambrenghi, “Libertà e Autorità”, che ha voluto riproporre all’attenzione dei giuristi il pensiero, non interamente esplorato, di Giuseppe Capograssi, tra i più grandi filosofi del diritto del novecento.

Ad essere sincero, quando Annamaria Angiuli mi ha invitato a questo seminario per discutere del recentissimo libro di Vincenzo, evidenziando che, nel titolo, significativamente la libertà precede l’autorità, credevo che avrei dovuto occuparmi della contrapposizione e composizione di questo continuo contrasto tra il cittadino, geloso custode delle sue libertà, e l’amministrazione pubblica che esercita il potere autoritativo per curare l’interesse pubblico, in una visione tesa a valorizzare la partecipazione e l’influenza del titolare della libertà sull’esercizio del potere autoritativo.

Una questione, direi classica, del diritto amministrativo e che sta alla base dell’autonomia della scienza del diritto amministrativo.

Quando ho avuto tra le mani il lavoro di Vincenzo ho capito cosa volesse intendere Annamaria: la libertà, la persona umana, sta prima dell’autorità perché quest’ultima è nell’essenza dell’uomo che la proietta all’esterno per assicurare l’ordinata realizzazione del fine del bene comune che è la parte, direi nobile, della persona umana ed a cui tende, anche quando nell’assecondare gli interessi materiali dell’esistenza, se ne discosta.

La ricerca scientifica di Giuseppe Capograssi, secondo la dottrina, si svolge sulla “persona umana, analizzata sotto un duplice profilo, nella sua essenza e nella sua esistenza”: il primo indaga interiormente l’animo umano, toccando le altezze della filosofia morale; l’esistenza considera l’uomo comune nella vita quotidiana, esteriore, di relazione.

  1. L’esperienza giuridica.

L’esistenza – più che l’essenza – dell’uomo è l’aspetto normalmente celebrato del pensiero capograssiano, tanto che è diffusa l’idea che Capograssi sia “il filosofo dell’esperienza giuridica”.

L’esperienza giuridica di Capograssi non esprime una teoria del diritto ad hoc, né il filosofo ha voluto introdurre una formula, ma è un atteggiamento speculativo che aspira a conoscere la realtà giuridica nel suo totale e concreto vivere.

Ciò comporta che la scienza del diritto deve abbracciare tutto l’ambito del diritto e della sua applicazione, in ogni aspetto, per cui non può ridursi solo alla legge, anche se da essa non può prescinderne, e che rileva in quanto crea, intorno a sé, un ordinamento giuridico che viene obbedito e applicato. Il diritto è quello che regola la vita degli uomini che, a loro volta, la regolano e riguarda ogni aspetto.

Secondo Capograssi il diritto va inteso nella sua totalità e, altresì, indagato in “tutto il dualismo che domina l’esperienza giuridica e che è la espressione precisa e irriducibile di quel duplice e originario porsi e svolgersi della vita della volontà” e “di qui anche il duplice aspetto della esperienza giuridica: questo mondo unitario che si pone ora come una vasta organizzazione coattiva ed oppressiva delle libere individualità pratiche” (autorità) “ora come una vasta collaborazione di forze per aiutare queste libere individualità ed essere sé stesse, per proteggere per difendere per far loro conseguire i loro fini” (libertà).

La duplicità della speculazione di Capograssi – essenza ed esistenza dell’uomo – è condotta ad unità nella persona umana perché l’esperienza giuridica è lo specchio dell’interiorità dell’uomo e una sua esteriorizzazione, per cui l’indagine sull’essenza dell’individualità umana diventa il presupposto delle teoriche del filosofo. L’esperienza giuridica è, quindi, uno svolgimento della volontà, della verità, della carità, della ragione umana, della libertà e dell’autorità che sono nell’uomo.

Il libro di Vincenzo è focalizzato su Capograssi che si può definire metafisico che scandaglia la persona umana e ne svela l’intima formazione (l’essenza), la sua morale.

  1. La struttura dell’opera “Libertà e autoritàdi Vincenzo Caputi Jambrenghi.

Nella prefazione, Vincenzo avverte che soffermerà la sua attenzione sul primo dei sette volumi che hanno raccolto le opere di Giuseppe Capograssi, precisando che i passaggi “particolarmente preziosi” “sul significato di autorità (e di libertà e verità)” sono racchiusi nelle pagine da 151 a 404, ed elencando in diciotto i temi rilevanti.

Vincenzo chiarisce, altresì, che il metodo prescelto per l’esposizione del pensiero di Capograssi è “quello di riportare brani dell’opera di Giuseppe Capograssi, individuando gli spunti per un loro commento”, seguendo il percorso di un Seminario di studi giuridici su Capograssi “indetto dal professore di Filosofia del Diritto dell’Università degli Studi di Bari, Renato Dell’Andro, giudice costituzionale, e dal Rettore, professore di diritto amministrativo, Pasquale Del Prete”.

Non c’è modo migliore per avvicinarsi al pensiero di Capograssi che ha una prosa certo piacevole che, a volte, come rilevato da Vincenzo, raggiunge le vette della poesia, ma è svolta con un succedersi di idee e di prospettive in un incalzare continuo senza un apparente ordine, tanto che il suo stile è stato definito “affascinante e defatigante”.

I brani riportati nel libro vanno letti e meditati come richiede l’opera di Capograssi e Vincenzo ha voluto facilitare la loro comprensione con la predisposizione di un indice che sintetizza il contenuto trattato nelle diverse partizioni tematiche.

L’indice è prezioso ed è una sicura guida sia prima che dopo la lettura dei passi dell’opera capograssiana.

Vincenzo tiene a sottolineare che il lettore non deve essere indotto “ad un’accettazione critica di dottrina da verificare nel confronto con gli altri contributi sugli stessi temi offerti dalla filosofia del diritto e da tutta la pubblicistica” che è un po’ quello che ha voluto Capograssi se è corretta la considerazione che la sua opera richiede “una creativa corresponsabilità del lettore, sempre energicamente stimolato ad un personale ripensamento o consenziente o dissenziente.

  1. Il “Saggio sullo Stato”.

Parlare di Giuseppe Capograssi metafisico non è facile perché, come è stato rilevato, vi è nel filosofo abruzzese “un uso assai moderato della metafisica. E, quando c’è, è tutto piegato in funzione storico-civile”.

L’esperienza giuridica – è stato osservato – “non può che essere storia, e tutto vi è intriso di storicità”.

Per comprendere l’essenza dell’uomo è di forte ausilio il riferimento all’evoluzione che ha compiuto lo Stato per arrivare alla situazione attuale e che Capograssi espone nel “Saggio sullo Stato” del 1918 immediatamente successivo alla conversione religiosa che ha dato l’impronta decisiva al pensiero del filosofo.

In questo saggio, Capograssi si propone di percorrere l’iter storico e di esperienza dello Stato per capire la ragione alla base della sua legittimazione e per restituirgli quell’autorevolezza che ha perso smarrendo il “dinamismo della vera vita morale”.

Per ritrovare l’autorevolezza dello Stato occorre “riscoprirlo come opera profondamente umana, come istituzione di un’umanità che, attraverso le grandi opere della storia e della cultura, si umanizza, si appropria della sua stessa umanità, compiendola: l’uomo fa la storia (e le sue istituzioni) per fare se stesso”.

La restituzione dell’autorevolezza allo Stato attraverso la visione in esso dell’umanità nella sua sostanza, ritrovandone “la ragione, la moralità, la logica, la vita” non è diretta alla sublimazione dell’istituzione statale, ma a riconoscere che è una tappa in cui è già inscritto il suo superamento in un mondo unito, “realtà più alta” e profondamente uguale rispetto alle particolarità delle istituzioni statali e delle nazioni. In sostanza, lo studio dello Stato porta ad “una profonda meditazione sulla sua fine”.

La parte del saggio che è utile per l’approccio al Capograssi metafisico è quando l’A. indaga sulla natura dello Stato “nel reale della storia” e vengono indicati alcuni tipi di Stato presenti nell’esperienza storica.

Lo Stato dell’antica Grecia ha la sua forza nell’affidamento del governo ai sapienti, ma ha il suo limite nell’esclusione di chi non è greco che lo porta alla morte. È uno Stato che è “esclusione di ogni altra umanità, di tutta l’umanità”.

Lo Stato romano rappresenta un effettivo superamento dell’impostazione particolaristica e chiusa dello Stato greco, in grado di includere altre genti, perché viene riconosciuta la vita individuale, ponendo sullo stesso piano tutta l’umanità, ma la sua impostazione ordinamentale e giuridica permette di riconoscere l’esistente (la schiavitù, l’inferiorità della donna, l’arbitrio sui minori etc.), ma non di innovare, per cui l’umanità è “ferma e quasi ipnotizzata”.

La “rivoluzione cristiana” porta una profonda innovazione dell’immagine di Dio quale rappresentata nell’antichità: un Dio che “si esinanisce” (si annienta) “si umilia, si fa uomo”, un Dio di “infinita misericordia e infinito amore e perciò infinita azione”.

Dopo l’avvento e il messaggio di Cristo il rapporto dell’uomo con la verità cambia: condivide la sorte di Dio e il pensiero si fa vita, per cui la verità diventa accessibile; pensare significa “amare, attuare, vivere, creare”.

L’uguaglianza tra gli uomini è la conseguenza della scelta di Dio di farsi uguale a loro.

Il Cristianesimo forgia una diversa idea dell’autorità che non è più potere arbitrario, ma è servizio per l’assoluto bene dell’individuo il quale obbedisce per sé, non per un potere a lui estraneo.

  1. Giuseppe Capograssi metafisico.

I brani che Vincenzo Caputi Jambrenghi sottopone alla nostra riflessione partono dalla ragione e volontà dell’uomo che ha in sé la verità rivelata dal Cristianesimo.

La ragione consente all’uomo di contemplare la verità, di essere libero e di riflettere sul fine ultimo.

La ragione è contrapposta al senso che si orienta verso le esteriorità e le cose, tendendo all’utile e al dilettevole.

La ragione ed il senso coesistono nell’uomo e sono in lotta continua tra loro che è la contrapposizione tra il bene ed il male e la volontà porta l’uomo alla verità dell’assoluto che è in lui.

La legge dell’assoluto è rappresentata dai valori del Cristianesimo che devono indurre l’uomo: a vedere negli altri uomini sé stesso, per cui non sono più “altri” in una uguaglianza di fondo; ad aspirare ad una giustizia sostanziale; ad essere solidale verso gli altri, esprimendo la carità che non è compassione, bensì amore totale di Dio e amore degli uomini, per “la verità che vive in essi”; a far trionfare, in una parola, il bene sul male.

Alla base vi è l’amore verso Dio, verso il prossimo in quanto altro sé stesso.

Questi valori sono impressi nella ragione umana e formano la vita morale dell’uomo “introducendo nella sua natura il valore dell’assoluto. È una legge eterna da cui tutte le cose dipendono e che si pone autonomamente”.

La legge universale è la “prima autorità” che “produce il primo diritto assoluto inteso come facoltà originaria di affermarsi liberamente nella vita. La prima autorità ed il primo diritto si identificano così con la verità assoluta stessa”.

Da qui il passaggio: “autorità e diritti concreti nascono dal desiderio inculcato dalla legge assoluta nella ragione di realizzare l’eterna idea della giustizia tramite la fondazione degli Stati e la creazione dei sistemi di ordinamento giuridico. Questa legge in quanto obiettiva ed immutabile introduce nell’esperienza umana il dovere, nell’adempimento del quale la vita pratica diviene morale; dalla moralità nasce ogni autorità e ogni diritto”.

La contraddizione nell’uomo tra ragione e senso pone la necessità dell’autorità che governa l’attività e “governarla significa avverarla, significa realizzare nella storia le determinazioni profonde della natura umana”.

La presenza dell’alterità nell’animo umano, ragione e senso, che si rispecchia ed obiettivizza nelle relazioni sociali tra i fini economici, utilitaristici ed escludenti gli altri, e quelli volti al bene comune, trova superamento e composizione nella verità del messaggio cristiano intriso di amore. Amore verso il prossimo che supera l’odio e l’invidia facendo diventare sé stesso l’altro e verso Dio che permette di vincere contro il male, facendo trionfare il bene.

Solo la coscienza di sé stesso e della verità e l’immedesimazione nell’amore fa acquisire all’uomo la libertà effettiva che significa ricerca continua del bene comune nell’uguaglianza di tutti gli individui e rende legittima l’autorità votata anch’essa al bene comune che “non è unità esteriore, ma interiore”.

Non è, però, la volontà del singolo che “crea ad un dato momento della storia la società costituita, ma è proprio la volontà etica comune a tutti i singoli che contiene in sé gli scopi obiettivi della tranquillità, della pace, della concordia, irrealizzabili senza autorità”.

L’adesione all’autorità è per l’uomo un’adesione al più profondo sé stesso”.

La libertà e l’autorità hanno un comune denominatore nella verità (cristiana) individuale dell’uomo e, quindi, sociale e che consente a Capograssi di affermare che “autorità e libertà sono un tutt’uno nell’identità della sostanza morale della ragione vivente”.

L’autorità è libertà, verità, legge morale.

  1. Osservazioni conclusive.

Nella coscienza di ogni individuo è presente la vocazione alla verità e, in un interscambio dei ruoli, nella postfazione, Vincenzo rileva che la libertà è “frutto di autorità, autorità frutto di volontà, volontà e coscienze innate in ogni uomo: autorità dell’individuo che attua la sua vocazione nella società e che si manifesta nell’atteggiamento disponibile, senza chiusure di alcun genere verso il prossimo che, come lui, possiede nella coscienza la verità. E che con gli altri conviene nella formazione dello Stato, un ente che nasce per servire la società non con la finalità di ordinarne con la forza, fisica o economica, la vita”.

Credo che, nel titolo, la congiunzione “e” tra libertà e autorità possa essere letta come verbo: “Libertà è Autorità”, per la immedesimazione nella superiore verità cui tende sia il singolo uomo che la società, rappresentata da tutti gli uomini uguali, per la realizzazione del bene comune.

La ricaduta di questo insegnamento del filosofo nel diritto e nel processo amministrativo è foriero di importanti conseguenze negli istituti amministrativi di democrazia diretta, nella parità sostanziale tra le parti non solo nel processo amministrativo, ma anche nel rapporto amministrativo dinamico ove trova base la tesi dell’incertezza circa l’esito del procedimento e del provvedimento e la parità delle parti nel rapporto, quanto alla soddisfazione non garantita degli interessi facenti capo al cittadino e all’amministrazione, come ho sostenuto nell’anticipazione dei risultati di una ricerca, ancora non conclusa.

Penso che, nel secondo volume preannunziato, Vincenzo verificherà la rilevanza e l’applicazione di questa teorica agli istituti di diritto pubblico e, in specie, di diritto amministrativo e, intanto, lo ringrazio per la trasfusione di spiritualità che ha operato nella disciplina.

[1] P. Grossi, Giuseppe Capograssi in Dizionario biografico dei giuristi italiani (XII-XX secolo) a cura di Maria Luisa Carlino, Giuseppina De Giudici, Ersilia Fabbricatore, Eloisa Mura e Martina Sammarco, 2013, 428.

[2] P. Grossi, op. ult. cit., 428.

[3] P. Piovani, Introduzione a Giuseppe Capograssi. Il problema della scienza del diritto, Milano 1962, ristampa dello scritto di Capograssi del 1937, V e VI.

[4] G. Capograssi, Il problema della scienza del diritto, ristampa Milano 1962, 130.

[5] G. Capograssi, op. ult. loc. cit., l’A. prosegue rilevando che “Quando si riguarda la faccia della legge, della affermazione dell’unità dell’esperienza, della esperienza come mondo unitario, l’esperienza giuridica sembra una organizzazione oppressiva che ha i suoi fini e che impone questi suoi fini a scapito dei fini particolari: la società sembra qualche cosa di estraneo come forza ignota ed oscura che tiene fuori di sé l’individualità. Se si riguarda il lato della libertà, del libero soggetto che ponendosi come affermazione di questa esperienza vede assicurati e protetti i suoi fini, l’esperienza giuridica sembra la vera affermazione della libertà divenuta realtà, poiché tutto questo mondo non sembra provare altro che l’altissimo pregio il valore unico della vita individuale a proteggere (a svolgere) la quale tutta l’esperienza è ordinata”.

[6] Cfr. C. Vasale, La filosofia morale di Giuseppe Capograssi in Giornale di metafisica 1977, 660 e ss.

[7] V. Caputi Jambrenghi, Libertà e Autorità, I, Napoli 2021, XV.

[8] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., XVII.

[9] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., XVII, il quale li ricorda come “unici indimenticabili maestri il cui ricordo è immerso in un sentimento di gratitudine profonda” ove emerge la caratura dell’umanità di Vincenzo.

[10] P. Piovani, op. cit., VIII secondo cui Capograssi vuole fare “perfino della pagina scritta un calco della vita in fieri: mossa, libera, sinuosa, andante, ritornante: senza attenuazioni previste, senza linee prestabilite, senza ausili predisposti, senza esposizioni disciplinate, senza concettualizzazioni costruite”.

[11] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., XIV.

[12] P. Piovani, op. cit., XXXII.

[13] A. Montano, G. Capograssi. Oltre le interpretazioni cattoliche di Vico in https://altritaliani.net, 2015, 12.

[14] P. Grossi, op. cit., 429.

[15] Questo è il primo importante lavoro di Capograssi, ripubblicato il 1959 nel primo volume delle “Opere” che fa seguito alla tesi di laurea del 1911. Lo Stato e la Storia. Saggio sul realismo nel diritto pubblico, pubblicata in appendice a G. Capograssi, Riflessioni sull’autorità e la sua crisi, a cura di M. D’Addio, Milano 1977, 233 e ss. S. Biancu, La figura di Cristo nella filosofia di Giuseppe Capograssi in Annuali di studi religiosi 2015, 36 sottolinea la diversa “prospettiva dei due scritti: di evidente taglio neoidealista e crociano la dissertazione di laurea, di tutt’altra impostazione il Saggio”. La ragione della diversità è da ricercare nella maturazione intellettuale e spirituale del filosofo frutto di letture impegnative negli anni dal conseguimento della laurea, 1911, al 1918 e che, come rilevato da F. Mercadante, Capograssi e il realismo cristiano a cura di A. Delogu, A.M. Morace, Esperienza e verità. Giuseppe Capograssi: un maestro oltre il suo tempo, Bologna 2009, 15-61, sono la “vena profonda” della filosofia di Capograssi (18).

[16] G. Capograssi, Opere, Vol. I, op. cit., 7.

[17] S. Biancu, La figura di Cristo etc., op. cit., 37.

[18] G. Capograssi, Opere, Vol. I, op. cit., 8.

[19] G. Capograssi, op. ult. cit., 17. Il superamento dello Stato va verso la civitas magna di cui parla Giambattista Vico che ha influenzato significativamente il pensiero di Capograssi. Cfr. F. Cerrone, Intorno al Vico di Giuseppe Capograssi in Riv. A.I.C. 2018, 502 e ss.

[20] G. Capograssi, op. ult. cit., 96.

[21] G. Capograssi, op. ult. cit., 114.

[22] G. Capograssi, op. ult. cit., 120.

[23] G. Capograssi, op. ult. cit., 121. Per Capograssi, Sant’Agostino ha bene espresso nel libro IX delle Confessioni la diversità tra le divinità pagane e il Dio cristiano: “Platone ha trovato la divinità del Verbo”, ma non “l’umiltà del Verbo”. È in questa “contraddizione sublime” (Dio che si umilia) che c’è “tutta la rivoluzione di Dio che il Cristianesimo opera”.

[24] G. Capograssi, op. ult. cit., 122.

[25] Cfr. F. Marinelli, Il diritto e la vita. Le “spirituali conversazioni” tra Giuseppe Capograssi e Salvatore Satta in Giust. Civ. 2015, 839.

[26] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 40.

[27] F. Marinelli, op. ult. cit., 846 rileva che sono i valori di un umanesimo cristiano. Per A. Montano, op. cit., 4-5 è un “cristianesimo umanistico e raziocinante”.

[28] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 19.

[29] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 19.

[30] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 20.

[31] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 26.

[32] Cfr. G. Lodigiani, La coscienza del soggetto agente nell’opera di Giuseppe Capograssi (1889-1956) in www.dialettico.it – appunti di filosofia del diritto.

[33] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 35.

[34] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 47.

[35] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 48.

[36] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 66.

[37] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 68.

[38] V. Caputi Jambrenghi, op. cit., 103-104.

[39] E. Follieri, Il rapporto giuridico amministrativo dinamico in www.giustamm.it 2017, anno XIV.