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T.A.R. TOSCANA - FIRENZE - SEZIONE II - Sentenza 4 maggio 2015 n. 686
Pres. Est. S. Romano
Matteu R. (Avv.ti F. Andreucci, P. Sanchini, C. Sanchini) contro la Questura di Siena ed il Ministero dell'Interno (Avvocatura dello Stato)


1. Sicurezza pubblica - Misura di prevenzione del foglio di via obbligatorio - Giudizio di pericolosità - Ampia discrezionalità – Limiti al sindacato giurisdizionale

 

2. Atto amministrativo - Foglio di via obbligatorio - Ritardo nell’emissione del provvedimento conclusivo – Per specifica richiesta di un supplemento d’indagine - Non inficia la legittimità del provvedimento finale

 

 

1. La misura di polizia del foglio di via è diretta a prevenire reati, piuttosto che a reprimerli, e presuppone un giudizio di pericolosità che va motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali dell'interessato, e cioè ad episodi di vita che, secondo la prudente valutazione della Polizia, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti. Pertanto essa prescinde dall'accertata commissione di un reato ed è il risultato di una valutazione caratterizzata da ampia discrezionalità che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, se non sotto i profili dell'abnormità dell'iter logico, della macroscopica illogicità, dell'incongruenza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale

 

2. Ai sensi degli artt. 1 e 2 bis della legge n. 241/90, l’emissione di un provvedimento amministrativo oltre il termine di conclusione del procedimento non ne determina l’illegittimità, in mancanza di una norma che puntualmente la contempli quale sanzione del ritardo, rispetto al termine generale di cui all'art. 2 per la conclusione del procedimento (T.A.R. Toscana, sez. III, 04 marzo 2010 n. 629). Il mancato rispetto del predetto termine, in specie derivante da una richiesta di un supplemento d’indagine, determina quindi solo l'illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non del provvedimento tardivamente assunto; infatti, anche ai sensi del comma 9 ter del citato art. 2 e dell’art.2 bis, trattasi di termine acceleratorio per la definizione del procedimento, dato che la legge non contiene alcuna prescrizione in ordine alla sua eventuale perentorietà nè alla decadenza della potestà amministrativa nè all'illegittimità del provvedimento adottato.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di registro generale 494 del 2015, proposto da: Roberto Matteu, rappresentato e difeso dagli avv. Fabio Andreucci, Paolo Sanchini, Costanza Sanchini, con domicilio eletto presso Paolo Sanchini in Firenze, Via Giuseppe Richa N. 56;

 

contro



Questura di Siena, Ministero dell'Interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Firenze, Via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento
della misura di prevenzione del divieto di ritorno nel Comune di Siena per un periodo di anni tre, emessa dal Questore della provincia di Siena nei confronti di Matteu Roberto in data 31 dicembre 2014 e notificatagli in data 07.01.2015, provvedimento nr. 722/D.A.C./2.2-2014, e di tutti gli atti al provvedimento de quo connessi e collegati siano essi precedenti che successivi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Questura di Siena e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 il dott. Saverio Romano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1 - Con atto ritualmente notificato, il sig. Roberto Matteu ha impugnato il provvedimento sopra indicato con il quale il Questore di Siena ha emesso, nei suoi confronti, la misura di prevenzione del divieto di ritorno nel Comune di Siena per un periodo di anni tre, sulla base della proposta formulata dalla locale Squadra Mobile, con riferimento alla comunicazione di notizia di reato (a carico del ricorrente) ritenuto responsabile del reato di furto aggravato in concorso nonché con riferimento ai numerosi precedenti di condanna e di denuncia per reati contro la persona e contro il patrimonio ed ai precedenti provvedimenti di prevenzione, nonché con ulteriore riferimento al fatto che l’interessato non ha in Siena alcuna attività lavorativa, residenza o domicilio né altro motivo per giustificare la sua presenza nel territorio cittadino.
Avverso l’atto impugnato il ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: difetto di istruttoria; violazione dell’art. 111 Cost.; assenza di elementi di fatto, certi ed attuali, che disvelino la pericolosità attuale del ricorrente; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per omessa valutazione degli elementi di fatto indicati dal ricorrente nel corso del procedimento (come la registrazione del colloquio allegata alla memoria depositata); violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 per decorso del termine di trenta giorni previsto per la conclusione del procedimento amministrativo.
Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione intimata ha chiesto la reiezione del ricorso siccome infondato.
Alla camera di consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare, sussistendone i presupposti, previo avviso alle parti, la causa è stata trattenuta in decisione.
2 – Il ricorso è infondato.
2.1 - Dall’ampia relazione e dalla documentazione prodotte dalla Questura di Siena, in esito all’istruttoria disposta con ordinanza n. 390/13, sono emerse le seguenti circostanze:
- la proposta di adozione del divieto di ritorno formulata della Squadra Mobile (e richiamata nel provvedimento impugnato) si basa sull’episodio di furto perpetrato ai danni di un distributore di carburanti previa forzatura di una cassaforte self-service, descritto in base ai filmati delle telecamere di sorveglianza installate sul posto (sebbene parzialmente danneggiate dagli stessi autori del reato);
- il Matteu e la sua compagna sono stati oggetto di perquisizione, avvenuti dopo vari appostamenti operati dalla Squadra Mobile, nel corso della quale sono state rinvenute e sequestrate banconote di piccolo taglio per complessive 2.500,00 euro (la somma asportata dalla cassaforte era pari a 2.000,00 euro);
- un terzo soggetto (Rocca Michela), vecchia conoscente del ricorrente, ha dichiarato di aver prestato la propria auto (corrispondente a quella utilizzata per la commissione del reato) al Matteu il quale nella stessa serata le ha consegnato la somma di 500,00 euro in banconote di piccolo taglio;
- dalla perquisizione effettuata presso l’abitazione del Matteu è emerso vario materiale afferente la commissione del reato;
- il ricorrente risulta aver riportato, dal 1985 alla data del provvedimento, condanne per i reati di rapina, lesioni personali, porto abusivo di armi e furto aggravato nonché numerose denunce per reati contro il patrimonio, è stato destinatario di avviso orale nel 1995 e sottoposto a sorveglianza speciale di P.S. nel 2001; in data 11.2.2015 il Questore di Arezzo ha emesso nei suoi confronti la misura di prevenzione dell’Avviso orale.
Alla luce delle circostanze sopra descritte, il provvedimento appare esente dai vizi dedotti.
L'art. 2, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 159/2011 stabilisce che "I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a:...c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica";
L'indicata misura di polizia, diretta a prevenire reati, piuttosto che a reprimerli, presuppone un giudizio di pericolosità che va motivato con riferimento a concreti comportamenti attuali dell'interessato, e cioè ad episodi di vita che, secondo la prudente valutazione della Polizia, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti (v. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 aprile 2012, n. 351);
Come affermato, in particolare, dalla giurisprudenza di questo Tribunale, “ l'applicazione di tutte le misure di prevenzione è riconnessa ad un'adeguata motivazione sulle circostanze di fatto che consentano di ritenere che la persona nei confronti della quale si vuole applicare una di queste misure rientri tra una delle categorie indicate dalla norma appena citata (T.A.R. Toscana, sez. II, 25-03-2013, n. 488); tuttavia l'applicazione della misura di prevenzione, quale è il foglio di via obbligatorio, prescinde dall'accertata commissione di un reato perché è finalizzata alla individuazione di soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza pubblica, onde prevenire e non già reprimere eventuali attività illecite; essa è il risultato di una valutazione caratterizzata da ampia discrezionalità che sfugge al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, se non sotto i profili dell'abnormità dell'iter logico, della macroscopica illogicità, dell'incongruenza della motivazione e del travisamento della realtà fattuale (T.A.R. Campania, sez. VI, 20 settembre 2007, n. 8094; T.A.R. Umbria, 14.2.2007, n. 131; T.A.R. Lombardia, sez. III, 19 luglio 2011, n. 1928);
il presupposto del provvedimento di cui trattasi è costituito dal riscontro da parte dell'Autorità di polizia di circostanze attraverso le quali si manifesti la pericolosità sociale del soggetto in un determinato contesto territoriale ovvero di episodi di vita che, secondo la prudente valutazione dell'Amministrazione, rivelino oggettivamente un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti” (T.A.R. Toscana, Sez. II, 11 luglio 2013 n. 1132).
Le considerazioni che precedono valgono, a confutazione delle censure dedotte, anche nella fattispecie in esame.
Devono pertanto essere disattese le censure di difetto di istruttoria, violazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 3 legge n. 241/1190.
2.2 - Quante alle censure di omessa valutazione degli elementi introdotti nel corso del procedimento amministrativo e di violazione dell’art. 2 legge n. 241/1990, va rilevato che, dopo la comunicazione di avvio del procedimento, notificatagli il 18 agosto 2014, con la memoria e la documentazione depositata il ricorrente chiedeva l’archiviazione del procedimento e l’espletamento di ulteriori accertamenti.
L’Ufficio, verificato il contenuto della documentazione prodotta, incaricava la Squadra Mobile, di ulteriori verifiche in esito alle quali veniva chiesta alla Procura della Repubblica l’emissione di una eventuale misura cautelare (la quale venne effettivamente disposta dal G.I.P. nella forma della custodia in carcere). Successivamente, detta misura venne sostituita da quella degli arresti domiciliari e in data 31.12.2014 veniva emessa la misura di prevenzione oggetto del presente ricorso.
Il ritardo nell’emissione del provvedimento impugnato è pertanto riconducibile alla specifica richiesta di un supplemento d’indagine avanzata dal ricorrente.
In ogni caso, ai sensi degli artt. 1 e 2 bis della legge n. 241, l’emissione di un provvedimento amministrativo oltre il termine di conclusione del procedimento non ne determina l’illegittimità,
in mancanza di una norma che puntualmente la contempli quale sanzione del ritardo, rispetto al termine generale di cui all'art. 2 per la conclusione del procedimento (T.A.R. Toscana, sez. III, 04 marzo 2010 n. 629).
Secondo la giurisprudenza, “Il mancato rispetto dei termini stabiliti per l'adozione di un provvedimento non ne inficia la legittimità atteso che la violazione della norma invocata, nella parte in cui stabilisce il termine per la conclusione del procedimento, anche se può rilevare ad altri effetti non si traduce in un vizio di legittimità del provvedimento emanato dall'Amministrazione.
Infatti, in difetto di una specifica disposizione, che preveda come perentorio il termine assegnato all'Amministrazione per concludere un procedimento, il termine deve intendersi di natura sollecitatoria o ordinatoria, il cui superamento non produce l'illegittimità dell'atto: cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15 novembre 2012, n. 5773 (Consiglio di Stato, sez. V 14/04/2015 n. 1872).
Il mancato rispetto del termine previsto dall'art. 2 comma 2, legge n. 241/1990 per la conclusione dei procedimenti amministrativi determina solo l'illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non del provvedimento tardivamente assunto; infatti, anche ai sensi del comma 9 ter del citato art. 2 e dell’art.2 bis, trattasi di termine acceleratorio per la definizione del procedimento, dato che la legge non contiene alcuna prescrizione in ordine alla sua eventuale perentorietà nè alla decadenza della potestà amministrativa nè all'illegittimità del provvedimento adottato.
3 – Conclusivamente, il ricorso deve esser respinto in quanto infondato.
Le spese di giudizio, secondo la regola generale, vanno poste a carico della parte soccombente e sono liquidate nella misura di cui in dispositivo.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento, a favore dell’Amministrazione resistente, della somma di euro 2.000,00 (duemila), a titolo di spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente, Estensore
Eleonora Di Santo, Consigliere
Luigi Viola, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015





 

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