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n. 2-2001 - © copyright.

TAR CAMPANIA–NAPOLI, SEZ. II – Sentenza 23 gennaio 2001 n. 412 - Pres. Onorato, Est. Scudeller – M.Q. (Avv. Biamonte) c. Ministero della Difesa e Presidenza del Consiglio dei Ministri - Uff. naz.le servizio civile (Avv.ra Stato).

Militare e militarizzato – Obiettore di coscienza – Avvio al servizio sostitutivo civile – Termine di 9 mesi - Istanza proposta nel corso del 1999 – Periodo massimo avvio al servizio ex art. 1 comma 5 D.L.vo 504/97 – Applicabilità – Fattispecie.

Nel sistema normativo delineato dall’art. 1, commi 1 e 2, del D.L.vo 30 dicembre 1997 n. 504, l’incorporazione del coscritto che abbia chiesto di essere avviato al servizio sostitutivo civile quale obiettore di coscienza deve avvenire entro il termine perentorio di nove mesi decorrente dalla data a partire dalla quale lo stesso, avendo già sostenuto le visite medico-attitudinali e non usufruendo di rinvio, è da ritenersi disponibile (1).

Il termine previsto dalla legge è chiaramente perentorio tanto è vero che l’effetto della sua inutile scadenza, per espressa previsione normativa, è rappresentato dal fatto che «il cittadino ha diritto alla dispensa» (alla stregua del principio nella specie è stato ritenuto illegittimo un provvedimento di precettazione con cui il ricorrente è stato invitato a presentarsi per l’espletamento del servizio sostitutivo civile, tenuto conto del fatto che il ritardo era cessato il 23.12.1999, data di presentazione della domanda di ammissione alla prestazione del servizio civile sostitutivo - implicante rinuncia a qualsiasi ritardo – e che l’incorporazione avrebbe dovuto avvenire entro 9 mesi da tale data e cioè, al più tardi, entro il 23.9.2000, mentre l’impugnato provvedimento aveva la data dell’11.12.2000 e prevedeva l’inizio del servizio per il 28.12.2000; a aggiunto il TAR che l’inutile scadenza del termine previsto per l’incorporazione ha fatto sorgere, come pure prevede l’art. 1 D.L.vo n. 504, per l’interessato «il diritto alla dispensa» dall’obbligo di prestare il servizio civile) (2).

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(1) Cfr. TAR Campania-Napoli, II sez., n. 480 del 1999, confermata da Cons. Stato, IV sez., 1 febbraio 2000, n. 572.

V. da ult. nello stesso senso, ma con motivazione più articolata, TAR ABRUZZO-PESCARA - Sentenza 30 dicembre 2000 n. 863, in Giustizia amministrativa n. 2/2001 (secondo cui il termine di 9 mesi per l'avvio al servizio sostitutivo civile si applica anche a tutte le domande non ancora definite alla data dell'1.1.2000); v. in senso analogo anche TAR SICILIA-CATANIA, SEZ. II – Sentenza 14 dicembre 2000 n. 2395, in questa rivista elettronica n. 1/2001.

(2) ALESSANDRO BIAMONTE
(Avvocato del Foro di Napoli)

Una nuova pronuncia positiva in tema di applicabilità del termine massimo di nove mesi, previsto dall’art. 1 co. 5 D.L.vo 504/97, agli obiettori di coscienza che abbiano proposto l’istanza nel corso del 1999.

Dopo le pronunce cautelari emesse in egual senso da vari TAR (si vedano quelle riportate in questa rassegna: TAR Calabria – Catanzaro 2a sez. n. 473/2000 e TAR Campania - Napoli, 2a sez. n. 4644/2000), il consesso partenopeo (che peraltro ha dato l’incipit con la sent. 4492/2000, poi seguita a ruota da numerose sentenze analoghe di altri Tribunali Amministrativi: si veda fra tutte TAR Abruzzo - Pescara 863/2000 - in rassegna -), nel ribadire una giurisprudenza che va parimenti consolidandosi - pressoché uniformemente -, con la sentenza in oggetto, ha fornito ulteriori spunti riflessivi nell’analisi del dictum normativo tanto contestato.

Come già ricordato, il quadro normativo è stato segnato dalla novella introdotta dal D. Lgs. n. 504/97, il quale, nel ridurre a nove mesi il termine massimo per l’impiego dei coscritti, ha espressamente previsto l’estensione della norma agli obiettori di coscienza "a partire dall’anno 2000" (termine che "comprende anche il periodo necessario per il riconoscimento della posizione di obiettore di coscienza ai sensi della legge 15 dicembre 1972, n. 772" – abrogata poi dalla L. 8.7.1998 n. 230 –).

L’entrata in vigore del Decreto Legislativo in parola, pur segnando una rimodulazione dei termini massimi per l’avvio dei giovani all’espletamento degli obblighi di leva ha posto degli interrogativi interpretativi, che i TAR stanno dipanando nel senso anzidetto. Il principale problema concerne la sorte delle domande proposte nel corso del 1999 e l’individuazione della sfera di efficacia del co. 5 art. 1 D. L.vo 504/97.

La normativa di riferimento non contiene alcuna norma transitoria che consenta di risolvere agevolmente la questione. In ogni caso, un valido ausilio è offerto dall’art. 5 co. 3 L. 230/98, che limita l’applicabilità dei termini contemplati dalla previgente disciplina al 31 dicembre 1999, nonché dall’art. 9 co. 2 della medesima legge, per il quale l’assegnazione entro l’anno dall’accoglimento della domanda trova applicazione per gli obiettori di coscienza ammessi al servizio fino alla medesima data; circostanza per cui è agevole desumere che la mancata definizione della pratica a tale data implica l’automatica sottoposizione al più favorevole termine previsto dal D.L.vo 504. Tesi, questa prospettata, che viene ulteriormente confortata dal resoconto stenografico della 397a seduta del senato (11.6.1998) – relativa alla votazione finale del disegno di legge 46-B (poi L. 230/98 – , nel corso della quale il sottosegretario alla Difesa, On.le Rivera, ha spiegato il significato sotteso all’art. 9 in parola. Il co. 1, infatti, precisa che, dopo il 31 dicembre 1999, al neo costituito Ufficio Nazionale Servizio Civile viene trasmesso l’elenco di tutti gli obiettori; il sottosegretario sottolinea il senso della norma: da quella data «non si può più parlare di domande accettate o presentate da oltre sei mesi, tenuto conto che tale procedura non verrà piú attuata».

L’altro aspetto di interesse della pronuncia in esame è rappresentato dalla soluzione prospettata in materia di interruzione e sospensione del termine massimo di avvio al servizio in caso di presentazione di una domanda di dispensa.

La perentorietà del termine di cui all’art. 1 D.L.vo 504 (insito nella locuzione «il cittadino ha diritto alla dispensa», conseguenza prevista come naturale effetto dell’inutile decorso dello stesso), a detta del TAR «rende anche necessaria l’applicazione dell’art. 2964 Cod. civ.», il quale esclude in via generale che, per i termini previsti a pena di decadenza, siano configurabili e possano assumere rilevanza le cause di interruzione e di sospensione previste con riferimento ai termini di prescrizione.

Il termine in parola, dunque, non può essere considerato sospeso nemmeno per effetto della presentazione, da parte dell’interessato, della domanda di dispensa dal servizio e dall’apertura del sub procedimento rivolto alla sua istruttoria.

 

 

per l’annullamento

del provvedimento di precettazione dell’11.12.2000 con cui il ricorrente è stato invitato a presentarsi il giorno 28.12.2000 per l’espletamento del servizio civile sostitutivo;

di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Amministrazione intimata;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla Camera di Consiglio del 18 gennaio 2000 il dr. Vincenzo Cernese;

Uditi i difensori presenti come da verbale d’udienza;

Ritenuto e considerato quanto segue:

FATTO E DIRITTO

1- Le censure concernenti l’impugnato provvedimento sono manifestamente fondate e, pertanto, ai sensi dell’art. 26 L. 6 dicembre 1971 n. 1034, il giudizio può essere definito nel merito con sentenza in forma semplificata.

Come è stato dedotto, tale normativa si pone in contrasto col sistema normativo delineato dal D.L.vo 30 dicembre 1997 n. 504 il quale comporta che l’incorporazione del coscritto deve avvenire entro il termine perentorio di nove mesi decorrente dalla data a partire dalla quale lo stesso, avendo già sostenuto le visite medico-attitudinali e non usufruendo di rinvio, è da ritenersi disponibile.

L’art. 1 commi 1 e 2 D.L.vo n. 504/1997 cit., infatti, è testuale nel prevedere che il tempo utile per la chiamata alle armi è di nove mesi complessivi (Cfr. T.A.R. Campania II sez. n. 480 del 1999 confermata da Cons. Stato IV sez. 1 febbraio 2000 n. 572).

Il termine è chiaramente perentorio tanto è vero che l’effetto della sua inutile scadenza, per espressa previsione normativa, è rappresentato dal fatto che «il cittadino ha diritto alla dispensa».

2- La perentorietà del termine in questione, oltre a comportare che la sua inosservanza sia inevitabilmente sanzionata con la decadenza del potere di chiamata alle armi, rende anche necessaria l’applicazione dell’art. 2964 Cod. civ., il quale in via generale esclude che per i termini posti a pena di decadenza siano configurabili e possano assumere rilevanza le cause di interruzione e di sospensione invece previste con riferimento ai termini di prescrizione (cfr. per tutte Corte Costituzionale 2 febbraio 2990 n. 41 e T.A.R. Sicilia sez. II, Catania, 3 dicembre 1992, n. 995).

Per l’espressa previsione dell’art. 1, comma 5, del D.L.vo n. 504/97 la predetta normativa si applica anche agli obiettori di coscienza a decorrere dall’anno 2000.

Ne consegue che il predetto termine, in assenza di una qualche specifica disposizione la quale disponga diversamente, non può essere considerato sospeso neppure per effetto della presentazione da parte dell’interessato della domanda di dispensa dal servizio e dell’apertura del sub procedimento rivolto alla sua evasione.

Tale ultima conclusione trova implicita conferma nei successivi commi 3 e 5 dello stesso articolo.

La prima di tali disposizioni, infatti, contempla espressamente l’unico caso in cui eccezionalmente il termine per la chiamata soffre l’interruzione in quanto prevede che, per quanti chiedono di prestare servizio in qualità di ausiliari di leva, lo stesso comincia a decorrere dalla data della definizione della domanda.

La seconda, viceversa, quasi a ribadire la generale perentorietà del termine e l’esclusione che lo stesso possa subire sospensioni o interruzioni non esplicitamente previste, ne conferma applicabilità anche in favore di quanti chiedono di prestare il servizio civile, non a caso precisando che per gli stessi i nove mesi comprendono «anche il periodo necessario per il riconoscimento della posizione di obiettore di coscienza».

Né le norme avrebbero potuto disporre diversamente.

L’intera normativa concernente il servizio di leva attualmente vigente (cfr. l’art. 1 commi 106-110 della legge 23 dicembre 1996 n. 662 in attuazione dei quali è stato adottato il D.P.R. n. 504/1997 cit.), infatti, è chiaramente rivolta a dare attuazione ai principi affermati con estrema chiarezza nella nota sentenza della Corte Costituzionale 2 febbraio 1990 n. 41, la quale ha posto in rilievo come l’art. 52 cost., pur affermando il generale dovere di contribuire alla difesa della patria, non implica la perdita degli altri diritti fondamentali e, pertanto, postula una regolamentazione legislativa che preveda precisi limiti temporali e spaziali per l’adempimento.

In particolare, la sopra citata sentenza alla quale il Legislatore ha inteso ispirarsi al fine di conformare l’ordinamento della Costituzione, ha posto in rilievo che è essenziale la determinazione di termini tassativi entro i quali debba avvenire la chiamata alle armi, onde assicurare al cittadino la conoscenza del tempo in cui dovrà lasciare le proprie normali occupazioni.

E proprio per tal motivo il D.P.R. 504/1997 cit., prevede un periodo entro il quale deve essere esercitato il potere di precettazione e impone che lo stesso non subisce interruzioni o sospensioni.

Non sembra possibile, d’altra parte, trarre argomenti in senso contrario dal fatto che il coscritto ha facoltà di proporre la domanda di dispensa e che l’Amministrazione militare deve comunque disporre di un tempo ragionevolmente lungo per attivare e concludere il relativo sub-procedimento.

In proposito, basta osservare che anche per la presentazione della domanda di dispensa l’art. 8 del decreto sopra citato indica un termine ben preciso (il trimestre in cui l’interessato è sottoposto alla visita di leva).

Ne consegue che l’Amministrazione per fornire la risposta relativamente alla domanda di dispensa tempestivamente proposta dispone di un ampio spazio temporale (nove mesi), addirittura maggiore di quello (sei mesi) che essa stessa, con specifico riferimento al procedimento di dispensa, si è assegnato col D.M. 8 agosto 1996 n. 690, adottato al fine di dare attuazione all’art. 2 co..a 2 L. 7 agosto 1990 n. 241.

La sommatoria del periodo assegnato al privato per presentare la domanda e di quello previsto per la definizione della stessa risulta, insomma, inferiore a quello complessivo previsto per la precettazione.

Certo è, infine, che alcun argomento contrario può essere tratto dal fatto che nessuna norma preclude al coscritto di presentare la domanda di dispensa tardivamente rispetto al termine a tali fini indicato dalla legge.

Appare, infatti, evidente che l’eventuale domanda tardiva, pur facendo anch’essa sorgere l’obbligo dell’Amministrazione di dare risposta entro il termine che si autoassegnano attraverso il D.M. sopra citato, non ha anche un qualche (non previsto e comunque ingiustificato) effetto sospensivo sul termine finale per la precettazione e, pertanto, non impedisce affatto l’adozione del provvedimento di incorporazione.

Anche in relazione alle iniziative del cittadino trova, d’altra parte, applicazione l’art. 2949 cod. civ. con la conseguenza che le stesse non sono idonee a produrre alcun effetto interruttivo o sospensivo del termine per la precettazione.

Ciò ovviamente non implica che l’Amministrazione non abbia l’obbligo di fornire risposta anche alle domande di dispensa tardivamente proposte; ciò però potrà avvenire entro il termine di sei mesi a tali fini previsto e nonostante che nel frattempo il coscritto sia stato già incorporato.

4- Nel caso del ricorrente, la documentazione in atti dimostra che il ritardo era cessato il 23.12.1999, data di presentazione della domanda di ammissione alla prestazione del Servizio civile sostitutivo (implicante rinuncia a qualsiasi ritardo), con la conseguenza che l’incorporazione avrebbe dovuto avvenire al più tardi entro il 23.9.2000, mentre l’avversato provvedimento ha la data dell’11.12.2000 e prevede l’inizio del servizio per il 28.12.2000.

L’inutile scadenza del termine previsto per l’incorporazione ha fatto sorgere, come pure prevede l’art. 1 D.L.vo n. 504, per l’interessato «il diritto alla dispensa» dall’obbligo di prestare il servizio civile.

Ricorrono sufficienti motivi per la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso (n. 12978/2000 R.G.) in epigrafe proposto da Quaranta Mario, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione; per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 18 gennaio 2001.

Il Presidente F.to Onorato

Il Referendario est. F.to Cernese

Depositata in segreteria il 23.1.2001

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