REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 37 del
2013, proposto da: Comunione d'Intenti Masconi e Condominio Arcipelago di
Gallura, rappresentati e difesi dagli avv.ti Giovanni Magnano di San Lio e
Marcello Magnano di San Lio, ed elettivamente domiciliati presso lo studio
dell’avv. Valeria Frau in Cagliari, via Balilla n. 128;
contro
Comune di Tempio Pausania, rappresentato e difeso
dall'avv. Giuseppina Demuro, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Rosanna Patta in Cagliari, via Sonnino n. 84;
nei confronti di
Samantha Brighetti e Fabrizio Bianchi, rappresentati
e difesi dagli avv.ti prof. Rolando Pini, Carla Villani Mei e prof. Andrea
Pubusa, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in
Cagliari, via Tuveri n. 84; Vittorio Bulciolu, non costituito in
giudizio;
per l'annullamento
della determinazione 19/10/2012 n. 981 con la quale
il Responsabile del Servizio Edilizia Privata, Cartografico e Ambiente,
del Comune di Tempio Pausania ha approvato la proposta di annullamento
parziale della C.E. 36/2011 per posa tubazione condotta idrica,
allargamento e manutenzione straordinaria strada di collegamento al
complesso residenziale Serra Abillina, frazione di San Pasquale,
relativamente al mappale 197 del Foglio 18;
della suddetta proposta di
annullamento.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli
atti di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata e dei
controinteressati Brighetti e Bianchi.
Viste le memorie
difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Nominato relatore per
l'udienza pubblica del giorno 12 novembre 2014 il Consigliere Alessandro
Maggio e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
Con istanza in data 12/2/2009, gli amministratori
della Comunione d’Intenti Masconi e del Condomino Arcipelago di Gallura
hanno chiesto al Comune di Tempio Pausania il rilascio di una concessione
edilizia per un intervento, concernente la posa di una tubazione per
condotta idrica e l’allargamento e manutenzione straordinaria di una
strada, da realizzare, in parte, su un’area distinta in catasto al foglio
18, mappale 197, sulla quale gravava una servitù di passaggio a favore dei
fondi su cui sono localizzati i fabbricati facenti parte di Comunione e
Condominio richiedenti.
L’istanza era sottoscritta anche dal sig.
Vittorio Bulciolu, all’epoca proprietario del detto mappale.
In
accoglimento dell’istanza il Comune ha rilasciato la Concessione edilizia
27/4/2011 n. 36.
Nelle more, dietro sollecito da parte dei sig.ri
Samantha Brighetti e Fabrizio Bianchi, nel frattempo divenuti proprietari
del mappale di cui sopra, il Responsabile del Settore Edilizia Privata
Cartografico e Ambiente del menzionato Comune, rilevato che il sig.
Bulciolu, in relazione al detto mappale, non aveva titolo per richiedere
la concessione edilizia, risultando l’area già da tempo pignorata, ha
emesso la nota 14/11/2011 n. 22074, con cui ha comunicato allo stesso sig.
Bulciolu e agli amministratori della Comunione d’Intenti Masconi e del
Condomino Arcipelago di Gallura l’avvio del procedimento di parziale
annullamento in autotutela della rilasciata concessione edilizia.
Acquisite le osservazioni pervenute, il medesimo organo ha adottato la
determinazione 19/10/2012 n. 981, con la quale, a opere già ultimate,
ha disposto l’annullamento della concessione edilizia n. 36/2011, nella
parte relativa al citato mappale 197.
Ritenendo il provvedimento di
autotutela illegittimo, la Comunione d’Intenti Masconi e il Condomino
Arcipelago di Gallura, lo hanno impugnato chiedendone l’annullamento per
vizi di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si sono costituiti in
giudizio sia l’amministrazione intimata che i controinteressati Brighetti
e Bianchi, che, con separate memorie, si sono opposti all’accoglimento del
ricorso.
Alla pubblica udienza del 12/11/2014 la causa, su richiesta
delle parti, è stata posta in decisione.
Vanno, prioritariamente,
esaminate le eccezioni di rito prospettate dal Comune resistente e dai
controinteressati.
Deduce il primo, che essendo mutato, dopo la
proposizione del ricorso, l’amministratore della Comunione d’Intenti
Masconi, il nuovo si sarebbe dovuto costituire per proseguire il giudizio,
per cui, non avendolo fatto, dovrebbe essere dichiarata l’interruzione del
processo.
L’eccezione è infondata.
Ed invero, il mutamento della
persona dell'amministratore, in corso di causa, non ha incidenza sul
rapporto processuale che, in ogni caso, sia dal lato attivo che da quello
passivo, resta riferito alla Comunione, la quale opera, nell'interesse
(comune) dei partecipanti, attraverso il soggetto che istituzionalmente
spiega la rappresentanza unitaria, senza bisogno del conferimento dei
poteri rappresentativi in ogni grado e fase del giudizio (cfr. Cass. Civ.,
Sez. III, 16/10/2008 n. 25251; Sez. II, 10/2/1987, n. 1416).
I
controinteressati, dal canto loro, rilevano che al momento della
proposizione del ricorso le assemblee di Comunione e Condominio ricorrenti
non avevano autorizzato i rispettivi amministratori ad agire in giudizio,
avendone, solo ex post, ratificato l’operato, peraltro non all’unanimità.
Nemmeno questa eccezione coglie nel segno.
Al riguardo è
sufficiente rilevare che la menzionata ratifica ex post dell’attività
posta in essere dai due amministratori, da parte delle assemblee della
Comunione d'Intenti Masconi e del Condominio Arcipelago di Gallura, è
sufficiente a sanare il difetto di autorizzazione preventiva. Né alcuna
norma o principio richiedeva che la decisione fosse presa all’unanimità
(cfr. art. 1108 cod. civ.).
Il ricorso può, dunque, esser esaminato nel
merito.
Col primo motivo le parti ricorrenti, deducono che,
indipendentemente dalla posizione del sig. Bulciolu, le medesime erano,
comunque, legittimate in proprio a richiedere la concessione edilizia. E
ciò in virtù di una preesistente servitù di passaggio a favore del fondo
di loro pertinenza, gravante sul mappale 197, che le abilitava, sia a
domandare l’assenso per i lavori di allargamento e manutenzione della
strada su cui si esercitava la servitù, sia a chiedere quello per la posa
in opera, sullo stesso percorso della detta strada, della tubazione
occorrente per la realizzazione della condotta idrica.
Nel descritto
contesto, pertanto, la posizione del sig. Bulciolu, ed il suo eventuale
difetto di legittimazione a richiedere il titolo edilizio, era del tutto
inidonea ad influire sulla legittimità della rilasciata concessione
edilizia.
Occorre puntualizzare che sulla base della censura come più
sopra sinteticamente riassunta, oggetto dello scrutinio richiesto, la
questione non è se il debitore esecutato abbia titolo per richiedere la
concessione edilizia, ma se questa possa essere chiesta dal titolare del
diritto di servitù.
Così circoscritto il thema decidendum, la doglianza
risulta fondata nei limiti sotto specificati.
Dispone l’art. 11, comma
1, del D.P.R. 6/6/2001 n. 380: “Il permesso di costruire è rilasciato al
proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.
In
base a tale norma la giurisprudenza ha ritenuto che titolato ad ottenere
il permesso di costruire sia non solo il proprietario del bene, ma anche
il titolare di diritti reali o personali che abbia, per effetto di questi,
la facoltà di eseguire i lavori (cfr., fra le tante, Cons. Stato, Sez. V,
2/2/2012 n. 568 e 28/5/2001 n. 2881; T.A.R. Campania – Salerno, Sez. II,
8/7/2013 n. 1500; con particolare riguardo all’idoneità della servitù di
passaggio a legittimare il titolare a richiedere la concessione edilizia
cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 16/3/2012 n. 1513 e 8/6/2011 n. 3508).
Nel
caso di specie, la servitù di passaggio a favore del fondo di pertinenza
delle parti ricorrenti, abilitava queste ultime ad ottenere il permesso di
costruire, in coerenza col contenuto del diritto, limitatamente ai lavori
concernenti la strada, ma non con riguardo a quelli inerenti la posa in
opera della condotta idrica, ancorchè da realizzare sullo stesso tracciato
stradale oggetto della servitù di passaggio.
Infatti, relativamente a
tale ultimo intervento (per il quale sarebbe occorsa una servitù di
acquedotto) le parti istanti erano prive di qualunque titolo che le
abilitasse a conseguire il permesso di costruire.
Conseguentemente
l’avversato provvedimento di autotutela risulta illegittimo nella parte in
cui travolge, quanto al mappale 197, l’intera concessione edilizia,
anzicchè limitarsi ad annullarla con riguardo ai soli lavori di posa della
tubazione.
Col secondo motivo le parti ricorrenti deducono
l’illegittimità del disposto annullamento parziale in conseguenza
dell’omessa motivazione in ordine all’interesse pubblico al ritiro e alla
sua prevalenza su quello privato al mantenimento dell’atto.
La censura
e fondata.
Dispone l’art. 21 – nonies, comma 1, della L. 7/8/1990 n.
241: “Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo
21-octies, esclusi i casi di cui al medesimo articolo 21-octies, comma 2,
può essere annullato d'ufficio, sussistendone le ragioni di interesse
pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei
destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero
da altro organo previsto dalla legge …”.
Dalla trascritta norma si
ricava che il legittimo esercizio del potere di autotutela è, tra l’altro,
subordinato ad una congrua motivazione dell’interesse pubblico e ad una
ponderazione comparativa di questo, con il contrario interesse del
destinatario dell'atto (cfr, da ultimo, proprio in materia di annullamento
della concessione edilizia, Cons. Stato, Sez. IV, 14/5/2014 n.
2468).
Vero è che un orientamento giurisprudenziale, seguito anche da
questa Sezione, afferma che l'annullamento d'ufficio di una concessione
edilizia (ora permesso di costruire) non necessiti di un'espressa e
specifica motivazione sul pubblico interesse al ritiro, configurandosi
questo nell'interesse della collettività al rispetto della disciplina
urbanistica (da ultimo, T.A.R. Sardegna, Sez. II, 16/10/2013 n. 651; Cons.
Stato, Sez. IV, 30/7/2012 n. 4300 e Sez. V, 3/6/2013 n.
3037).
Tuttavia, deve ritenersi che il principio di diritto espresso
nel menzionato orientamento, riguardi le ipotesi in cui il titolo edilizio
emesso, contrasti con la normativa urbanistica sotto il profilo oggettivo,
nel senso che consenta la realizzazione di un intervento, da questa,
invece, vietato.
Viceversa, quando, come nella fattispecie, non è in
contestazione la realizzabilità dell’opera in sé, ma la legittimazione di
colui che ha richiesto il titolo abilitativo ad ottenerlo, l’interesse
pubblico all’esercizio del potere di autotutela, assume una consistenza
meno pregnante, per cui va espressamente valutato e comparativamente
ponderato con l’interesse del privato destinatario dell’atto al suo
mantenimento in vita.
Poiché nel caso che occupa tale valutazione
comparativa è del tutto mancata, l’atto di ritiro risulta inficiato dal
vizio dedotto con la censura in esame.
Peraltro, giova rilevare che la
suddetta motivazione era, nella specie, tanto più necessaria, poiché,
quando la concessione edilizia è stata rimossa, i lavori con la stessa
autorizzati erano già stati ultimati.
Il terzo motivo di gravame - con
cui le parti ricorrenti deducono che l’impugnato atto sarebbe nullo perché
privo di specificazioni in ordine alla portata del disposto annullamento
d’ufficio, non risultando chiaro se, pur con riferimento ai lavori da
eseguirsi sul mappale 197, si riferisca solo a quelli inerenti la posa
della tubazione o anche a quelli concernenti le opere stradali - resta
assorbito dalle considerazioni svolte in sede di esame del primo motivo.
Il ricorso va, dunque, accolto.
Spese ed onorari di giudizio
seguono la soccombenza e sono liquidati come in dispositivo, nei confronti
del resistente Comune, mentre possono essere compensati nei riguardi dei
controinteressati.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso in
epigrafe lo accoglie e per l’effetto annulla l’impugnato provvedimento di
autotutela.
Condanna l’intimata amministrazione al pagamento delle
spese processuali in favore della parte ricorrente, liquidandole
forfettariamente in complessivi € 2.500/00 (duemilacinquecento), oltre
accessori nella misura di legge.
Compensa le suddette spese nei
confronti dei controinteressati.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari
nella camera di consiglio del giorno 12 novembre 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Alessandro Maggio,
Consigliere, Estensore
Antonio Plaisant, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/11/2014