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TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. I – Sentenza 25 maggio 2001 n. 4015Pres. Vacirca, Est. De Bernardi – Telecom Italia Mobile S.p.A. (Avv.ti Degli Esposti e De Vergottini) c. Comune di Cinisello Balsamo (Avv. Bardelli).

Ambiente - Elettosmog - Stazioni radio base per telefonia cellulare - Adozione di un regolamento comunale che consente la localizzazione delle stazioni radio-base solo in determinate zone omogenee - Legittimità.

La determinazione regolamentare adottata da un Comune (ai sensi del combinato disposto degli artt. 3, 2° comma e 7 del d.lgs. 267/2000) di consentire la localizzazione delle stazioni radio-base per telefonia cellulare solo in determinate "zone omogenee" costituisce legittimo esercizio della potestà discrezionale pacificamente riconosciuta alle Amministrazioni comunali in materia di disciplina dell’assetto del territorio; disciplina che, nella circostanza (limitandosi, per così dire, ad "organizzare" l’inserimento delle strutture in questione nel territorio stesso), non inibisce in alcun modo l’operatività delle norme contenute nel D.M. n. 381/98 (1).

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(1) V. la nota di commento dell’ Avv. Piercarlo Sironi, riportata dopo il testo delle due sentenze in rassegna.

 

 

Per l’annullamento

Del provvedimento n, 33980 del 9.8.2000, con cui il Dirigente del "Settore Pianificazione del Territorio" del Comune di Cinisello Balsamo (Servizio Edilizia Privata) le ha negato la concessione edilizia per l’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare nella civica via Alberto Da Giussano n. 1 e (quale atto presupposto) della deliberazione n. 10955, CC n. 69, del 13.7.2000, con cui il Consiglio Comunale di Cinisello Balsamo ha approvato un regolamento per le installazioni di stazioni radio-base per telecomunicazioni e radiotelevisivi;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum di "Omnitel Pronto Italia" s.p.a., selettivamente domiciliata in Milano, corso di Porta Vittoria n. 6, presso gli Avv.ti Marco Sica e Paolo Borghi;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 9.5.2001, la relazione del dott. Franco De Bernardi e uditi, altresì, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO

Col ricorso in esame, l’interessata (concessionaria statale del servizio pubblico di telefonia radiomobile) ha chiesto – previa sospensiva dell’efficacia dell’atto – l’annullamento della deliberazione n. 10965, CC n. 69 del 13.7.2000 (con cui il Consiglio Comunale di Cinisello Balsamo ha approvato un regolamento per l’installazione di stazioni radio-base per telecomunicazioni e radiotelevisivi), nella parte in cui individua misure di cautela sanitaria ed in quelle in cui (per motivi, appunto, di tutela sanitaria) disciplina – dal punto di vista territoriale – la distribuzione degli impianti in questione.

La predetta, che impugna altresì il diniego di concessione edilizia (consacrato nella nota dirigenziale n. 3990 del 7.8.2000) conseguente alla riscontrata violazione dell’art. 5 del cennato regolamento, deduce – al riguardo – incompetenza (assoluta) del soggetto agente, eccesso di potere sotto svariati profili e violazione dell’art. 1, 6° comma, della legge 249/97, degli artt. 3 e 4 del D.M. 381/98, dell’art. 1, 4° comma, lett. c) della legge 15.3.97 n. 59 e –da ultimo – degli artt. 83, 1° comma, 112 e 115, lett. b) del d.lg. 112/98.

Le tesi della ricorrente (sostenute, mediante atto d’intervento "ad adiuvandum", da un’altra importante società operante nel medesimo settore) sono confutate dall’Amministrazione intimata, ritualmente costituitasi in giudizio.

Dopo che – nella Camera di Consiglio del 5.12.2000 – si è proceduto ad esaminare la domanda incidentale di sospensione presentata dall’interessata (disponendosi, su istanza di parte, la cosiddetta "riunione al merito"), il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 9.5.2001 ed – all’esito della discussione ivi svoltasi (presosi atto delle ulteriori memorie prodotte dai contendenti ad illustrazione delle rispettive posizioni) – è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Si osserva, in proposito, che il potere regolamentare esercitato – nel caso di specie – dall’Amministrazione intimata è espressione del combinato disposto degli artt. 3 (2° comma) e 7 del d.lg. 267/2000 (che ribadiscono, sul punto, quanto già enunciato dall’abrogata legge "142"), ai sensi del quale il Comune ("ente locale che rappresenta la propria comunità e ne cura gli interesse") "adotta regolamenti nelle materie di propria competenza" (quali, indiscutibilmente, la sanità pubblica) e "per l’esercizio delle proprie funzioni".

Al di là di ciò, si deve riconoscere che l’impugnato regolamento è stato adottato non solo nel rispetto delle prescrizioni emanate da quell’autorevole organismo tecnico che era stato incaricato – con apposita determinazione del Ministro dell’Ambiente – di promuovere l’uniforme applicazione del D.M. 381/98 ma anche in quello delle direttive contenute nelle Circolari nn. 6 e 55 del 1999: diramate, sempre nella materia oggetto di considerazione, dell’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia.

Le cennate prescrizioni (inter)ministeriali – nel precisare che l’installazione di antenne quali quella di cui è causa è soggetta, anch’essa, al controllo del Sindaco (che rilascia, al riguardo, un apposito atto di assenso) – prevedono espressamente la possibilità per gli Enti locali, di adeguare – ove ciò fosse ritenuto necessario per garantire la corretta applicazione del disposto di cui all’art. 14 del D.M. "381" – le relative regolamentazioni di settore.

Da parte sua, la – testè citata – Circolare regionale n. 55/99 (ed è superfluo qui ricordare, che il predetto D.M. conferisce alle Regioni il compito di disciplinare l’installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione) invita formalmente i Comuni ad individuare i criteri e le zone per la localizzazione delle stazioni radio-base, tenuto conto della compatibilità di queste con la protezione dell’ambiente e del paesaggio e, soprattutto, con la tutela sanitaria della popolazione. (Viene raccomandato in particolare – e l’Amministrazione intimata ha puntualmente recepito tale spunto propositivo – che la scelta dei siti avvenga in maniera da evitare la collocazione in prossimità di asili ed edifici scolastici e di strutture di ricovero e cura).

Non è, del resto, chi non veda (su di un piano più generale) come la determinazione regolamentare di consentire la localizzazione degli impianti de quibus solo in determinate "zone omogenee" (che di questo, in buona sostanza, si tratta) costituisca legittimo esercizio della potestà discrezionale pacificamente riconosciuta alle Amministrazioni comunali in materia di disciplina dell’assetto del territorio; disciplina che, nella circostanza (limitandosi, per così dire, ad "organizzare l’inserimento delle strutture in questione nel territorio stesso) non inibisce in alcun modo l’operatività delle norme contenute nel richiamato D.M. "381".

Tanto premesso e considerato:

- che l’impugnato regolamento non ha, in materia sanitaria, una valenza autonoma rispetto alle previsioni di tale D.M. (previsioni che sono, anzi, in esso sostanzialmente recepite);

- che, in ogni caso, il diniego di concessione opposto all’interessata si fonda esclusivamente sul mancato rispetto della norma di cui all’art. 5 di detto regolamento (norma che ha, "ictu oculi", valenza urbanistico-edilizia, e non già sanitaria).

Il Collegio non può che ritenere (come già si è detto) infondato, ed in quanto tale meritevole di reiezione, il ricorso in esame.

Giustificati motivi inducono, comunque, a compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, I Sezione di Milano

- rigetta il ricorso in epigrafe;

- compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Milano, addì 9.5.2001, con l’intervento dei Signori Magistrati

Giovanni Vacirca Presidente

Carmine Spadavecchia

Franco De Bernardi Estensore

Depositata il 25 maggio 2001.

 

 

TAR LOMBARDIA-MILANO, SEZ. I – Sentenza 25 maggio 2001 n. 4016Pres. Vacirca, Est. De Bernardi – Siemens Information and Comunications Networks s.p.a. (Avv.ti Borghi e Cossalter) c. Comune di Cinisello Balsamo (Avv. Bardelli).

Ambiente - Elettosmog - Stazioni radio base per telefonia cellulare - Richiesta di autorizzazione edilizia - Diniego - Per contrasto con regolamento comunale che prevede la localizzazione degli impianti in questione solo in determinate zone omogenee - Legittimità.

Legittimamente un Comune nega l’autorizzazione edilizia per l’installazione di una stazione radio base per telefonia cellulare nel caso in cui il progettato intervento edilizio contrasti con le disposizioni di un regolamento edilizio comunale che prevede la localizzazione degli impianti in questione  solo in determinate zone omogenee (2).

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(2) V. la nota di commento dell’ Avv. Piercarlo Sironi, riportata dopo il testo delle due sentenze in rassegna.

 

 

Per l’annullamento

Del diniego di autorizzazione edilizia, a firma del Dirigente dell’Ufficio Tecnico Comunale, n. 001488 del 28.11.2000 e di tutti gli atti ad esso presupposti: tra cui – in particolare – il regolamento per le installazioni di stazioni radio-base per telecomunicazioni e radiotelevisivi, approvato con deliberazione consiliare n. 69 del 13.7.2000;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Udita alla pubblica udienza del 9.5.2001, la relazione del dott. Franco De Bernardi e uditi, altresì, i difensori delle parti;

Ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO

Col ricorso in esame, l’interessata ha chiesto – previa sospensiva dell’efficacia dell’atto – l’annullamento del provvedimento n. 0051488 del 28.11.2000, con cui il Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Cinisello Balsamo (ritenendo che il progettato intervento contrastasse col disposto degli artt. 6 e 8 del – parimenti impugnato – regolamento di settore, approvato con deliberazione consiliare n. 69 del 13.7.2000) le ha negato l’autorizzazione edilizia richieste per l’installazione di una stazione radio-base per telefonia cellulare nella civica via F.lli Gracchi.

La ricorrente (con argomentazioni confutate – anche in punto di rito – dall’Amministrazione intimata, ritualmente costituitasi in giudizio) deduce – al riguardo incompetenza assoluta del soggetto agente a disciplinare la materia "de qua" eccesso di potere sotto svariati profili e violazione (oltre che delle cennate disposizioni regolamentari e del principio di gerarchia delle fonti) degli artt. 23, 41 e 97 Cost., degli artt. 1, 3, 7, 8 e 10 della legge "241"m degli artt. 83, 11 e 12 della legge regionale lombarda n. 23/97, degli artt. 7 ss. Della legge n. 1150/42, degli artt. 1e 4 della legge n. 10/77, degli artt. 1 e 10 della legge 689/81, degli artt. 1e 5 della legge n. 249/97, dell’art, 1 delle leggi 146/90 e 59/97, dell’art. 4 delle leggi 833/78 e 493/93, del D.L. 398/93 e della legge regionale lombarda n. 22/91, dell’art. 102 del DPR 616/77, dell’art. 4 del D.M. 1444/68, dell’art. 3 della legge regionale lombarda n. 1/100 e, da ultimo, del DPR 2.12.94.

Dopo che – nella Camera di Consiglio del 4.4.2001 – si è proceduto ad esaminare la domanda incidentale di sospensione presentata dall’interessata (disponendosi, su istanza di parte, la cosiddetta "riunione al merito"), il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 9.5.2001 ed – all’esito della discussione ivi svoltasi (presosi atto dell’ulteriore documentazione prodotta dalle parti ad illustrazione delle rispettive posizioni) – è stato trattenuto per la discussione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Ed invero (a confutazione di quanto in esso asserito), occorre innanzitutto evidenziare che il potere regolamentare di cui è causa – espressosi in un atto che costituisce il necessario presupposto dell’impugnato diniego di concessione – è stato esercitato in forza del combinato disposto degli artt. 3 (2° comma) e 7 d.lg. 267/2000 (che ribadiscono sostanzialmente quanto già enunciato sul punto, dall’abrogata legge "142"), ai sensi del quale il Comune ("ente locale che rappresenta la propria comunità e ne cura gli interessi") "adotta regolamenti nelle materia di propria competenza" (quali, indiscutibilmente la sanità pubblica) e "per l’esercizio delle proprie funzioni".

Al di là di ciò, si deve riconoscere che il regolamento "de quo" rispetta non solo le prescrizioni emanate da quell’autorevole organismo tecnico che era stato incaricato – con apposita determinazione del Ministro dell’Ambiente – di promuovere l’uniforme applicazione del D.M. 381/98 ma anche le direttive contenute nelle Circolari nn. 6 e 55 del 1999 diramate, sempre nella materia oggetto di considerazione, dall’Assessorato alla Sanità della Regione Lombardia.

Le cennate prescrizioni (inter)ministeriali – nel precisare che l’installazione di antenne quali quelle di cui trattasi è soggetta, anch’essa, al controllo del Sindaco (che rilascia, al riguardo, un apposito atto di assenso) – prevedono espressamente la possibilità, per gli Enti locali, di adeguare – ove ciò fosse ritenuto necessario per garantire la corretta applicazione del disposto di cui all’art. 4 del D.M. "381" – le relative regolamentazioni di settore.

Da parte sua, la – testè citata – Circolare regionale n. 55/99 (ed è superfluo, qui, ricordare che il predetto D.M. conferisce alle Regioni il compito di disciplinare l’installazione e la modifica degli impianti di radiocomunicazione) invita formalmente i Comuni ad individuare i criteri e le zone per la localizzazione delle stazioni radio-base, tenuto conto della compatibilità con la protezione dell’ambiente e del paesaggio e, soprattutto con la tutela sanitaria della popolazione. (Viene raccomandato in particolare – e l’Amministrazione intimata ha puntualmente recepito tale spunto positivo – che la scelta dei siti avvenga in maniera da evitare la collocazione in prossimità di asili ed edifici scolastici e di strutture di ricovero e cura).

Non è, del resto, chi non veda come la determinazione (regolamentare) di consentire – come nel caso di specie – la localizzazione degli impianti "de quibus" solo in determinate "zone omogenee" costituisca legittimo esercizio della potestà discrezionale pacificamente riconosciuta alle Amministrazioni comunali in materia di disciplina dell’assetto del territorio; disciplina che, nella circostanza (limitandosi, per così dire, ad organizzare" l’inserimento delle strutture in questione nel territorio stesso), non inibisce in alcun modo l’operatività delle norme contenute nel richiamato D.M. "381".

Tanto premesso, si osserva:

- che l’impugnato regolamento non ha, in materia sanitaria una valenza autonoma rispetto alle previsioni di detto D.M. (previsioni che sono, anzi, in esso sostanzialmente recepite);

- che, in ogni caso, il diniego di concessione opposto all’interessata di fonda (a ben vedere) sul mancato rispetto di norme regolamentari che hanno una valenza urbanistico-edilizia, e non già sanitaria;

- che l’atto (non tempestivamente gravato) con cui l’Amministrazione comunale ha chiesto l’integrazione dei documenti presentati a corredo dell’istanza di cui trattasi è stato adottato, anch’esso, in conformità alle previsioni del cennato regolamento;

- che, circa la lamentata violazione – da parte della p.a. – del termine previsto per il rilascio del provvedimento concessorio, non si comprende perché l’interessata (che si è, per ciò stesso, mostrata acquiescente) non abbia impugnato ritualmente il silenzio o non abbia comunque, attivato a suo tempo, i rimedi (diffida al Sindaco e, in caso di edito infruttuoso della stessa richiesta – al Presidente della Regione – di nomina di un Commissario "ad acta") all’uopo previsti dall’ordinamento (sulla possibilità, per i richiedenti, di impugnare il silenzio dell’Amministrazione contestualmente alla presentazione della cennata diffida: cfr. T.A.R. Sardegna, n. 201/97);

- che l’impugnato atto negativo, il quale richiama correttamente il parere espresso – sul punto – della Competente Commissione edilizia) appare sorretto – com’è agevole constatare – da una motivazione assolutamente congrua e sufficiente.

Si rileva altresì:

- che, ai sensi dell’art. 13 della legge 241/90 le disposizioni relative alla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, non si applicano in caso di attività della p.a. diretta all’emanazione di atti normativi e di carattere generale;

- che la previsione di localizzazione fatta, dall’impugnato regolamento, relativamente agli impianti del tipo considerato è tutt’altro che illogica ed arbitraria;

- che la censura relativa alla presunta violazione dell’art. 4 della legge 439/98 (e dell’analoga disposizione della legge regionale lombarda n. 22/99) è inammissibile per difetto d’interesse: non essendosi avvalsa la ricorrente (né lo avrebbe potuto: cfr., sul punto, TAR Emilia Romagna, n. 432/2000), delle procedure previste per la DIA;

- che analogo difetto di interesse è riscontrabile in ordine alla lamentata illegittimità di disposizioni (quali quelle di cui agli artt. 7 e 11 del regolamento "de quo") di cui , nel caso di specie, non è stata fatta – da parte della p.a. – alcuna concreta applicazione.

Per le suesposte – assorbenti – considerazioni (e tenuto conto che gli atti di causa evidenziano con sufficiente chiarezza il contrasto del progettato intervento edilizio con le disposizioni di cui agli artt. 6 e 8 del cennato regolamento: che, come si è dimostrato, non viola in alcun modo né il principio di tipicità degli atti amministrativi né quello di gerarchia delle fonti), il ricorso in esame deve ritenersi – lo si ribadisce – infondato, ed in quanto tale meritevole di reiezione.

Si ravvisano, in ogni caso, giustificati motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, I Sezione di Milano

- rigetta il ricorso in epigrafe;

- compensa tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Milano, addì 9.5.2001, con l’intervento dei Signori Magistrati

Giovanni Vacirca Presidente

Carmine Spadavecchia

Franco De Bernardi Estensore

Depositata il 25 maggio 2001.

 

 

Avv. Piercarlo Sironi

Nota alle sentenze n. 4015 e 4016 del 9.5.2001
della Sez. I del Tribunale Amministrativo di Milano

Con le sentenze n, 4016 e 4016 del 9 maggio 2001 la Sezione I del Tribunale Amministrativo di Milano ha deciso nel merito due ricorsi proposti da società che operano nel settore della telefonia mobile ed aventi ad oggetto: l’annullamento dei provvedimenti di diniego di concessione edilizia relativi all’installazione di antenne per la telefonia mobile, adottati dal Comune di Cinisello Balsamo nei confronti delle stesse ricorrenti, nonché, in quanto atto presupposto, l’annullamento del regolamento adottato dall’amministrazione comunale per la disciplina della localizzazione e installazione delle antenne per la telefonia mobile.

Le società ricorrenti rilevano, in primis, l’incompetenza assoluta del soggetto agente (nella specie l’amministrazione comunale) a disciplinare la localizzazione e l’installazione delle antenne per la telefonia cellulare, ed in secondo luogo censurano i provvedimenti impugnati deducendo ulteriori vizi sotto il duplice profilo dell’eccesso di potere e della violazione di legge.

Con riferimento ad entrambi i ricorsi il giudice amministrativo ha rilevato l’infondatezza dei motivi addotti.

In particolare, per quanto riguarda il potere, in capo al Comune di disciplinare la materia della localizzazione ed installazione delle antenne, sul proprio territorio, mediante atto regolamentare, il TAR ha affermato la piena competenza dell’amministrazione comunale e conseguentemente la legittimità del procedimento seguito da quest’ultima per l’adozione del regolamento.

Ciò premesso si espongono qui di seguito le argomentazioni giuridiche poste a fondamento delle decisioni de quibus.

Anzitutto il TAR ha riconosciuto la sussistenza in capo al Comune, del potere di disciplinare la localizzazione delle antenne mediante l’adozione di un atto regolamentare, sulla base del combinato disposto degli artt. 3, 2° comma e 7 del D.Lgs. 267/2000.

Il TAR ha inoltre precisato che il regolamento in questione rappresenta la corretta attuazione delle indicazioni contenute nel D.M. 381/98 e delle relative linee guida, nonché delle successive circolari attuative n. 6 e n. 55 del 1999, emanate dalla Regione Lombardia. Sia il D.M., con le linee guida, che le circolari regionali, secondo l’ordine di graduazione delle fonti, attribuiscono ai comuni il potere di disciplinare la localizzazione ed installazione delle antenne.

In particolare il giudice amministrativo ha rilevato che le previsioni del regolamento circa la localizzazione delle antenne costituiscono legittimo esercizio della potestà discrezionale pacificamente riconosciuta alle Amministrazioni Comunali in materia di disciplina dell’assetto del territorio; disciplina che, nella circostanza, limitandosi, per così dire ad organizzare l’inserimento delle strutture in questione nel territorio medesimo, non inibisce, ovvero impedisce o devia in qualche maniera la possibilità di applicare le prescrizioni del D.M. 381/98.

Da ultimo il TAR ha riconosciuto la validità del procedimento adottato dall’amministrazione comunale per l’adozione del regolamento affermando che, ai sensi dell’art. 13 della L. n. 241/90, le disposizioni relative alla partecipazione degli interessati al procedimento amministrativo, non operano qualora la P.A. eserciti attività dirette all’emanazione di atti normativi e di carattere generale tra cui rientra, per le sue caratteristiche, anche l’atto regolamentare (nella specie adottato per la disciplina della localizzazione e posa delle antenne cellulari).

Circa gli altri motivi di censura dei provvedimenti di diniego, il giudice rileva la loro infondatezza sotto diversi profili; in particolare, afferma che le antenne per la telefonia cellulare sono strutture la cui realizzazione è comunque assoggettata al rilascio di un espresso provvedimento amministrativo autorizzatorio, non essendo all’uopo sufficiente la presentazione di una Denuncia di Inizio di Attività – DIA.

Su quest’ultimo punto le sentenze sopra illustrate recepiscono e confermano principi già affermati dalla giustizia amministrativa (Cfr. nello stesso senso Cons. Stato, sez. V, sentenza 6 aprile 1998 n. 415; TAR Liguria-Genova, sez. I, ordinanza 5 gennaio 2001 n. 21; TAR Emilia Romagna, sez, II, sentenza 4 aprile 2000 n. 432; Emilia Romagna-Parma, sentenza 17 aprile 2000 n. 229; TAR Veneto, Sez. III, sentenza 24 maggio 2000 n. 1120).

Interessanti spunti di novità si rinvengono invece laddove il giudice di prime cure ritiene che il Comune sia titolare, nella materia in esame, di una potestà regolamentare.

Infatti, nel panorama della giurisprudenza amministrativa in materia, se è possibile riscontrare alcuni precedenti che riconoscono la potestà dei comuni a disciplinare la localizzazione delle antenne, deve però essere rilevato che tale potestà regolamentare viene circoscritta al solo ambito della disciplina urbanistica ed edilizia.

Si veda al riguardo TAR Veneto, sez. II, ordinanza 14 giugno 2000 n. 1010; Sez. III, sentenza 24 maggio 2000 n. 1120; TAR Puglia-Bari, Sez. II, ordinanza 9 novembre 2000 n. 1287; TAR Emilia Romagna-Parma, sentenza 20 aprile 2001 n. 226.

Nei casi controversi la disciplina regolamentare relativa alle antenne risultava inserita nell’ambito dei regolamenti edilizi, strumenti che regolano e disciplinano l’attività edilizia, e quindi strettamente collegata al più ampio contesto urbanistico ed edilizio.

Le sentenze in esame, invece affermano il principio per cui i comuni godono di una potestà regolamentare indipendente rispetto alla disciplina dell’attività edilizia contenuta nel regolamento edilizio, la cui fonte normativa si rinviene direttamente negli artt. 3 e 7 del D.Lgs. 267/2001.

Tale autonomia trova ulteriore conferma normativa alla luce delle disposizioni contenute nella legge 241/90 ed in particolare nell’art. 13: infatti mentre il procedimento di adozione del regolamento de quo non deve garantire forme di partecipazione, perché preordinato all’emanazione di un atto normativo generale, rispetto al quale vige l’esclusione disposta dall’art. 13 della stessa legge, la normativa urbanistica ed edilizia contempla, per l’adozione dei regolamenti edilizi una fase di pubblicazione con conseguente possibilità, per l’adozione dei regolamenti edilizi una fase di pubblicazione con conseguente possibilità, per i soggetti interessati, di presentare eventuali osservazioni.

Dalle sentenze esaminate sembrerebbe desumersi che la potestà regolamentare del comune incontra, quanto al contenuto taluni limiti da ravvisarsi nel rispetto delle statuizioni contenute negli atti che costituiscono il presupposto (nel caso di specie il D.M. 381/98, le linee guida ad esso collegate, e le due successive circolari regionali).

Il principio affermato dalle sentenze del TAR Lombardia per cui i comuni possono adottare autonomamente regolamenti per la disciplina della localizzazione ed installazione delle antenne, trova, da ultimo una conferma sia nelle recente legge 22 febbraio 2001 n. 36, "Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici", che nella legge regionale 11 maggio 2001 n. 11 "Norme sulla protezione ambientale dall’esposizione a campi elettromagnetici indotti da impianti per le telecomunicazioni e per la radiotelevisione".

Sia la norma nazionale, all’art. 8 comma 6, che quella regionale, all’art. 4 commi 1 e 11, riconoscono ed attribuiscono ai comuni la facoltà, e quindi la potestà, di adottare regolamenti o altre iniziative per il coordinamento e razionalizzazione della localizzazione e distribuzione delle antenne sul territorio.

Sia la normativa nazionale che quella regionale prevedono che il governo e la giunta regionale adottino atti di indirizzo per la disciplina della localizzazione delle antenne per la telefonia mobile.

A questo riguardo viene spontaneo rilevare l’importanza che assumono gli atti di indirizzi del governo e della giunta regionale in quanto l’adozione degli stessi porterebbe a garantire una certa uniformità nell’esercizio, da parte dei comuni, della potestà regolamentare di cui sono titolari in questo specifico settore.

In tal modo si eviterebbe una proliferazione incontrollata e non adeguatamente indirizzata dei regolamenti, impedendo il verificarsi di situazioni differenti se non addirittura divergenti e contrastanti da comune a comune.

La previsione di un potere di indirizzo in capo al governo ed alla regione consentirebbe di realizzare una maggiore armonizzazione tra le varie discipline apprestate dai comuni attraverso l’emanazion4e dei rispettivi regolamenti, concorrendo in tal modo a delineare una normativa più puntuale e maggiormente rispondente all’esigenza di assicurare una maggiore ed omogenea tutela di tutto il territorio interessato da siffatti interventi.

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