REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2095 del
2014, proposto da: Cooperativa edilizia Airone a m.p., cooperativa
edilizia Giusfra a r.l. , società cooperativa edilizia La Conchiglia,
rappresentate e difese dagli avv. Giuseppe Ciaglia e Francesco Caso, con
domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Savoia, 72;
contro
Ministero dei beni e della attivita'
culturali e del turismo- Soprintendenza per i beni architettonici e
paesaggistici della Province di Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo,
rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura dello Stato, con
domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Ciampino,
rappresentato e difeso dagli avv. Pasquale Di Rienzo, Paolo Stella
Richter, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, v.le G.
Mazzini, 11;
per l'annullamento
del decreto del 20/11/2013 che impone misure
di tutela indiretta ai sensi dell'art. 45 del d. lgs. n. 42/2004, nei
confronti dell'area di rispetto del bene culturale denominato 'il portale
seicentesco e le mura dei francesi'
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per
i beni e le attivita' culturali e del turismo e del Comune di
Ciampino;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2014 la
dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Le cooperative ricorrenti, partecipanti al piano
di edilizia residenziale pubblica approvato dal Comune di Ciampino con
variante urbanistica approvata dalla Regione Lazio con delibera n. 25 del
21 gennaio 2010, successivamente oggetto di variante, in relazione a
ritrovamenti archeologici- variante al piano per la quale veniva reso un
nulla osta della Soprintendenza archeologica il 7-12-2012- con il presente
ricorso hanno impugnato il provvedimento della direzione regionale per i
beni architettonici e paesaggistici del Lazio n. 126 del 2013, che ha
posto il vincolo di tutela indiretta ai sensi dell’art 45 del d.lgs n. 42
del 2004 rispetto al bene culturale denominato “Portale seicentesco e Mura
dei Francesi”, dichiarato di interesse storico artistico ai sensi dell’art
10 del d.lgs n. 42 del 2004 con decreto del 15 giugno 2009.
Il vincolo
indiretto individuato nel decreto n 126 del 2003 consiste in un’ area di
rispetto del bene culturale costituita da tre fasce. La prima fascia di
inedificabilità, comportante il divieto di nuove costruzioni, la
ammissibilità solo di interventi di restauro, risanamento conservativo,
manutenzione ordinaria e straordinaria, comunque sottoposti a parere della
Soprintendenza ed ulteriori prescrizioni quali il mantenimento delle
attività agricole esistenti e delle alberature esistenti. Tale prima
fascia è individuata con riferimento, alle specifiche particelle,
identificate al catasto al foglio 17, particelle 1, 100, 45, 90, 93, 262,
263, in una area posta sul lato strada “Mura dei Francesi” e dallo spazio
tra il muro ed il ciglio stradale; per le aree nel lato interno “Mura dei
Francesi” con riferimento alle particella poste nei cinquanta metri dalle
mura, oltre due particelle interessate per intero al di là del limite di
cinquanta metri ( particelle n. 323 e 324). Nella seconda fascia,
corrispondente ad una area delimitata dai cinquanta metri dalle mura,
individuata dalle particelle identificate al foglio 17, particelle 331,
327, 328, 301, 300, 296, 295, 332, 333, 334, 330, 326, 294, 325, 329, 81,
9, 8, 320, 322, 321, 211, 264, 265, 270, 266, 269, 271, 337, 336, 335, 19,
12, 51, 32, 208, 264, 40, 210, 272, sono consentiti solo interventi di
restauro, risanamento conservativo, manutenzione ordinaria e
straordinaria, comunque sottoposti a parere della Soprintendenza e gli
interventi compatibili con una destinazione a parco dell’area; e
prescritti il mantenimento delle attività agricole esistenti e delle
alberature esistenti. Nella terza fascia identificata dalle particelle
338, 204, 344, 345 è prescritta la conservazione delle componenti
vegetazionali di pregio con modalità da concordare con la
Soprintendenza.
Sono stati formulati i seguenti motivi di
censura:
violazione, falsa ed omessa applicazione degli articoli 10,
45, 46 del d.lgs. 42 del 2004 in relazione agli articoli 1 e 3 della legge
n. 241 del 1990; eccesso di potere per carenza di motivazione,
contraddittorietà, irragionevolezza ed illogicità manifeste, sviamento;
difetto di istruttoria; travisamento dei fatti e dei presupposti;
violazione del principio del giusto procedimento.
Si sono costituiti
l’Amministrazione resistente, contestando la fondatezza del ricorso, il
comune di Ciampino, dichiarando di aver proposto analogo ricorso (r.g.n.
1404 del 2004) e sostenendo le ragioni delle ricorrenti.
All’udienza
pubblica del 30 ottobre 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Le cooperative ricorrenti contestano che il provvedimento impugnato
non avrebbe rispettato i presupposti per l’apposizione del vincolo
indiretto, che avrebbe la sola funzione di tutelare le prospettive, luci e
decoro del bene gravato da vincolo diretto, mentre l’amministrazione
avrebbe operato una autonoma valutazione di rilevanza principalmente
storica dell’area interessata e comunque il difetto di motivazione
soprattutto in relazione alla mancata considerazione delle osservazioni
presentate a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, in
particolare sulla possibilità di riduzione dell’area interessata dal
vincolo a venti metri secondo quanto già proposto dalla Soprintendenza per
un vincolo indiretto al momento del procedimento per il vincolo diretto,
nel 2009, ipotesi poi abbandonata, e comunque in base alle specifiche
proposte, con allegate planimetrie, presentate dalle ricorrenti in sede di
osservazioni.
L’art 45 del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede la facoltà
per l’amministrazione dei beni culturali di prescrivere le distanze, le
misure e le altre norme dirette ad evitare che sia messa in pericolo
l'integrità dei beni culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva
o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro. Ai
sensi del comma 2, le prescrizioni di cui al comma 1, adottate e
notificate ai sensi degli articoli 46 e 47, sono immediatamente
precettive. Gli enti pubblici territoriali interessati recepiscono le
prescrizioni medesime nei regolamenti edilizi e negli strumenti
urbanistici.
Sia dalla interpretazione letterale del testo normativo
che dalla costante interpretazione giurisprudenziale emerge l’attribuzione
all’amministrazione dei beni culturali di un ampio potere discrezionale
sia nel tipo di misure da adottare, il cui unico contenuto è descritto in
relazione alla necessità di salvaguardare il bene culturale sia nella
possibilità, in base alla previsione del comma 2, di incidere sugli
strumenti urbanistici dei Comuni, imponendo, quindi, anche misure di
inedificabilità.
Il contenuto delle prescrizioni di tutela indiretta è
caratterizzato da notevole ampiezza, comprendendo ogni misura idonea allo
scopo, in esito a scelte che sono rimesse al giudizio discrezionale
dell'Amministrazione. Tra gli altri limiti, si pone, per espressa
previsione di legge, la possibilità di imporre il rispetto di determinate
distanze e misure dai beni oggetto di tutela diretta (cfr Tar Lazio n.
6756 del 2013, per cui possono essere imposte limiti di destinazione
dell'area, prescrizioni in ordine alle caratteristiche degli immobili,
alla circolazione o alla sosta dei veicoli, alle attività produttive e
commerciali, fino anche a comprimere lo ius aedificandi con previsioni di
inedificabilità; sulla irrilevanza di diverse destinazioni urbanistiche
nei piani comunali rispetto all’analoga norma dell’art 21 del T.U. 1089
del 1939 cfr, altresì, Consiglio di Stato n. 1207 del 1994).
Anche
sull’ambito, in termini di spazio, nel quale può essere posto il vincolo
indiretto la giurisprudenza ha affermato che la norma non stabilisce altra
delimitazione spaziale che quella intrinsecamente funzionale alla sua
causa tipica, che è di prescrivere le distanze, le misure e le altre norme
dirette ad evitare che sia messa in pericolo l'integrità dei beni
culturali immobili, ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano
alterate le condizioni di ambiente e di decoro (Consiglio di Stato n. 3893
del 2012; Consiglio di Stato n. 3355 del 2014).
Tale ampio potere
discrezionale comporta che l’Amministrazione debba valutare tali elementi
in termini di proporzionalità ed adeguatezza con riferimento anche agli
altri interessi coinvolti. Ciò rileva, infatti, in particolare, per il
vincolo indiretto, in quanto non riguarda le caratteristiche intrinseche
del bene oggetto di tutela, come è per il vincolo diretto, ma un bene o
parte di esso che rileva non per le sua oggettiva rilevanza storca o
artistica ma la cui soggezione a particolari prescrizioni appare
indispensabile alla tutela del bene culturale.
La stessa
giurisprudenza afferma, quindi, che, soprattutto quando il vincolo
comporti limitazioni delle facoltà proprietarie, occorre considerare
l'esigenza del loro contenimento in relazione al sacrificio del
proprietario, secondo criteri di congruenza, ragionevolezza e
proporzionalità. In particolare, la proporzionalità rappresenta la
congruenza della misura adottata in rapporto all'oggetto principale da
proteggere, per cui l'azione di tutela indiretta va contenuta nei termini
di quanto risulta essere concretamente necessario per il raggiungimento
degli obiettivi di tutela diretta. Va cioè posta in rapporto all'esigenza
conservativa che ha causato il vincolo diretto e dunque alle
caratteristiche dell'oggetto materiale di quello. È connessa alla
ragionevolezza, e questa si specifica nel conseguimento di un punto di
equilibrio identificabile nella corretta e sufficiente funzionalità
dell'esercizio del potere di vincolo. Ne consegue che il potere va
esercitato in modo che sia effettivamente congruo e rapportato allo scopo
legale per cui è previsto e non ad esso eccessivo (Consiglio di Stato n.
3893 del 2012; Consiglio di Stato n. 3355 del 2014). Il vincolo indiretto,
avendo un contenuto atipico e potendo, quindi, disporre tutte le
prescrizioni necessarie a garantire l'integrità, la prospettiva o le
condizioni di ambiente e decoro dell'immobile tutelato in via diretta deve
rispettare i limiti della proporzionalità rispetto al fine perseguito (
Tar Lazio n. 1155 del 2014)
Tale proporzionalità deve essere anche
considerata tenuto conto che, quando sono imposte misure di
inedificabilità, si tratta di una limitazione della proprietà per la
quale, proprio in funzione della particolare rilevanza dell’interesse
pubblico alla tutela dei beni culturali non è previsto alcun indennizzo
(limitazione ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale rispetto alla
analoga norma dell’art 21 del TU 1089 del 1939 dalla Corte Costituzionale
con sentenza n. 56 del 1968).
La giurisprudenza, anche in relazione
all’art 21 del TU 1089 del 1939, affermava che, nelle ipotesi in cui esso
si potesse tradurre in prescrizioni particolarmente gravose per i terreni
interessati, il potere attribuito dalla norma doveva essere esercitato
secondo criteri di adeguatezza e proporzionalità, così da contemperare il
sacrificio imposto al privato con il fine di interesse pubblico perseguito
(cfr. Tar Lazio n. 702 del 1998). L'imposizione del vincolo indiretto,
quando si risolva in un divieto assoluto di edificazione su una vasta area
di territorio, deve essere rigorosamente motivato sotto il profilo della
connessione funzionale con le esigenze di tutela e valorizzazione
dell'immobile direttamente vincolato, nonché, trattandosi di provvedimento
discrezionale, sotto il profilo della comparazione degli interessi
coinvolti e della proporzionalità della misura adottata rispetto agli
interessi sacrificati (Consiglio di Stato sez. VI n. 188 del 1998; IV n.
579 del 1988).
L’ampio potere discrezionale attribuito dalla norma
comporta che il sindacato del giudice sia limitato ad un sindacato
estrinseco relativo ai vizi del procedimento, al difetto di motivazione,
alla illogicità o irragionevolezza manifeste e all'errore di fatto. Le
valutazioni relative al pregio storico culturale od artistico di un'area,
poste a fondamento della determinazione vincolistica indiretta, sono
espressioni di discrezionalità tecnica, come tali sindacabili solo "ab
extrinseco" per incongruenza e illogicità di rilievo tale da far emergere
l'inattendibilità o l'irrazionalità della valutazione ( Consiglio di Stato
n. 5061 del 2014; n. 23 del 2014). Le scelte dell’amministrazione sono
sindacabili in sede giurisdizionale solo quando l'istruttoria si riveli
insufficiente o errata o la motivazione risulti inadeguata o presenti
manifeste incongruenze o illogicità anche per l'insussistenza di
un'obiettiva proporzionalità tra l'estensione del vincolo e le effettive
esigenze di protezione del bene di interesse storico-artistico ( Consiglio
di Stato n. 3355 del 2014).
Da tale orientamento giurisprudenziale,
dal quale il Collegio non ritiene vi siano ragioni per discostarsi, emerge
che in relazione all’esercizio di tale ampio potere discrezionale,
l’Amministrazione sia tenuta a dare conto nella motivazione sia della
ragioni, anche tecnico- discrezionali che sono alla base di una tale
valutazione, sia della corretta acquisizione degli interessi nella fase
partecipativa.
Per tutti i procedimenti per l’apposizione di vincoli
storico-artistici, in funzioni delle loro caratteristiche di ampia
discrezionalità e di inevitabile sacrifico dell’interesse del privato, la
partecipazione dei privati assume un ruolo particolarmente rilevante. Si
deve, infatti, ricordare che la giurisprudenza aveva ritenuto che, anche
prima della espressa previsione dell’art. 14 d.lgs. 42 del 22 gennaio
2004, tali procedimenti fossero sottoposti alla disciplina generale della
partecipazione al procedimento amministrativo (cfr. Consiglio di Stato n.
1005 del 1999, n. 1453 del 2002, n. 1453; n. 3265 del 2004), basandosi sia
sul carattere generale della previsione di cui all'art. 7 della legge n.
241 sia sulla necessità dell'apporto partecipativo del privato in ordine a
provvedimenti connotati, oltre che da una cospicua incidenza sulla
situazione dello stesso, da un significativo tasso di discrezionalità
tecnica in merito all'identificazione del pregio storico-artistico del
bene. La partecipazione del privato, nella forma della presentazione di
memorie ed osservazioni a norma dell'art. 10 della legge n. 241, consente
a quest'ultimo, ove portatore di posizione differenziata, di concorrere
alle scelte dell'Amministrazione nella valutazione del pregio
storico-artistico del bene oggetto del procedimento, nonché, quanto ai
vincoli non diretti, in ordine all'opportunità dell'estensione del vincolo
alla zona circostante ed all'ampiezza dell'area interessata. L'utilità di
detto apporto si presenta di particolare pregnanza per procedimenti nei
quali assai rilevante è il tasso di discrezionalità tecnica connaturato
alla statuizione vincolistica e, per l'effetto, evidente risulta la
opportunità, anche sotto il profilo della economicità di anticipare alla
fase procedimentale il confronto, normalmente tipico del momento
processuale, tra le valutazioni dell'Amministrazione e le considerazioni
dell'interessato in merito ai connotati del bene ( Consiglio di Stato n.
3265 del 2004).
Il quadro normativo e giurisprudenziale, che
attribuisce particolare rilevanza all’interesse pubblico alla tutela del
patrimonio culturale rispetto agli altri interessi pubblici o privati
coinvolti, anche di natura urbanistico edilizia (l’art.45 citato impone la
variazione dei correlati strumenti urbanistici una volta intervenuto il
provvedimento di vincolo), applicato alla specificità dell’odierna
controversia, conduce a considerare se, nel caso in cui l’area da
vincolare sia caratterizzata dalla presenza di una pluralità di interessi
(in primo luogo, nel caso di specie, quelli legati alla esigenze abitative
locali), tali interessi debbano o meno essere considerati nelle
valutazioni prodromiche all’imposizione del vincolo, specie quando detta
imposizione possa comportare il loro, totale o parziale, pregiudizio.
Altrimenti detto, se il vincolo indiretto - che rappresenta uno strumento
aggiuntivo e accessorio rispetto alla tutela diretta - debba essere
rigorosamente motivato e sorretto da un'adeguata istruttoria sia sotto il
profilo della connessione funzionale con le esigenze di tutela e
valorizzazione dell'immobile direttamente vincolato sia sotto il profilo
della comparazione degli interessi coinvolti e della necessaria
proporzionalità e ragionevolezza della misura adottata rispetto agli
interessi sacrificati, anche in relazione alla impossibilità di impiegare
scelte alternative il meno onerose possibile per il destinatario del
vincolo, al fine di evitare che la vincolatività indiretta accessoria e
strumentale possa trasformarsi in una vincolatività generale ed
indifferenziata.
In una fattispecie quale quella in trattazione - in
cui la Soprintendenza stessa afferma di essere stata, pur genericamente a
conoscenza delle iniziative intraprese dall'amministrazione comunale per
la realizzazione di piani di zona che interessavano l'area da vincolare
indirettamente, il Collegio ritiene che un apprezzamento di tali interessi
e della loro recessività rispetto a quello tutelato tramite il vincolo
fosse, già in forza di detta circostanza, necessario.
In particolare,
poi, nel caso di specie, la partecipazione delle ricorrenti si era
esplicata, come risulta dalla documentazione depositata in giudizio, anche
dalla difesa erariale, nella presentazione di osservazioni che, oltre alla
contestazione della sussistenza dei presupposti per la adozione del
vincolo indiretto, formulavano due concrete proposte alternative, di
individuazione della area sottoposta a vincolo, contenendo la complessiva
ampiezza dell’area, rispetto a quella oggetto del procedimento in corso,
ed allegando le planimetrie relative a tali proposte. Nella prima ipotesi,
proponevano di limitare la prima fascia, di inedificabilità, a trenta
metri dalle mura, facendo anche riferimento ad una proposta formulata, al
momento dell’adozione del vincolo diretto nel 2009, dalla Soprintendenza,
per un estensione di venti metri dalle mura, circostanza non contestata
dall’amministrazione, oltre alla parziale riduzione delle altre due fasce;
la seconda proposta faceva riferimento alla consistenza della prima fascia
ai cinquanta metri dalle mura, con alcune modifiche rispetto a quella
individuata dalla Amministrazione, sostanzialmente limitando l’estensione
del vincolo alle intere particelle 323 e 324, e con la riduzione delle
altre due fasce.
E’ vero che la giurisprudenza è costante nel ritenere
che il dovere di esame delle memorie prodotte dall'interessato a seguito
della comunicazione di avvio del procedimento non comporti la confutazione
analitica delle allegazioni presentate, purché il provvedimento finale sia
corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le
ragioni del mancato adeguamento dell'azione amministrativa a quelle
osservazioni ( Consiglio di Stato 7472 del 2010; 1439 del 2010; n.17 del
2008): principio questo che trova applicazione anche in materia di vincolo
indiretto (cfr., ex multis, , Cons. Stato, VI, 3 luglio 2012, n. 3893). Ma
è, altresì, vero che gli elementi conoscitivi sopra descritti non potevano
(dalla Soprintendenza) ritenersi, sotto l’aspetto motivazionale,
superabili ( cfr. nota della Soprintendenza del 18 -11-2013 di risposta
alle Cooperative) con il solo, ed aspecifico, riferimento al fatto che la
tutela vincolistica introdotta era stata " individuata come la minima
indispensabile necessaria per tutelare il bene".
Se da un lato la
giurisprudenza ( cfr Consiglio di Stato n. 4270 del 2009) insegna che nel
momento in cui l'Amministrazione dei beni culturali viene ad imporre un
vincolo indiretto di carattere assolutamente preclusivo della
realizzazione di nuove costruzioni, non può non tenere conto delle
differenziate situazioni di affidamento in atto, d’altro lato anche la
specificità delle soluzioni alternative presentata dalle Cooperative
ricorrenti imponeva un apparato motivazionale ( di cui l’atto gravato è,
all’evidenza, carente) che, quantomeno sinteticamente, rendesse
percepibili le ragioni dell’impraticabilità di dette proposte con riguardo
alla concreta finalità di tutela dei beni in funzione della quale il
vincolo era stato previsto.
Nella tutela dello specifico bene oggetto
di vincolo diretto occorreva valutare puntualmente almeno la consistenza
sia in termini di metri quadri che di collocazione delle aree tutelate
così come individuate nelle proposte alternative, tenuto anche conto della
rilevanza dell’interesse di cui erano portatrici le ricorrenti, relativo
all’attuazione di un piano di edilizia residenziale pubblica.
Della
specifica valutazione delle osservazioni presentate non vi è poi alcun
elemento nel provvedimento impugnato, se non con riferimento alla nota di
risposta inviata alle Cooperative.
Sotto tale profilo il ricorso è
fondato e deve essere accolto con annullamento del provvedimento impugnato
nei limiti di cui in motivazione, salve le ulteriori valutazioni
dell'amministrazione cui spetta di rideterminarsi alla luce delle normae
agendi sopra esplicitate.
In considerazione della particolarità delle
questioni sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese
processuali
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il
provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione.
Spese
compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 30 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo
Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Cecilia
Altavista, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2015