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CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE IV - Sentenza 22 dicembre 2014 n. 6284
Pres. Giaccardi – Est. Potenza
Impresa di Costruzioni Mantovani Spa (Avv.ti Sandulli, Antonini) c/Autorità Portuale di Trieste (Avvocatura Generale dello Stato) nei confronti di Icop Spa (Avv.ti Cancrini,Vagnucci)


1. Contratti della p.a.- Gara – Esclusione di tutti i partecipanti – Riedizione della gara – Presupposti - Potere discrezionale della stazione appaltante – Sussiste

 

2. Contratti della p.a.- Gara – Requisiti di carattere generale –Dichiarazione -Soggetti obbligati – Institore

 

3. Contratti della p.a. – Gara – Concorrente - Requisiti di partecipazione – Sentenze penali di condanna – Misure dissociative - Indicazione – Omissione – Conseguenze – Soccorso istruttorio ex art. 46 cod. app. – Applicabilità – Non Sussiste - Esclusione

 

 

1.Una procedura che rimanga senza partecipanti (perchè entrambi legittimamente esclusi a seguito dell’accoglimento di ricorsi incrociati) produce direttamente solo l’esito infruttuoso della stessa, rimanendo nella sfera discrezionale della stazione appaltante la possibilità, e non il dovere, di emanare ulteriori provvedimenti, tra i quali potrebbe quindi solo ipoteticamente porsi il rinnovo del procedimento concorsuale negativamente percorso.

 

2.In una procedura di gara l’individuazione del soggetto tenuto alla dichiarazione di insussistenza della causa di esclusione dalla partecipazione alle gare deve avvenire sulla base di criteri “formali” sicchè a tale scopo è sufficiente il possesso della qualità di amministratore ravvisabile nella figura dell’institore.

 

3.In una procedura di gara, qualora il concorrente non indichi le misure dissociative poste in esecuzione e a seguito della sopravvenienza di sentenze irrevocabili di condanne penali in capo ai rappresentanti, deve essere escluso non potendo invocare il “potere di soccorso” previsto dall’art. 46, comma 1, del Codice al fine di richiedere la sanatoria dell’omissione riscontrata. Tale prospettiva infatti si sostanzia unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati,documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione,chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti non consente la sanatoria della dissociazione omessa ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal medesimo codice.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 7257 del 2014, proposto da: Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani Spa in proprio e quale Capogruppo Costituendo Rti, Vgt Venice Green Terminal Srl A Socio Unico in proprio e quale Componente Costituendo Rti, Samer Seaports & Terminals Srl in proprio e quale Componente Costituendo Rti, rappresentati e difesi dagli avv.ti Maria Alessandra Sandulli e Luca Antonini, con domicilio eletto presso Maria Alessandra Sandulli in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 349;

contro



Autorità Portuale di Trieste, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di



Icop Spa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio eletto presso Arturo Cancrini in Roma, Via G. Mercalli, 13;

per la riforma



della sentenza breve del T.A.R. FRIULI-VENEZIA-GIULIA - TRIESTE: SEZIONE I n. 00456/2014, resa tra le parti, concernente l’affidamento realizzazione e gestione piattaforma logistica tra lo scalo legnami e l'ex Italsider - Ris.danni – Mcp;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Autorita' Portuale di Trieste e di Icop Spa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2014 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Sandulli, Antonini, Vagnucci e l'Avvocato dello Stato Varrone.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 


FATTO e DIRITTO



L’appello in esame controverte della legittimità dell’esclusione dell’impresa appellante dalla procedura indetta dall’autorità portuale di Trieste per la concessione di progettazione, costruzione e gestione di piattaforma logistica portuale.
1.- Con ricorso al TAR del Friuli Venezia-Giulia, l’odierna appellante esponeva che alla predetta gara partecipavano, il raggruppamento temporaneo di imprese Mantovani ed il raggruppamento I.CO.P.. Nel corso delle fasi di prequalifica e di aggiudicazione provvisoria, tre dirigenti della società Mantovani erano colpiti da procedimenti penali e venivano rimossi dall’incarico tra il febbraio ed il marzo del 2013; in tale arco di tempo la stazione appaltante chiedeva chiarimenti alla Mantovani che rispondeva attestando, al 24.1.2014, che nessuno dei soggetti in carica risultava destinatario di sentenza irrevocabile di condanna.
Con provvedimento del 7.5.2014, la stazione appaltante disponeva l’annullamento della ammissione alla procedura del raggruppamento Mantovani (divenuto nel frattempo aggiudicataria provvisoria), ai sensi dell’art. 38, lett. c, del codice dei contratti, per:
- omessa menzione, nella dichiarazione resa dall’ing. Mantoni (institore) di una sentenza resa ex art. 444 (c.d.”patteggiamento”), risalente al 2011;
- omessa segnalazione, nelle dichiarazioni del legale rappresentante dell’azienda, delle misure cautelari restrittive adottate dall’ing. Baita e dal rag. Buson e delle iniziative assunte dalle società per dissociarsi dalle relative condotte.
Al termine della procedura la gara veniva aggiudicata al raggruppamento ICOP.
1.2.- Pertanto la società Mantovani, in proprio e quale capogruppo mandataria del raggruppamento, adìva il TAR Veneto col predetto ricorso, impugnando:
- la deliberazione del 7 maggio 2014, di esclusione dalla procedura concorsuale e conseguente annullamento dell'aggiudicazione provvisoria alla ricorrente;
- la deliberazione del presidente dell'autorità portuale del 7 maggio 2014 di aggiudicazione definitiva dell'appalto al raggruppamento temporaneo d’imprese controinteressato;
- ogni atto connesso, compresa la nota dell'autorità portuale richiedente l'escussione della polizza fideiussoria della ricorrente nonché la comunicazione del 12 maggio 2014;
- ove necessario, la richiesta di chiarimenti inviata il 22 gennaio 2014, nonché i verbali di gara con riferimento a quelli contenenti l'ammissione del raggruppamento temporaneo d’imprese controinteressato e la valutazione della relativa offerta.
Tali atti venivano inoltre contestati con un primo ricorso per motivi aggiunti (sostenuto da otto censure) ed un secondo ricorso per motivi aggiunti (supportato da due doglianze).
La ricorrente chiedeva altresì:
- la condanna dell'amministrazione ad aggiudicare in via definitiva la gara al raggruppamento istante, previa, eventuale declaratoria d’inefficacia del contratto medio tempore stipulato col raggruppamento dichiarato vincitore, previo l'annullamento del silenzio serbato dall'autorità portuale a seguito del preavviso di ricorso;
- la condanna dell’Amministrazione al risarcimento di danni.
1.3.- Resistevano al ricorso l’Amministrazione appaltante ed il RTI ICOP, avversando le tesi della ricorrente e la seconda proponendo inoltre un ricorso incidentale contro gli atti della procedura nella parte in cui non avevano disposto l’esclusione del raggruppamento Mantovani, e contro (seppur in via subordinata) la clausola del bando di gara (punto III.1.1.), ove interpretata nel senso indicato dalla ricorrente.
1.4.- Con la sentenza impugnata, resa in forma semplificata, il TAR, dopo aver indicato l’ordine di trattazione delle questioni in rapporto alla presenza del ricorso incidentale, ha:
- in via prioritaria, in parte rigettato ed in parte dichiarato improcedibile l’atto introduttivo ed i motivi aggiunti;
- dichiarato improcedibile, per difetto di interesse, il ricorso incidentale ed i motivi aggiunti proposti dal raggruppamento ICOP (punto 18).
Le ragioni poste a fondamento della pronunzia sono riassunte in sede di trattazione dei motivi d’appello contro la stessa formulati.
La sentenza è stata oggetto di appello da parte del RTI Mantovani e di appello incidentale del raggruppamento aggiudicatario ICOP (v. infra, punto 3), istante per la declaratoria di improcedibilità (per difetto di legittimazione e carenza di interesse ad agire) dell’appello principale e, in subordine per l’annullamento della clausola del bando di gara (punto III.1.1.), ove interpretata nel senso indicato dalla ricorrente.
2.- L’appellante principale avversa quanto deciso dal primo giudice con un serie di motivi che, in merito al rispettivo contenuto, riguardano in sintesi:
a)- l’ordine con cui il primo giudice ha esaminato le questioni derivanti dal ricorso principale, incidentale e dai rispettivi motivi aggiunti, con le relative conseguenze sulla procedibilità sia del ricorso incidentale che delle doglianze aggiuntive;
b)- il rigetto del primo motivo del ricorso introduttivo, attinente alla dichiarazione resa dall’ing.Mantoni;
c)- il rigetto del secondo motivo del ricorso stesso, riferito alla posizione degli altri due soggetti dichiaranti e con riferimento alla questione del dovere di “soccorso istruttorio”.
2.1.- Precede la trattazione dei profili sostanziali della controversia la trattazione delle censure formulate contro l’ordine con cui il primo giudice ha esaminato le questioni proposte dai ricorsi, in particolare trattando in via prioritaria il ricorso principale, ritenendo che dal suo esito dipendesse anche quello del ricorso incidentale, nonchè delle restanti parti del ricorso principale e dei motivi ad esso aggiunti. In particolare sostiene l’appellante che illegittimamente il primo giudice avrebbe dichiarato improcedibili le doglianze proposte (con motivi aggiunti) dal RTI Mantovani contro l’ammissione del raggruppamento ICOP per difetto dei requisiti speciali, motivi contraddittoriamente e superficialmente esaminati e comunque infondatamente respinti. A sostegno della tesi l’appellante premette che sia le censure principali che quelle aggiuntive (contro l’ammissione del raggruppamento ICOP), investendo tutte il possesso dei requisiti di ammissione e riguardando al medesima fase di procedura cui avevano partecipato due ditte, risultavano “simmetricamente escludenti” e pertanto, in osservanza dei principi enunciati dalla recente giurisprudenza (Cons. di Stato, a.p., n.9/2014), la ricorrente aveva diritto all’esame nel merito anche di tutti i vizi denunziati con i motivi aggiunti (dichiarati invece improcedibili), il cui accoglimento, determinando l’esclusione anche dell’unico altro concorrente, avrebbe imposto la ripetizione della gara. L’orientamento, per quanto diffusamente argomentato, non può essere condiviso con riferimento al caso risolto dalla decisione gravata.
In primo luogo va rilevato che la pronunzia gravata ha comunque esaminato tutti i motivi formulati dal ricorso introduttivo e dai motivi aggiunti (v. p. 25 e ss.gg. della decisione), seppur rigettando i secondi con motivazioni molto sintetiche, ma formalmente consone al quadro processuale di rito “abbreviato” che la decisione ha ritenuto di privilegiare.
Inoltre tutte le fasi procedurali contrastate dal ricorso principale risultano anteriori a quelle avversate col ricorso incidentale e ciò impedisce di configurare l’ipotesi della simmetria escludente, che la decisione dell’adunanza plenaria ha esplicitamente individuato allorchè le censure reciprocamente escludenti, principali ed incidentali, riguardino la medesima fase del procedimento.
Pertanto il richiamo al principio giurisprudenziale della simmetria escludente è inconferente, poiché attiene al tema dell’esame incrociato tra censure principali e censure incidentali, mentre la doglianza critica la decisione in riferimento ai motivi aggiunti al ricorso principale e va quindi regolata all’interno di tale tipologia delle deduzioni principali, senza correlazioni con l’impugnative incidentali.
Quanto all’interesse finale azionato, anche spinto nella sua massima valenza strumentale, è difficilmente affermabile che possa condurre “ex se” (in caso di accoglimento del ricorso principale) al dovere giuridico di ripetizione della gara; ed invero una procedura che rimanga senza partecipanti (perchè entrambi legittimamente esclusi a seguito dell’accoglimento di ricorsi incrociati) produce direttamente solo l’esito infruttuoso della stessa, rimanendo nella sfera discrezionale della stazione appaltante la possibilità, e non il dovere, di emanare ulteriori provvedimenti, tra i quali potrebbe quindi solo ipoteticamente porsi il rinnovo del procedimento concorsuale negativamente percorso. La stessa costruzione della censura in esame, infine, desume tale ipotesi di prospettiva solo dalla fondatezza, e dal conseguente accoglimento, dei motivi tendenti ad escludere la controinteressata, sicchè resta confermato che nella fattispecie è stato correttamente ritenuto prioritario l’esame nel merito delle deduzioni principali proposte contro l’ammissione dell’aggiudicataria.
2.2.- Il TAR avrebbe poi respinto erroneamente la censura proposta contro la prima ragione dell’esclusione, riferita alla dichiarazione dell’ing. Mantoni (institore della ditta mandante), non facente menzione dell’ intervenuta sentenza penale, resa ex artt. 444 c.p.c. e 590 c.p.; al contrario di quanto affermato dal primo giudice (che ha evidenziato gli ampi poteri di rappresentanza del soggetto in seno all’azienda e l’esclusione di poteri di filtro nelle dichiarazioni), si argomenta che il Mantoni non era amministratore di fatto della società e non aveva poteri di amministrazione attiva ma nella specie limitati ad una delega in materia di prevenzione sul lavoro ed ecologia, non risultando quindi tenuto ad effettuare la dichiarazione prevista dall’art. 38, comma 1, lett.c, del codice degli appalti. Inoltre l’omissione si è riferita ad una condanna con riconoscimento di attenuanti generiche in ragione dell’oggettiva modestia dell’evento contestato. Il Collegio non condivide questa tesi.
Va premesso in via generale che la figura dell’institore, ai sensi del codice civile, si caratterizza per una preposizione che conferisce ampia rappresentanza al fine di compiere tutti gli atti di amministrazione dell’impresa o del settore ad esso affidato; orbene, le materie indicate dall’appellante a supporto della non spettanza dell’obbligo sono in effetti, come sottolineato dal TAR, particolarmente pertinenti in tema di realizzazione di opere pubbliche, riguardando profili di ampio impatto sul territorio e sulla collettività. Inoltre è stato già affermato che la individuazione del soggetto tenuto alla dichiarazione di insussistenza della cause di esclusione dalla partecipazione alle gare (art. 38,c.1, lett c del codice appalti) deve avvenire sulla base di criteri “formali” (cfr. Cons. di Stato, sez.V,n.95/2013), sicchè a tale scopo è sufficiente il possesso della qualità di amministratore, che certamente non può negarsi alla figura dell’institore certamente preposto ai profili sopra richiamati.
Quanto alla gravità dell’evento contestato e che ha originato la condanna, oltre a doversi confermare che l’obbligo in questione non è subordinato ad un potere valutativo del dichiarante (che mai quindi può elidere l’oggettiva esistenza della condanna da dichiarare), deve segnalarsi che la norma applicata, nel menzionare “reati gravi in danno dello Stato o della Comunità” intende evidentemente riferirsi alla violazione di quelle norme che proteggono interessi e valori chiaramente di ampia valenza collettiva, tra i quali non può certamente non annoverarsi la sicurezza del lavoro.
Questo orientamento peraltro, a parere del Collegio, estrinseca il principio affermato in materia da questo Consiglio (v.a.p. n. 16/2014) per cui l’esegesi dell’art.46, comma 1-bis d.lgs. cit. impone l’interpretazione della “doverosità dell’esclusione nei casi d’inosservanza dell’obbligo, codificato all’art.38, comma 2, d.lgs. cit., di produrre le dichiarazioni sostitutive. La portata univoca e generale del richiamo al “mancato adempimento alle prescrizioni previste dal presente codice”, quale violazione che impone l’esclusione dei concorrenti inadempienti, non ammette, infatti, alcuna interpretazione riduttiva e vincola, anzi, l’interprete ad assegnare alla disposizione la più ampia latitudine precettiva, con la conseguenza che l’inosservanza dell’obbligo di attestazione previsto dal secondo comma dell’art.38 impone all’Amministrazione l’esclusione del concorrente che lo ha violato”.
Per la stessa ragione il Collegio deve confermare l’esclusione di qualsiasi potere di effettuare valutazioni filtro circa la gravità delle risultanze oggetto delle dichiarazioni richieste.
2.3.- Il ricorso avversa (col terzo motivo) anche la motivazione resa dal TAR nel respingere la tesi della violazione delle medesime norme sopra citate, in relazione alle due dichiarazioni sostitutive relative ai due soggetti (Presidente e Direttore finanziario), cessati dalla carica subito dopo le notizie di reato (sopraggiunte dopo quattro mesi dopo le dichiarazioni) e prima delle sentenze di patteggiamento; di tali pronunzie una sola era divenuta irrevocabile in data 29 aprile 2014. In relazione a tali soggetti la società Mantovani è stata esclusa per non aveva dato tempestiva notizia delle vicende penali e non aver illustrato quanto fatto per dissociarsi. Al riguardo il primo giudice ha valutato corretta la motivazione della esclusione (mancata tempestiva comunicazione degli avvisi di garanzia e dimostrazione di comportamento dissociativo), osservando che “anche se lo svolgimento dei fatti, e specificatamente la circostanza che i due soggetti sono stati tempestivamente allontanati dalle loro cariche, costituisce un indizio di dissociazione della società dal loro comportamento penale, tuttavia una valutazione della dissociazione stessa, di spettanza della stazione appaltante, richiedeva un’informazione completa anche sulle vicende penali successive, che è mancata. Invero, la leale collaborazione che deve contraddistinguere i rapporti tra stazione appaltante e ditte partecipanti alla gara avrebbe dovuto indurre la società a comunicare tempestivamente gli eventi penalmente rilevanti”. Oppone l’appellante le censure già formulate in prime cure, in particolare che la ditta “ha immediatamente sostituito i due dirigenti dimostrando in tal modo la sua dissociazione”, e l’assenza di sentenze irrevocabili a carico dei soggetti al momento della loro cessazione dalla carica. Anche queste ragioni non possono trovare accoglimento. Se infatti la immediata rimozione può costituire indice dissociativo, non può essere superato il rilievo che non è stata data notizia nella dichiarazione della sentenza divenuta irrevocabile, seppur dopo la dichiarazione della nuova società del gennaio 2014, ma sempre prima dell’aggiudicazione e quindi in un arco temporale del procedimento in cui la stazione appaltante conserva in pieno il potere di verificare la sussistenza dei requisiti generali prescritti dall’art. 36.
In contrario non è poi invocabile il “potere di soccorso” previsto dall’art. 46, comma 1, del Codice al fine di richiedere una interlocuzione per sanare l’omissione riscontrata; tale prospettiva infatti si sostanzia “unicamente nel dovere della stazione appaltante di regolarizzare certificati, documenti o dichiarazioni già esistenti ovvero di completarli ma solo in relazione ai requisiti soggettivi di partecipazione, chiedere chiarimenti, rettificare errori materiali o refusi, fornire interpretazioni di clausole ambigue nel rispetto della par condicio dei concorrenti - non consente la sanatoria della forma omessa, ove tali adempimenti siano previsti a pena di esclusione dal medesimo Codice, dal regolamento di esecuzione e dalle leggi statali” (Cons. di Stato, a.p., n.9/2014). Gli atti impugnati, pertanto, poggiano sufficientemente sulle ragioni testè esaminate.
2.4.- I successivi motivi d’appello (ad eccezione del motivo sub 9, riportato alla p.112 del ricorso e di cui al successivo punto 2.5.) avversano il rigetto dei motivi aggiunti, riproponendo le censure già formulate in primo grado contro l’ammissione alla procedura del raggruppamento controinteressato.- La censura sub 9 sostiene omessa pronunzia sui motivi n.9 del primo ricorso per motivi aggiunti e n. 12 del secondo gravame per motivi aggiunti, che vengono perciò riproposti in questa sede. Tuttavia non sussiste interesse a riproporre nel merito alcuna di dette doglianze atteso che esse sono state correttamente dichiarate improcedibili dal TAR in ragione dell’infondatezza del ricorso introduttivo, pronunziata in ragione dei motivi sopra trattati.
3.- L’appello incidentale del RTI ICOP impugna la sentenza nelle parti in cui:
- non ha dichiarato improcedibili per difetto di interesse tutte le censure rivolte dalla ricorrente principale Mantovani contro l’aggiudicazione alla ricorrente ICOP;
- ha dichiarato improcedibile il ricorso incidentale proposto da ICOP (contro gli atti della procedura nella parte in cui non avevano disposto l’esclusione del raggruppamento Mantovani), non esaminandolo in via prioritaria rispetto al ricorso principale ed ai motivi ad esso aggiunti.
3.1.- La prima censura, che ripropone la tesi della improcedibilità del ricorso principale e contesta mancata pronunzia sullo stesso, è inammissibile per difetto di interesse. La sentenza impugnata è infatti sattisfattiva della pretesa azionata dal ricorso incidentale, avendo dichiarato improcedibili i motivi aggiunti con cui la ricorrente principale censurava l’aggiudicazione della gara (o la mancata esclusione dalla stessa) alla ICOP, in quella sede controinteressata.
3.2.- La seconda doglianza mossa dall’appello incidentale è invece improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, in ragione dell’infondatezza dell’appello nel merito; non permane interesse a coltivare un motivo d’appello incidentale (che sostiene il mancato esame prioritario del ricorso incidentale) a carico di una sentenza di primo grado confermata in forza della reiezione nel merito dell’appello principale.
3.3.- Pertanto l’appello incidentale va dichiarato in parte inammissibile ed in parte improcedibile.
4.- Le spese del giudizio possono essere compensate in ragione della complessità delle questioni sollevate.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe:
respinge l’appello principale;
dichiara l’appello incidentale in parte inammissibile e in parte improcedibile;
compensa le spese del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Giulio Veltri, Consigliere

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/12/2014





 

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