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n. 5-2015 - © copyright |
FRANCESCO A. CAPUTO
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Verso il recepimento delle nuove
Direttive sugli appalti pubblici: spunti di riflessione sulla «crif» degli
operatori economici quale componente della prevenzione, sostanziale e non
meramente formale, della lotta anticorruttiva
Il primo passo più corretto e strategicamente teso
alla “certezza normativa”, ai fini del recepimento delle nuove
Direttive comunitarie sugli appalti pubblici, è rappresentato, nella
proposta di modifica al nuovo testo del D.D.L. n. 1678[1],
dall’indicazione di cui alla lettera ii), ove si legge testualmente:
“previsione dell'emanazione di un nuovo regolamento, contestuale
al nuovo codice, recante la disciplina esecutiva e attuativa del
codice di cui alla lettera b), ispirato a princìpi di
razionalizzazione e semplificazione amministrativa e adottato con
decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del
Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, ai sensi
dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.
400”[2].
In buona sostanza, l’apprezzabile sforzo legislativo
tende ad evitare lo scotto di empasse in cui ci si è venuti a
trovare con il recepimento delle precedenti direttive (sfociato
nella prima originaria stesura del D.Lgs. 163/06), laddove il testo
regolamentare previgente (D.P.R. 554/99) – per giunta riferentesi
solo ai “lavori” – è rimasto in vita per altri quattro anni per poi
essere sostituito con il D.P.R. 207/10, ancorché – quello precedente
– fosse esplicativo di una normativa primaria oggetto di caducazione
immediata (L. 109/94, rubricata “La nuova legge quadro in materia
di lavori pubblici” ed oggetto delle note modifiche confluenti
poi nella “Merloni quater”), in esito al riferito D.Lgs. 163,
in vigore dall’ 1 luglio 2006.
Dato atto di questo benaugurante
intento e la cui finalità – in una logica di armonia normativa e
regolamentare che eviti il ripetersi del “kafkiano” trascorso di cui
sopra – è di assoluto buon auspicio, altro aspetto meritevole di
stimolante approfondimento, sembra essere, nel corpo del testo
legislativo in commento, quello della lettera t)[3], sul presupposto
però che il relativo contenuto sia letto (e si spera applicato),
combinatamente alla precedente lettera p)[4].
Di talché, in un
sistema sempre più orientato alle gare da aggiudicare con il
criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che
correttamente la lettera m) identifica quale sistema misurato sul
“miglior rapporto qualità/prezzo” (in un’accezione lessicale che
promana, negli appalti di lavori, servizi e forniture, dal preambolo
n. 90 della Direttiva 2014/24/UE: “L’aggiudicazione dell’appalto
dovrebbe essere effettuata applicando criteri obiettivi che
garantiscano il rispetto dei principi di trasparenza, di non
discriminazione e di parità di trattamento per garantire un
raffronto oggettivo del valore relativo delle offerte al fine di
determinare, in condizioni di effettiva concorrenza, quale sia
l’offerta economicamente più vantaggiosa. Occorre stabilire
esplicitamente che l’offerta economicamente più vantaggiosa dovrebbe
essere valutata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, che
dovrebbe sempre includere un elemento relativo al prezzo o al
costo”, ritrasfuso nel successivo art. 67), il controllo
(effettivo e non aulico) della fase esecutiva, diventa pregnante ai
fini della “premialità reputazionale”.
I quesiti di riferimento,
per un corretto e lungimirante, su tale aspetto, recepimento delle
indicazioni comunitarie, non possono che essere i seguenti:
- le
offerte progettuali, così come ben congeniate e tendenti al meglio
al fine di ottenere una più alta valutazione, si riverberano tal
quali (così come “promesse”) nell’esecuzione (effettiva e non
meramente ipotetica) dell’appalto?
- l’indice di anomalia (in
base ad un sub procedimento pressoché obbligato dall’imposta
riparametrazione dei computi meritocratici correlata allo
sbarramento di cui all’art. 86, comma 2, D.Lgs. 163/06)[5] può
effettivamente comportare che quella sub fase, propedeutica
all’eventuale esecuzione, vincoli quest’ultima ad attenersi alle
supposizioni progettuali?
- eventuali discrasie esecutive come
possono portare a suggerire target di professionalità, quale
parametro qualificatorio?
Ebbene, nel preambolo n. 101 della
Direttiva 2014/24/UE si leggono passi di principio, assolutamente
indicativi, per poter prefigurare risposte adeguate[6].
Ai
“comportamenti scorretti” nel corso delle esecuzioni
contrattuali è correlata la possibilità di prevedere una “durata
massima” di inibizione partecipativa alle gare.
Il successivo
art. 57, comma 2, lett. g) della medesima norma comunitaria, prevede
l’ipotesi espulsiva dalle gare “se l’operatore economico ha
evidenziato significative o persistenti carenze nell’esecuzione di
un requisito sostanziale nel quadro di un precedente contratto di
appalto pubblico, di un precedente contratto di appalto con un ente
aggiudicatore o di un precedente contratto di concessione che hanno
causato la cessazione anticipata di tale contratto precedente, un
risarcimento danni o altre sanzioni comparabili”.
Insomma,
potrebbe finalmente realizzarsi uno scenario in cui, nel nostro
ordinamento, l’attuale testo dell’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs.
163/06, verrebbe rivisitato in funzione dell’attivazione di una
sorta di “database” (a mò della “crif” che nell’attuale
sistema bancario censura in inaffidabilità creditizia coloro i quali
accusano ritardi in taluni ratei di pagamento) che privilegi gli
esecutori virtuosi e ponga paletti partecipativi a quelli resisi
colpevoli non già di un “errore grave”, la cui valutazione è rimessa
alla Stazione Appaltante[7], bensì di “X” inadempienze
antitetiche al marchio di probità aziendale, quale identificazione
di “corretto” esecutore, in quanto dalla sommatoria di esse
inadempienze scaturisce – di fatto – un rating che induce a
quanto conseguente, in termini inibitori alla partecipazione alle
gare, sia pur contenuti in un determinato lasso temporale.
Del
vero su tale scia si era ben inserita, a sommesso parere di chi
scrive, l’Autorità di Vigilanza con la Determinazione n. 5 del 6
novembre 2013.
Ivi si legge: “Nel corso dell’esecuzione del
contratto, le verifiche volte ad accertare il regolare svolgimento
delle prestazioni sono propedeutiche alla liquidazione dei
corrispettivi per l’aggiudicatario … omissis … L’utilizzo concreto
della facoltà di esclusione dalle gare successive, di quelle imprese
che non hanno rispettato, in fase esecutiva, i livelli di qualità
richiesti in sede di gara e/o offerti dalle stesse (ex art. 38,
lettera f) del Codice), rappresenta una leva estremamente importante
per scoraggiare la presentazione di offerte eccessivamente
aggressive sul prezzo e/o con livelli qualitativi concretamente
insostenibili … omissis … Anche riguardo all’aspetto delle penali la
figura del D.E. assume un ruolo chiave poiché è lo stesso ad avere
l’obbligo di verificare e di segnalare al responsabile del
procedimento (nel caso le due figure non coincidano come evidenziato
in precedenza), eventuali ritardi o disfunzioni rispetto alle
prescrizioni contrattuali (ai sensi dell’art. 298, comma 2, reg.) …
omissis …”.
Va da sé che l’attuale regime interno, anche per
come enucleato dalla giurisprudenza, impone all’operatore economico
– pur nell’eventuale generico rinvio nel bando all’obbligo di
richiamare, in sede di domanda partecipativa, l’insussistenza delle
condizioni ostative di cui all’art. 38, comma 1, D.Lgs. 163/06 – la
specifica, ai fini dell’osservanza della lett. f), di qualsivoglia
situazione che abbia comportato una grave negligenza o malafede
nell'esecuzione delle prestazioni affidate dalla Stazione Appaltante
di riferimento o un errore grave nell'esercizio dell’attività
professionale genericamente intesa.
In tal senso, cfr. TAR Lazio,
Rm, Sez. II bis, n. 4719/15 nella parte in cui è sentenziato
che: “per esigenze di trasparenza, l’evento potenzialmente
indicativo di grave negligenza o errore professionale deve essere
dichiarato dalla ditta concorrente (come riconosciuto dalla
giurisprudenza sopra citata), anche se il bando di gara opera un
mero riferimento (come nel caso di specie) ad una dichiarazione
d’insussistenza delle cause di esclusione di cui al ripetuto art. 38
comma 1 lett. f)”.
Sta di fatto che, mentre le situazioni di
eventuale conflittualità ingeneratesi nei confronti della S.A. sono
di ovvia conoscenza (rectius: conoscibilità) di
quest’ultima[8], gli “errori gravi” oggetto della (distinta)
attività professionale non sono accessibili – in termini di
informativa da parte di terzi – laddove non determinano interventi
inibitori assunti dall’Autorità di Vigilanza.
Ove si
ponessero le condizioni per cui la comminatoria di penali in corso
d’appalto giocoforza confluisca – mercé specifiche “segnalazioni” –
in un apposito archivio che implementi il sistema AVCpass, con
precipuo compito al riguardo demandato – nel settore dei servizi e
delle forniture – al D.E.C. (ed in tal senso illuminante la
richiamata Determinazione dell’ANAC n. 5/13) e – in quello dei
lavori – al Direttore dei medesimi, attuando, a carico
dell’operatore economico, una sorta di decurtazione di punti (in
pratica ciò che avviene in tema di patente di guida), si
otterrebbe:
i) informativa certa per le Stazioni Appaltanti in
merito alle eventuali discrasie nell'esecuzione di singole
prestazioni da parte del partecipante alle gare, donde poter
compiutamente esprimere un proprio apprezzamento in termini di
affidabilità e nel contempo assoggettando esso apprezzamento ad un
prefigurato (e oggettivo) rating di fiducia, funzionale alla par condicio;
ii) elevata professionalizzazione dei competitors in termini “reputazionali” e (ulteriore)
salvaguardia concorrenziale degli operatori economici
“virtuosi”;
iii) antidoto anticorruttivo, in quanto la
consapevolezza di dover attuare (effettivamente) quanto proposto in
sede progettuale (specie negli appalti di servizi), innalzerebbe il
tasso di “eccellenza” degli operatori economici, a discapito di
quelli “furbi” e “disonesti”, che tendono, di routine, a
porre in essere escamotages, in corso di esecuzione
dell’appalto, finalizzati al recupero delle prebende illegali.
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… Era solo uno spunto tendente ad un
approfondimento dell’innovativa tematica, in tema di appalti
pubblici, dei “criteri reputazionali”, o
“referenziali” che dir si voglia, degli operatori economici,
i quali è finalmente indispensabile che vengano posti di fronte ad
un mercato adeguatamente (e doverosamente) professionalizzato.
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[1] Art. 1, comma 1: “Il Governo è delegato ad
adottare un decreto legislativo per l'attuazione delle direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del
Parlamento europeo e del Consiglio rispettivamente
sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti
pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei
settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi
postali, nonché per il riordino complessivo della disciplina vigente
in materia di contratti pubblici, nel rispetto dei princìpi e
criteri direttivi generali di cui all'articolo 32, della legge 24
dicembre 2012, n. 234, e dei seguenti princìpi e criteri direttivi
specifici, tenendo conto delle migliori pratiche adottate in altri
Paesi dell'Unione europea”.
[2] La lettera b) così recita:
“compilazione di un unico testo normativo denominato «Codice
degli appalti pubblici e delle concessioni» recante le disposizioni
legislative in materia di procedure di affidamento di gestione e di
esecuzione degli appalti e delle concessioni disciplinate dalle tre
direttive, garantendo in ogni caso l'effettivo coordinamento e
l'ordinata transizione tra la vigente e la nuova disciplina, al fine
di evitare incertezze interpretative ed applicative, nel rispetto
del princìpi del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea”.
[3] La lettera t): “revisione del vigente
sistema di qualificazione degli operatori economici in base a
criteri di omogeneità e trasparenza, in ogni caso prevedendo la
decadenza delle attestazioni in caso di procedure di fallimento,
anche introducendo misure di premialità connesse a criteri
reputazionali basati su parametri oggettivi e misurabili e su
accertamenti definitivi concernenti il rispetto dei tempi e dei
costi nell'esecuzione di contratti eseguiti e la gestione dei
contenziosi, nonché assicurando gli opportuni raccordi con la
normativa vigente in materia di rating di legalità”.
[4] La
lettera p): “rafforzamento della funzione di controllo della
stazione appaltante sull'esecuzione delle prestazioni, con
particolare riguardo ai poteri di verifica e intervento del
responsabile del procedimento, del direttore dei lavori nei
contratti di lavori e del direttore dell'esecuzione del contratto
nei contratti di servizi e forniture, e vietando comunque, negli
appalti pubblici di lavori aggiudicati con la formula del contraente
generale, l'attribuzione dei compiti di responsabile o direttore dei
lavori allo stesso contraente generale”.
[5] Se è bene
vero che, a prescindere dall’indicazione lessicale del bando, la
disamina della componente progettuale comporta che una volta
terminata la procedura di attribuzione discrezionale dei
coefficienti, si procede a trasformare la media dei coefficienti
attribuiti ad ogni offerta da parte di tutti i commissari in
coefficienti definitivi, riportando ad uno la media più alta e
proporzionando a tale media massima le medie provvisorie prima
calcolate (ciò consente che i punteggi relativi alla qualità abbiano
effettivamente lo stesso valore che viene dato al prezzo in termini
di rapporto ponderale: TRGA, Trento, 8 maggio 2013, n. 145;
Consiglio di Stato, Sez. V, 24 luglio 2014, n. 3940), è
altrettanto ben vero che – parallelamente – l’esiguità dello
scostamento di punteggio che spesso identifica le assegnazioni del
“peso” della componente economica comporta che, di prassi, vi sia
l’obbligo di procedere al sub procedimento di verifica
dell’anomalia, in esito alla norma che lo impone e che si riporta:
“Nei contratti di cui al presente codice, quando il criterio di
aggiudicazione è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa,
le stazioni appaltanti valutano la congruità delle offerte in
relazione alle quali sia i punti relativi al prezzo, sia la somma
dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, sono entrambi
pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi
previsti dal bando di gara”.
[6] Considerando n. 101 della
Direttiva 2014/24/UE: “Le amministrazioni aggiudicatrici
dovrebbero continuare ad avere la possibilità di escludere operatori
economici che si sono dimostrati inaffidabili, per esempio a causa
di violazioni di obblighi ambientali o sociali, comprese le norme in
materia di accessibilità per le persone con disabilità, o di altre
forme di grave violazione dei doveri professionali, come le
violazioni di norme in materia di concorrenza o di diritti di
proprietà intellettuale. È opportuno chiarire che una grave
violazione dei doveri professionali può mettere in discussione
l’integrità di un operatore economico e dunque rendere quest’ultimo
inidoneo ad ottenere l’aggiudicazione di un appalto pubblico
indipendentemente dal fatto che abbia per il resto la capacità
tecnica ed economica per l’esecuzione dell’appalto.
Tenendo presente che l’amministrazione aggiudicatrice sarà
responsabile per le conseguenze di una sua eventuale decisione
erronea, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero anche
mantenere la facoltà di ritenere che vi sia stata grave violazione
dei doveri professionali qualora, prima che sia stata presa una
decisione definitiva e vincolante sulla presenza di motivi di
esclusione obbligatori, possano dimostrare con qualsiasi mezzo
idoneo che l’operatore economico ha violato i suoi obblighi, inclusi
quelli relativi al pagamento di imposte o contributi previdenziali,
salvo disposizioni contrarie del diritto nazionale. Dovrebbero anche
poter escludere candidati o offerenti che in occasione
dell’esecuzione di precedenti appalti pubblici hanno messo in
evidenza notevoli mancanze per quanto riguarda obblighi sostanziali,
per esempio mancata fornitura o esecuzione, carenze significative
del prodotto o servizio fornito che lo rendono inutilizzabile per lo
scopo previsto o comportamenti scorretti che danno adito a seri
dubbi sull’affidabilità dell’operatore economico. Il diritto
nazionale dovrebbe prevedere una durata massima per tali
esclusioni.
Nell’applicare motivi di esclusione
facoltativi, le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero prestare
particolare attenzione al principio di proporzionalità. Lievi
irregolarità dovrebbero comportare l’esclusione di un operatore
economico solo in circostanze eccezionali. Tuttavia, casi ripetuti
di lievi irregolarità possono far nascere dubbi sull’affidabilità di
un operatore economico che potrebbero giustificarne
l’esclusione”.
[7] Cfr. sul punto: Consiglio di Stato, Sez.
V, 21 novembre 2014, n. 5763, laddove statuisce che “l’art. 38,
primo comma, lett. f), del d. lgs. 12 aprile 2006, n. 163 demanda
alla stazione appaltante la valutazione circa il rilievo dell’errore
professionale compiuto dall’impresa che aspira alla stipula del
contratto, in modo da accertarne l’affidabilità professionale
mediante un apprezzamento necessariamente discrezionale.
Da tale premessa consegue che l’Amministrazione, per poter
esercitare il proprio potere, deve essere posta a conoscenza degli
avvenimenti rilevanti a tale scopo: l’impresa partecipante alla gara
deve presentare una dichiarazione esauriente, che permetta alla
stazione appaltante una valutazione informata sulla sua affidabilità
(salva la sua possibilità di impugnare l’esclusione che ritenga
ingiustificata)”; cfr. anche, Sez. V, 23 marzo 2015, n. 1557,
ove si afferma che l’art. 38, comma 1, lett. f), D.Lgs. 163/06 nel
prevedere la “grave negligenza o malafede” come causa ostativa alla
partecipazione a procedure di affidamento di appalti pubblici, si
riferisce al singolo operatore economico responsabile di gravi
inadempimenti contrattuali in precedenti appalti o nell’esercizio
della propria attività professionale e non anche ad altri soggetti
che concorrono alla gara, anche qualora tra di essi vi siano
rapporti di carattere giuridico, come quello tra socio e società,
altrimenti determinandosi una estensione in malam partem delle norme sui requisiti di partecipazione a procedure di
affidamento di appalti pubblici, le quali sono tassative.
[8] Ed
in tal senso il provvedimento n. 57-S/15 dell’ANAC, prendendo
proprio in esame il caso oggetto della sopraindicata statuizione del
TAR Lazio, rileva che “nel caso di specie, il Comune di Ardea ha
rilevato di avere già valutato, nell’esecuzione di prestazioni
affidate in passato all’O.e. in argomento, situazioni affette da
grave negligenza o malafede, a seguito di numerose segnalazioni di
disservizi e di denunce in materia igienico sanitaria. Tuttavia, ciò
non giustifica l’indebita richiesta di una dichiarazione
sostitutiva, limitatamente all’art. 38, comma 1, lett. f), primo
periodo del Codice, del tutto superflua, in quanto il fatto oggetto
della medesima era nella diretta disponibilità della stessa
Amministrazione richiedente”.
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(pubblicato il
7.5.2015)
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