REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4190 del
2014, proposto da: AVR s.p.a., in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco
Vagnucci, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, Via G.
Mercalli, n. 13;
contro
CIS s.r.l., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Andrea
Grazzini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Niccolò
Bruno, in Roma, piazza Barberini, n. 12; Comune di Agliana, Comune di
Montale e Comune di Quarrata, in persona dei rispettivi Sindaci pro
tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
L’Arca Società Cooperativa, in ATI con la
Società Cooperativa e con la Cooperativa Sociale C.A.G.I. a r.l., in
persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e
difesi dall'avvocato Germano Scarafiocca, con domicilio eletto presso lo
studio Grez, in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. Toscana,
Sezione I, n. 473/2014.
Visto il ricorso in appello con i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della CIS s.r.l.,
nonché dell’Arca Società Cooperativa, in ATI con la Società Cooperativa e
la Cooperativa Sociale C.A.G.I. a r.l.;
Viste le memorie prodotte dalle
parti a sostegno delle rispettive difese;
Vista la propria ordinanza 25
giugno 2014 n. 2773;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore
nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2014 il Cons. Antonio Amicuzzi
e uditi per le parti gli avvocati Cancrini, Grassi, per delega
dell’avvocato Grazzini, e Neri, per delega dell’avvocato
Scarafiocca;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto
segue:
FATTO e DIRITTO
1.- La CIS s.r.l., con socio unico CIS s.p.a.
(azienda a capitale interamente pubblico, di proprietà dei Comuni di
Agliana, Montale e Quarrata), con bando di gara pubblicato sulla G.U.C.E.
in data 26 agosto 2013 e sulla G.U.R.I. in data 20 agosto 2013, ha indetto
una gara ad evidenza pubblica mediante procedura aperta per l'affidamento
del "Servizio di raccolta domiciliare delle frazioni multi-materiali
leggere, vetro, carta e cartone dei rifiuti urbani e assimilati nei Comuni
di Agliana, Montale e Quarrata".
2.- Alla gara hanno partecipato la
AVR s.p.a., classificatasi al secondo posto in graduatoria, ed il RTI
L'Arca, classificatosi al primo posto, cui è stato aggiudicato in via
definitiva l'appalto.
3.- La AVR s.p.a. ha impugnato presso il T.A.R.
per la Toscana il provvedimento di aggiudicazione di detta gara, nonché la
nota del 3 gennaio 2014 con la quale la CIS s.r.l. ha comunicato ai
concorrenti l'aggiudicazione definitiva, gli atti ed i verbali della
procedura, gli atti della Commissione giudicatrice relativi all’ammissione
alla gara del RTI L'Arca e l'operato della CIS s.r.l. nella parte in cui
ha omesso di riscontrare l'istanza di autotutela annessa all'informativa
in ordine all'intento di proporre ricorso giurisdizionale (ex art. 243-bis
del d.lgs. n. 163 del 2006) presentata dalla AVR s.p.a.; ha inoltre
chiesto la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente nelle
more stipulato con l'illegittimo aggiudicatario e la condanna della CIS
s.r.l. a risarcire il danno cagionato alla ricorrente in forma specifica,
mediante aggiudicazione della commessa oggetto di affidamento e subentro
nell'esecuzione del contratto eventualmente stipulato, ex art. 122 c.p.a.,
nonché in subordine il risarcimento per equivalente monetario, nella
misura da determinare in corso di causa.
4.- Con sentenza breve 10
marzo 2014 n. 473 l’adito T.A.R. ha respinto il gravame.
5.- Con il
ricorso in appello in esame la AVR s.p.a. ha chiesto l’annullamento o la
riforma di detta sentenza deducendo i seguenti motivi:
a) Error in
judicando. Violazione e/o falsa applicazione dei principi
ordinamentali di buon andamento, imparzialità, proporzionalità e
ragionevolezza (di cui all’art. 97 della Costituzione); violazione e/o
falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all'art. 38,
comma 1, lett. b) c), e m-ter), del d.lgs. n. 163/2006; violazione e/o
falsa applicazione della lexspecialis di gara [artt. 4) e 7), lett.
d), del disciplinare, pag. 3 dell'allegato 3]; eccesso di potere per
carenza di istruttoria, difetto di motivazione ed ingiustizia
manifesta.
b) E’ stata inoltre riproposta la domanda risarcitoria
avanzata in prime cure, chiedendo, in via principale, l'annullamento del
provvedimento di aggiudicazione, ed è stata manifestata la disponibilità a
subentrare nel contratto eventualmente stipulato nelle more del giudizio,
anche ai sensi di quanto previsto dagli artt. 121, 122 e 124 del c.p.a..
In subordine, ove dovesse risultare definitivamente compromessa la
possibilità di ottenere la tutela in forma specifica, è stata chiesta la
condanna dell'Ente resistente a risarcire per equivalente monetario il
danno cagionato all'istante, nella misura da quantificarsi in corso di
causa.
6.- Con atto depositato il 23 maggio 2014 si è costituita in
giudizio l’Arca Società Cooperativa, in ATI con la Società Cooperativa e
con la Cooperativa Sociale C.A.G.I. a r.l., che ha eccepito la
irricevibilità, la inammissibilità e la improcedibilità dell’appello,
nonché ne ha dedotto la infondatezza.
7.- Con memoria depositata il 23
maggio 2014 si è costituita in giudizio la CIS s.r.l., che ha chiesto la
reiezione dell’appello perché inammissibile ed infondato.
8.- Con
memoria depositata il 17 giugno 2014 il RTI L’Arca ha dedotto
l’infondatezza dell’appello, in particolare evidenziando che comunque il
signor Baglini non era stato soggetto ad alcun procedimento penale.
9.-
Con memoria depositata il 20 giugno 2014 la CIS s.r.l. ha dedotto
l’infondatezza dell’appello, concludendo per la reiezione.
10.- Con
ordinanza 25 giugno 2014 n. 2773 la Sezione ha accolto l’istanza di
sospensione della sentenza impugnata ai meri fini della fissazione
dell’udienza di merito.
11.- Con memoria depositata il 14 novembre il
RTI L’Arca ha eccepito l’inammissibilità, ex art. 104, comma 2, del
c.p.a., delle produzioni documentali effettuate dall’appellante in data 11
novembre 2014, nell’assunto che avrebbero potuto essere già effettuate in
primo grado, ed ha ribadito tesi e richieste.
12.- Con memoria
depositata il 14 novembre 2014 la CIS s.r.l. ha a sua volta ribadito tesi
e richieste.
13.- Con memoria depositata il 15 novembre 2014 la società
appellante ha reiterato le sostanziali argomentazioni poste a base del
gravame, in particolare evidenziando che la giurisprudenza ha sostenuto
che l’obbligo di dichiarare il pregiudizio penale concerne tutti i
soggetti muniti di potere di rappresentanza (ed anche il direttore
tecnico), indipendentemente dalla circostanza che non abbiano
materialmente speso i loro poteri nella specifica gara; ha inoltre
quantificato le somme assuntamente dovute a titolo di risarcimento per
danno emergente (€ 20.000,00), per lucro cessante (€ 244.988,34) e per
danno curriculare (€ 78.920,00), oltre ad interessi e rivalutazione
monetaria.
14.- Con memoria depositata il 21 novembre 2014 il RTI
L’Arca ha replicato alle difese dell’appellante.
15.- Anche la CIS
s.r.l. ha replicato alle deduzioni dell’appellante, in particolare
evidenziando l’irrilevanza ai fini del decidere dei precedenti
giurisprudenziali richiamati da controparte.
16.- La AVR s.p.a. ha a
sua volta replicato alle avverse difese, in particolare evidenziando che
le produzioni documentali delle quali è stata contestata l’ammissibilità
sono state effettuate, a sostegno della richiesta di risarcimento del
danno per equivalente specificata in secondo grado, per la prima volta in
appello in quanto il ricorso era stato definito in primo grado con
sentenza semplificata ex art. 60 del c.p.a. e non sono volte a supporto di
doglianze ulteriori rispetto a quelle formulate in primo grado; pertanto,
essendo esse indispensabili ai fini del decidere, sarebbero pienamente
ammissibili.
17.- Alla pubblica udienza del 2 dicembre 2014 il ricorso
in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati
delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.
18.-
L’appello è infondato.
19.- Con l’unico, complesso, motivo di gravame è
stato dedotto che il T.A.R. ha respinto la censura che il R.T.I. L’Arca
avrebbe dovuto essere escluso dalla gara de qua per non essere
stata effettuata la dichiarazione sui requisiti di moralità di uno dei
suoi direttori tecnici, nell’assunto che le sue funzioni erano limitate e
circoscritte alle specifiche attività relative ad un settore del tutto
diverso da quello oggetto dell'appalto in controversia, mentre il
riferimento dell'art. 38 del d.lgs. 163 del 2006 alla figura del direttore
tecnico riguarda solo coloro che rivestano tale posizione rispetto al
settore operativo al quale la commessa attiene e non anche tutti i
preposti tecnici a settori di attività comunque implicate nell'attività
esecutiva dell'appalto.
Ma l'orientamento giurisprudenziale richiamato
dal TAR a conforto di detta tesi sarebbe del tutto isolato ed in contrasto
con quello maggioritario formatosi in materia, come da sentenza
dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 23 del 2013, che si
sarebbe pronunciata in senso estensivo (anziché restrittivo) degli
obblighi dichiarativi concernenti il tema dell'onorabilità dei soggetti
partecipanti alle pubbliche gare mediante concreto esame dei poteri
gestori.
In base al tenore letterale ed alla ratio delle norme
in materia, l'obbligo in capo al direttore tecnico di rendere le
dichiarazioni relative al possesso dei requisiti di moralità sotto pena di
esclusione, opererebbe con valenza generale in ogni ipotesi di affidamento
di contratti pubblici, stante il rilevante ruolo di soggetto apicale che
il direttore tecnico riveste all'interno dell'organizzazione dell'impresa
che concorre per l'affidamento di pubbliche commesse e dei peculiari
poteri che ad esso sono attribuiti; l'art. 38, comma 1, lett. c), del d.
lgs. 12 aprile 2006 n. 163 avrebbe infatti la chiara finalità di attuare
un controllo effettivo sull'idoneità morale degli operatori economici con
riferimento a tutti i soggetti in grado di impegnare all'esterno
l'impresa.
Il direttore tecnico costituirebbe una figura indispensabile
per la qualificazione dell'impresa, e, a conferma della sua centralità del
suo ruolo, il legislatore richiede che ogni variazione nell'assegnazione
dell'incarico sia comunicata alla SOA che l'ha qualificata e
all'Osservatorio dell'Autorità.
Non sussisterebbero differenze
significative tra il direttore tecnico e l'amministratore munito di poteri
di rappresentanza, essendo entrambe le figure suscettibili di influenzare
le scelte societarie, sia pure sotto diverse angolazioni.
Non sarebbe
quindi condivisibile la tesi del T.A.R. che il riferimento dell'art. 38
del d. lgs. n. 163 del 2006 al direttore tecnico non dovrebbe intendersi
in un'accezione tecnica univoca e fissa, ma in una dimensione semantica
generica e variabile, da calibrarsi di volta in volta in base all'oggetto
dell'appalto da assegnare; ciò in quanto tale tesi sarebbe distonica
rispetto alla ratio sottesa al requisito generale della moralità
professionale che un soggetto, ancorché titolare della carica di direttore
tecnico ai sensi e per gli effetti dell'art. 87 d.P.R. n. 207 del 2010 (e
quindi tenuto exlege a possedere ed attestare i requisiti di
onorabilità), debba ritenersi esonerato dal possesso di detti requisiti se
l'impresa nella quale presta la propria opera concorra per l'affidamento
di appalti diversi da quelli di lavori.
La tesi del T.A.R. equivarrebbe
ad una parziale abrogazione di detto art. 38 in tutti i casi in cui, come
in quello di specie, una impresa annoveri nel proprio organico uno o più
direttori tecnici ex art. 87 d.P.R. n. 207 del 2010, risultanti da
un'attestazione SOA in corso di validità al momento della gara, ma si
trovi a partecipare ad una procedura di affidamento di un appalto di
servizi (ovvero di forniture) e non di lavori.
Poiché i direttori
tecnici sono figure apicali per espresso disposto di fonte primaria, non
potrebbero singole amministrazioni aggiudicatrici di appalti diversi da
quelli di lavori eludere tale qualificazione, eventualmente esonerando i
direttori tecnici dal possesso e dall'attestazione della moralità
professionale; ciò in quanto l'oggetto del contratto da affidarsi sarebbe
per definizione irrilevante ai fini della verifica dei requisiti di ordine
pubblico o generale.
Peraltro nel caso di specie la stazione
appaltante, pur trattandosi di un appalto di servizi, non aveva previsto
alcuna deroga per i direttori tecnici.
La tesi sostenuta dal primo
giudice condurrebbe all’irragionevole conclusione che un'impresa in cui
uno o più direttori tecnici siano pluripregiudicati possa concorrere senza
alcuna limitazione a gare per l'affidamento di appalti di servizi e/o di
forniture, rimanendo bandita dalle sole procedure di affidamento di
lavori.
Dimostrerebbe inoltre l’infondatezza della tesi che la mancata
dichiarazione non possa costituire causa di esclusione ai sensi dell'art.
46 del d.lgs. n. 163 del 2006 l’osservazione che l'art. 74 del d.lgs. n.
163 del 2006 impone, in sede di presentazione delle offerte, l'espressa
indicazione di tutte le condizioni soggettive di partecipazione e che il
comma l bis di detto art. 46 citato stabilisce che "La stazione
appaltante…esclude i concorrenti in caso di mancato adempimento alle
prescrizioni previste dal presente codice e dal regolamento e da altre
disposizioni di leggi vigenti”; per cui certamente l'obbligo
dichiarativo di cui all'art. 38 può farsi rientrare tra le prescrizioni la
cui violazione determina l'esclusione dalla procedura di gara.
La
particolare delicatezza degli interessi sottesi all'accertamento dei
requisiti soggettivi di cui all'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 avrebbe
indotto l'Autorità di Vigilanza a precisare che l'assenza di uno di essi
costituisce una causa di esclusione dalle procedure a evidenza pubblica, a
prescindere dalle indicazioni riportate nel bando di gara, qualunque sia
la tipologia e l'oggetto del contratto (A.V.C.P., determinazioni n.
4/2012, n. 1/2012 e n. 1/2010).
La misura espulsiva sarebbe stata
quindi necessaria nel caso di specie, in cui era proprio la lexspecialis di gara a prescrivere, a pena di esclusione, che i
concorrenti rendessero le dichiarazioni in relazione ai soggetti che
rivestono la carica di direttore tecnico (art. 4 e art. 7, lett. d del
disciplinare) e sarebbe stato illegittimo l'operato della stazione
appaltante, considerato che l'esistenza del direttore tecnico, sig.
Tommaso Baglini, sottaciuta dal concorrente L'Arca Soc. Coop., era
comprovata dall’attestazione di qualificazione rilasciata da una SOA alla
società in parola; poiché l’attestazione è pubblica essa poteva essere
estratta dal portale internet dell'Autorità di Vigilanza ed essere
conosciuta dalla Commissione senza alcun onere istruttorio di particolare
gravosità.
Perplesso sarebbe anche l'ulteriore assunto contenuto in
sentenza, secondo cui "... con la locuzione di "amministratori muniti
del potere di rappresentanza" ci si riferisce a un'individuata cerchia
di persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica e dello
statuto sociale, sono abilitate ad agire per l'attuazione degli scopi
societari e che, proprio in tale veste, qualificano in via ordinaria,
quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l'intera compagine
sociale, nonché il richiamo alla sentenza della Adunanza Plenaria n. 23
del 2013, che non solo non sarebbe pertinente, ma confermerebbe una
visione meno formalistica, con riferimento agli obblighi dichiarativi da
rendere in sede di gara, ex art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, da parte
di soggetti non esplicitamente menzionati dalla medesima norma
(procuratori speciali), nel senso che, laddove non sia espressamente
prevista una specifica comminatoria di esclusione, quest'ultima può essere
disposta non per la mera omessa dichiarazione, ma soltanto se sia
effettivamente riscontrabile l'assenza del requisito in questione.
Peraltro la sentenza della Adunanza Plenaria n. 23 del 2013 fa esclusivo
riferimento alla figura del procuratore speciale e non anche alla diversa
figura del direttore tecnico, per il quale gli obblighi dichiarativi sono
espressamente previsti dall'art. 38, comma 1, lettere b) e c), del d.lgs.
n. 163 del 2006.
19.1.- Osserva in proposito il Collegio che, secondo
quanto stabilito dalla giurisprudenza di questo Consiglio (Consiglio di
Stato, Sez. V, 27 agosto 2014, n. 4372 e 21 novembre 2011, n. 6136), i
direttori tecnici tenuti a rilasciare la dichiarazione sostitutiva
prevista dall'art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 sono quelli che rivestono
tale posizione rispetto al settore operativo nel quale la commessa si
iscrive e non anche tutti i preposti tecnici a settori di attività in
qualsiasi modo implicate nell'attività esecutiva dell'appalto.
Al
riguardo non è decisiva l'obiezione che la controversia riguarda
l'aggiudicazione di un servizio e non di lavori pubblici, atteso che la
giurisprudenza di questo Consiglio ha già avuto modo di reiteratamente
ritenere che la posizione di direttore tecnico possa trovare applicazione,
nei congrui casi, ai fini della soggezione agli obblighi previsti
dall'art. 38 cit., anche in materia di servizi (Consiglio di Stato, sez.
V, n. 3364 del 26 maggio 2010 e n. 1790 del 24 marzo 2011).
Tanto
esclude la rilevanza delle censure dell’appellante che, seguendo la tesi
fatta propria dal primo giudice, i soggetti tenuti ai medesimi oneri
dichiarativi degli amministratori con poteri di rappresentanza muterebbero
a seconda dell’oggetto del contratto, con impossibilità per imprese con
direttori tecnici pregiudicati di partecipazione a gare per l’affidamento
di lavori, ma possibilità di partecipazione a gare per l’affidamento di
servizi.
E’ determinante, invece, il fatto che, mentre la gara in esame
riguarda l’affidamento di un servizio ambientale, per il cui svolgimento è
necessaria l’iscrizione all’Albo nazionale dei gestori ambientali, previa
individuazione del responsabile preposto al servizio in possesso di
adeguati requisiti di qualificazione, la posizione rivestita dal
dipendente signor Baglini (di direttore tecnico ex art. 87 del d.P.R. n.
207 del 2010 inserito nell'attestazione SOA di qualificazione
all'esecuzione di lavori pubblici - cat. 0G1) attiene al diverso e
specifico settore delle attività di lavori edili, che è del tutto
marginale ed irrilevante rispetto allo svolgimento di detto
servizio.
L'appalto di cui trattasi riguarda, invero, un settore di
attività distinto da quello cui il direttore tecnico signor Baglini è
preposto e comunque l'incidenza su di esso dell’esecuzione di lavori
pubblici è soltanto marginale e, come tale, non giustifica arbitrarie
equiparazioni che sarebbero contrarie, in ultima analisi, alla certezza
delle situazioni giuridiche.
Il riferimento effettuato dall'art. 38 del
d. lgs. n. 163 del 2006 alla figura del direttore tecnico riguarda quindi
solo coloro che rivestano tale posizione rispetto al settore operativo al
quale la commessa attiene, e non anche tutti i preposti tecnici a settori
di attività in qualsiasi modo implicate nell'attività esecutiva
dell'appalto.
Diversamente opinando, cioè se le dichiarazioni sul
possesso dei requisiti di moralità fossero richieste a tutti i
responsabili tecnici presenti nell’impresa, si estenderebbe l’obbligo
dichiarativo a soggetti non previsti dall’art. 38 citato e si
determinerebbe un’inammissibile applicazione analogica di cause di
esclusione dalla gara, in violazione del principio di tassatività di cui
all’art. 46, comma 1, del d. lgs. n. 163 del 2006.
Pertanto, ai fini
della procedura per cui è causa e tenuto conto del precipuo oggetto
dell'appalto da assegnare, la posizione di detto signor Baglini non può
essere equiparata a quella di un direttore tecnico tenuto ad effettuare le
dichiarazioni sul requisito di moralità.
Inoltre non sono, secondo il
Collegio, idonei a contestare la tesi della non necessarietà della
dichiarazione sostitutiva prevista dall'art. 38 del d. lgs. n. 163 del
2006 del direttore tecnico che non riveste tale posizione rispetto al
settore operativo nel quale la commessa si iscrive i precedenti
giurisprudenziali richiamati dall’appellante, in quanto non adeguatamente
pertinenti alla particolare fattispecie in esame.
In senso conforme
alla tesi suddetta è da interpretare la lexspecialis di gara, ed in
particolare gli artt. 4 e 7, lettera d), del disciplinare, laddove
prevedono che le dichiarazioni sui requisiti di moralità devono essere
effettuate da tutti gli amministratori muniti del potere di rappresentanza
e da tutti i direttori tecnici, nonché l’allegato 3 al disciplinare, pag.
3, che stabilisce che le dichiarazioni di cui alle lettere b) e c) devono
essere rese, a pena di esclusione, da tutti i soggetti interessati, tra
cui i direttori tecnici diversi dal sottoscrittore dell’atto in
questione.
Quanto al richiamo effettuata dalla parte appellante ai
principi di cui alla sentenza della Adunanza Plenaria di questo Consiglio
n. 23 del 2013, va rilevato che, per quanto di interesse nel caso di
specie, essa - dopo aver premesso che il dato letterale di detto art. 38,
comma 1, lett. c), collega la causa di esclusione dalla gara per mancanza
dei requisiti di moralità e di affidabilità, nelle ipotesi esemplificate
nella disposizione medesima, agli "amministratori muniti del potere di
rappresentanza" oltreché al "direttore tecnico" - ha affermato che gli
obblighi di dichiarazione dei requisiti di moralità prescritti per
l'ammissione alle procedure di affidamento di concessioni e di appalti
pubblici - ex art. 38, lett. b) e c), d.lgs. n. 163 del 2006 - gravano su
quelle persone fisiche che, in base alla disciplina codicistica ed allo
statuto sociale, sono abilitate ad agire per l'attuazione degli scopi
societari e che, proprio in tale veste qualificano in via ordinaria,
quanto ai requisiti di moralità e di affidabilità, l'intera compagine
sociale; inoltre ha affermato che al riguardo non può ricorrersi ad
“interpretazione estensivo/analogica” e che, “qualora la lexspecialis
non contenga al riguardo una specifica comminatoria di esclusione”
questa può essere disposta solo in caso di concreto accertamento della
mancanza dei requisiti di moralità.
La citazione da parte del primo
giudice di detta sentenza dell’Adunanza Plenaria a conferma delle tesi
sostenute nella sentenza impugnata appare quindi pertinente e non sono
idonei a dimostrare il contrario né il richiamo, ivi effettuato, al
contenuto dell’art. 38, lettera c), del d. lgs. n. 163 del 2006, nella
parte in cui collega l’esclusione dalla gara nelle ipotesi di mancanza dei
requisiti di moralità in capo agli amministratori muniti del potere di
rappresentanza e del “direttore tecnico” (stante la precisazione prima
effettuata circa la necessità che comunque il direttore tecnico è tenuto a
rilasciare la dichiarazione solo se riveste tale posizione rispetto al
settore operativo nel quale la commessa si iscrive), né l’assunto che, se
non è espressamente prevista una specifica comminatoria di esclusione,
essa può essere disposta non per la omessa dichiarazione ma solo in caso
di effettiva assenza del requisito; non è infatti condivisibile la tesi
dell’appellante che, ex adverso, sarebbe confermata
l’obbligatorietà della dichiarazione del direttore tecnico anche in
assenza di espressa comminatoria di esclusione nella legge di
gara.
Peraltro l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, con sentenza n.
24 del 2014, ha esplicitamente affermato che scopo dell’art. 38 citato è
quello di impedire interferenze nella gestione delle imprese partecipanti
ad appalti di soggetti aventi un effettivo potere giuridico di
condizionare la sua attività; il che, conseguentemente, comporta, secondo
il Collegio, che deve escludersi la possibilità di condizionamento da
parte del preposto tecnico a settori di attività implicate solo
marginalmente nell’attività esecutiva dell’appalto.
Le censure in esame
non sono quindi suscettibili di condivisione.
20.- Quanto alla
richiesta di risarcimento danni va osservato che all'infondatezza dei
motivi di ricorso non può che conseguire l'inaccoglibilità della domanda
di risarcimento danni dei quali l’appellante chiede il ristoro, perché non
è stato dimostrato il nesso di causalità tra essi danni e l'attività
dell'Amministrazione, non potendo essere considerata ingiusta o illecita
la condotta da essa tenuta in esecuzione di provvedimenti riconosciuti
legittimi (Consiglio Stato, sez. V, 14 febbraio 2011, n. 965).
Tanto
esclude la rilevanza della eccezione di inammissibilità della produzione
documentale effettuata per la prima volta in secondo grado, come da
deduzioni dell’appellante, a sostegno della richiesta di risarcimento del
danno per equivalente specificata solo in appello.
21.- L’appello deve
essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima
decisione.
22.- Le spese del presente grado di giudizio seguono la
soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale,
Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in
esame.
Pone a carico dell’appellante AVR s.p.a. le spese del presente
grado, liquidate nella complessiva misura di € 5.000,00,00 (cinquemila/00)
a favore della CIS s.r.l. e di € 5.000,00 (cinquemila/00) a favore de
L’Arca Società Cooperativa, in ATI con la Società Cooperativa e con la
Cooperativa Sociale C.A.G.I. a r.l., oltre ai dovuti accessori di
legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 2 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Carmine Volpe,
Presidente
Vito Poli, Consigliere
Francesco Caringella,
Consigliere
Carlo Saltelli, Consigliere
Antonio Amicuzzi,
Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/01/2015