REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia
Romagna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sui ricorsi numeri di registro generale 385 e 861
del 2007, proposti da: Zanarini Alessandro, rappresentato e difeso
dall'avv. Giuseppe Melucci, con domicilio eletto presso il suo studio in
Bologna, piazza Galileo, 5;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali,
Soprintendente Regionale Beni e Attività Culturali Emilia-Romagna, in
persona dei rispettivi titolari p. t., rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Bologna,
Via Guido Reni 4; Comune di Castenaso, in persona del Sindaco in carica,
non costituito in giudizio;
per l'annullamento
quanto al ricorso
n. 385 del 2007:
- del provvedimento del 12 marzo 2003 n. 152 portante
dichiarazione di interesse ex D.lgs. n. 490/1999 di un bene di proprietà
del ricorrente emesso dal Soprintendente Regionale Beni e Attività
Culturali Emilia-Romagna;
quanto al ricorso n. 861 del 2007:
- del
provvedimento n. 8381 del 17 maggio 2007, notificato il 18 maggio 2007,
emesso dal Comune di Castenaso e recante sanzione pecuniaria ai sensi
dell'art. 10, comma 1, L.R. Emilia Romagna 23/2004;
Visti i ricorsi
e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del
Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 9 aprile 2015 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le
parti i difensori Camilla Mancuso e Laura Paolucci
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è proprietario in Castenaso di un
immobile che era stato acquistato da suo padre all’asta pubblica indetta
dall’Azienda USL Bologna Nord nel 2001.
Il dante causa del ricorrente
aveva ottenuto nel 2002 una concessione edilizia per effettuare opere di
restauro e risanamento conservativo con cambio di destinazione d’uso e
realizzazione di tre unità abitative; il ricorrente nel 2006 aveva
presentato una D.I.A. in variante rispetto alla quale nulla aveva
obiettato il Comune nel periodo in cui aveva la potestà di bloccarne
l’operatività.
Inopinatamente il ricorrente si vedeva notificare un
provvedimento del Comune che rigettava la D.I.A. e dava avvio al
procedimento per l’applicazione delle sanzioni di cui alla L.R.
23/2004.
La ragione di tale tardivo diniego va ricercata nella mancanza
del parere della Soprintendenza per i Beni Architettonici essendo il bene
vincolato con la conseguente necessità di presentare varianti tramite una
richiesta di permesso di costruire.
Il ricorrente veniva a conoscere
per la prima volta che sul bene di sua proprietà era stato apposto un
vincolo nel 2003: provvedimento di vincolo che impugnava con il presente
ricorso, mentre impugnava con ricorso straordinario al Capo dello Stato il
provvedimento comunale.
Dalla lettura del provvedimento il ricorrente
poteva ricavare che il vincolo era stato apposto a seguito di una
comunicazione della ASL Bologna Nord che, dovendo vendere all’asta
l’immobile, chiedeva alla Soprintendenza se esso fosse vincolato al fine
di far presente la circostanza al futuro acquirente del bene che avrebbe
comportato l’onere di chiedere il parere della Soprintendenza su ogni
futuro intervento edilizio.
La Soprintendenza richiedeva nell’ottobre
2002 un’integrazione documentale alla ASL,che nel frattempo aveva ceduto
il bene nel dicembre 2001 al padre del ricorrente; i documenti venivano
spediti in data 5.11.2002 senza alcun cenno alla circostanza che
l’immobile era stato medio tempore alienato. Il 12.2.2003 la
Soprintendenza apponeva il vincolo con il provvedimento impugnato in
questa sede.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli
artt. 6, 7 e 8 D.lgs 490/1999, applicabili ratione temporis al caso
di specie, per il fatto che la procedura di apposizione del vincolo era
stata posta in essere nel presupposto che il bene fosse di proprietà
pubblica e, quindi, senza alcuna necessità di notificarlo al proprietario
e senza aver seguito il procedimento imposto dalla normativa in ipotesi di
bene da vincolare appartenente ad un privato.
Il secondo motivo lamenta
la violazione degli artt. 2 e 5 D.lgs 490/1999 poiché si è ritenuto nel
provvedimento che l’immobile, in quanto di proprietà pubblica, doveva
essere dichiarato ipso iure di interesse artistico, mentre l’art 5
obbliga gli enti pubblici a compilare degli elenchi delle proprie
proprietà immobiliari, ma solo ai fini di una possibile dichiarazione di
interesse artistico che dovrà essere oggetto di apposito provvedimento
della Soprintendenza avente natura costitutiva e non meramente
dichiarativa.
Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali si
costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.
In prossimità
dell’udienza la difesa erariale depositava solamente la memoria di replica
nella quale affermava che il contratto stipulato dalla ASL con il dante
causa del ricorrente sarebbe affetto da nullità perché non vi era stata
una previa autorizzazione della Soprintendenza ex art. 55 D.lgs.
490/1999.
In relazione a ciò nella memoria di replica il ricorrente
stigmatizzava la condotta della controparte che, costituitasi all’epoca
con mera memoria di stile, aveva evitato di depositare nei termini la
memoria per l’udienza ed aveva affidato alla memoria di replica non
considerazioni critiche verso la memoria del ricorrente, ma argomenti
volti a far rigettare il ricorso e persino un’eccezione di nullità con
patente violazione dell’art. 73 c.p.a. che garantisce il contraddittorio
processuale
Con successivo ricorso depositato in data 25.7.2007 (n.
861/07) veniva impugnato il provvedimento sanzionatorio, preannunciato
come esito necessario del provvedimento di rigetto della D.I.A., che
doveva ritenersi affetto da illegittimità derivata.
Il Comune di
Castenaso non si costituiva in giudizio.
All’udienza del 9.4.2015 i due
ricorsi venivano assunti in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente va disposta la riunione dei
ricorsi per l’evidente connessione oggettiva dal momento che l’eventuale
accoglimento del primo avrebbe effetti consequenziali sul secondo poiché
verrebbe meno la ragione per cui è stato emesso.
Il ricorrente, a
fronte dell’eccezione di nullità del contratto, ha fondatamente eccepito
l’inammissibilità di eccezioni nuove con la memoria di replica; in ogni
caso la questione processuale non ha rilievo poiché tale eccezione
presuppone la validità dell’impianto ricostruttivo della fattispecie
operato dalla difesa erariale che, come sarà di seguito illustrato, non è
condiviso dal Collegio.
Il fatto, illustrato in precedenza, è
incontroverso tra le parti e non richiede che una considerazione da parte
del giudice relativamente alla qualificazione che la difesa erariale ha
dato della nota del 25.6.2001 inviata dall’ASL alla Soprintendenza.
E’
opportuno riprodurre un passo di questa nota dopo la premessa che informa
dell’intenzione della ASL di vendere alcuni immobili per finanziare altre
attività: “Si chiede pertanto di conoscere se tali immobili siano
sottoposti alle norme del D.lgs. 490/1999. Si comunica che verrà
prescritto all’acquirente l’obbligo di sottoporre ad autorizzazione della
Soprintendenza regionale qualsiasi intervento edilizio a carico di dette
corti, qualora ne venisse riconosciuto un valore artistico. “.
Trattandosi di una vicenda da decidere in punto di diritto è
necessario riepilogare quale fosse la previsione normativa all’epoca per
poter verificare se la Soprintendenza poteva vincolare il bene secondo la
procedura adottata o, invece, come assume il ricorrente doveva seguire il
procedimento previsto per l’apposizione di vincoli su beni privati.
Il
D.lgs. 490/1999, applicabile alla fattispecie ratione temporis,
all’art. 5 prevedeva che: “1. Le regioni, le province, i comuni, gli
altri enti pubblici e le persone giuridiche private senza fine di lucro
presentano al Ministero l'elenco descrittivo delle cose indicate
all'articolo 2, comma 1, lettera a) di loro spettanza.
2. I
predetti enti e persone giuridiche hanno l'obbligo di denunciare le cose
non comprese nella prima elencazione nonché quelle che in seguito verranno
ad aggiungersi per qualsiasi titolo al loro patrimonio, inserendole
nell'elenco.
3. Gli elenchi e i successivi aggiornamenti nella
parte concernente i beni indicati all'articolo 2, comma 1, lettera e),
sono comunicati dal Ministero alla Regione competente.
4. In
caso di omessa presentazione ovvero di omesso aggiornamento dell'elenco,
il Ministero assegna all'Ente un termine perentorio per provvedere.
Qualora l'ente non provveda nel termine assegnato, il Ministero dispone la
compilazione dell'elenco a spese dell'ente medesimo.
5. I beni
elencati nell'articolo 2, comma 1, lettera a) che appartengono ai soggetti
indicati al comma 1 sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo
Titolo anche se non risultano compresi negli elenchi e nelle denunce
previste dai commi 1 e 2”.
L’art. 1, comma 1, DPR 283/2000,
regolamento che disciplina la alienazione del demanio artistico e storico
così dispone: “ I beni immobili di interesse storico e artistico di
proprietà dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni,
costituenti il demanio artistico e storico a norma dell'articolo 822 del
c.c., non possono essere alienati e formare oggetto di diritti a favore di
terzi, se non nei limiti e con le modalità stabiliti dal presente
regolamento.”.
Il previgente sistema di tutela dei beni con valore
artistico prevedeva all’art. 5 un obbligo di comunicazione di tutte le
proprietà che potevano essere riconducibili alla classificazione presente
all’art. 2
Con molta probabilità la ASL non ha ottemperato a
quest’obbligo e, prima di procedere alla alienazione di beni immobili, ha
presentato una sorta di elenco a sanatoria per consentire alla
Soprintendenza di apporre un vincolo su quelli ritenuti meritevoli di tale
tutela, così da poter fare un avviso d’asta esauriente ed indicare
successivamente nel rogito notarile la sussistenza del vincolo con tutte
le prescrizioni connesse.
La Soprintendenza ha interpretato la nota
della ASL come una richiesta di autorizzazione all’alienazione ed ha, con
molta calma, esaminato la stessa chiedendo ulteriore documentazione
nell’ottobre 2002: incombente prontamente adempiuto dalla ASL senza, però,
comunicare che nel frattempo l’alienazione dell’immobile di cui è causa
era avvenuta.
Sembra un’applicazione della massima evangelica “Non
sappia la destra cosa fa la sinistra “ perché oltre all’equivoco di
partenza c’è un’omissione informativa decisiva in seguito.
La difesa
erariale, ben conscia di quanto accaduto, ha cercato di rimediare in
diritto all’anomalia in fatto della vicenda.
Seconda la sua lettura
delle norme allora vigenti, la semplice comunicazione di uno degli enti
obbligati ex art. 5 fa appartenere il bene immobile al demanio dello Stato
con tutte le conseguenze che da ciò derivano, compresa la nullità di
un’alienazione ad un privato senza autorizzazione della
Soprintendenza.
Per condividere tale interpretazione, bisogna supporre
che l’amministrazione quando segnala dei beni con un elenco alla
Soprintendenza abbia già individuato quelli che possono avere rilievo ai
sensi del D.lgs. 490/1999 ed il successivo decreto di vincolo non avrebbe
valore costitutivo, ma meramente dichiarativo.
Il punto debole di tale
opzione è l’attribuzione alle pubbliche amministrazioni di una capacità di
individuare i beni artistici prima che un giudizio valutativo possa essere
emesso dall’unica Autorità cui l’ordinamento riconosce questo
potere.
Ad avviso del Collegio, invece, la comunicazione delle
amministrazioni con l’elenco di cui all’art. 5 citato, in qualsiasi
momento esso sia inviato, è solo l’adempimento di un obbligo procedurale
che consente di dare avvio al procedimento che potrà sfociare o meno in un
decreto di vincolo.
La ASL avrebbe dovuto inviare quest’elenco
all’epoca in cui detti beni immobili erano entrati nel suo patrimonio, ma
forse anche per le tormentare vicende istituzionali delle ASL che hanno
cambiato assetto ordinamentale più volte in pochi anni, ai funzionari ciò
è sfuggito.
Nel momento in cui è decisa l’alienazione per fare cassa a
qualcuno è sopraggiunto lo scrupolo di interpellare la Soprintendenza per
sapere se per caso alcuni di essi immobili erano da tutelare ( nota del
21.6.2001 … qualora ne venisse riconosciuto un valore artistico ).
La
Soprintendenza, allertata dal fatto che le era stato comunicato che a
breve sarebbe avvenuta la dismissione, avrebbe dovuto fare con celerità
una delibazione sommaria per individuare i beni di possibile interesse e
comunicare tempestivamente che per essi aveva iniziato ex officio un
procedimento volto all’apposizione del vincolo cosicché l’acquirente dello
stesso era informato del fatto che prima di effettuare qualunque
intervento avrebbe dovuto chiedere il parere della Soprintendenza.
L
ASL avrebbe poi dovuto comunicare all’esito dell’avvenuta alienazione il
nominativo degli acquirenti di quei beni di cui su cui la Soprintendenza
aveva espresso un interesse e quest’ultima avrebbe dovuto far partecipare
al procedimento da essa iniziato anche il nuovo proprietario.
Non
essendo avvenuto tutto questo, il ricorrente ha ragione di dolersi del
fatto che ha dovuto attendere un atto del Comune per sapere che l’immobile
era stato sottoposto a vincolo.
Il decreto è quindi illegittimo perché
emesso all’esito di un procedimento che non ha tenuto conto che il bene
era ormai di un privato.
La Soprintendenza dovrà quindi riattivare in
modo corretto il procedimento ed apporre nuovamente il vincolo laddove
persista l’interesse a suo tempo valutato; la conseguenza ulteriore di
questo modo illegittimo di procedere sul piano procedurale è stata che la
concessione edilizia a suo tempo rilasciata dal Comune non ha tenuto conto
ovviamente di tutte le prescrizioni che nel provvedimento di vincolo erano
previste ed ora, secondo il noto principio quod factum infectum non
fieri, non si potrà tornare indietro e la nuova valutazione della
Soprintendenza dovrà tener conto dello stato attuale dell’immobile per
decidere se permangono le esigenze di tutela che hanno costituito la
ragione del vincolo a suo tempo apposto.
L’annullamento del decreto
comporta l’illegittimità derivata del provvedimento sanzionatorio del
Comune, anche se l’esito del ricorso straordinario avverso il diniego di
D.I.A. è stato negativo per il ricorrente.
In relazione alle spese di
giudizio deve affermarsi il principio della soccombenza nei confronti
dell’autorità statale, mentre può disporsi la compensazione nei confronti
del Comune di Castenaso perché il provvedimento annullato fu conseguenza
necessitata dell’illegittimo decreto di vincolo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l'Emilia Romagna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sui ricorsi
riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie e per l’effetto annulla i
provvedimenti impugnati.
Condanna il Ministero per i Beni e le Attività
Culturali alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in
€ 2.500,00 oltre C.P.A. ed I.V.A oltre alla rifusione del C.U.
versato.
Compensa le spese nei confronti del Comune di
Castenaso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Bologna nella camera di consiglio
del giorno 9 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Michele
Perrelli, Presidente
Alberto Pasi, Consigliere
Ugo De Carlo, Primo
Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2015