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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II QUATER - Sentenza 8 gennaio 2015 n. 185
Pres. Pugliese - Est. Altavista
Coop. ed. A. e altri (avv.ti Ciaglia e Caso) / Ministero dei beni e della attivita' culturali e del turismo (Avvocatura dello Stato) - Comunedi Ciampino (avv.ti Di Rienzo e Stella Richter)


Ambiente e territorio - Vincolo indiretto - Funzione - Procedimento di adozione - Contributivi partecipativi dei privati interessati - Obbligo di valutazione da parte dell'Amministrazione proceente - Conseguenze in punto di idoneità del corredo motivzionale del provvedimento finale

 

 

Per tutti i procedimenti per l’apposizione di vincoli storico-artistici, in funzioni delle loro caratteristiche di ampia discrezionalità e di inevitabile sacrifico dell’interesse dei privati, la partecipazione di costoro assume un ruolo particolarmente rilevante. E' pertanto illegittimo un provvedimento di apposizione di vincolo indiretto che sia motivato, in relazione all'apporto partecipativo dei privati, con il solo ed aspecifico riferimento al fatto che la tutela vincolistica introdotta era stata 'individuata come la minima indispensabile necessaria per tutelare il bene', laddove la partecipazione dei ricorrenti al procedimento si sia esplicata nella presentazione di osservazioni che, oltre alla contestazione della sussistenza dei presupposti per la adozione del vincolo indiretto, abbia formulato due concrete proposte alternative, di individuazione dell'area sottoposta a vincolo, contenendo la complessiva ampiezza dell’area, rispetto a quella oggetto del procedimento in corso, e su tali soluzioni alternative l'Amministrazione non abbia espresso alcun apprezzamento.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 2095 del 2014, proposto da: Cooperativa edilizia Airone a m.p., cooperativa edilizia Giusfra a r.l. , società cooperativa edilizia La Conchiglia, rappresentate e difese dagli avv. Giuseppe Ciaglia e Francesco Caso, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Savoia, 72;

contro



Ministero dei beni e della attivita' culturali e del turismo- Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Ciampino, rappresentato e difeso dagli avv. Pasquale Di Rienzo, Paolo Stella Richter, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le G. Mazzini, 11;

per l'annullamento



del decreto del 20/11/2013 che impone misure di tutela indiretta ai sensi dell'art. 45 del d. lgs. n. 42/2004, nei confronti dell'area di rispetto del bene culturale denominato 'il portale seicentesco e le mura dei francesi'

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali e del turismo e del Comune di Ciampino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2014 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



Le cooperative ricorrenti, partecipanti al piano di edilizia residenziale pubblica approvato dal Comune di Ciampino con variante urbanistica approvata dalla Regione Lazio con delibera n. 25 del 21 gennaio 2010, successivamente oggetto di variante, in relazione a ritrovamenti archeologici- variante al piano per la quale veniva reso un nulla osta della Soprintendenza archeologica il 7-12-2012- con il presente ricorso hanno impugnato il provvedimento della direzione regionale per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio n. 126 del 2013, che ha posto il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art 45 del d.lgs n. 42 del 2004 rispetto al bene culturale denominato “Portale seicentesco e Mura dei Francesi”, dichiarato di interesse storico artistico ai sensi dell’art 10 del d.lgs n. 42 del 2004 con decreto del 15 giugno 2009.
Il vincolo indiretto individuato nel decreto n 126 del 2003 consiste in un’ area di rispetto del bene culturale costituita da tre fasce. La prima fascia di inedificabilità, comportante il divieto di nuove costruzioni, la ammissibilità solo di interventi di restauro, risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria, comunque sottoposti a parere della Soprintendenza ed ulteriori prescrizioni quali il mantenimento delle attività agricole esistenti e delle alberature esistenti. Tale prima fascia è individuata con riferimento, alle specifiche particelle, identificate al catasto al foglio 17, particelle 1, 100, 45, 90, 93, 262, 263, in una area posta sul lato strada “Mura dei Francesi” e dallo spazio tra il muro ed il ciglio stradale; per le aree nel lato interno “Mura dei Francesi” con riferimento alle particella poste nei cinquanta metri dalle mura, oltre due particelle interessate per intero al di là del limite di cinquanta metri ( particelle n. 323 e 324). Nella seconda fascia, corrispondente ad una area delimitata dai cinquanta metri dalle mura, individuata dalle particelle identificate al foglio 17, particelle 331, 327, 328, 301, 300, 296, 295, 332, 333, 334, 330, 326, 294, 325, 329, 81, 9, 8, 320, 322, 321, 211, 264, 265, 270, 266, 269, 271, 337, 336, 335, 19, 12, 51, 32, 208, 264, 40, 210, 272, sono consentiti solo interventi di restauro, risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e straordinaria, comunque sottoposti a parere della Soprintendenza e gli interventi compatibili con una destinazione a parco dell’area; e prescritti il mantenimento delle attività agricole esistenti e delle alberature esistenti. Nella terza fascia identificata dalle particelle 338, 204, 344, 345 è prescritta la conservazione delle componenti vegetazionali di pregio con modalità da concordare con la Soprintendenza.
Sono stati formulati i seguenti motivi di censura:
violazione, falsa ed omessa applicazione degli articoli 10, 45, 46 del d.lgs. 42 del 2004 in relazione agli articoli 1 e 3 della legge n. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione, contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità manifeste, sviamento; difetto di istruttoria; travisamento dei fatti e dei presupposti; violazione del principio del giusto procedimento.
Si sono costituiti l’Amministrazione resistente, contestando la fondatezza del ricorso, il comune di Ciampino, dichiarando di aver proposto analogo ricorso (r.g.n. 1404 del 2004) e sostenendo le ragioni delle ricorrenti.
All’udienza pubblica del 30 ottobre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Le cooperative ricorrenti contestano che il provvedimento impugnato non avrebbe rispettato i presupposti per l’apposizione del vincolo indiretto, che avrebbe la sola funzione di tutelare le prospettive, luci e decoro del bene gravato da vincolo diretto, mentre l’amministrazione avrebbe operato una autonoma valutazione di rilevanza principalmente storica dell’area interessata e comunque il difetto di motivazione soprattutto in relazione alla mancata considerazione delle osservazioni presentate a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, in particolare sulla possibilità di riduzione dell’area interessata dal vincolo a venti metri secondo quanto già proposto dalla Soprintendenza per un vincolo indiretto al momento del procedimento per il vincolo diretto, nel 2009, ipotesi poi abbandonata, e comunque in base alle specifiche proposte, con allegate planimetrie, presentate dalle ricorrenti in sede di osservazioni.
L’art 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede la facoltà per l’amministrazione dei beni culturali di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Ai sensi del comma 2, le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti urbanistici.
Sia dalla interpretazione letterale del testo normativo che dalla costante interpretazione giurisprudenziale emerge l’attribuzione all’amministrazione dei beni culturali di un ampio potere discrezionale sia nel tipo di misure da adottare, il cui unico contenuto è descritto in relazione alla necessità di salvaguardare il bene culturale sia nella possibilità, in base alla previsione del comma 2, di incidere sugli strumenti urbanistici dei Comuni, imponendo, quindi, anche misure di inedificabilità.
Il contenuto delle prescrizioni di tutela indiretta è caratterizzato da notevole ampiezza, comprendendo ogni misura idonea allo scopo, in esito a scelte che sono rimesse al giudizio discrezionale dell'Amministrazione. Tra gli altri limiti, si pone, per espressa previsione di legge, la possibilità di imporre il rispetto di determinate distanze e misure dai beni oggetto di tutela diretta (cfr Tar Lazio n. 6756 del 2013, per cui possono essere imposte limiti di destinazione dell'area, prescrizioni in ordine alle caratteristiche degli immobili, alla circolazione o alla sosta dei veicoli, alle attività produttive e commerciali, fino anche a comprimere lo ius aedificandi con previsioni di inedificabilità; sulla irrilevanza di diverse destinazioni urbanistiche nei piani comunali rispetto all’analoga norma dell’art 21 del T.U. 1089 del 1939 cfr, altresì, Consiglio di Stato n. 1207 del 1994).
Anche sull’ambito, in termini di spazio, nel quale può essere posto il vincolo indiretto la giurisprudenza ha affermato che la norma non stabilisce altra delimitazione spaziale che quella intrinsecamente funzionale alla sua causa tipica, che è di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro (Consiglio di Stato n. 3893 del 2012; Consiglio di Stato n. 3355 del 2014).
Tale ampio potere discrezionale comporta che l’Amministrazione debba valutare tali elementi in termini di proporzionalità ed adeguatezza con riferimento anche agli altri interessi coinvolti. Ciò rileva, infatti, in particolare, per il vincolo indiretto, in quanto non riguarda le caratteristiche intrinseche del bene oggetto di tutela, come è per il vincolo diretto, ma un bene o parte di esso che rileva non per le sua oggettiva rilevanza storca o artistica ma la cui soggezione a particolari prescrizioni appare indispensabile alla tutela del bene culturale.
La stessa giurisprudenza afferma, quindi, che, soprattutto quando il vincolo comporti limitazioni delle facoltà proprietarie, occorre considerare l'esigenza del loro contenimento in relazione al sacrificio del proprietario, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e proporzionalità. In particolare, la proporzionalità rappresenta la congruenza della misura adottata in rapporto all'oggetto principale da proteggere, per cui l'azione di tutela indiretta va contenuta nei termini di quanto risulta essere concretamente necessario per il raggiungimento degli obiettivi di tutela diretta. Va cioè posta in rapporto all'esigenza conservativa che ha causato il vincolo diretto e dunque alle caratteristiche dell'oggetto materiale di quello. È connessa alla ragionevolezza, e questa si specifica nel conseguimento di un punto di equilibrio identificabile nella corretta e sufficiente funzionalità dell'esercizio del potere di vincolo. Ne consegue che il potere va esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo legale per cui è previsto e non ad esso eccessivo (Consiglio di Stato n. 3893 del 2012; Consiglio di Stato n. 3355 del 2014). Il vincolo indiretto, avendo un contenuto atipico e potendo, quindi, disporre tutte le prescrizioni necessarie a garantire l'integrità, la prospettiva o le condizioni di ambiente e decoro dell'immobile tutelato in via diretta deve rispettare i limiti della proporzionalità rispetto al fine perseguito ( Tar Lazio n. 1155 del 2014)
Tale proporzionalità deve essere anche considerata tenuto conto che, quando sono imposte misure di inedificabilità, si tratta di una limitazione della proprietà per la quale, proprio in funzione della particolare rilevanza dell’interesse pubblico alla tutela dei beni culturali non è previsto alcun indennizzo (limitazione ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale rispetto alla analoga norma dell’art 21 del TU 1089 del 1939 dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 56 del 1968).
La giurisprudenza, anche in relazione all’art 21 del TU 1089 del 1939, affermava che, nelle ipotesi in cui esso si potesse tradurre in prescrizioni particolarmente gravose per i terreni interessati, il potere attribuito dalla norma doveva essere esercitato secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità, così da contemperare il sacrificio imposto al privato con il fine di interesse pubblico perseguito (cfr. Tar Lazio n. 702 del 1998). L'imposizione del vincolo indiretto, quando si risolva in un divieto assoluto di edificazione su una vasta area di territorio, deve essere rigorosamente motivato sotto il profilo della connessione funzionale con le esigenze di tutela e valorizzazione dell'immobile direttamente vincolato, nonché, trattandosi di provvedimento discrezionale, sotto il profilo della comparazione degli interessi coinvolti e della proporzionalità della misura adottata rispetto agli interessi sacrificati (Consiglio di Stato sez. VI n. 188 del 1998; IV n. 579 del 1988).
L’ampio potere discrezionale attribuito dalla norma comporta che il sindacato del giudice sia limitato ad un sindacato estrinseco relativo ai vizi del procedimento, al difetto di motivazione, alla illogicità o irragionevolezza manifeste e all'errore di fatto. Le valutazioni relative al pregio storico culturale od artistico di un'area, poste a fondamento della determinazione vincolistica indiretta, sono espressioni di discrezionalità tecnica, come tali sindacabili solo "ab extrinseco" per incongruenza e illogicità di rilievo tale da far emergere l'inattendibilità o l'irrazionalità della valutazione ( Consiglio di Stato n. 5061 del 2014; n. 23 del 2014). Le scelte dell’amministrazione sono sindacabili in sede giurisdizionale solo quando l'istruttoria si riveli insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico ( Consiglio di Stato n. 3355 del 2014).
Da tale orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ritiene vi siano ragioni per discostarsi, emerge che in relazione all’esercizio di tale ampio potere discrezionale, l’Amministrazione sia tenuta a dare conto nella motivazione sia della ragioni, anche tecnico- discrezionali che sono alla base di una tale valutazione, sia della corretta acquisizione degli interessi nella fase partecipativa.
Per tutti i procedimenti per l’apposizione di vincoli storico-artistici, in funzioni delle loro caratteristiche di ampia discrezionalità e di inevitabile sacrifico dell’interesse del privato, la partecipazione dei privati assume un ruolo particolarmente rilevante. Si deve, infatti, ricordare che la giurisprudenza aveva ritenuto che, anche prima della espressa previsione dell’art. 14 d.lgs. 42 del 22 gennaio 2004, tali procedimenti fossero sottoposti alla disciplina generale della partecipazione al procedimento amministrativo (cfr. Consiglio di Stato n. 1005 del 1999, n. 1453 del 2002, n. 1453; n. 3265 del 2004), basandosi sia sul carattere generale della previsione di cui all'art. 7 della legge n. 241 sia sulla necessità dell'apporto partecipativo del privato in ordine a provvedimenti connotati, oltre che da una cospicua incidenza sulla situazione dello stesso, da un significativo tasso di discrezionalità tecnica in merito all'identificazione del pregio storico-artistico del bene. La partecipazione del privato, nella forma della presentazione di memorie ed osservazioni a norma dell'art. 10 della legge n. 241, consente a quest'ultimo, ove portatore di posizione differenziata, di concorrere alle scelte dell'Amministrazione nella valutazione del pregio storico-artistico del bene oggetto del procedimento, nonché, quanto ai vincoli non diretti, in ordine all'opportunità dell'estensione del vincolo alla zona circostante ed all'ampiezza dell'area interessata. L'utilità di detto apporto si presenta di particolare pregnanza per procedimenti nei quali assai rilevante è il tasso di discrezionalità tecnica connaturato alla statuizione vincolistica e, per l'effetto, evidente risulta la opportunità, anche sotto il profilo della economicità di anticipare alla fase procedimentale il confronto, normalmente tipico del momento processuale, tra le valutazioni dell'Amministrazione e le considerazioni dell'interessato in merito ai connotati del bene ( Consiglio di Stato n. 3265 del 2004).
Il quadro normativo e giurisprudenziale, che attribuisce particolare rilevanza all’interesse pubblico alla tutela del patrimonio culturale rispetto agli altri interessi pubblici o privati coinvolti, anche di natura urbanistico edilizia (l’art.45 citato impone la variazione dei correlati strumenti urbanistici una volta intervenuto il provvedimento di vincolo), applicato alla specificità dell’odierna controversia, conduce a considerare se, nel caso in cui l’area da vincolare sia caratterizzata dalla presenza di una pluralità di interessi (in primo luogo, nel caso di specie, quelli legati alla esigenze abitative locali), tali interessi debbano o meno essere considerati nelle valutazioni prodromiche all’imposizione del vincolo, specie quando detta imposizione possa comportare il loro, totale o parziale, pregiudizio. Altrimenti detto, se il vincolo indiretto - che rappresenta uno strumento aggiuntivo e accessorio rispetto alla tutela diretta - debba essere rigorosamente motivato e sorretto da un'adeguata istruttoria sia sotto il profilo della connessione funzionale con le esigenze di tutela e valorizzazione dell'immobile direttamente vincolato sia sotto il profilo della comparazione degli interessi coinvolti e della necessaria proporzionalità e ragionevolezza della misura adottata rispetto agli interessi sacrificati, anche in relazione alla impossibilità di impiegare scelte alternative il meno onerose possibile per il destinatario del vincolo, al fine di evitare che la vincolatività indiretta accessoria e strumentale possa trasformarsi in una vincolatività generale ed indifferenziata.
In una fattispecie quale quella in trattazione - in cui la Soprintendenza stessa afferma di essere stata, pur genericamente a conoscenza delle iniziative intraprese dall'amministrazione comunale per la realizzazione di piani di zona che interessavano l'area da vincolare indirettamente, il Collegio ritiene che un apprezzamento di tali interessi e della loro recessività rispetto a quello tutelato tramite il vincolo fosse, già in forza di detta circostanza, necessario.
In particolare, poi, nel caso di specie, la partecipazione delle ricorrenti si era esplicata, come risulta dalla documentazione depositata in giudizio, anche dalla difesa erariale, nella presentazione di osservazioni che, oltre alla contestazione della sussistenza dei presupposti per la adozione del vincolo indiretto, formulavano due concrete proposte alternative, di individuazione della area sottoposta a vincolo, contenendo la complessiva ampiezza dell’area, rispetto a quella oggetto del procedimento in corso, ed allegando le planimetrie relative a tali proposte. Nella prima ipotesi, proponevano di limitare la prima fascia, di inedificabilità, a trenta metri dalle mura, facendo anche riferimento ad una proposta formulata, al momento dell’adozione del vincolo diretto nel 2009, dalla Soprintendenza, per un estensione di venti metri dalle mura, circostanza non contestata dall’amministrazione, oltre alla parziale riduzione delle altre due fasce; la seconda proposta faceva riferimento alla consistenza della prima fascia ai cinquanta metri dalle mura, con alcune modifiche rispetto a quella individuata dalla Amministrazione, sostanzialmente limitando l’estensione del vincolo alle intere particelle 323 e 324, e con la riduzione delle altre due fasce.
E’ vero che la giurisprudenza è costante nel ritenere che il dovere di esame delle memorie prodotte dall'interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento non comporti la confutazione analitica delle allegazioni presentate, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell'azione amministrativa a quelle osservazioni ( Consiglio di Stato 7472 del 2010; 1439 del 2010; n.17 del 2008): principio questo che trova applicazione anche in materia di vincolo indiretto (cfr., ex multis, , Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893). Ma è, altresì, vero che gli elementi conoscitivi sopra descritti non potevano (dalla Soprintendenza) ritenersi, sotto l’aspetto motivazionale, superabili ( cfr. nota della Soprintendenza del 18 -11-2013 di risposta alle Cooperative) con il solo, ed aspecifico, riferimento al fatto che la tutela vincolistica introdotta era stata " individuata come la minima indispensabile necessaria per tutelare il bene".
Se da un lato la giurisprudenza ( cfr Consiglio di Stato n. 4270 del 2009) insegna che nel momento in cui l'Amministrazione dei beni culturali viene ad imporre un vincolo indiretto di carattere assolutamente preclusivo della realizzazione di nuove costruzioni, non può non tenere conto delle differenziate situazioni di affidamento in atto, d’altro lato anche la specificità delle soluzioni alternative presentata dalle Cooperative ricorrenti imponeva un apparato motivazionale ( di cui l’atto gravato è, all’evidenza, carente) che, quantomeno sinteticamente, rendesse percepibili le ragioni dell’impraticabilità di dette proposte con riguardo alla concreta finalità di tutela dei beni in funzione della quale il vincolo era stato previsto.
Nella tutela dello specifico bene oggetto di vincolo diretto occorreva valutare puntualmente almeno la consistenza sia in termini di metri quadri che di collocazione delle aree tutelate così come individuate nelle proposte alternative, tenuto anche conto della rilevanza dell’interesse di cui erano portatrici le ricorrenti, relativo all’attuazione di un piano di edilizia residenziale pubblica.
Della specifica valutazione delle osservazioni presentate non vi è poi alcun elemento nel provvedimento impugnato, se non con riferimento alla nota di risposta inviata alle Cooperative.
Sotto tale profilo il ricorso è fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione, salve le ulteriori valutazioni dell'amministrazione cui spetta di rideterminarsi alla luce delle normae agendi sopra esplicitate.
In considerazione della particolarità delle questioni sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2015





 

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