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BRUNO MERCURIO

Il divieto di avvalimento del requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali: prospettive di armonizzazione della disciplina interna ai principi europei

 

 


 

 

1. L’art. 34, comma 1, della Legge n. 164/2014 di conversione del Decreto Legge 12 settembre 2014, n.133 (c.d. “Sblocca Italia”), ha introdotto il comma 1bis all’articolo 49 del D.Lgs. n. 163/2006 con cui si prevede che: «Il comma 1 non è applicabile al requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali di cui all’art. 212 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152
Con tale disposizione il legislatore vieta espressamente il ricorso all’avvalimento previsto al comma 1 dell’art. 49 del codice dei contratti, per il requisito dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, così intervenendo su un dibattito che, negli ultimi anni, ha impegnato giurisprudenza ed Autorità di Vigilanza, in ordine alla qualificazione del requisito in questione ed alla conseguente possibilità di essere messo a disposizione di terzi per concorrere all’ affidamento di contratti pubblici.
La novella legislativa, induce ad interrogarsi sulla coerenza della disposizione in esame con la normativa europea, alla luce degli orientamenti anche recenti della Corte di Giustizia in materia e degli argomenti contenuti nella nota 2007/2309/C(2208)0108 del 30 gennaio 2008, con cui a suo tempo, fu avviata la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia proprio sul parziale recepimento dell’istituto in questione da cui sono, poi, scaturite modifiche al codice dei contratti.

2. Come è noto, prima del recente intervento legislativo, la giurisprudenza amministrativa si era espressa in maniera discordante circa la possibilità di ricorrere all’avvalimento per l’iscrizione all’ Albo Gestori Ambientali.
Secondo la tesi più restrittiva, il requisito dell’iscrizione ad un albo specialistico, richiedendo un’organizzazione aziendale ad hoc, non poteva essere oggetto di trasferimento ad altro operatore.
In tale orientamento si inserisce la giurisprudenza che, intervenendo sull’idoneità o meno di un contratto di avvalimento a garantire la qualità delle prestazioni collegate al requisito dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, ha concluso per l’impossibilità di ricorrere all’istituto in questione, indicando, a sostegno di tale posizione, esigenze di tutela ambientale che non consentirebbero lo svolgimento delle attività per le quali l’iscrizione è richiesta a soggetti che non siano titolari dell’iscrizione medesima. In particolare, il Collegio ha ritenuto che “l’iscrizione in discorso sia assimilabile alla certificazione di qualità (da intendersi entrambe come requisiti soggettivi, non prestabili disgiuntamente dall’organizzazione che le ha conseguite) sulla base della considerazione che entrambe presuppongono una specifica organizzazione aziendale, che nel caso dell’iscrizione all’albo nazionale dei gestori ambientali è necessaria per assicurare il corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose e caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche” [i].
Anche l’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici, che inizialmente, aveva considerato ammissibile il ricorso all’avvalimento del requisito dell’iscrizione all’Albo in questione (Parere n. 106 del 27 giugno 2012), successivamente ha aderito alla tesi contraria, evidenziando che, per tale iscrizione, si richiedono particolari capacità tecniche dell’operatore economico. Con la deliberazione n. 28 del 19 giugno 2013, l’AVCP ha chiarito, in particolare, che i requisiti di cui all’art. 39 del D. Lgs. 163/2006 “inerendo alla disciplina pubblica delle attività economiche ed essendo connotati da un alto grado di soggettività, configurano uno status” , non possono essere oggetto di avvalimento.
Detta posizione, che esclude in radice la possibilità di avvalimento dell’iscrizione all’ Albo Gestori Ambientali, considerata di natura soggettiva e, perciò assimilata ai requisiti di idoneità professionale[ii], è stata sottoposta a rivisitazione critica da parte di pronunce giurisprudenziali più recenti, le quali, pur non ignorando l’orientamento assunto dalla AVCP con la richiamata deliberazione n. 28/13, propendono per il diverso indirizzo, considerato più rispettoso dei principi pro-concorrenziali di matrice comunitaria, a valorizzare la portata generale dell’istituto.
Argomento a sostegno della tesi è che “nel senso dell’estensione dell’avvalimento anche alla prescritta iscrizione ad un albo specialistico, quale, appunto, l’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali, milita in modo decisivo la considerazione che l’art. 50, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006 estende l’applicazione delle disposizioni dettate in tema di avvalimento dell’attestazione SOA ai sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture e che, quindi, così come è consentito per l’attestazione SOA, l’avvalimento sia analogamente consentito anche per l’iscrizione all’Albo de qu, ossia per l’abilitazione a svolgere una determinata attività (nella specie, in virtù del possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi previsti dall’art.212 del d.lgs. 152/2006[iii].
Più in generale il Consiglio di Stato aveva già affermato che “l’istituto dell’avvalimento disciplinato dall’ordinamento italiano dall’art. 29 del d. lgs. n. 163 del 2006, ha portata generale. Esso è finalizzato a consentire alle imprese singole, consorziate o riunite, che intendono partecipare ad una gara di poter soddisfare i requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestare alla certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o dell’attestazione SOA di altro soggetto ed è applicabile, ai sensi del successivo art. 50, ai sistemi legali vigenti di attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture. Ne consegue, che in ogni caso, ed a prescindere da espressa previsione del bando, alle imprese che intendono concorrere ad una gara di appalto e sono carenti dei requisiti, è consentito di soddisfare tali requisiti con l’ausilio dell’avvalimento. Il carattere generale dell’istituto è evidente, ove si consideri che le limitazioni originariamente previste dall’art. 49 del d. lgs. 163 del 2006 sono state ritenute in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti e sono state eliminate (era stata, infatti, avviata procedura di infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, perché tali limitazioni rimesse ai bandi di gara si ponevano in contrasto con le disposizioni delle direttive comunitarie che riconoscono agli operatori economici il diritto di avvalersi delle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e senza alcuna limitazione”[iv].
In definitiva, secondo l’orientamento in esame, consideratane l’assimilabilità ai sistemi legali di qualificazione, il requisito di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali è da considerarsi requisito di capacità tecnica e, pertanto, suscettibile di essere soddisfatto attraverso il ricorso ai requisiti di altri operatori economici, tanto più se oggetto del contratto di avvalimento non è l’iscrizione, già autonomamente in possesso del concorrente, ma il raggiungimento di una categoria di qualificazione superiore.
Detto orientamento ritiene, in ogni caso, necessaria una effettiva corrispondenza tra la capacità dimostrata in fase di qualificazione e quella di cui si dispone in fase dell’esecuzione da parte delle imprese che ricorrono all’avvalimento sul presupposto che “l’avvalimento, cosi come configurato dalla legge, deve essere reale e non formale, nel senso che non può considerarsi sufficiente prestare la certificazione posseduta assumendo impegni assolutamente generici, giacchè in questo modo verrebbe meno la stessa essenza dell’istituto, finalizzato non già ad arricchire la capacità tecnica ed economica del concorrente, bensì a consentire a soggetti che ne siano sprovvisti di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri soggetti garantendo l’affidabilità dei lavori, dei servizi e delle forniture appaltati” [v].
Del resto, l’obbligo introdotto dall’ art. 88 del D.P.R. n. 207/2010 – Regolamento esecutivo del D.Lgs. 163/06 che svolge una funzione integrativa rispetto a quanto prescritto dall’art. 49 del Codice – di indicare le risorse e i mezzi prestati in modo determinato e specifico; esclude, in ogni caso, nel nostro ordinamento,l’ipotesi di avvalimento generico, sanzionato con l’esclusione dell’operatore in fase di qualificazione,[vi] così mettendo al riparo le Amministrazioni aggiudicatrici dal rischio di mancata corrispondenza fra dato formale e dato sostanziale cui erano esposte in precedenza che, pure, era stato oggetto di ampio dibattito giurisprudenziale.
Nella medesima direzione vanno anche le recenti pronunce in tema di ricorso all’avvalimento al fine di soddisfare il requisito relativo al possesso della certificazione di qualità che, pure dipendendo da fattori interni alla organizzazione dell’impresa che la consegue, è qualificata come requisito non soggettivo, di capacità tecnica. [vii]
Il legislatore, con la disposizione in esame ha aderito alla tesi restrittiva, introducendo una specifica disposizione che esclude l’avvalimento del requisito di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, ciò che sorprende alla luce della prevalenza che invece, stava assumendo l’orientamento giurisprudenziale opposto, influenzato certamente anche dai recenti interventi della Corte di Giustizia Europea volti a censurare i frequenti interventi limitativi dell’istituto dell’avvalimento, e per esso della concorrenza, nell’ordinamento italiano.
In questo senso, è sintomatico che con la legge n. 161/2014, intervento legislativo contemporaneo a quello con cui cui è stata introdotta la norma in commento, all’art. 21 comma 2 è stato invece modificato il sesto comma dell’art. 49 eliminando il divieto precedentemente previsto di ricorrere a più imprese per soddisfare il possesso di un unico requisito (c.d. avvalimento frazionato), così adeguando la disciplina interna secondo quanto statuito dalla Corte Giustizia Europea, nella sentenza 10 ottobre 2013, C-94/12 di cui si dirà in seguito.

3. Il legislatore ha recepito l’avvalimento – com’è noto, di origine comunitaria – agli artt. 49 e 50 del codice dei contratti pubblici del 2006, disciplinandolo, poi, più dettagliatamente, all’art. 88 del Regolamento esecutivo del 2010.
Nella normativa italiana, l'istituto in questione fin dall’ inizio ha faticato ad assumere i caratteri di generalità che lo connotano in ambito europeo, mantenendo il diritto interno rispetto a quello sovranazionale, senza dubbio, un approccio più analitico e restrittivo, riconducibile ad una diffidenza, potremmo dire culturale, che il legislatore ha costantemente dimostrato nei confronti degli operatori economici privi dei requisiti richiesti per ottenere l’affidamento di un determinato contratto.
Tale atteggiamento è stato spesso giustificato dall'esigenza di tutelare nel nostro ordinamento, oltre che la concorrenza, anche la legalità nella piena consapevolezza delle difficoltà di prevenire ed evitare fenomeni di gestione illecita degli appalti pubblici.
In questo senso, però, essendo espressamente previsto che la ditta ausiliaria sia in possesso dei requisiti di moralità ed affidabilità richiesti ai partecipanti alle procedure di evidenza pubblica, ed afferendo, come visto, l’avvalimento ai soli requisiti di capacità economica e tecnica, non sfugge che, anche una limitazione eccessiva dell’istituto, contribuendo a restringere il campo dei concorrenti può favorire l’illegalità soprattutto in presenza di fenomeni di corruzione tesi a restringere la platea dei partecipanti proprio attraverso la complice codeterminazione dei requisiti di partecipazione.
Contrariamente,“per il diritto comunitario, le ragioni della concorrenza e l'aspirazione degli operatori alla massima apertura delle gare di appalto trovano tutela a tal punto da far assurgere a principio generale quella che potrebbe apparire più come un’ipotesi eccezionale”[viii].
La visione europea, infatti presuppone la portata generale dell’istituto, come si evince dalla essenzialità delle disposizioni contenute nelle direttive e dalle pronunce della Corte di Giustizia, le quali rivelano il radicato convincimento delle istituzioni sovranazionali secondo cui spetterebbe alle amministrazioni aggiudicatrici prevenire, adeguatamente, possibili abusi dell'istituto.
In quest’ottica, l'avvalimento deve, necessariamente, essere considerato un istituto flessibile, che gli Stati membri e le stazioni appaltanti non possono irrigidire rispettivamente mediante interventi legislativi ad hoc[ix] e mediante clausole restrittive degli atti indittivi delle procedure.
Sotto altro profilo, si è già visto come la disciplina nazionale, più di quella europea, pone grande attenzione alla effettività del supporto della ditta ausiliaria vincolandola, attraverso il descritto obbligo di specificità delle risorse rese disponibili, a rendere operativo e non di mera garanzia il rapporto sottostante al contratto di avvalimento, in modo da assegnare allo stesso rilevanza non solo nella fase di partecipazione alla gara quanto in quella, successiva alla eventuale aggiudicazione dell'appalto, di esecuzione del contratto.
Le differenti prospettive tra l'ordinamento europeo e quello nazionale in materia hanno formato oggetto di una procedura di infrazione ai sensi dell'articolo 226 TUE.
Con decisione C(2008)00108, del 30 gennaio 2008, la Commissione ha, infatti, avviato la procedura n. 2007/2309, nei confronti del nostro Paese contestando l'incompleta trasposizione delle direttive europee[x] nel Codice degli appalti sotto diversi profili[xi].
Per ciò che riguarda direttamente l’avvalimento, la lettera di messa in mora ha censurato la disciplina interna ritenendola restrittiva delle prescrizioni sovranazionali sul presupposto che “nessuna limitazione è prevista, e dunque consentita, da dette direttive, la sola condizione essendo quella di permettere all'amministrazione aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporrà delle capacità richieste per l'esecuzione dell'appalto”[xii].
La Commissione ha, preliminarmente, valutato negativamente i commi 6 e 7 dell'articolo 49, mediante i quali il legislatore italiano, consentiva alle Amministrazioni committenti di introdurre nei bandi di gara limitazioni al ricorso all'avvalimento. Altrove, le direttive che consentono il ricorso all'avvalimento, vengono richiamate come parametro di riferimento per contestare la legittimità dell'artt. 37, comma 11, Cod., concernente le prestazioni che i raggruppamenti temporanei di imprese possono affidare in subappalto[xiii].
Tali argomentazioni sono apparse estremamente significative, per la portata che la Commissione attribuiva all’istituto de quo rispetto a quella riconosciuta ad esso nel nostro ordinamento che, infatti, ha reagito recependo solo in parte i rilievi della Commissione.
In particolare, sono stati modificati nella forma indicata dalla lettera di messa in mora: a) l'articolo 45 che nella nuova formulazione riconosce l'avvalimento nell'ambito degli elenchi dei fornitori o prestatori di servizi; b) l'art. 49 (sebbene parzialmente) dal quale viene espunto il comma 7 e modificato il comma 6, consentendo il ricorso a più ausiliari per ciascun requisito esclusivamente negli affidamenti di servizi e forniture.; c) l'articolo 230, che richiama l'avvalimento c.d. permanente nei settori speciali a prescindere da legami infra-gruppo.
Di recente, con la Legge del 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea 2013-bis”, il legislatore è stato obbligato a modificare nuovamente l’art. 49, comma 6, del D.Lgs. 163/2006, elidendo anche il divieto di avvalimento frazionato nei lavori pubblici che oggi sopravvive per i soli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi che hanno consentito il rilascio dell'attestazione SOA per la categoria oggetto di prestito[xiv].
Anche tale intervento, tutt’altro che spontaneo, è conseguito alla necessità di adeguare la disciplina interna alle statuizioni rese della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza del 10 ottobre 2013, a definizione della causa C-94/12.
Con tale pronuncia, il Giudice Europeo, sul presupposto che le disposizioni della direttiva 2004/18/CE non precludono la possibilità di fare riferimento alle capacità di più soggetti terzi per soddisfare i requisiti di qualificazione richiesti dalla stazione appaltante, ha demolito l’ulteriore baluardo erto dall’Italia, considerando del tutto legittimo che le capacità di più soggetti, terzi ausiliari, si cumulino alle capacità del concorrente, al fine di soddisfare il livello minimo di qualificazione prescritto dalla legge di gara, così ponendo fine all’annoso dibattito giurisprudenziale sul tema [xv].
Secondo la citata sentenza “gli art. 47, par. 2, e 48, par. 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, letti in combinato disposto con l'art. 44, par. 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più imprese”.
Anche in questo caso, la possibilità di fare affidamento, ai fini dell’aggiudicazione della stessa procedura, sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei suoi legami con questi ultimi, viene condizionata alla dimostrazione di poter effettivamente disporre dei mezzi necessari a dare corretta esecuzione dell’appalto.[xvi]
Tutto ciò, come ribadito in altre pronunce, sarebbe, dunque, conforme all'obiettivo del legislatore comunitario della massima apertura degli appalti pubblici alla concorrenza, a vantaggio, non soltanto degli operatori economici (soprattutto piccole e medie imprese, come indicato dalla direttiva 2004/18/CE, ma anche delle amministrazioni aggiudicatrici[xvii] cui viene garantita una più ampia platea di offerenti e, quindi, di opportunità[xviii].
La stessa Corte ha, tuttavia, posto un’eccezione a tale ampia visione dell’avvalimento. Ed infatti, i Giudici Europei hanno stabilito che non si può, almeno in linea teorica, escludere l'esistenza di lavori che presentino peculiarità tali da richiedere una determinata capacità che non si possa ottenere, cumulando capacità diverse (e singolarmente insufficienti) di più operatori.
Dinanzi a tali eventualità, l’amministrazione potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità in questione sia raggiunto da un solo partecipante oppure, facendo riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi dell'art. 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva n. 18/2004, ai sensi del quale, siffatta esigenza dovrebbe connettersi e proporzionarsi all'oggetto dell'appalto interessato. La Corte ha, altresì, chiarito che simili ipotesi devono necessariamente essere lette come situazioni di carattere eccezionale, poiché la Direttiva n. 18/2004, osta a che la summenzionata esigenza assurga a regola generale nella disciplina nazionale.
Il quadro fin qui descritto, chiarisce la perdurante difficoltà del nostro ordinamento nel recepimento dell’avvalimento che sta evolvendo solo attraverso i periodici interventi degli Organi politici e giurisdizionali dell’Unione volti ad armonizzare la disciplina interna a quella europea.
In tale ambito l’Unione Europea ha, di recente, adottato tre nuove direttive su appalti e concessioni (direttiva 2014/23/UE, 24/UE, 25/UE) che introducono norme comuni per le concessioni di servizi, non disciplinati dalla precedente normativa sugli appalti pubblici ordinari e speciali (direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE ).
Le citate direttive ribadiscono il fine di facilitare la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici attraverso misure di semplificazione ed armonizzazione delle procedure di affidamento che accrescano la certezza giuridica, evitando il c.d. fenomeno del gold plating determinato dalla disorganica sovrapposizione di livelli differenti di disciplina interna non armonizzati con i principi dell’Unione che ciascun legislatore interno è tenuto ad adottare entro l’aprile 2016.
In tal senso, la recente introduzione del comma 1 bis all’ art. 49 con cui si è vietato il ricorso all’ avvalimento per l’iscrizione all’Albo gestori ambientali, nella misura in cui pone una ulteriore e diversa limitazione all’istituto, non pare in linea con gli indirizzi dell’Unione ed è, quindi, opportuno, svolgere alcune brevi considerazioni sulla armonizzazione della disposizione ai principi europei.

4. Una prima considerazione va riservata alla qualificazione del requisito dell’iscrizione all’Albo dei Gestori Ambientali alla luce della novella legislativa, potendo essere legittimamente limitato il ricorso all’avvalimento, come visto, per i soli requisiti soggettivi di natura personalissima, ossia di ordine generale e di idoneità professionale, previsti, rispettivamente, all’art.38 e 39 del D.lgs. 163/06 e per i requisiti di capacità tecnica, nelle sole ipotesi, ammesse come eccezionali dalla giurisprudenza, europea, in cui una determinata qualifica non si possa ottenere, cumulando capacità diverse.
La questione non è secondaria, atteso che, se si propende per l’assimilazione del requisito in questione a quelli di idoneità professionale, la portata limitativa del divieto di avvalimento, introdotto dall’art. 1 bis dell’art. 49 del codice dei contratti, sarebbe assorbente, arrivando ad escludere la possibilità di ricorrere all’istituto, non solo nel caso della carenza dell’iscrizione all’Albo in questione ma in assoluto, quindi anche quando un operatore economico, pur in possesso dell’iscrizione, non raggiunga la categoria di qualificazione richiesta per la partecipazione alla procedura di affidamento.
Una tale interpretazione determinerebbe una forte limitazione della concorrenza, in considerazione della frequenza con cui l’iscrizione all’ Albo di cui si tratta è richiesta nelle procedure di affidamento di contratti sia di lavori che di servizi nel nostro Paese rispetto alla quale gli Organi europei potrebbero essere sollecitati ad intervenire per riconciliare la disciplina interna a quella sovranazionale.
Gli argomenti sfavorevoli ad una interpretazione così radicale non mancherebbero, coincidendo con quelli espressi dall’orientamento giurisprudenziale che propendeva per l’ammissibilità dell’avvalimento dell’iscrizione all’ Albo Gestori Ambientali prima della novella in commento.
In particolare, considerata la possibilità riconosciuta dal medesimo articolo 49, di ricorrere all’avvalimento per l’attestazione della certificazione SOA che per funzione e caratteristiche non è differente dall’Albo Gestori Ambientali, essendo preposta, come il primo, alla qualificazione progressiva degli operatori a mano a mano che questi ultimi accrescono le proprie capacità tecniche ed economiche, attraverso un sistema di certificazione suddiviso in categorie, che consente di classificare le imprese sulla base di criteri di specializzazione crescenti, a seconda del complesso delle risorse aziendali (umane, tecniche, economiche, di know how) sottoposte a verifica, appare difficile giustificare una disparità di trattamento fra i due istituti che arrivi ad escludere del tutto l’avvalimento.
Ed invero, ciò che distingue l’Albo Gestori dal sistema di qualificazione SOA è la natura abilitante propria dell’albo specialistico, che costituisce presupposto per l’esercizio di determinate attività e richiede il possesso dei requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi minimi previsti dall'art. 212 del d.lgs. n.152/2006.[xix]
Il successivo conseguimento delle classi superiori nell’ambito delle diverse categorie dipende, invece, esclusivamente da fattori di capacità tecnica ed economica dell’impresa essendo collegate alla popolazione servita (classi da A ad F della Categoria 1), alla quantità di rifiuti trattatati (Classi da A ad F delle Categorie da 4 a 8) ed al volume di affari (Classi da A ad E delle Categorie 9 e 10).
Del resto, lo stesso art. 79 del DPR 207/2010 definisce “requisiti di ordine speciale” l’insieme delle capacità tecniche ed economico finanziarie occorrenti ad accedere alle diverse categorie di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici.
Ne discende che una lettura orientata ad armonizzare il citato comma 1 bis dell’art. 49 del D.Lgs. 163/06 con i principi europei potrebbe essere quella strettamente letterale che esclude il ricorso all’avvalimento della sola iscrizione all’Albo Gestori Ambientali consentendolo, invece, fra operatori in possesso dell’iscrizione, e quindi del requisito abilitante ai fini dell’esercizio dell’attività , per il raggiungimento di classi superiori nell’ambito delle categorie di iscrizione.
Tale lettura sarebbe, peraltro, compatibile con l’orientamento recente già richiamato che ammette l’avvalimento anche della certificazione di qualità che, come gli altri sistemi legali di attestazione, pure dipende da fattori interni alla organizzazione dell’impresa.
Una lettura intermedia, più restrittiva, ma comunque non escludente, potrebbe consistere nell’estensione all’avvalimento dell’Albo Gestori Ambientali della specifica disciplina prevista per l’attestazione SOA dal combinato disposto dell’art. 50 comma 1 lett. a) del codice e dell’ art. 88 comma 4 del DPR 207/2010 che subordinano la possibilità di ricorrere all’istituto alla sussistenza tra l'impresa che si avvale dei requisiti e l'impresa ausiliaria di un rapporto di controllo ai sensi dell'articolo 2359, commi 1 e 2 codice civile che deve intercorrere fra le imprese stesse o fra queste ultime ed una terza impresa che le controlla entrambe.
Tale opzione consentirebbe di superare anche le perplessità collegate alla peculiarità della materia ambientale in quanto, ad assicurare il corretto espletamento di attività delicate e caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di competenze specifiche, interverrebbe il rapporto di collegamento non occasionale di cui al citato art. 2359 c.c. fra l’impresa ausiliaria e quella avvalente.
Sempre sotto il profilo della tutela ambientale, altra ipotesi potrebbe essere quella di limitare in via eccezionale il ricorso all’avvalimento per il requisito oggetto di analisi, secondo il principio fissato dalla Corte di Giustizia europea in tema di avvalimento frazionato, nella sentenza del 10 ottobre 2013, in quegli affidamenti di complessità e delicatezza tali, da richiedere una competenza specialistica che non si possa ottenere, cumulando capacità diverse di più operatori.
Quest’ultima scelta ermeneutica realizzerebbe gli indirizzi impartiti dalla recente Direttiva 2014/23/UE che indica come strategici interventi volti, fra l’altro, a garantire maggiore flessibilità alle amministrazioni aggiudicatrici in ordine ai requisiti di partecipazione. Per tale via, dunque, non sarebbe necessario limitare in assoluto il ricorso all’avvalimento per il requisito di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali ma sarebbe rimesso al Legislatore, nelle leggi obiettivo aventi ad oggetto le grandi infrastrutture o alle singole Amministrazioni in sede di predisposizione dei bandi la facoltà di vietare in maniera motivata, l’avvalimento
L’insieme delle considerazioni svolte conduce a ritenere che il comma 1 bis dell’art. 49, introdotto dal Decreto “Sblocca Italia” rappresenti un intervento piuttosto frettoloso del legislatore che rimanda all’interprete non pochi problemi applicativi.
Dirimente alla compatibilità della disposizione con i principi europei sarà l’orientamento più o meno restrittivo che si andrà affermando, potendosi, fin d’ora prevedere una reazione dell’Europa nell’ipotesi in cui il nostro ordinamento, assimilando il requisito in questione a quelli di cui all’art. 39 del codice dei contratti, vieti in assoluto il ricorso all’avvalimento

 

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[i] T.A.R. Lazio, sez.II, sentenza n. 10080/2011
[ii] Oltre al TAR Campania, Napoli, 13 ottobre 2011, n. 4769, risultano essersi espressi in tal senso TAR Sardegna, Cagliari, 6 aprile 2010, n. 665, nonché l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture , nel proprio parere n.254/2008 e, più recentemente, nel documento di consultazione “L’avvalimento nelle procedure di gara” del 2011, pubblicato sul sito www.avcp.it
[iii] T.a.r. Campania, Napoli, sez. VIII n. 4524/2013. In senso conforme Cfr. n. 3459/2013, sez. I, n. 5371/2012 Tar Sardegna-Cagliari, sez. I, n.794/2012; Tar Campania-Napoli, sez. I, n. 5371/2012; Tar Veneto-Venezia, sez. I, n.765/2013; AVCP, parere n. 106/2012.
[iv] Cons. di Stato, Sez. V., in precedenza con la sentenza del 8.10.2011 n.5496,
[v] Cons. di Stato, Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2344; in senso conforme, 10 Gennaio 2013, n. 90
[vi] Cons. di St., Sez. V, con sent. 27.01.2014, n. 412.
[vii] Cons. di Stato, 24 luglio 2014, n. 3949.
[viii] Cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez. III- ter, 27.12.1007, n. 14081; Cons. Stato, VI, 22.04.2008, n. 1856.
[ix] Cfr. A. ROMANO, L'avvalimento come forma di cooperazione fra imprese nell'esecuzione di appalti pubblici (avvalimento e libero mercato), in Giustizia Amministrativa, 2008, p. 111.
[x] L' articolo 47, paragrafo 2, della Direttiva 2004/18, ha previsto che un operatore economico, al fine di dimostrare il possesso della capacità economica e finanziaria richiesta dall'amministrazione aggiudicatrice, possa “…per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alle amministrazioni aggiudicatrice che disporrà dei mezzi necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impiego a tal fine di questi soggetti”. Nel par. 3, dello stesso articolo, poi, la potestà è stata riconosciuta, alle stesse condizioni, anche ai raggruppamenti di operatori economici i quali possono fare affidamento “sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”.
[xi] Per un commento si veda, M. A. SANDULLI, Ulteriori profili di compatibilità comunitaria della disciplina interna sui contratti pubblici, in Foro Amministrativo, TAR, 2008, I, 91; G. FISCHIONE, L'avvalimento disciplinato dal Codice dei contratti pubblici dopo il vaglio della Commissione CE: rari nantes in gurgite vasto, in Giustizia Amministrativa, 2008.
[xii] Lettera di messa in mora, pag. 6, sub artt. 49 e 50 Codice.
[xiii] Cfr. artt. 47, par.2, e 48, par. 3, della direttiva 2004/18/CE e artt. 53, par.4 e 54, par. 5 e 6, della direttiva 2004/17/CE. Osserva la Commissione che tale disposizione: “nella misura in cui vieta il subappalto ed impone una forma giuridica determinata, sembra contraria alle disposizioni delle direttive appalti pubblici, le quali non permettono di escludere il subappalto ed autorizzano l'operatore economico ad avvalersi delle capacità di altri soggetti << a prescindere della natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi
[xiv] L’attuale formulazione della norma è, dunque, la seguente:"E' ammesso l'avvalimento di più imprese ausiliarie, fermo restando, per i lavori, il divieto di utilizzo frazionato per il concorrente dei singoli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi di cui all'articolo 40, comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio dell'attestazione in quella categoria".
[xv] Cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.06.2011 n. 3565, TAR Puglia Lecce, Sez. III, 8.4.2013 n. 794; TAR Emilia Romagna – Parma, 3.4.2013 n. 123; TAR Trento, 21.03.2012 n. 90.
[xvi] La Corte ha, inoltre, precisato come l'uso sistematico del plurale nelle disposizioni europee indichi che le stesse non vietano, in via di principio, ai candidati (o agli offerenti) di far riferimento alle capacità di più soggetti terzi, ai fini di comprovare un livello minimo di capacità. In forza di ciò, tali disposizioni non intendono, in nessun modo istituire divieti relativi alla possibilità, per un candidato, di avvalersi delle capacità di uno o più soggetti terzi, in aggiunta alle proprie capacità, al fine di soddisfare i criteri fissati da un'amministrazione aggiudicatrice.
[xvii] Cfr. sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C-305/08, punto 37 e giurisprudenza ivi citata.
[xviii] Cfr. Considerando della Direttiva n. 18/2004 .
[xix] A mente del quale “L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti, di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi. Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c), 223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20 novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n. 151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le aziende speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro naturale scadenza.

 

(pubblicato il 12.1.2015)

 

 

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