Giustizia Amministrativa - on line
 
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n. 4-2015 - © copyright

 

INES D’ARGENIO

Per un diritto amministrativo rispondente alla realtà

 

 


 

 

È difficile descrivere la realtà sociale argentina quando cerchiamo di esporla in modo che si comprenda la necessità di un cambiamento radicale degli istituti del diritto amministrativo che già la disciplinano.
I concetti di situazione giuridica soggettiva nei confronti dell’amministrazione, di tutela amministrativa e di intervento nel procedimento amministrativo perdono completamente il loro significato quando quel soggetto di diritto che nel liberalismo è titolare di diritti fondamentali derivanti prevalentemente dalla proprietà, risulti privo di quella stessa condizione giuridica. In questa prospettiva, le norma sovranazionali e le leggi locali si sforzano di enumerare diritti sociali che tuttavia la amministrazione pubblica non trova modo di applicare adeguatamente, di garantire effettiva vigenza a queste norme.
Non è pretestuoso dire che il diritto amministrativo tradizionale non è in grado di garantire questo compito perché, ad un’analisi anche superficiale della realtà, si avverte che quel concetto di relazione giuridica amministrativa proveniente dall’approccio liberale individualista non si adatta alla relazione con l’amministrazione pubblica che si instaura con l’affermarsi dei nuovi diritti sociali: l’intervento dell’interessato nel procedimento amministrativo non esprime alcun contenuto effettivo perché nel suo ambito non c’è spazio (interesse) per persone che pretendono l’effettiva vigenza dei diritti sociali pure normativamente previsti.
Ciò è quanto ho inteso di recente esprimere nel descrivere, anche su un quotidiano, il dramma di uomini che vagano nei corridoi di enti pubblici alla ricerca di qualcuno che dia ascolto alle loro esigenze. Nonostante il carattere sovranazionale delle norme che proteggono i diritti sociali, la burocrazia nazionale propria di questo tempo, “colonna vertebrale” del nostro diritto amministrativo, non li considera.
Orbene, disconoscere questa brutale esclusione, per continuare seduti sulle comodità delle nostre conoscenze degli istituti giuridici tradizionali è inconcepibile, ancorché risulti abituale.
Nelle giornate organizzate dall’Associazione italo-argentina dei professori di diritto amministrativo a Mar del Plata nel 2014, Mercedes Aveldano trattò di questo tema con la profonda convinzione che le proviene dall’afferenza alla Giustizia nel contenzioso amministrativo nella Città Autonoma di Buenos Aires, laddove le questioni di effettiva vigenza dei diritti sociali, regolati soprattutto dalla Costituzione locale, sono materia quotidiana. In quella occasione, ella, nel trattare della problematica della “Villa” denominata Rodrigo Bueno, sviluppò le ragioni che avevano motivato la minoranza del collegio giudicante in seno alla Camara de Apelaciones a favore della condanna del Governo alla gestione obbligata dell’insediamento al fine di realizzare interventi di urbanizzazione necessari alla residenza di famiglie in condizioni di vita insostenibili.
I partecipanti argentini al convegno graduarono il loro atteggiamento al riguardo dall’indifferente fino all’ironico, con la convinzione che Mercedes avesse portato in discussione una questione non propria del diritto amministrativo. Insomma, piuttosto che riflettere sui nuovi contenuti di quest’ultimo, si continuava a preferire di ignorare la realtà, che pure si presentava in modo evidente quanto inesorabile.
Il racconto di Mercedes Aveldano prendeva spunto dalla circostanza che il 20 marzo 2015 anche il giornale La Naciòn, aveva informato che la problematica della “Villa”, insediamento ubicato a poca distanza dal lussuoso quartiere di Puerto Madero, sarebbe giunta a Washington D.C. per essere trattata dalla Commissione Interamericana dei Diritti Umani, innanzi alla quale avrebbe esposto Diego Armando Gonzàles, un abitante della “Villa”. L’uomo, privo di qualsiasi conoscenza di base di diritto amministrativo locale, a lungo ignorato e bistrattato, sarebbe stato ascoltato dalla Commissione nella esposizione in ordine al pericolo costante che corrono le 3600 persone che abitano questo insediamento a causa della totale mancanza di opere di urbanizzazione del quartiere e di qualsiasi forma di assistenza sociale. L’udienza innanzi a quell’organismo internazionale prescindeva da un reclamo amministrativo al quale invece il diritto argentino sottopone obbligatoriamente l’avvio di un procedimento.
Invero, il tema del nuovo diritto amministrativo richiama l’attenzione dei colleghi italiani quanto di quelli argentini a causa della speciale relazione che vincola i nostri popoli. Gli italiani che giunsero in massa in Argentina nelle diverse migrazioni, lo fecero per dare forma, su questo suolo, a risposte a quelle esigenze di giustizia sociale il cui soddisfacimento non era dato nella loro terra natale. Fu questa la ragione principale dell’incommensurabile sforzo che essi realizzarono con energia senza pari: e conseguirono l’obiettivo. Essi conformarono una società nuova nella quale le questioni di equità e sviluppo egualitario furono poste quali prioritarie. Le problematiche successive che condussero a una nuova esclusione sociale, all’epoca non prevista, non possono oggi essere ignorate da noi, discendenti di quegli uomini, che beneficiamo di quello sforzo fuori dal comune che significò attraversare l’Atlantico su imbarcazioni precarie per guadagnare una terra e forgiarla in funzione delle loro grandi aspirazioni e ideali.
Non possiamo ignorare la situazione attuale di migliaia e migliaia di persone che non hanno diritto alla cittadinanza, che abitano in condizioni di miseria estrema, in ambiti di contaminazione che, al pari della denutrizione, provoca la morte quotidiana dei suoi figli. Non si tratta per noi di un approccio di tipo solidaristico o pietistico, ma giuridico, in quanto siamo i responsabili di un diritto che riguarda soprattutto l’attuazione dell’amministrazione pubblica e la sua operatività a favore della vigenza effettiva delle norme superiori che consacrano diritti umani.
Negare che si tratti di materia propria del diritto amministrativo per la sola ragione che la configurazione tradizionale di quest’ultimo non lo contempli, costituisce un attentato alla stessa sopravvivenza di questa disciplina, che altrimenti crollerà nella sua incapacità di guardare la realtà. Per questo insisto.

 

(pubblicato il 10.4.2015)

 

 

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