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CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO - SEZIONE I - Sentenza 30 aprile 2015
Pres. Steiner
E.K., A.N., N.A. (Avv.ti V. Chirdaris, D. e K. Farmakidis Markou) c/ Grecia (Avv.ti K. Paraskevopoulou, M. Skorila)


1. CEDU – Art. 4 protocollo n. 7 – Ne bis in idem – Sentenza penale definitiva – Medesimo fatto – Sanzione amministrativa – Inammissibilità.

 

2. CEDU – Diritto al giusto processo – Sentenza di proscioglimento – Passaggio in giudicato – Presunzione d’innocenza – Applicazione – Necessità – Sussiste.

 

 

1. Ai sensi dell’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU (1), nel momento in cui una sentenza di assoluzione o di condanna diviene definitiva, non è possibile procedere contro un soggetto, né tantomeno giudicarlo una seconda volta, in virtù di violazioni afferenti ai medesimi fatti. Tanto premesso, l’inflizione contestuale di una limitazione della libertà personale e di una sanzione amministrativa non è di per sé in contrasto col principio del ne bis in idem, purché i due profili dell’illecito (quello penale e quello amministrativo) vengano esaminati nell’ambito di un unico giudizio. Ne consegue che se da una parte è ben possibile che, pendente il processo penale atto a stabilire i profili di colpevolezza dell’imputato, sugli stessi fatti venga instaurato un giudizio amministrativo (in tal caso il rispetto del principio in questione impone al primo giudice di sospendere la procedura ovvero di dichiarare l’estinzione del processo a seguito del passaggio in giudicato della pronuncia dell’autorità amministrativa di ultima istanza), dall’altra è comunque esclusa la possibilità per uno Stato di imporre al cittadino una sanzione amministrativa in un separato giudizio, allorché a costui sia già stata comminata per i medesimi fatti una condanna penale (2).

 

2. Il principio di presunzione d’innocenza garantisce una protezione che va oltre il mero impedimento di una condanna ingiusta, in quanto assicura il rispetto dell’onore e della reputazione dell’accusato anche dopo il suo proscioglimento, con caratteri molto simili a quelli dell’art. 8 CEDU (3). Pertanto, qualunque Autorità si pronunci sulla responsabilità penale dell’imputato – in via principale o anche meramente incidentale – dopo il passaggio in giudicato di quella sentenza è tenuta a trattarlo da innocente: diversamente operando, infatti, il diritto al “giusto processo” resterebbe astratto ed ineffettivo.

 

 

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(1) Ai sensi dell’art. 4 (rubricato “Ne bis in idem”) del Protocollo n. 7 alla CEDU, “Nessuno potrà essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello stesso Stato per un’infrazione per cui è già stato scagionato o condannato a seguito di una sentenza definitiva conforme alla legge ed alla procedura penale di tale Stato […]”
(2) Si veda sul punto, Corte Giust. EU, 26 febbraio 2013, C-617/10, Hans Åkerberg Fransson, che ha statuito che “Il principio del ne bis in idem sancito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea non osta a che uno Stato membro imponga, per le medesime violazioni di obblighi dichiarativi in materia di imposta sul valore aggiunto, una sanzione tributaria e successivamente una sanzione penale, qualora la prima sanzione non sia di natura penale, circostanza che dev’essere verificata dal giudice nazionale”.
(3) L’art. 8 CEDU (rubricato “Diritto al rispetto della vita privata e familiare”) dispone: “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui”.

 

 


 

 

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