REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.; sul ricorso numero di
registro generale 494 del 2015, proposto da: Roberto Matteu, rappresentato
e difeso dagli avv. Fabio Andreucci, Paolo Sanchini, Costanza Sanchini,
con domicilio eletto presso Paolo Sanchini in Firenze, Via Giuseppe Richa
N. 56;
contro
Questura di Siena, Ministero dell'Interno,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato,
domiciliata in Firenze, Via degli Arazzieri 4;
per
l'annullamento
della misura di prevenzione del divieto di ritorno nel
Comune di Siena per un periodo di anni tre, emessa dal Questore della
provincia di Siena nei confronti di Matteu Roberto in data 31 dicembre
2014 e notificatagli in data 07.01.2015, provvedimento nr.
722/D.A.C./2.2-2014, e di tutti gli atti al provvedimento de quo connessi
e collegati siano essi precedenti che successivi;
Visti il ricorso
e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di
Questura di Siena e di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera
di consiglio del giorno 16 aprile 2015 il dott. Saverio Romano e uditi per
le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse
parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in
fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1 - Con atto ritualmente notificato, il sig.
Roberto Matteu ha impugnato il provvedimento sopra indicato con il quale
il Questore di Siena ha emesso, nei suoi confronti, la misura di
prevenzione del divieto di ritorno nel Comune di Siena per un periodo di
anni tre, sulla base della proposta formulata dalla locale Squadra Mobile,
con riferimento alla comunicazione di notizia di reato (a carico del
ricorrente) ritenuto responsabile del reato di furto aggravato in concorso
nonché con riferimento ai numerosi precedenti di condanna e di denuncia
per reati contro la persona e contro il patrimonio ed ai precedenti
provvedimenti di prevenzione, nonché con ulteriore riferimento al fatto
che l’interessato non ha in Siena alcuna attività lavorativa, residenza o
domicilio né altro motivo per giustificare la sua presenza nel territorio
cittadino.
Avverso l’atto impugnato il ricorrente ha dedotto i seguenti
motivi: difetto di istruttoria; violazione dell’art. 111 Cost.; assenza di
elementi di fatto, certi ed attuali, che disvelino la pericolosità attuale
del ricorrente; violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per omessa
valutazione degli elementi di fatto indicati dal ricorrente nel corso del
procedimento (come la registrazione del colloquio allegata alla memoria
depositata); violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 per decorso
del termine di trenta giorni previsto per la conclusione del procedimento
amministrativo.
Costituitasi in giudizio, l’Amministrazione intimata ha
chiesto la reiezione del ricorso siccome infondato.
Alla camera di
consiglio fissata per la trattazione della domanda cautelare,
sussistendone i presupposti, previo avviso alle parti, la causa è stata
trattenuta in decisione.
2 – Il ricorso è infondato.
2.1 -
Dall’ampia relazione e dalla documentazione prodotte dalla Questura di
Siena, in esito all’istruttoria disposta con ordinanza n. 390/13, sono
emerse le seguenti circostanze:
- la proposta di adozione del divieto
di ritorno formulata della Squadra Mobile (e richiamata nel provvedimento
impugnato) si basa sull’episodio di furto perpetrato ai danni di un
distributore di carburanti previa forzatura di una cassaforte
self-service, descritto in base ai filmati delle telecamere di
sorveglianza installate sul posto (sebbene parzialmente danneggiate dagli
stessi autori del reato);
- il Matteu e la sua compagna sono stati
oggetto di perquisizione, avvenuti dopo vari appostamenti operati dalla
Squadra Mobile, nel corso della quale sono state rinvenute e sequestrate
banconote di piccolo taglio per complessive 2.500,00 euro (la somma
asportata dalla cassaforte era pari a 2.000,00 euro);
- un terzo
soggetto (Rocca Michela), vecchia conoscente del ricorrente, ha dichiarato
di aver prestato la propria auto (corrispondente a quella utilizzata per
la commissione del reato) al Matteu il quale nella stessa serata le ha
consegnato la somma di 500,00 euro in banconote di piccolo taglio;
-
dalla perquisizione effettuata presso l’abitazione del Matteu è emerso
vario materiale afferente la commissione del reato;
- il ricorrente
risulta aver riportato, dal 1985 alla data del provvedimento, condanne per
i reati di rapina, lesioni personali, porto abusivo di armi e furto
aggravato nonché numerose denunce per reati contro il patrimonio, è stato
destinatario di avviso orale nel 1995 e sottoposto a sorveglianza speciale
di P.S. nel 2001; in data 11.2.2015 il Questore di Arezzo ha emesso nei
suoi confronti la misura di prevenzione dell’Avviso orale.
Alla luce
delle circostanze sopra descritte, il provvedimento appare esente dai vizi
dedotti.
L'art. 2, co. 1, lett. c), d.lgs. n. 159/2011 stabilisce che "I provvedimenti previsti dal presente capo si applicano a:...c) coloro
che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di
fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono
in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la
sicurezza o la tranquillità pubblica";
L'indicata misura di
polizia, diretta a prevenire reati, piuttosto che a reprimerli, presuppone
un giudizio di pericolosità che va motivato con riferimento a concreti
comportamenti attuali dell'interessato, e cioè ad episodi di vita che,
secondo la prudente valutazione della Polizia, rivelino oggettivamente
un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente rilevanti (v. T.A.R.
Calabria, Catanzaro, Sez. I, 3 aprile 2012, n. 351);
Come affermato, in
particolare, dalla giurisprudenza di questo Tribunale, “ l'applicazione di
tutte le misure di prevenzione è riconnessa ad un'adeguata motivazione
sulle circostanze di fatto che consentano di ritenere che la persona nei
confronti della quale si vuole applicare una di queste misure rientri tra
una delle categorie indicate dalla norma appena citata (T.A.R. Toscana,
sez. II, 25-03-2013, n. 488); tuttavia l'applicazione della misura di
prevenzione, quale è il foglio di via obbligatorio, prescinde
dall'accertata commissione di un reato perché è finalizzata alla
individuazione di soggetti potenzialmente pericolosi per la sicurezza
pubblica, onde prevenire e non già reprimere eventuali attività illecite;
essa è il risultato di una valutazione caratterizzata da ampia
discrezionalità che sfugge al sindacato di legittimità del giudice
amministrativo, se non sotto i profili dell'abnormità dell'iter logico,
della macroscopica illogicità, dell'incongruenza della motivazione e del
travisamento della realtà fattuale (T.A.R. Campania, sez. VI, 20 settembre
2007, n. 8094; T.A.R. Umbria, 14.2.2007, n. 131; T.A.R. Lombardia, sez.
III, 19 luglio 2011, n. 1928);
il presupposto del provvedimento di cui
trattasi è costituito dal riscontro da parte dell'Autorità di polizia di
circostanze attraverso le quali si manifesti la pericolosità sociale del
soggetto in un determinato contesto territoriale ovvero di episodi di vita
che, secondo la prudente valutazione dell'Amministrazione, rivelino
oggettivamente un'apprezzabile probabilità di condotte penalmente
rilevanti” (T.A.R. Toscana, Sez. II, 11 luglio 2013 n. 1132).
Le
considerazioni che precedono valgono, a confutazione delle censure
dedotte, anche nella fattispecie in esame.
Devono pertanto essere
disattese le censure di difetto di istruttoria, violazione dell’art. 111
Cost. e dell’art. 3 legge n. 241/1190.
2.2 - Quante alle censure di
omessa valutazione degli elementi introdotti nel corso del procedimento
amministrativo e di violazione dell’art. 2 legge n. 241/1990, va rilevato
che, dopo la comunicazione di avvio del procedimento, notificatagli il 18
agosto 2014, con la memoria e la documentazione depositata il ricorrente
chiedeva l’archiviazione del procedimento e l’espletamento di ulteriori
accertamenti.
L’Ufficio, verificato il contenuto della documentazione
prodotta, incaricava la Squadra Mobile, di ulteriori verifiche in esito
alle quali veniva chiesta alla Procura della Repubblica l’emissione di una
eventuale misura cautelare (la quale venne effettivamente disposta dal
G.I.P. nella forma della custodia in carcere). Successivamente, detta
misura venne sostituita da quella degli arresti domiciliari e in data
31.12.2014 veniva emessa la misura di prevenzione oggetto del presente
ricorso.
Il ritardo nell’emissione del provvedimento impugnato è
pertanto riconducibile alla specifica richiesta di un supplemento
d’indagine avanzata dal ricorrente.
In ogni caso, ai sensi degli artt.
1 e 2 bis della legge n. 241, l’emissione di un provvedimento
amministrativo oltre il termine di conclusione del procedimento non ne
determina l’illegittimità,
in mancanza di una norma che puntualmente la
contempli quale sanzione del ritardo, rispetto al termine generale di cui
all'art. 2 per la conclusione del procedimento (T.A.R. Toscana, sez. III,
04 marzo 2010 n. 629).
Secondo la giurisprudenza, “Il mancato rispetto
dei termini stabiliti per l'adozione di un provvedimento non ne inficia la
legittimità atteso che la violazione della norma invocata, nella parte in
cui stabilisce il termine per la conclusione del procedimento, anche se
può rilevare ad altri effetti non si traduce in un vizio di legittimità
del provvedimento emanato dall'Amministrazione.
Infatti, in difetto di
una specifica disposizione, che preveda come perentorio il termine
assegnato all'Amministrazione per concludere un procedimento, il termine
deve intendersi di natura sollecitatoria o ordinatoria, il cui superamento
non produce l'illegittimità dell'atto: cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 15
novembre 2012, n. 5773 (Consiglio di Stato, sez. V 14/04/2015 n.
1872).
Il mancato rispetto del termine previsto dall'art. 2 comma 2,
legge n. 241/1990 per la conclusione dei procedimenti amministrativi
determina solo l'illegittimità del silenzio mantenuto dalla p.a. e non del
provvedimento tardivamente assunto; infatti, anche ai sensi del comma 9
ter del citato art. 2 e dell’art.2 bis, trattasi di termine acceleratorio
per la definizione del procedimento, dato che la legge non contiene alcuna
prescrizione in ordine alla sua eventuale perentorietà nè alla decadenza
della potestà amministrativa nè all'illegittimità del provvedimento
adottato.
3 – Conclusivamente, il ricorso deve esser respinto in quanto
infondato.
Le spese di giudizio, secondo la regola generale, vanno
poste a carico della parte soccombente e sono liquidate nella misura di
cui in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Toscana (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al
pagamento, a favore dell’Amministrazione resistente, della somma di euro
2.000,00 (duemila), a titolo di spese di giudizio.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2015 con
l'intervento dei magistrati:
Saverio Romano, Presidente,
Estensore
Eleonora Di Santo, Consigliere
Luigi Viola,
Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/05/2015