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n. 4-2002 - © copyright.

TAR VENETO, SEZ. I – Sentenza 4 aprile 2002 n. 1234 - Pres. Baccarini, Est. De Zotti - Bonetti ed altri (Avv.ti Ivone e Chiara Cacciavillani) c. Comune di Verona (Avv.ti Giovanni Sala ed Antonio Sartori) - (dichiara inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice adito).

Giurisdizione e competenza - Giurisdizione esclusiva del G.A. - In materia di servizi pubblici - Società esercente un pubblico servizio - Controversia riguardante l’atto di revoca degli amministratori - Esula dalla giurisdizione esclusiva del G.A. - Ragioni - Atto di revoca - Costituisce atto di autonomia negoziale.

La revoca degli amministratori di una società per azioni creata per la gestione di un servizio pubblico, disposta dal Comune socio unico, non rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo di cui all’articolo 33 del D.lgs. 80/98.

Il provvedimento di revoca degli amministratori di una società per azioni, ancorchè adottato dalla pubblica amministrazione, costituisce infatti estrinsecazione non di potestà amministrativa ma di autonomia negoziale (esplicazione di poteri conferiti dagli articoli 2383, 2458 e 2459 del codice civile), per cui la situazione soggettiva degli amministratori, indipendentemente da quale ne sia il contenuto specifico, è configurabile in termini di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario.

Commento di

DANIELE MACCARRONE

Giurisdizione amministrativa e revoca degli amministratori delle S.p.a. per la gestione dei servizi pubblici locali

La sentenza annotata, nonostante sia stata resa ai sensi dell’articolo 26 , comma 4, della legge 1034/71 e rechi quindi una motivazione succinta, assume particolare rilievo nell’acceso dibattito in materia di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nei servizi pubblici.

E lo fa con riferimento ad una fattispecie, quella della revoca degli amministratori da parte dell’ente pubblico, che dopo il riparto di giurisdizione compiuto dal D.lgs. 80/98, pare non abbia ancora subito il vaglio della giurisprudenza.

L’occasione quindi, appare buona per muovere una prima sommaria riflessione sul tema specifico.

La sentenza ritiene che il giudizio avverso i provvedimenti di revoca degli amministratori di una S.p.a. adottati dal Comune unico socio, non rientrino nella giurisdizione amministrativa, ma in quella del giudice ordinario.

E ciò, per un primo aspetto perché la fattispecie non sarebbe riconducibile ad alcuna delle ipotesi di giurisdizione esclusiva elencate nell’articolo 33, comma 2, del D.lgs. 80/98, nel testo reintrodotto dall’articolo 7 della legge 205/00 a seguito della pronuncia di incostituzionalità della predetta norma decisa dalla Corte Costituzionale con sentenza 292/00.

E per un secondo aspetto, perché la revoca disposta dal socio unico costituirebbe estrinsecazione dell’autonomia negoziale attribuita al socio d’una società per azioni dagli articoli 2383, 2458 e 2459 del codice civile.

La sentenza è convincente sotto questo secondo profilo, ove sostenendo che la nomina e la revoca degli amministratori abbiano carattere privato o meglio negoziale, qualifica come diritto soggettivo la posizione giuridica degli amministratori revocati e conclude che, secondo il tradizionale riparto di giurisdizione fondato sulla "causa petendi", la controversia rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario.

Essa invece, si presta a qualche riflessione quando afferma che la revoca non rientri nella giurisdizione esclusiva dell’articolo 33 del D.lgs. 80/98.

Il primo comma del richiamato articolo 33 infatti, con una definizione la più ampia possibile, dispone che sono devolute al giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi e quindi, secondo l’orientamento prevalente, tutte le controversie che incidano in qualche modo sullo svolgimento del servizio pubblico in senso oggettivo.

Il dato letterale della norma con particolare riguardo alla locuzione "tutte le controversie in materia di pubblici servizi" rende chiara l’intenzione del legislatore di allargare il più possibile le maglie della giurisdizione amministrativa in questa materia, includendovi tutte quelle controversie che direttamente o indirettamente riguardino l’attività di produzione di beni e servizi di rilievo collettivo (il servizio pubblico in senso oggettivo per l’appunto), con esclusione, per espressa previsione dell’articolo 33 comma 2, lettera e), "…dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati, delle controversie meramente risarcitorie che riguardano il danno alla persona o a cose e delle controversie in materia di invalidità…".

La successiva elencazione di materie contenuta nel secondo comma assume quindi, carattere meramente esemplificativo e non certo tassativo, delle controversie rientranti nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò detto, la revoca degli amministratori di una società, soprattutto quando – come nel caso in specie – riguardi la maggioranza degli amministratori, determinando la "decapitazione" dell’organo di amministrazione e limitando conseguentemente l’azione della società, è idonea ad incidere indirettamente sul servizio pubblico.

A titolo d’esempio, l’impossibilità per il consiglio di amministrazione di deliberare, certamente sugli atti di straordinaria amministrazione e fors’anche su quelli di ordinaria amministrazione tutte le volte in cui il numero degli amministratori superstiti rimanga inferiore a quello minimo fissato in statuto per la validità delle deliberazioni., è una vicenda sostanziale che può incidere, seppure in potenza, sull’organizzazione e l’espletamento del servizio.

La controversia peraltro, potrebbe forse rientrare nella giurisdizione del giudice amministrativo anche richiamando le ipotesi specifiche, aventi come detto carattere esemplificativo, del comma 2 del medesimo articolo 33.

Ci si riferisce per un verso alla lettera b), cioè alle controversie tra le amministrazioni pubbliche ed i gestori comunque denominati di pubblici servizi, ove si consideri che la revoca riguarda direttamente gli amministratori, ma indirettamente colpisce, per le ragioni sopra dette, l’organo amministrativo della società e quindi, anche per il rapporto di immedesimazione organica, la stessa società, cioè il gestore del pubblico servizio.

E per altro verso, alla lettera c) relativa alle controversie in materia di vigilanza e controllo nei confronti dei gestori di pubblici servizi, costituendo la revoca degli amministratori, nonostante gli innegabili connotati privatistici sopra indicati, una delle forme, forse pure la più penetrante, di controllo e vigilanza dell’ente pubblico sulle società di gestione.

Tanto che la revoca nella generalità dei casi rappresenta, come d’altra parte è avvenuto nel caso concreto, la conseguenza della "disobbedienza" degli amministratori rispetto alle direttive impartite dall’ente pubblico.

E anche vero tuttavia, e questo depone a favore del declino di giurisdizione contenuto nella sentenza annotata, che la mancata riproposizione da parte della legge 205/00 dell’originaria lettera c) dell’articolo 33 del D.lgs. 80/98, riguardante i rapporti tra le amministrazioni pubbliche ed i soci di società miste nonché quelli riguardanti la scelta dei soci, ha fatto ritenere che il legislatore abbia voluto evitare che il giudice amministrativo si occupasse di patti parasociali, di sindacati di voto ed in genere di tutte le controversie inerenti la vita societaria, non direttamente riconducibili alla materia dei servizi, estranei alla sensibilità giuridica del giudice amministrativo, di converso familiari al giudice ordinario.

La verità è che anche in questo specifico ambito, i contorni della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nonostante siano trascorsi ormai quattro anni dalla prima distribuzione di materie disposta con il D.lgs. 80/98, sono tutt’altro che chiari.

Un auspicabile intervento del nostro legislatore ovvero, ciò che è più probabile, l’esercizio successivo di dottrina e giurisprudenza ci diranno tra qualche tempo come stanno effettivamente le cose.

Ad oggi rimane il dato, poco confortante per la verità, che in questa come in altre materie, il cittadino debba spesso peregrinare alla ricerca d’un giudice competente in una "via crucis" (mi sia permesso l’accostamento) spesso assai dolorosa in termini economici e di tempo, nella quale soltanto la decisione delle sezioni unite della Corte di Cassazione in sede di regolamento preventivo di giurisdizione, costituirebbe l’ultima stazione, idonea a fare definitiva chiarezza e ad eliminare orientamenti ondivaghi.

 

per l’annullamento

della delibera della G.M. n. 409 del 17.12.2001; dell’atto sindacale 30.1.2001; nonché dell’atto 16.2.2002 prot. n. 15347; e per il risarcimento del danno.

(omissis)

considerato

1. che, ai sensi del novellato art. 26, commi IV e V, della l. 6 dicembre 1971, n. 1034, anche per i giudizi aventi ad oggetto i provvedimenti elencati nel precedente art. 23 bis, nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il Tribunale amministrativo regionale può decidere con sentenza - assunta, nel rispetto della completezza del contraddittorio, anche nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare - recante una succinta motivazione, volta a volta consistente in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo, ovvero, se del caso, ad un precedente conforme;

2. che, nel corso dell’udienza camerale, fissata per la discussione dell’istanza di sospensione, il Collegio ha comunicato alle parti presenti di voler definire la controversia con sentenza abbreviata, e queste non hanno espresso rilievi o riserve;

3. che la controversia concerne la delibera di non approvazione del bilancio dell’AMIA (nella parte relativa al valore di una società partecipata) e la successiva e conseguente revoca degli amministratori ad opera del socio unico (il Comune di Verona) della s.p.a. AMIA;

3.1. che i ricorrenti invocano la giurisdizione amministrativa in materia di servizi pubblici;

3.2. che l’azione tuttavia non afferisce alla gestione del servizio pubblico né investe i rapporti tra il gestore e l’utenza (e infatti l’azienda che esercita il servizio pubblico non è stata evocata in giudizio e non è parte in causa né in senso processuale né sostanziale);

3.3. che la controversia non inerisce neppure alla materia della vigilanza e del controllo nei confronti dei gestori del servizio pubblico, trattandosi – queste ultime - di funzioni amministrative svolte ab externo nei confronti del soggetto gestore, mentre nella specie vengono in considerazione rapporti interorganici tra socio unico ed amministratori;

3.4 che esula, infine, anche l’ipotesi di cui alla lettera f) dell’art. 33 del D. Lgs 80/1998 (attività e prestazioni rese nell’espletamento di pubblici servizi);

3.5. che dunque la questione non rientra, ratione materiae, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo;

3.6 che gli atti impugnati, ancorché ascrivibili alla pubblica amministrazione, costituiscono estrinsecazione non di potestà amministrative ma di autonomia negoziale (nella specie essi costituiscono esplicazione dei poteri conferiti dall’art. 2383, e per rinvio dagli art. 2458 e 2459 del codice civile, e trasfusi nell’art. 21 co.2^ dello Statuto AMIA, che riserva espressamente al socio unico il potere di revocare in qualsiasi tempo gli amministratori da lui nominati), per cui la situazione soggettiva degli amministratori, indipendentemente da quale ne sia il contenuto specifico, è configurabile in termini di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario;

4. che il ricorso è perciò inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice adito e tale va dichiarato, sussistendone i presupposti, con decisione in forma semplificata;

5. che le spese seguono la soccombenza e vanno poste a carico dei ricorrenti nella misura di cui al dispositivo;

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, prima Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo dichiara inammissibile.

Condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore del Comune di Verona, delle spese e delle competenze di causa che liquida in € 4000 (quattromila) oltre ad IVA e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Venezia, nella Camera di consiglio addì 13 marzo 2002.

Il Presidente L’Estensore

Depositata il 4 aprile 2002.

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