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n. 1-2015 - © copyright |
BRUNO MERCURIO
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Il divieto di avvalimento del
requisito di iscrizione all’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali:
prospettive di armonizzazione della disciplina interna ai principi
europei
1. L’art. 34, comma 1, della Legge n. 164/2014
di conversione del Decreto Legge 12 settembre 2014, n.133 (c.d.
“Sblocca Italia”), ha introdotto il comma 1bis all’articolo
49 del D.Lgs. n. 163/2006 con cui si prevede che: «Il comma 1 non
è applicabile al requisito dell’iscrizione all’Albo Nazionale dei
Gestori Ambientali di cui all’art. 212 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152.»
Con tale disposizione il legislatore
vieta espressamente il ricorso all’avvalimento previsto al comma 1
dell’art. 49 del codice dei contratti, per il requisito
dell’iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, così intervenendo su un
dibattito che, negli ultimi anni, ha impegnato giurisprudenza ed
Autorità di Vigilanza, in ordine alla qualificazione del requisito
in questione ed alla conseguente possibilità di essere messo a
disposizione di terzi per concorrere all’ affidamento di contratti
pubblici.
La novella legislativa, induce ad interrogarsi sulla
coerenza della disposizione in esame con la normativa europea, alla
luce degli orientamenti anche recenti della Corte di Giustizia in
materia e degli argomenti contenuti nella nota
2007/2309/C(2208)0108 del 30 gennaio 2008, con cui a suo tempo,
fu avviata la procedura di infrazione nei confronti dell’Italia
proprio sul parziale recepimento dell’istituto in questione da cui
sono, poi, scaturite modifiche al codice dei contratti.
2. Come è noto, prima del recente intervento
legislativo, la giurisprudenza amministrativa si era espressa in
maniera discordante circa la possibilità di ricorrere
all’avvalimento per l’iscrizione all’ Albo Gestori
Ambientali.
Secondo la tesi più restrittiva, il requisito
dell’iscrizione ad un albo specialistico, richiedendo
un’organizzazione aziendale ad hoc, non poteva essere oggetto di
trasferimento ad altro operatore.
In tale orientamento si
inserisce la giurisprudenza che, intervenendo sull’idoneità o meno
di un contratto di avvalimento a garantire la qualità delle
prestazioni collegate al requisito dell’iscrizione all’Albo Gestori
Ambientali, ha concluso per l’impossibilità di ricorrere
all’istituto in questione, indicando, a sostegno di tale posizione,
esigenze di tutela ambientale che non consentirebbero lo svolgimento
delle attività per le quali l’iscrizione è richiesta a soggetti che
non siano titolari dell’iscrizione medesima. In particolare, il
Collegio ha ritenuto che “l’iscrizione in discorso sia
assimilabile alla certificazione di qualità (da intendersi entrambe
come requisiti soggettivi, non prestabili disgiuntamente
dall’organizzazione che le ha conseguite) sulla base della
considerazione che entrambe presuppongono una specifica
organizzazione aziendale, che nel caso dell’iscrizione all’albo
nazionale dei gestori ambientali è necessaria per assicurare il
corretto espletamento di attività delicate e/o pericolose e
caratterizzate dall’impiego di attrezzature particolari e di
competenze specifiche” [i].
Anche l’Autorità di Vigilanza dei
Contratti Pubblici, che inizialmente, aveva considerato ammissibile
il ricorso all’avvalimento del requisito dell’iscrizione all’Albo in
questione (Parere n. 106 del 27 giugno 2012), successivamente ha
aderito alla tesi contraria, evidenziando che, per tale iscrizione,
si richiedono particolari capacità tecniche dell’operatore
economico. Con la deliberazione n. 28 del 19 giugno 2013, l’AVCP ha
chiarito, in particolare, che i requisiti di cui all’art. 39 del D.
Lgs. 163/2006 “inerendo alla disciplina pubblica delle attività
economiche ed essendo connotati da un alto grado di soggettività,
configurano uno status” , non possono essere oggetto di
avvalimento.
Detta posizione, che esclude in radice la
possibilità di avvalimento dell’iscrizione all’ Albo Gestori
Ambientali, considerata di natura soggettiva e, perciò assimilata ai
requisiti di idoneità professionale[ii], è stata sottoposta a
rivisitazione critica da parte di pronunce giurisprudenziali più
recenti, le quali, pur non ignorando l’orientamento assunto dalla
AVCP con la richiamata deliberazione n. 28/13, propendono per il
diverso indirizzo, considerato più rispettoso dei principi
pro-concorrenziali di matrice comunitaria, a valorizzare la portata
generale dell’istituto.
Argomento a sostegno della tesi è che
“nel senso dell’estensione dell’avvalimento anche alla prescritta
iscrizione ad un albo specialistico, quale, appunto, l’Albo
Nazionale dei Gestori Ambientali, milita in modo decisivo la
considerazione che l’art. 50, comma 4, del d.lgs. n. 163/2006
estende l’applicazione delle disposizioni dettate in tema di
avvalimento dell’attestazione SOA ai sistemi legali vigenti di
attestazione o di qualificazione nei servizi e forniture e che,
quindi, così come è consentito per l’attestazione SOA, l’avvalimento
sia analogamente consentito anche per l’iscrizione all’Albo de qu,
ossia per l’abilitazione a svolgere una determinata attività (nella
specie, in virtù del possesso dei requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi previsti dall’art.212 del d.lgs.
152/2006[iii].
Più in generale il Consiglio di Stato aveva
già affermato che “l’istituto dell’avvalimento disciplinato
dall’ordinamento italiano dall’art. 29 del d. lgs. n. 163 del 2006,
ha portata generale. Esso è finalizzato a consentire alle imprese
singole, consorziate o riunite, che intendono partecipare ad una
gara di poter soddisfare i requisiti di carattere economico,
finanziario, tecnico, organizzativo, ovvero di attestare alla
certificazione SOA, avvalendosi dei requisiti di un altro soggetto o
dell’attestazione SOA di altro soggetto ed è applicabile, ai sensi
del successivo art. 50, ai sistemi legali vigenti di attestazione o
di qualificazione nei servizi e forniture. Ne consegue, che in ogni
caso, ed a prescindere da espressa previsione del bando, alle
imprese che intendono concorrere ad una gara di appalto e sono
carenti dei requisiti, è consentito di soddisfare tali requisiti con
l’ausilio dell’avvalimento. Il carattere generale dell’istituto è
evidente, ove si consideri che le limitazioni originariamente
previste dall’art. 49 del d. lgs. 163 del 2006 sono state ritenute
in contrasto con le direttive comunitarie in materia di appalti e
sono state eliminate (era stata, infatti, avviata procedura di
infrazione ai sensi dell’art. 226 del Trattato, perché tali
limitazioni rimesse ai bandi di gara si ponevano in contrasto con le
disposizioni delle direttive comunitarie che riconoscono agli
operatori economici il diritto di avvalersi delle capacità di altri
soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei loro legami e
senza alcuna limitazione”[iv].
In definitiva, secondo
l’orientamento in esame, consideratane l’assimilabilità ai sistemi
legali di qualificazione, il requisito di iscrizione all’Albo
Gestori Ambientali è da considerarsi requisito di capacità tecnica
e, pertanto, suscettibile di essere soddisfatto attraverso il
ricorso ai requisiti di altri operatori economici, tanto più se
oggetto del contratto di avvalimento non è l’iscrizione, già
autonomamente in possesso del concorrente, ma il raggiungimento di
una categoria di qualificazione superiore.
Detto orientamento
ritiene, in ogni caso, necessaria una effettiva corrispondenza tra
la capacità dimostrata in fase di qualificazione e quella di cui si
dispone in fase dell’esecuzione da parte delle imprese che ricorrono
all’avvalimento sul presupposto che “l’avvalimento, cosi come
configurato dalla legge, deve essere reale e non formale, nel senso
che non può considerarsi sufficiente prestare la certificazione
posseduta assumendo impegni assolutamente generici, giacchè in
questo modo verrebbe meno la stessa essenza dell’istituto,
finalizzato non già ad arricchire la capacità tecnica ed economica
del concorrente, bensì a consentire a soggetti che ne siano
sprovvisti di concorrere alla gara ricorrendo ai requisiti di altri
soggetti garantendo l’affidabilità dei lavori, dei servizi e delle
forniture appaltati” [v].
Del resto, l’obbligo introdotto
dall’ art. 88 del D.P.R. n. 207/2010 – Regolamento esecutivo del
D.Lgs. 163/06 che svolge una funzione integrativa rispetto a quanto
prescritto dall’art. 49 del Codice – di indicare le risorse e i
mezzi prestati in modo determinato e specifico; esclude, in ogni
caso, nel nostro ordinamento,l’ipotesi di avvalimento generico,
sanzionato con l’esclusione dell’operatore in fase di
qualificazione,[vi] così mettendo al riparo le Amministrazioni
aggiudicatrici dal rischio di mancata corrispondenza fra dato
formale e dato sostanziale cui erano esposte in precedenza che,
pure, era stato oggetto di ampio dibattito
giurisprudenziale.
Nella medesima direzione vanno anche le
recenti pronunce in tema di ricorso all’avvalimento al fine di
soddisfare il requisito relativo al possesso della certificazione di
qualità che, pure dipendendo da fattori interni alla organizzazione
dell’impresa che la consegue, è qualificata come requisito non
soggettivo, di capacità tecnica. [vii]
Il legislatore, con la
disposizione in esame ha aderito alla tesi restrittiva, introducendo
una specifica disposizione che esclude l’avvalimento del requisito
di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali, ciò che sorprende alla
luce della prevalenza che invece, stava assumendo l’orientamento
giurisprudenziale opposto, influenzato certamente anche dai recenti
interventi della Corte di Giustizia Europea volti a censurare i
frequenti interventi limitativi dell’istituto dell’avvalimento, e
per esso della concorrenza, nell’ordinamento italiano.
In questo
senso, è sintomatico che con la legge n. 161/2014, intervento
legislativo contemporaneo a quello con cui cui è stata introdotta la
norma in commento, all’art. 21 comma 2 è stato invece modificato il
sesto comma dell’art. 49 eliminando il divieto precedentemente
previsto di ricorrere a più imprese per soddisfare il possesso di un
unico requisito (c.d. avvalimento frazionato), così adeguando la
disciplina interna secondo quanto statuito dalla Corte Giustizia
Europea, nella sentenza 10 ottobre 2013, C-94/12 di cui si dirà in
seguito.
3. Il legislatore ha recepito l’avvalimento –
com’è noto, di origine comunitaria – agli artt. 49 e 50 del codice
dei contratti pubblici del 2006, disciplinandolo, poi, più
dettagliatamente, all’art. 88 del Regolamento esecutivo del 2010.
Nella normativa italiana, l'istituto in questione fin dall’
inizio ha faticato ad assumere i caratteri di generalità che lo
connotano in ambito europeo, mantenendo il diritto interno rispetto
a quello sovranazionale, senza dubbio, un approccio più analitico e
restrittivo, riconducibile ad una diffidenza, potremmo dire
culturale, che il legislatore ha costantemente dimostrato nei
confronti degli operatori economici privi dei requisiti richiesti
per ottenere l’affidamento di un determinato contratto.
Tale
atteggiamento è stato spesso giustificato dall'esigenza di tutelare
nel nostro ordinamento, oltre che la concorrenza, anche la legalità
nella piena consapevolezza delle difficoltà di prevenire ed evitare
fenomeni di gestione illecita degli appalti pubblici.
In questo
senso, però, essendo espressamente previsto che la ditta ausiliaria
sia in possesso dei requisiti di moralità ed affidabilità richiesti
ai partecipanti alle procedure di evidenza pubblica, ed afferendo,
come visto, l’avvalimento ai soli requisiti di capacità economica e
tecnica, non sfugge che, anche una limitazione eccessiva
dell’istituto, contribuendo a restringere il campo dei concorrenti
può favorire l’illegalità soprattutto in presenza di fenomeni di
corruzione tesi a restringere la platea dei partecipanti proprio
attraverso la complice codeterminazione dei requisiti di
partecipazione.
Contrariamente,“per il diritto comunitario,
le ragioni della concorrenza e l'aspirazione degli operatori alla
massima apertura delle gare di appalto trovano tutela a tal punto da
far assurgere a principio generale quella che potrebbe apparire più
come un’ipotesi eccezionale”[viii].
La visione
europea, infatti presuppone la portata generale dell’istituto, come
si evince dalla essenzialità delle disposizioni contenute nelle
direttive e dalle pronunce della Corte di Giustizia, le quali
rivelano il radicato convincimento delle istituzioni sovranazionali
secondo cui spetterebbe alle amministrazioni aggiudicatrici
prevenire, adeguatamente, possibili abusi dell'istituto.
In
quest’ottica, l'avvalimento deve, necessariamente, essere
considerato un istituto flessibile, che gli Stati membri e le
stazioni appaltanti non possono irrigidire rispettivamente mediante
interventi legislativi ad hoc[ix] e mediante clausole
restrittive degli atti indittivi delle procedure.
Sotto altro
profilo, si è già visto come la disciplina nazionale, più di quella
europea, pone grande attenzione alla effettività del supporto della
ditta ausiliaria vincolandola, attraverso il descritto obbligo di
specificità delle risorse rese disponibili, a rendere operativo e
non di mera garanzia il rapporto sottostante al contratto di
avvalimento, in modo da assegnare allo stesso rilevanza non solo
nella fase di partecipazione alla gara quanto in quella, successiva
alla eventuale aggiudicazione dell'appalto, di esecuzione del
contratto.
Le differenti prospettive tra l'ordinamento europeo e
quello nazionale in materia hanno formato oggetto di una procedura
di infrazione ai sensi dell'articolo 226 TUE.
Con decisione
C(2008)00108, del 30 gennaio 2008, la Commissione ha, infatti,
avviato la procedura n. 2007/2309, nei confronti del nostro Paese
contestando l'incompleta trasposizione delle direttive europee[x]
nel Codice degli appalti sotto diversi profili[xi].
Per ciò che
riguarda direttamente l’avvalimento, la lettera di messa in mora ha
censurato la disciplina interna ritenendola restrittiva delle
prescrizioni sovranazionali sul presupposto che “nessuna
limitazione è prevista, e dunque consentita, da dette direttive, la
sola condizione essendo quella di permettere all'amministrazione
aggiudicatrice di verificare che il candidato/offerente disporrà
delle capacità richieste per l'esecuzione dell'appalto”[xii].
La Commissione ha, preliminarmente, valutato negativamente i
commi 6 e 7 dell'articolo 49, mediante i quali il legislatore
italiano, consentiva alle Amministrazioni committenti di introdurre
nei bandi di gara limitazioni al ricorso all'avvalimento. Altrove,
le direttive che consentono il ricorso all'avvalimento, vengono
richiamate come parametro di riferimento per contestare la
legittimità dell'artt. 37, comma 11, Cod., concernente le
prestazioni che i raggruppamenti temporanei di imprese possono
affidare in subappalto[xiii].
Tali argomentazioni sono
apparse estremamente significative, per la portata che la
Commissione attribuiva all’istituto de quo rispetto a quella
riconosciuta ad esso nel nostro ordinamento che, infatti, ha reagito
recependo solo in parte i rilievi della Commissione.
In
particolare, sono stati modificati nella forma indicata dalla
lettera di messa in mora: a) l'articolo 45 che nella nuova
formulazione riconosce l'avvalimento nell'ambito degli elenchi dei
fornitori o prestatori di servizi; b) l'art. 49 (sebbene
parzialmente) dal quale viene espunto il comma 7 e modificato il
comma 6, consentendo il ricorso a più ausiliari per ciascun
requisito esclusivamente negli affidamenti di servizi e forniture.;
c) l'articolo 230, che richiama l'avvalimento c.d. permanente nei
settori speciali a prescindere da legami infra-gruppo.
Di
recente, con la Legge del 30 ottobre 2014, n. 161, recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti
dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea - Legge europea
2013-bis”, il legislatore è stato obbligato a modificare
nuovamente l’art. 49, comma 6, del D.Lgs. 163/2006, elidendo anche
il divieto di avvalimento frazionato nei lavori pubblici che oggi
sopravvive per i soli requisiti economico-finanziari e
tecnico-organizzativi che hanno consentito il rilascio
dell'attestazione SOA per la categoria oggetto di prestito[xiv].
Anche tale intervento, tutt’altro che spontaneo, è conseguito
alla necessità di adeguare la disciplina interna alle statuizioni
rese della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza
del 10 ottobre 2013, a definizione della causa C-94/12.
Con tale
pronuncia, il Giudice Europeo, sul presupposto che le disposizioni
della direttiva 2004/18/CE non precludono la possibilità di fare
riferimento alle capacità di più soggetti terzi per soddisfare i
requisiti di qualificazione richiesti dalla stazione appaltante, ha
demolito l’ulteriore baluardo erto dall’Italia, considerando del
tutto legittimo che le capacità di più soggetti, terzi ausiliari, si
cumulino alle capacità del concorrente, al fine di soddisfare il
livello minimo di qualificazione prescritto dalla legge di gara,
così ponendo fine all’annoso dibattito giurisprudenziale sul tema
[xv].
Secondo la citata sentenza “gli art. 47, par. 2, e 48,
par. 3, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di
forniture e di servizi, letti in combinato disposto con l'art. 44,
par. 2, della medesima direttiva, devono essere interpretati nel
senso che ostano ad una disposizione nazionale come quella in
discussione nel procedimento principale, la quale vieta, in via
generale, agli operatori economici che partecipano ad una procedura
di aggiudicazione di un appalto pubblico di lavori di avvalersi, per
una stessa categoria di qualificazione, delle capacità di più
imprese”.
Anche in questo caso, la possibilità di fare
affidamento, ai fini dell’aggiudicazione della stessa procedura,
sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura dei
suoi legami con questi ultimi, viene condizionata alla dimostrazione
di poter effettivamente disporre dei mezzi necessari a dare corretta
esecuzione dell’appalto.[xvi]
Tutto ciò, come ribadito in altre
pronunce, sarebbe, dunque, conforme all'obiettivo del legislatore
comunitario della massima apertura degli appalti pubblici alla
concorrenza, a vantaggio, non soltanto degli operatori economici
(soprattutto piccole e medie imprese, come indicato dalla direttiva
2004/18/CE, ma anche delle amministrazioni aggiudicatrici[xvii] cui
viene garantita una più ampia platea di offerenti e, quindi, di
opportunità[xviii].
La stessa Corte ha, tuttavia, posto
un’eccezione a tale ampia visione dell’avvalimento. Ed infatti, i
Giudici Europei hanno stabilito che non si può, almeno in linea
teorica, escludere l'esistenza di lavori che presentino peculiarità
tali da richiedere una determinata capacità che non si possa
ottenere, cumulando capacità diverse (e singolarmente insufficienti)
di più operatori.
Dinanzi a tali eventualità, l’amministrazione
potrebbe legittimamente esigere che il livello minimo della capacità
in questione sia raggiunto da un solo partecipante oppure, facendo
riferimento ad un numero limitato di operatori economici, ai sensi
dell'art. 44, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva n.
18/2004, ai sensi del quale, siffatta esigenza dovrebbe connettersi
e proporzionarsi all'oggetto dell'appalto interessato. La Corte ha,
altresì, chiarito che simili ipotesi devono necessariamente essere
lette come situazioni di carattere eccezionale, poiché la Direttiva
n. 18/2004, osta a che la summenzionata esigenza assurga a regola
generale nella disciplina nazionale.
Il quadro fin qui descritto,
chiarisce la perdurante difficoltà del nostro ordinamento nel
recepimento dell’avvalimento che sta evolvendo solo attraverso i
periodici interventi degli Organi politici e giurisdizionali
dell’Unione volti ad armonizzare la disciplina interna a quella
europea.
In tale ambito l’Unione Europea ha, di recente, adottato
tre nuove direttive su appalti e concessioni (direttiva 2014/23/UE,
24/UE, 25/UE) che introducono norme comuni per le concessioni di
servizi, non disciplinati dalla precedente normativa sugli appalti
pubblici ordinari e speciali (direttive 2004/18/CE e 2004/17/CE
).
Le citate direttive ribadiscono il fine di facilitare
la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti
pubblici attraverso misure di semplificazione ed armonizzazione
delle procedure di affidamento che accrescano la certezza giuridica,
evitando il c.d. fenomeno del gold plating determinato dalla
disorganica sovrapposizione di livelli differenti di disciplina
interna non armonizzati con i principi dell’Unione che ciascun
legislatore interno è tenuto ad adottare entro l’aprile 2016.
In
tal senso, la recente introduzione del comma 1 bis all’ art. 49 con
cui si è vietato il ricorso all’ avvalimento per l’iscrizione
all’Albo gestori ambientali, nella misura in cui pone una ulteriore
e diversa limitazione all’istituto, non pare in linea con gli
indirizzi dell’Unione ed è, quindi, opportuno, svolgere alcune brevi
considerazioni sulla armonizzazione della disposizione ai principi
europei.
4. Una prima considerazione va riservata alla
qualificazione del requisito dell’iscrizione all’Albo dei Gestori
Ambientali alla luce della novella legislativa, potendo essere
legittimamente limitato il ricorso all’avvalimento, come visto, per
i soli requisiti soggettivi di natura personalissima, ossia di
ordine generale e di idoneità professionale, previsti,
rispettivamente, all’art.38 e 39 del D.lgs. 163/06 e per i requisiti
di capacità tecnica, nelle sole ipotesi, ammesse come eccezionali
dalla giurisprudenza, europea, in cui una determinata qualifica non
si possa ottenere, cumulando capacità diverse.
La questione non è
secondaria, atteso che, se si propende per l’assimilazione del
requisito in questione a quelli di idoneità professionale, la
portata limitativa del divieto di avvalimento, introdotto dall’art.
1 bis dell’art. 49 del codice dei contratti, sarebbe assorbente,
arrivando ad escludere la possibilità di ricorrere all’istituto, non
solo nel caso della carenza dell’iscrizione all’Albo in questione ma
in assoluto, quindi anche quando un operatore economico, pur in
possesso dell’iscrizione, non raggiunga la categoria di
qualificazione richiesta per la partecipazione alla procedura di
affidamento.
Una tale interpretazione determinerebbe una forte
limitazione della concorrenza, in considerazione della frequenza con
cui l’iscrizione all’ Albo di cui si tratta è richiesta nelle
procedure di affidamento di contratti sia di lavori che di servizi
nel nostro Paese rispetto alla quale gli Organi europei potrebbero
essere sollecitati ad intervenire per riconciliare la disciplina
interna a quella sovranazionale.
Gli argomenti sfavorevoli ad una
interpretazione così radicale non mancherebbero, coincidendo con
quelli espressi dall’orientamento giurisprudenziale che propendeva
per l’ammissibilità dell’avvalimento dell’iscrizione all’ Albo
Gestori Ambientali prima della novella in commento.
In
particolare, considerata la possibilità riconosciuta dal medesimo
articolo 49, di ricorrere all’avvalimento per l’attestazione della
certificazione SOA che per funzione e caratteristiche non è
differente dall’Albo Gestori Ambientali, essendo preposta, come il
primo, alla qualificazione progressiva degli operatori a mano a mano
che questi ultimi accrescono le proprie capacità tecniche ed
economiche, attraverso un sistema di certificazione suddiviso in
categorie, che consente di classificare le imprese sulla base di
criteri di specializzazione crescenti, a seconda del complesso delle
risorse aziendali (umane, tecniche, economiche, di know how)
sottoposte a verifica, appare difficile giustificare una disparità
di trattamento fra i due istituti che arrivi ad escludere del tutto
l’avvalimento.
Ed invero, ciò che distingue l’Albo Gestori dal
sistema di qualificazione SOA è la natura abilitante propria
dell’albo specialistico, che costituisce presupposto per l’esercizio
di determinate attività e richiede il possesso dei requisiti
economico-finanziari e tecnico-organizzativi minimi previsti
dall'art. 212 del d.lgs. n.152/2006.[xix]
Il successivo
conseguimento delle classi superiori nell’ambito delle diverse
categorie dipende, invece, esclusivamente da fattori di capacità
tecnica ed economica dell’impresa essendo collegate alla popolazione
servita (classi da A ad F della Categoria 1), alla quantità di
rifiuti trattatati (Classi da A ad F delle Categorie da 4 a 8) ed al
volume di affari (Classi da A ad E delle Categorie 9 e 10).
Del
resto, lo stesso art. 79 del DPR 207/2010 definisce “requisiti di
ordine speciale” l’insieme delle capacità tecniche ed economico
finanziarie occorrenti ad accedere alle diverse categorie di
qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici.
Ne discende
che una lettura orientata ad armonizzare il citato comma 1 bis
dell’art. 49 del D.Lgs. 163/06 con i principi europei potrebbe
essere quella strettamente letterale che esclude il ricorso
all’avvalimento della sola iscrizione all’Albo Gestori Ambientali
consentendolo, invece, fra operatori in possesso dell’iscrizione, e
quindi del requisito abilitante ai fini dell’esercizio dell’attività
, per il raggiungimento di classi superiori nell’ambito delle
categorie di iscrizione.
Tale lettura sarebbe, peraltro,
compatibile con l’orientamento recente già richiamato che ammette
l’avvalimento anche della certificazione di qualità che, come gli
altri sistemi legali di attestazione, pure dipende da fattori
interni alla organizzazione dell’impresa.
Una lettura intermedia,
più restrittiva, ma comunque non escludente, potrebbe consistere
nell’estensione all’avvalimento dell’Albo Gestori Ambientali della
specifica disciplina prevista per l’attestazione SOA dal combinato
disposto dell’art. 50 comma 1 lett. a) del codice e dell’ art. 88
comma 4 del DPR 207/2010 che subordinano la possibilità di ricorrere
all’istituto alla sussistenza tra l'impresa che si avvale dei
requisiti e l'impresa ausiliaria di un rapporto di controllo ai
sensi dell'articolo 2359, commi 1 e 2 codice civile che deve
intercorrere fra le imprese stesse o fra queste ultime ed una terza
impresa che le controlla entrambe.
Tale opzione consentirebbe di
superare anche le perplessità collegate alla peculiarità della
materia ambientale in quanto, ad assicurare il corretto espletamento
di attività delicate e caratterizzate dall’impiego di attrezzature
particolari e di competenze specifiche, interverrebbe il rapporto di
collegamento non occasionale di cui al citato art. 2359 c.c. fra
l’impresa ausiliaria e quella avvalente.
Sempre sotto il profilo
della tutela ambientale, altra ipotesi potrebbe essere quella di
limitare in via eccezionale il ricorso all’avvalimento per il
requisito oggetto di analisi, secondo il principio fissato dalla
Corte di Giustizia europea in tema di avvalimento frazionato, nella
sentenza del 10 ottobre 2013, in quegli affidamenti di complessità e
delicatezza tali, da richiedere una competenza specialistica che non
si possa ottenere, cumulando capacità diverse di più
operatori.
Quest’ultima scelta ermeneutica realizzerebbe gli
indirizzi impartiti dalla recente Direttiva 2014/23/UE che indica
come strategici interventi volti, fra l’altro, a garantire maggiore
flessibilità alle amministrazioni aggiudicatrici in ordine ai
requisiti di partecipazione. Per tale via, dunque, non sarebbe
necessario limitare in assoluto il ricorso all’avvalimento per il
requisito di iscrizione all’Albo Gestori Ambientali ma sarebbe
rimesso al Legislatore, nelle leggi obiettivo aventi ad oggetto le
grandi infrastrutture o alle singole Amministrazioni in sede di
predisposizione dei bandi la facoltà di vietare in maniera motivata,
l’avvalimento
L’insieme delle considerazioni svolte conduce a
ritenere che il comma 1 bis dell’art. 49, introdotto dal Decreto
“Sblocca Italia” rappresenti un intervento piuttosto frettoloso del
legislatore che rimanda all’interprete non pochi problemi
applicativi.
Dirimente alla compatibilità della disposizione con
i principi europei sarà l’orientamento più o meno restrittivo che si
andrà affermando, potendosi, fin d’ora prevedere una reazione
dell’Europa nell’ipotesi in cui il nostro ordinamento, assimilando
il requisito in questione a quelli di cui all’art. 39 del codice dei
contratti, vieti in assoluto il ricorso all’avvalimento
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[i] T.A.R. Lazio, sez.II, sentenza n. 10080/2011
[ii] Oltre al TAR Campania, Napoli, 13 ottobre 2011, n. 4769,
risultano essersi espressi in tal senso TAR Sardegna, Cagliari, 6
aprile 2010, n. 665, nonché l’Autorità per la vigilanza sui
contratti pubblici di lavori, servizi e forniture , nel proprio
parere n.254/2008 e, più recentemente, nel documento di
consultazione “L’avvalimento nelle procedure di gara” del 2011,
pubblicato sul sito www.avcp.it
[iii] T.a.r. Campania, Napoli,
sez. VIII n. 4524/2013. In senso conforme Cfr. n. 3459/2013, sez. I,
n. 5371/2012 Tar Sardegna-Cagliari, sez. I, n.794/2012; Tar
Campania-Napoli, sez. I, n. 5371/2012; Tar Veneto-Venezia, sez. I,
n.765/2013; AVCP, parere n. 106/2012.
[iv] Cons. di Stato, Sez.
V., in precedenza con la sentenza del 8.10.2011 n.5496,
[v]
Cons. di Stato, Sez. III, 18 aprile 2011, n. 2344; in senso
conforme, 10 Gennaio 2013, n. 90
[vi] Cons. di St., Sez. V, con
sent. 27.01.2014, n. 412.
[vii] Cons. di Stato, 24 luglio 2014,
n. 3949.
[viii] Cfr., ex multis, TAR Lazio, Roma, sez.
III- ter, 27.12.1007, n. 14081; Cons. Stato, VI, 22.04.2008,
n. 1856.
[ix] Cfr. A. ROMANO, L'avvalimento come forma di
cooperazione fra imprese nell'esecuzione di appalti pubblici (avvalimento e libero mercato), in Giustizia Amministrativa, 2008,
p. 111.
[x] L' articolo 47, paragrafo 2, della Direttiva
2004/18, ha previsto che un operatore economico, al fine di
dimostrare il possesso della capacità economica e finanziaria
richiesta dall'amministrazione aggiudicatrice, possa “…per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri
soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi
legami con questi ultimi. In tal caso deve dimostrare alle
amministrazioni aggiudicatrice che disporrà dei mezzi
necessari, ad esempio mediante presentazione dell'impiego a tal
fine di questi soggetti”. Nel par. 3, dello stesso
articolo, poi, la potestà è stata riconosciuta, alle stesse
condizioni, anche ai raggruppamenti di operatori economici i quali
possono fare affidamento “sulle capacità dei partecipanti al raggruppamento o di altri soggetti”.
[xi] Per un
commento si veda, M. A. SANDULLI, Ulteriori profili di
compatibilità comunitaria della disciplina interna sui contratti
pubblici, in Foro Amministrativo, TAR, 2008, I, 91; G.
FISCHIONE, L'avvalimento disciplinato dal Codice dei contratti
pubblici dopo il vaglio della Commissione CE: rari nantes in gurgite
vasto, in Giustizia Amministrativa, 2008.
[xii] Lettera di
messa in mora, pag. 6, sub artt. 49 e 50 Codice.
[xiii] Cfr.
artt. 47, par.2, e 48, par. 3, della direttiva 2004/18/CE e artt.
53, par.4 e 54, par. 5 e 6, della direttiva 2004/17/CE. Osserva la
Commissione che tale disposizione: “nella misura in cui vieta il
subappalto ed impone una forma giuridica determinata, sembra
contraria alle disposizioni delle direttive appalti pubblici, le
quali non permettono di escludere il subappalto ed autorizzano
l'operatore economico ad avvalersi delle capacità di altri soggetti
<< a prescindere della natura giuridica dei suoi legami con
questi ultimi”
[xiv] L’attuale formulazione della norma è,
dunque, la seguente:"E' ammesso l'avvalimento di più imprese
ausiliarie, fermo restando, per i lavori, il divieto di utilizzo
frazionato per il concorrente dei singoli requisiti
economico-finanziari e tecnico-organizzativi di cui all'articolo 40,
comma 3, lettera b), che hanno consentito il rilascio
dell'attestazione in quella categoria".
[xv] Cfr., ex
multis, Consiglio di Stato, Sez. VI, 13.06.2011 n. 3565, TAR
Puglia Lecce, Sez. III, 8.4.2013 n. 794; TAR Emilia Romagna – Parma,
3.4.2013 n. 123; TAR Trento, 21.03.2012 n. 90.
[xvi] La Corte
ha, inoltre, precisato come l'uso sistematico del plurale nelle
disposizioni europee indichi che le stesse non vietano, in via di
principio, ai candidati (o agli offerenti) di far riferimento alle
capacità di più soggetti terzi, ai fini di comprovare un livello
minimo di capacità. In forza di ciò, tali disposizioni non
intendono, in nessun modo istituire divieti relativi alla
possibilità, per un candidato, di avvalersi delle capacità di uno o
più soggetti terzi, in aggiunta alle proprie capacità, al fine di
soddisfare i criteri fissati da un'amministrazione aggiudicatrice.
[xvii] Cfr. sentenza del 23 dicembre 2009, CoNISMa, C-305/08,
punto 37 e giurisprudenza ivi citata.
[xviii] Cfr. Considerando
della Direttiva n. 18/2004 .
[xix] A mente del quale
“L'iscrizione all'Albo è requisito per lo svolgimento delle
attività di raccolta e trasporto di rifiuti, di bonifica dei siti,
di bonifica dei beni contenenti amianto, di commercio ed
intermediazione dei rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi.
Sono esonerati dall'obbligo di cui al presente comma le
organizzazioni di cui agli articoli 221, comma 3, lettere a) e c),
223, 224, 228, 233, 234, 235 e 236, al decreto legislativo 20
novembre 2008, n. 188, e al decreto legislativo 25 luglio 2005, n.
151, limitatamente all'attività di intermediazione e commercio senza
detenzione di rifiuti oggetto previste nei citati articoli. Per le
aziende speciali, i consorzi di comuni e le società di gestione dei
servizi pubblici di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, l'iscrizione all'Albo è effettuata con apposita comunicazione
del comune o del consorzio di comuni alla sezione regionale
territorialmente competente ed è valida per i servizi di gestione
dei rifiuti urbani prodotti nei medesimi comuni. Le iscrizioni di
cui al presente comma, già effettuate alla data di entrata in vigore
della presente disposizione, rimangono efficaci fino alla loro
naturale scadenza.
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(pubblicato il
12.1.2015)
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