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TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. I – Decreto presidenziale  24 aprile 2001 n. 1192 -  Impresa Perego (Avv. Rota) c. Comune di Veduggio Con Colzano ed altro.

Giustizia amministrativa – Tutela cautelare – Tutela ante causam – Ex art. 3, comma 2,  L. n. 205/2000 – Presupposti – Situazione di estrema urgenza non altrimenti rimediabile – Necessità – Mancanza – Inammissibilità della richiesta – Fattispecie.

In un sistema basato sulla collegialità delle decisioni giurisdizionali, il ricorso al giudice monocratico previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205 costituisce rimedio esperibile, in via di extrema ratio, in situazioni del tutto eccezionali, non altrimenti tutelabili, che insorgano nell’intervallo tra udienze ordinarie già calendarizzate; in tale prospettiva, la situazione estrema gravità e urgenza che legittima l’intervento cautelare presidenziale deve dipendere da cause oggettive e non già divenire tale per ritardo o per inerzia dell’interessato.

Non può pertanto accogliersi una istanza volta ad ottenere la sospensione cautelare provvisoria, inaudita altera parte, degli atti impugnati, a norma dell’art. 21, 9° comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (come modificato dall’art. 3 della legge 21 luglio 2000 n. 205), allorchè la scansione temporale degli eventi lasci ampio margine per la delibazione della causa in sede collegiale, previa eventuale istanza di abbreviazione del termine per la trattazione del ricorso durante la prima camera di consiglio utile (1).

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(1) V. la nota di commento di LUCIANO SALOMONI, Pronunce cautelari ante causam: l’estrema gravità e urgenza deve essere valutata anche rispetto alla data di deposito del ricorso al Tribunale Amministrativo, riportata dopo il testo del decreto in rassegna.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

Il Presidente

ha pronunciato il seguente

DECRETO

Sul ricorso n. 1283 del 2001 proposto da

Impresa PEREGO Giovanni

Rappresentata e difesa dagli Avv.ti Gian Luigi Rota del foro di Milano e Giuseppe Rusconi del foro di Lecco, elettivamente domiciliata in Milano, Via Conservatorio n. 13, presso la Segreteria del TAR

contro

-COMUNE DI VEDUGGIO CON COLZANO

-AGENZIA REGIONALE PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE DELLA LOMBARDIA

per l’annullamento

previa sospensione dell’esecuzione: (a) dell’ordinanza 8 marzo 2001 n. 361, notificata il 22.3.01, con cui il Sindaco, nel disporre a carico del ricorrente una serie di adempimenti per la bonifica di un’area contaminata da oli minerali, ha ordinato di “sospendere, per 30 giorni…, ogni conferimento ulteriore al fine di non alterare l’attuale situazione dell’area”; (b) di ogni altro atto antecedente, conseguente e connesso, e in particolare della nota 1 febbraio 2001 dell’ARPA, prot. n. 593/01, relativa alle analisi effettuate sul campione di terreno prelevato dall’area usata dalla ricorrente.

Visto il ricorso – notificato il 5 e 6 aprile 2001 (rispettivamente all’ARPA e al Comune) e depositato il 19 aprile 2001 – con cui il ricorrente, autorizzato dal Comune ad eseguire opere di bonifica per colmata e di riqualificazione paesistico – ambientale di terreni già oggetto di attività estrattiva (cava di ghiaia), ha impugnato gli atti in epigrafe deducendo tra l’altro l’irritualità del prelievo e del campionamento, nonché la violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale, che avrebbero precluso controanalisi in contraddittorio;

Vista l’istanza, notificata il 9 e 10 aprile 2001, depositata il 23 aprile successivo, volta ad ottenere la sospensione cautelare provvisoria, inaudita altera parte, degli atti impugnati, a norma dell’art. 21, 9° comma, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (come modificato dall’art. 3 della legge 21 luglio 2000 n. 205), sul rilievo che il cessato conferimento del materiale di cava ha avuto “gravi e pesanti ripercussioni sia nei confronti dei clienti (con i quali era stato stipulato il relativo contratto), sia della manodopera, ora a riposo forzato”, e che tali “effetti rischiano di moltiplicarsi nel tempo intercorrente dalla notifica del ricorso fino alla discussione in camera di consiglio”;

Ritenuto che, in un sistema basato sulla collegialità delle decisioni giurisdizionali, il ricorso al giudice monocratico previsto dall’art. 3, comma 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205costituisce rimedio esperibile, in via di extrema ratio, in situazioni del tutto eccezionali, non altrimenti tutelabili, che insorgano nell’intervallo tra udienze ordinarie già calendarizzate;

Ritenuto, in tale prospettiva, che la situazione estrema gravità e urgenza che legittima l’intervento cautelare presidenziale debba dipendere da cause oggettive e non già divenire tale per ritardo o per inerzia dell’interessato (cfr. T.A.R. Reggio Calabria, 18 settembre 2000, n. 16, decr. pres.);

Considerato che nella vicenda la scansione temporale degli eventi (ordinanza notificata il 2 marzo; ricorso notificato il 5/6 aprile e depositato il 19 successivo) lasciava ampio margine per la delibazione della causa in sede collegiale, previa eventuale istanza di abbreviazione del termine per la trattazione del ricorso nelle camere di consiglio del 19 o del 20 aprile;

Considerato che anche gli intervalli temporali tra la notifica e il deposito del ricorso, così come della richiesta di provvedimento presidenziale, non appaiono compatibili con le addotte ragioni di urgenza;

Considerato inoltre che:

-        nella comparazione degli interessi in gioco prevale la tutela dell’interesse pubblico alla bonifica del compendio in guisa tale che il ripristino ambientale mediante colmata venga correttamente effettuato con l’impiego di materiali non contaminati;

-        l’identificazione dell’area contaminata può essere compromessa o resa comunque più difficoltosa dal versamento di ulteriore materiale;

-        i termini previsti dall’ordinanza impugnata sono scaduti e l’ordinanza stessa pare già (almeno parzialmente) ottemperata con il deposito della relazione tecnica in data 28 marzo 2001;

Ritenuto che in questo quadro non siano ravvisabili i presupposti occorrenti per accordare la tutela cautelare provvisoria richiesta;

p.q.m.

Respinge l’istanza.

Milano, 24 aprile 2001.

*  *  *

LUCIANO SALOMONI

(1) Pronunce cautelari ante causam: l’estrema gravità e urgenza deve essere valutata anche rispetto alla data di deposito del ricorso al Tribunale Amministrativo.

(commento a Tar Lombardia, sez. I – decr. pres. 24 aprile 2001 n.1192)

La Legge 205/2000 di riforma del processo amministrativo ha introdotto nel nostro ordinamento un nuovo strumento per consentire la tutela cautelare degli interessi del ricorrente prima della pronuncia collegiale sulla richiesta di sospensiva, destinato a produrre effetti sino alla data della Camera di Consiglio.

Come noto, l’art. 3 c. II della legge di riforma della giustizia amministrativo prevede che “prima della trattazione della domanda cautelare, in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data della camera di consiglio, il ricorrente può, contestualmente alla domanda cautelare o con separata istanza notificata alle controparti, chiedere al presidente del tribunale amministrativo regionale, o della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provvisorie. Il Presidente provvede con decreto motivato, anche in assenza di contraddittorio”.

L’introduzione di un nuovo provvedimento giurisdizionale per la tutela cautelare costituisce un indubbio elemento di novità nell’attività dei giudici amministrativi, ai quali è rimessa, in definitiva, l’evoluzione in via giurisprudenziale dell’istituto. Infatti, a fronte di una modifica legislativa di sicura portata innovativa, tale da essere valutata come un “effetto dirompente” [1] sul sistema di giustizia amministrativa, un contributo determinante per la chiarificazione di rilevanti snodi interpretativi non potrà che scaturire dai provvedimenti stessi assunti dai Presidenti di sezione in applicazione delle nuove norme processuali [2].

In particolare, la pronuncia qui segnalata, resa dal Presidente della I sezione del Tar Lombardia, consente alcune valutazioni in merito al rapporto tra la tutela cautelare concessa in Camera di Consiglio ed il nuovo strumento del decreto presidenziale ante causam, che precede l’ordinanza di sospensione del provvedimento impugnato.

Il Decreto Tar Lombardia – sez. I, n. 1192/01, qui commentato, ha ad oggetto, quale fattispecie concreta, un’ordinanza sindacale, emessa ai sensi degli artt. 14 e 17 del Decreto Ronchi, per la bonifica di un’area contaminata da oli minerali [3] con contestuale prescrizione di sospensione per 30 giorni di ogni conferimento ulteriore di rifiuti al fine di non alterare la situazione dell’area.

Il ricorrente lamenta quindi un danno, posto a fondamento della richiesta di tutela cautelare ante causam, di natura economica, dovuto sia all’impossibilità di adempiere gli obblighi contrattuali assunti con i privati, che conferiscono materiale da smaltire nell’area da bonificare, sia al “riposo forzato” cui è stato costretto il personale che lavora all’interno dell’area.

Il giudice, nell’applicare la disposizione contenuta nell’art.3 c.II L. 205/2000, chiarisce sin da subito che il rimedio previsto dal legislatore ante causam è da ritenersi esperibile quale extrema ratio, “in situazioni del tutto eccezionali, non altrimenti tutelabili, che insorgano nell’intervallo tra udienze ordinarie già calendarizzate”

Di fronte alla necessità di interpretare il dettato legislativo, che si limita ad affermare che i provvedimenti cautelari ante causam necessitano, quale condizione legittimante, di una situazione di “estrema” gravità ed urgenza, non altrimenti tutelabile, la pronuncia in esame parrebbe radicare tale requisito del periculum in mora, non nella valutazione del danno in cui possa incorrere il ricorrente, bensì nella comparazione tra la situazione insorta, di cui occorre valutare l’eccezionalità, e l’utilità, rispetto a tali eventi, di una tutela cautelare offerta prima della Camera di Consiglio.

L’impostazione fornita dal giudice pare valorizzare, sotto un profilo più generale, la ratio perseguita dal legislatore, che, con la Legge 205/2000, non ha mancato di intervenire sul nesso logico tra periculum e danno insito nella tutela cautelare, in favore di una più efficace tutela sostanziale degli interessi lesi. Ed infatti, in seguito alla modifica dell’art. 21 c.VII della Legge TAR, la tutela cautelare è accordata in presenza di un “pregiudizio grave ed irreparabile”: risulta così affermata dal legislatore la necessità di tutelare situazioni di lesione potenziale, in cui, pur sussistendo un interesse a ricorrere qualificato, non vi è ancora un vero e proprio danno. 

D’altra parte, nei commenti a prima lettura dell’art. 3 c. II Legge 205/2000, si è già avuto modo di osservare come con i Decreti resi ante causam “non ci si trovi davanti a una forma di tutela cautelare preventiva, ma innanzi a un procedimento incidentale nell’ambito del procedimento ordinario” [4]. Anche sotto questo profilo, quindi, la giurisprudenza qui segnalata pare voler intendere il nuovo strumento cautelare come qualcosa di ontologicamente differente rispetto alla tutela camerale, e non come un provvedimento meramente anticipatorio delle ordinanze camerali di sospensione.

In particolare, l’aspetto particolarmente degno di nota nel Decreto in commento pare essere il criterio assunto per valutare l’esistenza di una situazione eccezionale, che non può attendere la tutela in Camera di Consiglio (diremmo quindi trattarsi della situazione legittimante l’emanazione del Decreto presidenziale ante causam) ed effettuare quella comparazione tra l’evento nuovo e la necessità di tutela, in relazione ad esso, prima della Camera di Consiglio. Infatti, nel provvedimento in esame, per valutare l’urgenza di provvedere il giudice mette in relazione il calendario delle udienze di Camera di Consiglio con la data di deposito del ricorso rispetto alla data della notifica all’Amministrazione. 

Ed in effetti, il decreto rileva che “la scansione temporale degli eventi…lasciava ampio margine per la delibazione della causa in sede collegiale, previa eventuale istanza di abbreviazione del termine per la trattazione del ricorso nelle camere di consiglio del 19 o 20 aprile”. Vale a dire che, laddove il ricorrente avesse provveduto a depositare il ricorso nei giorni successivi rispetto alla notifica del provvedimento impugnato, avrebbe potuto fruire della tutela cautelare in Camera di Consiglio.

Ma, e questo pare un elemento di – inaspettata – novità nell’interpretazione dell’art. 3 c. 2 Legge 205/2000, la reiezione dell’istanza cautelare[5] non pare in questo caso conseguire ad una valutazione in merito alla possibilità di attendere, impregiudicati gli interessi del ricorrente, la successiva Camera di Consiglio, valutazione che pare essere richiesta dalla stessa norma, laddove fa riferimento per l’adozione dei decreti presidenziali all’impossibilità di un “dilazione” della tutela cautelare. Di contro, il decreto di rigetto dell’istanza cautelare ante camera di consiglio pare fondarsi su di un giudizio prognostico in ordine al comportamento tenuto dal ricorrente: il giudice rileva infatti che, nella “scansione temporale degli eventi”, quest’ultimo poteva depositare il ricorso in tempo utile per la Camera di Consiglio successiva alla notifica del ricorso all’Amministrazione, chiedendo eventualmente un’abbreviazione dei termini.

Sotto questo profilo, quindi, il Giudice, non si limiterebbe a comparare il momento di deposito dell’istanza con la data della successiva Camera di Consiglio (come l’art.3 c.II Legge 205/2000 pare richiedere, laddove ha previsto che la gravità ed urgenza siano valutate in relazione alla “dilazione fino alla data della camera di consiglio”), ma giunge a valutare lo stesso comportamento tenuto dal ricorrente rispetto ad un’udienza precedente all’effettivo deposito dell’istanza, ma successiva alla notifica del ricorso all’Amministrazione, e considerando quindi il tempo che questi ha lasciato decorrere tra notifica del ricorso e deposito nella cancelleria del Tribunale Amministrativo.

Nel caso in esame, infatti, l’insussistenza di una situazione di urgenza tale da legittimare l’emissione di un Decreto ante causam è affermata proprio con riferimento al mancato deposito del ricorso nel tempo immediatamente successivo alla notifica, e quindi in tempo utile per la prima Camera di Consiglio (che il Giudice ricorda essersi tenuta il 19 e 20 aprile).

Inoltre, il provvedimento in esame non offre alcuna valutazione in merito al danno lamentato dal ricorrente, in termini economici, a seguito dell’esecuzione del provvedimento impugnato: in questo modo, risulterebbe ulteriormente confermato che la distinzione tra le ordinanze cautelari ed i decreti presidenziali non viene posta nel grado del periculum in mora lamentato dal ricorrente ex se, richiedendo che nel caso di provvedimenti ante causam si lamenti un danno maggiore al fine di ottenere tutela. Il decreto, provvedimento diverso per natura ed effetti dalle ordinanze cautelari, svolgerebbe invece un effettivo ruolo di extrema ratio, intervenendo laddove l’attesa di una tutela collegiale possa pregiudicare il ricorrente, come argomentato nella pronuncia qui riportata.

In conclusione, nell’attesa di valutare a fronte di altre pronunce dei Presidenti di sezione l’indirizzo giurisprudenziale in merito all’interpretazione dell’art. 3 c.II Legge 205/2000 nel punto in cui si richiede una situazione di “estrema” gravità e urgenza, la pronuncia qui commentata pare fornire un primo e utile intervento chiarificatore in merito, non privo, come si è ritenuto di dover sottolineare, di peculiarità che, laddove trovassero conforto nelle pronunce successive, andranno tenute in considerazione da parte degli operatori del diritto per valutare gli atteggiamenti processuali da tenere, in qualità di ricorrenti, sin dal momento del deposito del ricorso.

Note:

[1] Cfr. E. QUADRI, La tutela cautelare ante causam nell’evoluzione giurisprudenziale, anche alla luce degli orientamenti comunitari, in T.A.R., 2000, n.12, p. 646.

[2] Tra i primi provvedimenti ante causam resi a seguito dell’entrata in vigore della Legge 205/2000, si segnalano: Tar Lombardia, sez.III, Ord. pres. 11 agosto 2000, n.229; Tar Abruzzo, Ord. 31 agosto 2000; Tar Lombardia, sez.III, Ord. pres. 28 agosto 2000, n.259; Cons. Stato, sez.V, Decreto 20 settembre 2000, n.1; Tar Lazio, sez. II bis, Decreto 21 agosto 2000, n.2; tutti pubblicati su www.giustamm.it.

[3] L’ordinanza impugnata ha ad oggetto, per l’esattezza, la prescrizione di alcuni adempimenti ulteriori nel corso delle operazioni di bonifica, già ordinate al ricorrente con precedente provvedimento.

[4] Cfr. AA.VV., Il nuovo processo amministrativo, Padova, 2001, p.99.

[5] In questa sede si prescinde dall’esame degli aspetti della fattispecie concreta che hanno condotto alla reiezione dell’istanza cautelare: basti fare riferimento alla comparazione, effettuata dal Giudice nel Decreto, tra gli interessi in gioco, con la prevalenza dell’interesse pubblico alla bonifica.

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