Giustizia Amministrativa - on line
 
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n. 12-2014 - © copyright

T.A.R. SARDEGNA - SEZIONE II - Sentenza 26 novembre 2014 n. 1017
Pres. F. Scano; Est. A. Plaisant
C. M. E. (avv.ti M. Massa e M. Vignolo) c/ - ERSAT - Ente regionale di sviluppo e assistenza tecnica in agricoltura – (avv. O. Marras); - LAORE Sardegna - Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura – (avv.ti M. Mura e prof. E. Mastinu);- Direttore Generale ERSAT Sardegna di Cagliari, (n.c.); - Commissione del concorso interno a 13 Posti di Dirigente dell’ERSAT, (n.c.) e nei confronti di - dott. G. A., ing. A. L., dott.ssa G. C., dott.ssa M. R. M. e dott.ssa L. S. (avv. S. Montis); - altri (OMISSIS); e con l'intervento di - ARGEA Sardegna - Agenzia regionale per la gestione ed erogazione degli aiuti in agricoltura – (avv.ti F. Cuccuru e O. Marras)


1. Giustizia amministrativa – Ricorso giurisdizionale – Errore scusabile – Revirement giurisprudenziale – Sussiste - Fattispecie

 

2. Concorsi – Prove – Quesiti – Opinabilità – Automatica illegittimità – Non sussiste – Ragioni

 

 

1. Il mutamento giurisprudenziale intervenuto tra la sentenza delle Sezioni Unite n. 15638/2001 (che aveva attribuito la cognizione delle controversie sui concorsi interni al giudice ordinario) e la sentenza delle Sezioni Unite n. 15403/2003 (che l'ha trasferita al giudice amministrativo) configura una situazione di oggettiva “incertezza giurisprudenziale” che giustifica la rimessione in termini per errore scusabile ex art. 37 c.p.a.

 

2. Nella procedure concorsuali, l’opinabilità di un quesito e delle relative risposte, derivante dalla “non oggettività” del ramo scientifico di riferimento o dalla stessa formulazione testuale, non ne inficia automaticamente la legittimità; un tanto, da un lato, perché il legislatore non può dettare con forza vincolante concetti di valore scientifico (di talché, laddove un quesito implichi una questione concettuale opinabile la Commissione potrà legittimamente scegliere, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, l'impostazione più aderente alla propria visione culturale), dall’altro, perché, in presenza di quesiti piuttosto generici e/o non perfettamente formulati e/o di più risposte che potrebbero astrattamente considerarsi esatte a seconda della diversa impostazione scientifica prescelta, è onere dei candidati di sforzarsi di individuare la migliore delle opzioni proposte, scartando quelle che appiano meno “centrate” e/o meno correttamente esposte anche sotto il profilo linguistico e/o meno precise

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 209 del 2004, proposto da: C. M. E., rappresentata e difesa dagli avv.ti Massimo Massa e Marcello Vignolo, con domicilio eletto presso il loro studio, in Cagliari, piazza del Carmine n. 22;

 

contro



- ERSAT - Ente regionale di sviluppo e assistenza tecnica in agricoltura - rappresento e difeso dall’avv. Ovidio Marras, con domicilio eletto presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n. 37; - LAORE Sardegna - Agenzia regionale per lo sviluppo in agricoltura - rappresentata e difesa dall’avv. Matilde Mura e dal’avv. prof. Enrico Mastinu, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Cagliari, via Mameli n. 133; - Direttore Generale ERSAT Sardegna di Cagliari, non costituito in giudizio; - Commissione del concorso interno a 13 Posti di Dirigente dell’ERSAT, non costituita in giudizio.

 

nei confronti di



- dott. G. A., ing. A. L., dott.ssa G. C., dott.ssa M. R. M. e dott.ssa L. S., rappresentato e difeso dall'avv. Sandrina Montis, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Sardegna, in Cagliari, via Sassari n.17; - e altri (OMISSIS) ;

 

e con l'intervento di



- ARGEA Sardegna - Agenzia regionale per la gestione ed erogazione degli aiuti in agricoltura - rappresentata e difesa dagli avv.ti Fabio Cuccuru e Ovidio Marras, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Cagliari, via Sonnino n.37

 

per l'annullamento



In via principale:
- del provvedimento adottato dal Direttore Generale dell'ERSAT - determinazione n. 309 del
18.11.2003- con cui e stata approvata la graduatoria del concorso bandito con la Delibera del
Consiglio di amministrazione n. 106 del 7.8.2001;
- dei presupposti atti della Commissione giudicatrice, con particolare riferimento all'atto di esclusione della ricorrente alla partecipazione alla prova orale ed al provvedimento della medesima Commissione con cui sono state stabilite le ammissioni alla prova orale sulla base dei risultati della prova a quiz.
In via subordinata:
- della Delibera del Consiglio di amministrazione n. 106 del 7.8.2001, nella parte in cui ha messo a concorso n. 13 posti di Dirigente;
- di tutti i successivi provvedimenti di nomina dei vincitori del concorso in questione.

Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti resistenti e controinteressate.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti della causa.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 ottobre 2014 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



L'avv. Maria Elisabetta Corona, dipendente con qualifica “D3” dell'ERSAT Sardegna (Ente regionale poi soppresso e le cui competenze sono state poi assorbite in parte da ARGEA Sardegna e in parte da LAORE Sardegna), ha partecipato al concorso interno per titoli ed esami a 13 posti di dirigente, bandito con delibera del Consiglio di amministrazione di ERSAT del 7 agosto 2001, n. 106, riportando, all’esito della prova scritta (a quiz) il punteggio di 18,800 (per 21 quesiti esatti, 2 errati e 12 con risposta omessa), inferiore alla soglia minima fissata dal bando in 21 punti, per cui non è stata ammessa alla prova orale.
All'esito della procedura selettiva, con deliberazione del Direttore generale di ERSAT 18 novembre 2003, n. 309, è stata approvata la graduatoria finale e in pari data sono stati sottoscritti i contratti di lavoro con i 13 vincitori del concorso interno.
Con il ricorso in esame, notificato in data 11 febbraio 2004 a ERSAT Sardegna, nonché a due dei vincitori del concorso (segnatamente il dott. Gianni Ibba e il dott. Antonio Loche), l’avv. Corona chiede in via principale l’annullamento della graduatoria finale e degli atti ad essa presupposti (fra cui la propria esclusione dalla prova orale) e successivi (nomina dei vincitori), nonché in via subordinata l'annullamento del bando per avere lo stesso previsto a concorso interno n. 13 posti anziché n. 4 posti, sottraendo cosi n. 9 posti ad una futura procedura concorsuale pubblica cui la stessa ricorrente intenderebbe partecipare in caso di mancato accoglimento della domanda principale; chiede, altresì, l’annullamento dei successivi atti di affidamento di 7 incarichi di Strutture dirigenziali istituite dopo il 2 dicembre 1998 ad alcuni dei vincitori del concorso interno.
Il gravame e affidato alle seguenti censure:
1. Violazione e falsa applicazione del bando di concorso, eccesso di potere per erroneità dei presupposti, genericità, illogicità, perplessità manifeste.
2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 77, commi 11 e 12 della legge Regione Sardegna 13 novembre 1998, n. 31 e s.m.i., eccesso di potere per erroneità dei presupposti, difetto di motivazione.
In data 20 ottobre 2005 si è costituito in giudizio l’ERSAT , chiedendo la reiezione del ricorso.
In data 7 novembre 2012 si è costituita in giudizio l’Agenzia A.R.G.E.A. Sardegna (che si dichiara subentrata a ERSAT in forza dell’art. 21 della legge Regione Sardegna 8 agosto 2006, n. 13), eccependo la tardività del ricorso.
In data 16 novembre 2012 si è costituito in giudizio il controinteressato ing. Antonio Antonio Loche, eccependo anch’egli la tardività del gravame.
In data 17 novembre 2012 si è costituita in giudizio l’Agenzia LAORE Sardegna, eccependo l’inammissibilità del ricorso in quanto avente a oggetto profili di discrezionalità tecnica ritenuti insindacabili, nonché chiedendo l’integrazione nel contraddittorio nei confronti di tutti i vincitori del concorso e dei concorrenti dichiarati idonei.
Sempre in data 17 novembre 2012 si è costituito in giudizio il dott. Gianni Ibba, eccependo la tardività del ricorso e sollecitando l’integrazione del contraddittorio in favore di tutti i vincitori del concorso; inoltre lo stesso controinteressato, con successiva memoria difensiva del 12 marzo 2014, ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, sul presupposto che in base alla disciplina attualmente vigente l’Amministrazione non potrebbe indire una nuova procedura concorsuale del tipo di quella impugnata, per cui la ricorrente non otterrebbe alcun vantaggio, neppure potenziale, da una eventuale pronuncia di annullamento della procedura selettiva impugnata.
Con ordinanza 19 dicembre 2012, n. 113, depositata in Segreteria 11 febbraio 2013, questa Sezione ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i vincitori del concorso e dei concorrenti dichiarati idonei, rinviando la trattazione del ricorso all’udienza pubblica del 13 novembre 2013.
In data 13 settembre 2013 la difesa della ricorrente ha depositato in Segreteria un’istanza di rinvio della sopra indicata udienza di merito, riferendo che:
- per 13 controinteressati (tra vincitori del concorso e dichiarati idonei) la notifica del ricorso era andata a buon fine, mentre altri 4 non avevano ritirato il plico e altri 2 (in specie i sig.ri Sebastiano Piredda e Marcello Onorato) erano risultati irreperibili;
- che in ogni caso, a causa “delle enormi difficoltà incontrate dalla ricorrente e dei ritardi con i quali sono state fornite le indicazioni richieste dalle amministrazioni di appartenenza dei controinteressati”, le stesse notificazioni andate a buon fine “risultano comunque intempestive rispetto al termine fissato per la discussione del ricorso, così che, in ogni caso, l’udienza di discussione non potrebbe essere confermata per il prossimo 13 novembre”.
In data 2 ottobre 2013 si sono costituiti in giudizio i controinteressati dott. Antonello Arghittu, Alessandro De Martini, Maria Ibba, Sebastiano Piredda e Tonino Selis, i quali, con successiva memoria difensiva dell’11 ottobre 2013, hanno eccepito la tardività del ricorso, nonché l’improcedibilità dello stesso per intempestiva integrazione del contraddittorio.
In data 9 ottobre 2013 si sono costituiti in giudizio i controinteressati dott.ssa Marcella Manconi, dott. Antonio Maccioni e dott. Tullio Satta, eccependo la tardività del ricorso e chiedendone comunque la reiezione.
In data 11 ottobre 2013 si sono costituiti in giudizio i controinteressati dott. Giueppe Aresu, dott.ssa Graziella Carta, dott.ssa Marina Rita Monagheddu e dott.ssa Luciana Serra, sollevando la medesima eccezione di irricevibilità.
In data 11 ottobre 2013 si è, infine, costituito in giudizio il dott. Agostino Curreli, eccependo anch’egli la tardività del ricorso.
Con memorie difensive del 23 ottobre 2013 e del 21 marzo 2014, la difesa di parte ricorrente, oltre a replicare alle eccezioni di parte avversa e a insistere per l’accoglimento del gravame, ha eccepito l’inammissibilità della costituzione in giudizio di ARGEA.
Alla pubblica udienza del 13 novembre 2013, su istanza di parte ricorrente è stato disposto il rinvio della trattazione alla pubblica udienza del 2 aprile 2014 (senza opposizione dei difensori delle altre parti), in occasione della quale ne è stato poi disposto un ulteriore, a causa dell’adesione allo sciopero di Categoria da parte di alcuni difensori, all’udienza del 29 ottobre 2014, in cui la causa è stata infine trattenuta in decisione.

DIRITTO



A. Le questioni di rito.
A.1. In primo luogo è necessario esaminare l’eccezione di irregolare instaurazione del contraddittorio sollevata da alcuni dei controinteressati.
Il Collegio osserva, in primo luogo, che l’integrazione del contraddittorio è stata disposta nei confronti di tutti i vincitori del concorso e di tutti i dichiarati idonei, quindi nei confronti dei seguenti controinteressati: dott. Tonino Selis, dott. Alessandro De Martini, dott. Sabastiano Piredda, dott.ssa Maria Ibba, ing. Piero Iacuzzi, dott. Pier Mario Manca, dott.ssa Marina Rita Monagheddu, dott. Agostino Curreli, dott.ssa Graziella Carta, dott. Antonello Arghittu e dott. Marcello Onorato (in tutto 11 vincitori), nonché dott.ssa Marcella Meloni, dott. Camillo Gaspardini, dott.ssa Marcella Manconi, dott. Tullio Satta, dott. Antonio Maccioni, dott. Fabio Cuccuru, dott. Giuseppe Aresu e dott.ssa Luciana Serra (in tutto 8 idonei), mentre ai dott.ri Gianni Ibba e Antonio Loche il gravame era stato notificato sin dall’inizio.
Di costoro non si sono regolarmente costituiti in giudizio soltanto i controinteressati avv. Fabio Cuccuru, dott. Camillo Gaspardini, dott. Piermario Manca, dott.ssa Marcella Meloni, dott. Piero Iacuzzi, dott. Marcello Onorato, in relazione ai quali si osserva che:
- l’avv. Fabio Cuccuru ha ricevuto la notifica “a mani proprie” in data 16 luglio 2013 (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014);
- il dott. Camillo Gaspardini ha ricevuto la notifica “a mezzo del servizio postale”, con raccomandata spedita il 15 luglio 2013, non ricevuta e neppure ritirata nel termine di giacenza (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014 e avviso di ricevimento prodotti in giudizio dal ricorrente il 24 febbraio 2014);
- il dott. Piermario Manca ha ricevuto la notifica “a mezzo del servizio postale”, con raccomandata spedita il 15 luglio 2013, non ricevuta e neppure ritirata nel successivo termine di giacenza (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014 e avviso di ricevimento prodotti in giudizio dal ricorrente il 24 febbraio 2014);
- la dott.ssa Marcella Meloni ha ricevuto la notifica “a mezzo del servizio postale”, con raccomandata spedita il 15 luglio 2013 e regolarmente recapitata il 16 luglio 2013 (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014 e avviso di ricevimento prodotti in giudizio dal ricorrente il 24 febbraio 2014);
- il dott. Piero Iacuzzi ha ricevuto la notifica “a mani proprie” in data 16 luglio 2013 (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014).
- il dott. Marcello Onorato ha ricevuto una prima notifica a mezzo del servizio postale con raccomandata spedita in data 15 luglio 2013 all’indirizzo di via Cagliari n. 58 in Oristano, ove è risultato irreperibile (cfr. copia del ricorso depositata in giudizio il 24 febbraio 2014 e avviso di ricevimento prodotti in giudizio dal ricorrente il 24 febbraio 2014); ha poi ricevuto la notifica del ricorso “a mani proprie” in data 24 ottobre 2013 (cfr. la copia del ricorso prodotta in giudizio dalla ricorrente in data 24 ottobre 2013).
Pertanto un primo dato certo è che, allo stato attuale, il contraddittorio si è perfezionato nei confronti di tutti i controinteressati, parte dei quali si è costituita in giudizio e la restante parte ha ricevuto regolare notifica del ricorso.
Resta da esaminare lo specifico profilo sollevato dalla difesa dei dott.ri Arghittu, De Martini, Ibba, Piredda e Selis, i quali sostengono che la ricorrente avrebbe provveduto tardivamente all’integrazione del contraddittorio rispetto alla tempistica implicata dall’ordinanza di questa Sezione 19 dicembre 2012, n. 113 (depositata in Segreteria 11 febbraio 2013), la quale, pur senza fissare espressamente un termine per l’integrazione del contraddittorio, aveva rinviato la trattazione all’udienza pubblica del 13 novembre 2013, con ciò implicitamente imponendo il rispetto del termine per la costituzione in giudizio delle parti intimate, stabilito dall’art. 46 del c.p.a. in sessanta giorni dal perfezionamento della notificazione del ricorso; secondo questa tesi, insomma, l’integrazione del contraddittorio avrebbe dovuto perfezionarsi in tempo utile per consentire agli interessati di costituirsi entro il 13 settembre 2013.
L’eccezione è infondata.
Si osserva, in primo luogo, che ai sensi dell’art. 44, comma 3, del c.p.a., relativo ai vizi del ricorso e della sua notificazione, “3. La costituzione degli intimati sana la nullità della notificazione del ricorso” e che nel caso in esame, su sei controinteressati non costituiti in giudizio, cinque di loro (Cuccuru, Gaspardini, Manca, Meloni e Iacuzzi) hanno ricevuto notifica del ricorso a luglio 2013 (quindi in tempo utile anche rispetto all’udienza di rinvio del 13 novembre 2013), mentre il solo dott. Marcello Onorato ha ricevuto notifica (a mani proprie) il 24 ottobre 2013, in quanto quella effettuata a mezzo del servizio postale a luglio 2013 era stata effettuata a un indirizzo rivelatosi poi erroneo (vedi supra); pertanto la successiva analisi dovrà concentrarsi sulla posizione del solo dott. Onorato.
Peraltro, anche con riguardo alla posizione di costui, si osserva che:
- l’integrazione del contraddittorio disposta dal Collegio non era di per sé agevole per la ricorrente, perché comportava la notifica del ricorso a 19 controinteressati;
- dopo il deposito dell’ordinanza di integrazione del contraddittorio la stessa ricorrente si è tempestivamente attivata, chiedendo alle Amministrazioni (ARGEA e LAORE) di comunicarle i dati anagrafici dei controinteressati;
- a loro volta le Amministrazioni le avevano fornito tempestive risposte, contenenti però oggettive inesattezze, in particolare con riferimento all’indirizzo dell’avv. Cuccuru (cfr. sul punto la memoria difensiva di parte ricorrente in data 23 ottobre 2013, rimasta su questo specifico aspetto incontestata, e la documentazione prodotta in data 2 ottobre 2013) e, quel che più conta, all’indirizzo del dott. Onorato, che l’Agenzia LAORE aveva indicato in Oristano - via Cagliari n. 58, mentre l’indirizzo esatto è poi risultato nella stessa via ma al diverso civico n. 186 (cfr. la memoria difensiva di parte ricorrente del 23 ottobre 2013, rimasta anche su questo specifico aspetto incontestata, nonché la relativa documentazione prodotta in data 2 ottobre 2013); tanto è vero che nei confronti di entrambi i soggetti citati la notificazione è poi andata buon fine presso la sede di lavoro (cfr. la copia del ricorso versata in atti il 29 ottobre 2013);
- sussistono, pertanto, le condizioni previste dall’art. 44, comma 4, del c.p.a., a mente del quale “Nei casi in cui sia nulla la notificazione e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio per rinnovarla. La rinnovazione impedisce ogni decadenza”; disposizione, questa, che il Collegio ha sostanzialmente applicato già all’udienza del 13 novembre 2013, decidendo, peraltro senza opposizione di alcuna delle parti, di rinviare la trattazione della causa, in modo da consentire il rispetto delle “distanze temporali” previste dal Codice tra la costituzione di tutti i controinteressati e la discussione finale.
Pertanto l’eccezione in esame deve essere respinta.
A.2. Sempre in punto di regolare instaurazione del contraddittorio deve essere poi esaminata l’eccezione sollevata dalla difesa del ricorrente circa l’inammissibilità della costituzione in giudizio dell’Agenzia ARGEA, perché avvenuta con semplice memoria depositata in giudizio, sul presupposto che la stessa Agenzia non rivesta la posizione di “amministrazione resistente”, non essendo subentrata nelle posizioni soggettive del soppresso ERSAT, spettanti invece all’Agenzia LAORE, per cui ARGEA avrebbe semmai potuto partecipare al presente giudizio quale interveniente, ma notificando il proprio atto di costituzione in giudizio alle controparti, il che non è avvenuto.
L’eccezione merita di essere condivisa.
Si osserva, in primo luogo, che ai sensi dell’art. 31, comma 2, della legge Regione Sardegna 8 agosto 2006, n. 13 (che ha istituito l’Agenzia LAORE Sardegna e ha soppresso l’ERSAT) “dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria della Regione per l’anno 2007 il personale di ruolo dell’ERSAT Sardegna…è inquadrato nelle dotazioni organiche dell’Agenzia LAORE Sardegna….”; così come all’art. 10 della legge Regione Sardegna 2007, n. 2, è previsto che l’Agenzia LAORE “succede all’ERSAT Sardegna in tutti i rapporti giuridici attivi e passivi”, con la sola eccezione (art. 11) delle specifiche funzioni indicate dall’art. 22 della legge Regione Sardegna n. 13/2006, devolute ad ARGEA.
Pertanto è incontrovertibile che, in riferimento allo specifico oggetto della presente controversia, la qualifica di Amministrazione vada riconosciuta esclusivamente all’Agenzia LAORE e non anche ad ARGEA, essendo la prima, non la seconda, il soggetto pubblico titolare dei rapporti di lavoro implicati dall’impugnata procedura concorsuale.
Deve, pertanto, convenirsi con l’assunto della ricorrente secondo cui l’atto di costituzione in giudizio di ARGEA assume in realtà le vesti di intervento volontario ad opponendum, che secondo quanto previsto dall’art. 50 del c.p.a. avrebbe dovuto essere notificato alle altre parti entro il termine di 30 giorni dall’ultima notificazione, con la conseguente inammissibilità della costituzione in giudizio della stessa ARGEA (cfr., ex multis, T.A.R. Venezia, Sez. I,8 agosto 2013, n. 923; Consiglio di Stato, Sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4892).
A.3. Ciò posto si passa all’esame dell’eccezione di tardività del ricorso sollevata da tutte le parti resistenti e controinteressate, le quali evidenziano come il ricorso sia stato originariamente notificato in data 11 febbraio 2004, benchè l'avv. Corona avesse avuto accesso a tutta la documentazione concorsuale già in data 18 giugno 2003.
A fronte di tale circostanza di fatto, pacifica in causa, parte ricorrente invoca la rimessione in termini per errore scusabile, evidenziando che:
- l'art. 63, comma 4 del d.lgs. 2001, n. 165, riserva al giudice amministrativo -nell'ambito delle controversie in materia di pubblico impiego- solo quelle relative alle procedure concorsuali, attribuendo le altre al giudice ordinario;
- negli anni successivi alla riforma, quest'ultima è stata univocamente interpretata nel senso di attribuire al giudice amministrativo le sole procedure concorsuali pubbliche, non anche i concorsi interni; sul punto la ricorrente richiama, in particolare, la sentenza delle Sezioni unite della Cassazione n. 15638/2001 e la sentenza di questa Sezione n. 1259/2003, depositata il 10 ottobre 2003;
- pertanto, una volta avuta notizia della propria esclusione dal concorso e ottenuto accesso alla documentazione concorsuale in data 18 giugno 2003, la ricorrente si apprestava a proporre ricorso innanzi al giudice ordinario, potendo contare sul fatto che tale iniziativa giurisdizionale sarebbe stata sottoposta al solo termine prescrizionale di cinque anni;
- proprio in questa fase, tuttavia, Corte di Cassazione -con la sentenza n.15403 del 15 ottobre 2003- ha ribaltato il proprio precedente orientamento, attribuendo al giudice amministrativo (anche) le controversie in materia di procedure concorsuali interne, per cui l'avv. Corona ha dovuto, a quel punto, mutare il proprio iniziale intendimento difensivo e proporre ricorso innanzi al giudice amministrativo;
- vi sarebbero, quindi, i presupposti della rimessione in termini per errore scusabile, in quanto la violazione del termine di impugnazione sarebbe da ricollegare all'originario orientamento giurisprudenziale -univoco nel periodo in cui pendeva il termine per proporre ricorso innanzi a questo giudice- che avrebbe legittimamente indotto la ricorrente a fare affidamento sul (ben più lungo) termine quinquennale di prescrizione.
Le avverse difese contestano tale prospettazione, evidenziando che:
- 1'errore scusabile per mutamento di indirizzo giurisprudenziale sul riparto di giurisdizione è riconosciuto dalla giurisprudenza prevalente solo a condizione che l'interessato abbia concretamente agito innanzi al giudice poi risultato privo di giurisdizione, mentre nel caso ora in esame l'avv. Corona non ha instaurato alcun giudizio ordinario, limitandosi a proporre (tardivamente) ricorso innanzi al giudice amministrativo; I
- anche volendo concedere alla ricorrente l'errore scusabile in relazione alla fase intercorsa tra il primo (che attribuiva le controversie sui concorsi al giudice ordinario) e il secondo orientamento (che le ha attribuite al giudice amministrativo) della Cassazione, il presente ricorso resterebbe, comunque tardivo, in quanto notificato (in data 11 febbraio 2004) oltre sessanta giorni dopo la data di pubblicazione della sentenza che aveva impresso il descritto "cambio di indirizzo", intervenuta il 15 ottobre 2003;
- il fatto che la ricorrente esercita da anni la professione di avvocato, per giunta in posizione di staff, presso la Direzione generale dell'ERSAT, l’avrebbe resa perfettamente in grado, per un verso, di comprendere la lesività degli atti adottati dall’Ente e, per altro verso, di conoscere tempestivamente i mutamenti di indirizzo cui e andato incontro il Giudice regolatore della giurisdizione.
A giudizio del Collegio la richiesta di rimessione in termini proposta dalla ricorrente merita accoglimento.
È opportuno richiamare sinteticamente gli aspetti generali dell’istituto della rimessione in termini, per poi confrontarli con le caratteristiche proprie della fattispecie ora in esame.
All'istituto della rimessione in termini per errore scusabile, in passato oggetto di una disciplina normativa frammentaria (artt. 34 e 36 del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, art. 34 della legge n. 1034/1971), è ora dedicata una norma unica e generale, l'art. 37 del c.p.a., secondo cui "il giudice può disporre, anche d'ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto".
Delle due evenienze individuate dalla norma, interessa ora quella relativa alle “oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto”, di cui si è recentemente occupata la sentenza 9 agosto 2012, n. l, dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, laddove -nel valutare una richiesta di rimessione in termini per proporre appello, legata al fatto che il giudice di primo grado non aveva pubblicato il dispositivo della sentenza e così aveva ingenerato nel ricorrente l’erronea convinzione che la causa non fosse sottoposta al “rito abbreviato” di cui all'art. 23 bis della legge n. 1034/1971 e s.m.i. e al conseguente dimezzamento di tutti i termini processuali- il Consiglio ha concesso la rimessione in termini, ritenendo che la descritta circostanza (insieme ad altre, ugualmente “fuorvianti”, occorse nel giudizio di primo grado) avesse dato vita a “una situazione che oggettivamente giustifica la concessione dell'errore scusabile”; in via generale, ciò che secondo l’Adunanza Plenaria rileva ai fini dell’errore scusabile è che all'esito di una valutazione “in concreto” possa ravvisarsi una situazione di incertezza capace oggettivamente di “fuorviare” l'interessato sul regime giuridico applicabile e di condurlo cosi a una (a quel punto incolpevole) violazione delle regole processuali, come nei casi di “incertezza del quadro normativo” e di “oscillazione della giurisprudenza o della pubblica amministrazione”.
Proprio quest'ultima evenienza si é verificata nella fattispecie ora sottoposta all'attenzione del Collegio.
E’ un dato di fatto che nel periodo compreso tra il 18 giugno 2003 (data in cui la ricorrente ha avuto accesso agli atti del procedimento) e il 15 ottobre dello stesso anno (data di pubblicazione della sentenza con cui la Cassazione ha mutato il proprio indirizzo) 1'orientamento della giurisprudenza fosse (neppure oscillante, ma addirittura) univocamente orientato nel senso di attribuire le controversie in materie di concorsi interni al giudice ordinario, per cui in quella fase la scelta dell'avv. Corona di non presentare ricorso al TAR era certamente giustificata dalla consapevolezza di poter contare sul termine quinquennale di prescrizione.
Il discorso è più delicato in relazione alla fase successiva, compresa tra la pubblicazione della sentenza della Cassazione che ha mutato il precedente indirizzo (15 ottobre 2003) e la notifica del ricorso al TAR (11 febbraio 2004).
Tali date sono separate da 122 giorni, per cui emerge un ritardo di 62 giorni rispetto al termine ordinario di impugnazione, ove lo si consideri decorrente dalla pubblicazione della seconda sentenza, per cui resta da stabilire se detto ritardo possa considerasi un “lasso di tempo fisiologico” ai fini della conoscenza della innovativa pronuncia della Cassazione o se fosse, invece, onere della parte interessata quello di informarsi costantemente su eventuali evoluzioni giurisprudenziali.
Il Collegio propende per la prima opzione interpretativa, per molteplici ragioni.
In primo luogo perché non esistono sistemi di conoscenza “legale” o “presunta” delle sentenze della Corte di Cassazione, specie in relazione a soggetti diversi dalle parti del giudizio, per cui sarebbe arbitrario far discendere dalla semplice pubblicazione di quella sentenza un onere automatico di conoscenza idoneo a far scattare il termine per proporre ricorso innanzi al giudice Amministrativo.
In secondo luogo perché il mutamento giurisprudenziale intervenuto tra la sentenza delle Sezioni Unite n. 15638/2001 (che aveva attribuito la cognizione delle controversie sui concorsi interni al giudice ordinario) e la sentenza delle Sezioni Unite n. 15403/2003 (che l'ha trasferita al giudice amministrativo) configura proprio quella situazione di oggettiva “incertezza giurisprudenziale” che giustifica la rimessione in termini per errore scusabile (cfr. T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 12 dicembre 2005, n. 2333; T.A.R., Lazio, Roma, Sez. I, 4 novembre 2004, n. 12370; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 giugno 2003, n. 3714).
Tale conclusione é poi ulteriormente avvalorata dal fatto che nel caso in esame la situazione di “oggettiva incertezza” riguarda i criteri di riparto della giurisdizione, cioè il “presupposto fondamentale di ogni iniziativa processuale”, che come tale deve essere necessariamente oggetto di una tutela ordinamentale particolarmente accurata; per questa ragione appare al Collegio imprescindibile concepire un meccanismo di “sanatoria successiva” realmente garantistico, in grado di evitare che l’insufficiente chiarezza dei criteri di riparto si traduca in un pericoloso vuoto di tutela sostanziale ai danni dei titolari delle posizioni soggettive coinvolte.
Tanto e vero che proprio in materia di giurisdizione la Corte costituzionale (sentenza 12 marzo 2001, n. 77) prima e lo stesso legislatore poi (art. 11 del c.p.a.) hanno dato vita alla cd. traslatio iudicii, in virtù della quale, avendo in prima battuta “sbagliato giudice”, il cittadino conserva la possibilità di trasferire sulla nuova iniziativa processuale, rivolta questa volta al giudice competente, gli effetti favorevoli della prima impugnazione, evitando cosi possibili decadenze legate al ritardo con cui è stata effettuata la seconda.
È pur vero che gli effetti conservativi della traslatio iudicii sono stati concepiti dando per scontata un’iniziale proposizione del ricorso al giudice privo della giurisdizione, mentre nel caso ora in esame la ricorrente si è tardivamente rivolta al TAR senza aver in precedenza proposto alcuna azione innanzi al giudice ordinario; resta però il fatto che la disciplina sulla traslatio iudicii, non dissimile come ratio da quella della rimessione in termini (tanto e vero che l'art. 11, comma 5, c.p.a., in materia di traslatio, contiene un riferimento esplicito alla rimessione in termini), convergono entrambe sul comune obiettivo di assicurare al cittadino un efficace “sistema di protezione” da possibili decadenze processuali dovute all'oggettiva incertezza del sistema di riparto della giurisdizione e come tali vanno correttamente interpretate nei casi oggettivamente controversi come quello in esame.
Sotto un profilo più concreto non è poi dato capire per quale ragione la ricorrente dovrebbe vedersi ora preclusa la tutela innanzi al giudice amministrativo per il fatto di non avere a suo tempo proposto azione civile, laddove all'epoca tale presunta inerzia non avrebbe dovuto produrre alcun effetto negativo, quanto meno sino al (ben lontano) decorso del termine quinquennale di prescrizione: una simile conclusione -oltre a configgere con il concetto stesso di “scusabilità dell'errore”, cui l'art. 37 c.p.a. ricollega la possibilità di ottenere la rimessione in termini- potrebbe persino incentivare la proposizione di azioni civili “a prescindere”, al solo scopo di evitare possibili decadenze, con la conseguenza di un’inutile, e quindi dannosa, proliferazione delle controversie innanzi al giudice ordinario.
Pertanto va accolta l'istanza di rimessione proposta dalla ricorrente, con la conseguente infondatezza dell’esaminata eccezione di irricevibilità del ricorso per tardività.
A.4. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità per difetto di interesse, che il controinteressato dott. Gianni Ibba solleva sotto un duplice profilo.
In primo luogo egli sostiene che la ricorrente non avrebbe adeguatamente dimostrato di superare la cd. “prova di resistenza”, cioè la possibilità di superare il punteggio degli altri concorrenti in caso di accoglimento delle censure dedotte; analoga eccezione è sollevata anche dal controinteressato dott. Antonio Maccioni.
Così formulata la tesi è priva di pregio.
Difatti l’avv. Corona lamenta il fatto che il punteggio riportato all’esito della prova scritta, inferiore alla sufficienza, risentirebbe dell’erroneità e/o genericità e/o non conformità al bando di svariati quiz utilizzati ai fini della stessa prova; orbene, laddove tale censura cogliesse nel segno (e su questo si rinvia al prosieguo della trattazione), il suo accoglimento comporterebbe il travolgimento dell’intera procedura concorsuale, non essendo possibile un semplice “ritocco” dei punteggi di tutti i concorrenti a fronte di quiz erronei o mal formulati, per cui la ricorrente mira sostanzialmente all’annullamento dell’intero concorso, al fine di salvaguardare la propria aspettativa legata a successive procedure concorsuali, il che certamente corrisponde a un interesse concreto e meritevole di tutela.
Fermo restando che anche nel caso in esame grava sulla ricorrente una “prova di resistenza”, che però assume un contenuto diverso da quello sopra descritto; si tratta, infatti, di verificare se le doglianze dedotte dalla ricorrente risultino fondate con riferimento ad un numero di quiz potenzialmente sufficiente a farle raggiungere la sufficienza nella prova scritta in caso di risposta esatta, ma su questo aspetto si rinvia all’esame del primo motivo di ricorso.
In secondo luogo il controinteressato sostiene che -quanto meno sulla base alla disciplina attualmente vigente- l’Amministrazione non potrebbe ora indire una nuova procedura concorsuale analoga a quella impugnata, per cui la ricorrente non otterrebbe alcun vantaggio, neppure potenziale, da una eventuale pronuncia di annullamento della procedura selettiva.
Neppure questa eccezione merita di essere condivisa, in quanto -a prescindere dalla fondatezza di tale affermazione- la ricorrente conserva pur sempre un preciso interesse quanto meno a fini risarcitori, posto che ai sensi dell’art. 30 del c.p.a. “Nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza”, per cui in caso di accoglimento della richiesta di annullamento degli atti impugnati la domanda di risarcimento potrebbe essere successivamente proposta.
A.5. Infondata è anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità sollevata dall’Agenzia LAORE, secondo cui il merito del ricorso riguarderebbe profili di discrezionalità tecnica insindacabili in sede giurisdizionale.
Difatti, come meglio si illustrerà fra breve, la prima censura di parte ricorrente riguarda, almeno in parte, un profilo tipicamente “estrinseco” -e come tale sindacabile in questa sede- di non conformità dei quiz contestati alle materie concorsuali individuate dal bando (cfr., sul punto, il successivo paragrafo B), mentre la seconda censura investe la presunta violazione dei presupposti di legge per l’indizione della procedura concorsuale interna, anch’esso certamente valutabile in questa sede.
B. Il merito del ricorso.
B.1 La ricorrente chiede, in via principale, l’annullamento degli atti della procedura concorsuale e della relativa graduatoria finale, nonché dei conseguenti atti di nomina dei vincitori.
A tal fine deduce il primo motivo di ricorso, con cui assume la erroneità e/o genericità e/o contradditorietà e/o estraneità alle materie indicate nel bando di alcuni dei quiz oggetto della prova scritta, in particolare di un quesito cui aveva dato una risposta giudicata erronea dalla Commissione e di altri sui quali aveva evitato di rispondere.
Prima di esaminare nel dettaglio tale censura, è opportuno ricordare che:
- il punteggio della prova scritta considerato sufficiente dal bando era 21;
- lo stesso bando prevedeva 1 punto per ogni risposta esatta, nonché la decurtazione di 0,1 punti per ogni quesito non risposto e di 0,5 punti per ogni risposta errata;
- la ricorrente ha conseguito il punteggio di 18,800, con 21 risposte esatte, 2 errate e 12 omesse.
Ciò premesso, si osserva che un primo gruppo di specifiche doglianze, oggetto del primo motivo di ricorso, riguardano la non corretta formulazione dei quesiti e/o delle risposte proposte ai candidati, in particolare:
- il quesito n. 4 (cui la ricorrente non ha risposto) sarebbe di contenuto imprecisato e oscuro;
- il quesito n. 6 (cui ha dato risposta errata) sarebbe generico e con risposte troppo simili tra loro e comunque opinabili;
- il quesito n. 7 e il quesito n. 8 (cui non ha risposto) sarebbero entrambi imprecisi e illogici; inoltre al quesito n. 8 sarebbero state riferite due risposte che potrebbero considerarsi, in astratto, entrambe esatte.
- il quesito n. 11 (cui non ha risposto) sarebbe inficiato da imprecisione della domanda e delle risposte multiple indicate;
- il quesito n. 21 (cui non ha risposto) sarebbe equivoco e gli sarebbero state riferite due risposte che potrebbero considerarsi, in astratto, entrambe esatte.
Orbene, pur senza entrare nel merito specifico di ciascuno degli indicati quesiti e delle correlative doglianze, queste ultime sono a giudizio del Collegio infondate, per le ragioni di fondo che si passa ad esporre.
Secondo un prevalente orientamento giurisprudenziale, dal quale non si vede ragione per discostarsi, l’opinabilità di un quesito e delle relative risposte -derivante dalla “non oggettività” del ramo scientifico di riferimento o dalla stessa formulazione testuale- non ne inficia automaticamente la legittimità, per due ragioni:
- poiché neppure il legislatore può dettare con forza vincolante concetti di valore scientifico, laddove un quesito implichi una questione concettuale opinabile la Commissione può legittimamente scegliere, nell'esercizio della propria discrezionalità tecnica, l'impostazione più aderente alla propria visione culturale (cfr., sul punto, Consiglio di Stato, Sez. VI 16 gennaio 2009, n. 209);
- la presenza di quesiti piuttosto generici e/o non perfettamente formulati e/o di più risposte che potrebbero astrattamente considerarsi esatte a seconda della diversa impostazione scientifica prescelta non inficiano la correttezza della prova, essendo onere dei candidati quello di sforzarsi di individuare la migliore delle opzioni proposte, scartando quelle che appiano meno “centrate” e/o meno correttamente esposte anche sotto il profilo linguistico e/o meno precise (cfr. T.A.R. Trieste, Sez. I, 24 novembre 2011, n. 539).
In sostanza il margine di opinabilità di cui risentono alcuni quesiti e le relative risposte multiple contribuisce fisiologicamente alla selettività della prova, ponendosi quale “fattore di maggiore difficoltà” che opera per tutti i candidati, i quali sono chiamati ad affrontarlo in condizione di par condicio e utilizzando gli strumenti logici, giuridici e linguistici propri del ragionamento giuridico o degli altri settori culturali implicati (conforme T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 06 agosto 2013, n. 4091); al riguardo è sufficiente richiamare, a titolo esemplificativo, l’argomentazione sollevata dalla ricorrente in relazione al quesito n. 6, sul quale la stessa evidenzia, tra l’altro, come la risposta ritenuta esatta dalla Commissione si differenziasse da quella da lei stessa indicata solo per l’utilizzo dell’espressione “strategia, pianificazione” in luogo di “pianificazione strategica”: in questo caso era onere del candidato quello di individuare la risposta (“strategia, pianificazione”) che linguisticamente meglio esprimeva l’esistenza di due fasi procedimentali distinte, anziché la risposta (“pianificazione strategica”) che pareva alludere all’esistenza di un’unica fase; così come tutti i quiz in cui veniva richiamata la figura del Responsabile unico del procedimento (senza ulteriori specificazioni) -che secondo la ricorrente sarebbero troppo generici, essendo la suddetta espressione utilizzata in norme giuridiche appartenenti a settori diversi dell’ordinamento- ben potevano essere correttamente interpretati riferendo quella locuzione al settore dei contratti pubblici, sia perché si tratta del contesto obiettivamente più noto e rilevante, sia perché alcuni quiz contenevano riferimenti inequivoci a tale settore normativo (come nel caso del quesito n. 5, di cui passerà a trattare nello specifico fra breve, seppure ad altri fini).
Ciò posto, si passa a esaminare l’ulteriore profilo di doglianza contenuto nel primo motivo, con cui si sostiene che alcune delle domande cui la ricorrente non ha dato risposta rientrassero in ambiti normativi estranei all’oggetto della prova concorsuale individuato dal bando.
Al riguardo è necessario prima di tutto richiamare le relative norme del bando, vale a dire:
- l’art. 6, secondo cui “la prova scritta, a contenuto teorico pratico, consiste nella soluzione in un tempo predeterminato di una serie di 35 quesiti a risposta sintetica e a scelta multipla, mirati all’accertamento delle conoscenze richieste per lo svolgimento delle funzioni di dirigente nelle pubbliche amministrazioni; i quesiti sono formulati sulla base dei contenuti di cui alla tabella B allegata al presente bando”;
- l’Allegato B, a mente del quale “Per la prova scritta…i quesiti saranno formulati sulla base dei contenuti di seguito indicati: “Leggi di riforma nazionale e regionale in materia di personale della pubblica amministrazione; principi generali della disciplina della dirigenza pubblica; criteri generali dell’organizzazione e profili della disciplina del dirigenza nella pubblica amministrazione; legge 23/10/1992 n. 421; decreto legislativo 3/2/1993, 29, con le modifiche apportate in particolare dai decreti legislativi 31/3/1998, n. 89 e 29/10/1998, n. 387; il controllo interno di gestione ai sensi del decreto legislativo n. 286/1999; principi dell’organizzazione degli uffici della Regione Autonoma della Sardegna e disciplina della dirigenza ai sensi della legge regionale n. 31/1998, come modificata dalla legge regionale n. 6/2000; finalità delle politiche comunitarie (in particolare quelle agricole e rurali); tematiche organizzative e tecniche di direzione e gestione delle risorse umane (come per esempio il project management o la direzione per obiettivi e progetti); informatica e telematica”.
Orbene, se da un lato non vi è dubbio che in base a tali previsioni i quiz dovessero essere individuati tra i contenuti indicati dall’Allegato B, dall’altro lato non si può trascurare il fatto che l’obiettivo indicato da dall’art. 6 del bando era quello di accertare il possesso delle “conoscenze richieste per lo svolgimento delle funzioni di dirigente nelle pubbliche amministrazioni”, il che induce a “interpretare” le previsioni dell’Allegato B con l’elasticità necessaria ad assicurare l’effettivo perseguimento di tale obiettivo, ricostruendo l’oggetto possibile della prova scritta proprio tenendo nel debito conto il contenuto delle funzioni dirigenziali.
Ciò premesso, la ricorrente reputa estraneo alle materie individuate dal bando innanzitutto il quesito n. 5, che così recitava: “Il certificato di regolare esecuzione dei lavori è: a) emesso dal Direttore generale ed è confermato dal Responsabile unico del procedimento; b) emesso dal Direttore lavori ed è confermato dal Responsabile unico del procedimento con il benestare della Commissione esecutrice; c) emesso dal Direttore lavori ed è confermato dal Responsabile unico del procedimento; d) emesso dalla Direzione lavori pubblici dell’ente ed è confermato dal Responsabile unico del procedimento”.
A giudizio del Collegio, invece, esso non esorbita dalle materie indicate nell’Allegato B del bando, in quanto:
- è pur vero che il settore di riferimento del quiz è quello degli appalti pubblici, non espressamente menzionato;
- tuttavia la formulazione del quesito implicava, comunque, la conoscenza dei criteri di distribuzione delle competenze procedimentali tra diversi organi dell’amministrazione, nell’ambito di un Settore -quello degli appalti pubblici- che costituisce un possibile (e tipico) oggetto delle funzioni dirigenziali;
- inoltre il quesito si incentrava su di una figura (il Responsabile unico del procedimento) che costituisce una specifica applicazione al settore degli appalti della più generale figura del Responsabile del procedimento: come noto il “Responsabile unico del procedimento” altro non è che il “Responsabile del procedimento nella materia degli appalti” (pur con qualche peculiarità) e quest’ultima figura, contemplata dalla legge n. 241/1990, occupa un ruolo fondamentale in tema di organizzazione amministrativa e ripartizione delle concrete funzioni tra i diversi organi coinvolti nel procedimento amministrativo;
- per di più alcune delle risposte multiple proposte facevano espresso riferimento a figure dirigenziali -quali il Direttore generale e la Direzione dei lavori pubblici- ragion per cui i candidati, cui era pacificamente richiesta una conoscenza adeguata di tali aspetti (espressamente coperti dalla previsione di cui all’Allegato B del bando), erano comunque in condizione di individuare la risposta esatta, se non altro “per esclusione”.
Viene poi in rilievo il quesito n. 10, che così recitava: “Al Responsabile unico del procedimento: a) una volta eletto, non può essere impedito, da parte del Responsabile della struttura dell’amministrazione di svolgere i propri compiti b) una volta designato, non può essere impedito, da parte del superiore gerarchico all’interno del proprio ufficio, di svolgere i propri compiti; c) una volta identificato, non può essere sostituito, da parte del superiore gerarchico all’interno del proprio ufficio; d) una volta identificato e nominato, può essere impedito, da parte del superiore gerarchico all’interno del proprio ufficio, di svolgere i propri compiti”.
Anche per tale quesito valgono considerazioni analoghe a quelle esposte in relazione al precedente: il Responsabile unico del procedimento è, come detto, una “figura centrale” nell’ambito delle procedure di affidamento di procedimenti amministrativi fondamentali come quelli in materia di contratti pubblici e, pertanto, assume centrale rilievo sul piano organizzativo; per tale via, dunque, il quesito è ben riconducibile ai “contenuti” dell’Allegato B, anche considerato che le risposte multiple proposte riguardavano i rapporti tra lo stesso Responsabile e il Dirigente della struttura, quindi proprio un aspetto tipicamente “organizzativo” e relativo ai poteri e compiti della figura dirigenziale.
Si contesta poi il quesito n. 18, secondo cui: “A norma del’art. 16, comma 1 del capo II,, Sezione III, del d.p.r. 21.12.2000, n. 445, al fine di tutelare la riservatezza dei dati personali di cui agli artt. 22 e 24 della legge 31 dicembre 1996, n. 675: a) i certificati e i documenti trasmessi ad altre amministrazioni possono contenere soltanto le informazioni relative a stati, fatti e qualità previste dalla legge o da regolamento e strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità per le quali vengono acquisite; b) gli atti trasmessi ad altre pubbliche amministrazioni possono contenere soltanto le informazioni relative a stati, fatti e qualità previste dalla legge o da regolamento; c) gli atti trasmessi ad altre amministrazioni possono contenere soltanto le informazioni generali e strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità per le quali vengono acquisite; d) i certificati e i documenti trasmessi ad altre pubbliche amministrazioni possono contenere soltanto le informazioni generali e strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità per le quali vengono acquisite”.
Tale quiz verteva inequivocabilmente sulla disciplina normativa in materia di tutela della riservatezza e la stessa è effettivamente estranea ai contenuti indicati nell’Allegato B del bando (vedi supra), né il quesito involgeva in qualche modo profili organizzativi o criteri di distribuzione delle competenze tra gli organi dell’Amministrazione, come invece si è osservato in relazione ai due quiz precedenti, per cui su questo il profilo di doglianza in esame deve ritenersi fondato.
Non è, invece, condivisibile la critica rivolta dalla ricorrente al quesito n. 34, secondo cui “In base alla L.R. del 14 giugno 2000, n. 6, art. 21 (Lavori socialmente utili), comma 1, ai lavoratori impegnati in progetti di lavori socialmente utili nell’ambito dell’Amministrazione regionale e dei suoi enti strumentali si applicano: a) le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e regionale vigente in materia di pubblico impiego; b) le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e regionale vigente in materia analogamente a quanto previsto per i lavoratori impiegati negli enti locali; c) le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e regionale vigente in materia analogamente a quanto previsto per il lavoro a tempo indeterminato; d) le disposizioni previste dalla legislazione sul lavoro part time degli enti locali”.
Difatti il suddetto quesito, relativo alla disciplina applicabile a una particolare tipologia di personale utilizzato dalle pubbliche amministrazioni (i lavoratori socialmente utili), ben può essere ricondotto alla disciplina “in materiapersonale della pubblica amministrazione”, espressamente indicata all’Allegato B del bando.
In conclusione l’esaminata censura, relativa all’estraneità di alcuni quiz alle materie di concorso, è fondata solo in relazione al quesito n. 10 (cui la ricorrente non ha risposto) e ciò non consente alla ricorrente di superare la cd. prova di resistenza, posto che la sostituzione di quell’unico quiz “estraneo” ha un “valore potenziale” complessivo di 1,1 punti (di cui 1 punto per l’ipotetica risposta esatta e 0,1 per la decurtazione che la ricorrente avrebbe evitato rispondendo correttamente), insufficiente a colmare il divario tra il punteggio di 18,800 ottenuto dalla ricorrente e la sufficienza (pari a 21 punti).
Pertanto il primo motivo di ricorso non merita accoglimento, per cui le domande proposte in via principale devono essere respinte.
B.2. Quest’ultima chiede, poi, in via subordinata, l’annullamento degli atti della procedura concorsuale nella parte in cui essa ha riguardato 13 posti dirigenziali, anziché soltanto 4.
A sostegno di tale richiesta deduce il secondo motivo di ricorso, con il quale sostiene che:
- l’art. 77, commi 11 e 12, della legge della Regione Sardegna 31 dicembre 1998, n 31 (nella versione vigente al’epoca del bando), limitava la possibilità di procedere a una procedura concorsuale interna solo con riferimento ai posti -oltre che rimasti vacanti dopo l’espletamento delle procedure previste al comma 1 (affidamento a personale che rivestiva la qualifica funzionale dirigenziale di cui alla legge regionale n. 6/1986) e al comma 2 (affidamento a personale che possedesse determinati requisiti)- “necessari per consentire l'esercizio delle funzioni di direzione delle strutture dirigenziali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge”, vale a dire al 2 dicembre 1998; mentre, ai sensi del comma 10 dello stesso art. 77, i posti necessari a coprire le strutture dirigenziali istituite in epoca successiva a tale data avrebbero dovuto essere coperti mediante concorso pubblico;
- alla data del 2 dicembre 1998 sarebbero esistite in ERSAT n. 17 strutture dirigenziali, di cui 13 coperte da personale dell’Ente che rivestiva la qualifica funzionale dirigenziale di cui alla legge regionale n. 6/1986, per cui sarebbero rimaste solo ulteriori n. 4 Strutture dirigenziali vacanti, per le quali soltanto sarebbe stato possibile utilizzare il concorso interno.
La censura è infondata.
In base a quanto previsto dalla deliberazione del Consiglio di amministrazione dell’ERSAT 23 giugno 1998, n. 367, la pianta organica dell’Ente comprendeva n. 34 Strutture di livello dirigenziale, né risulta dagli atti di causa una successiva riduzione delle stesse, come invece sostiene la ricorrente richiamando le deliberazioni del Consiglio di amministrazione ERSAT 23 luglio 1998, n. 429 e 5 ottobre 1998, n. 541; difatti, se si guarda al contenuto delle stesse (prodotte in giudizio dalla ricorrente quali docc. 9 e 10), è dato rivenire soltanto un punto (alla penultima pagina della deliberazione n. 541/1998) ove si segnala una riduzione (da 10 a 7) dei “Servizi” presenti in ERSAT all’esito della deliberazione n. 429/1998, senza però alcun cenno alle Strutture di livello dirigenziale.
Né appare possibile identificare queste ultime con i “Servizi” di cui parla la deliberazione in esame, posto che la stessa evidenzia una diminuzione dei “Servizi” da 10 a 7, mentre le Strutture dirigenziali erano n. 17 secondo la stessa ricorrente (cfr. pag. 19 del ricorso) e n. 34 secondo controparte (cfr. in particolare la memoria difensiva in data 11 ottobre 2013 dei controinteressati Arghittu, De Martini, Ibba, Piredda e Selis), per cui il dato relativo ai “Servizi” presente nella delibera n. 541/1998 non pare oggettivamente riferibile alle Strutture dirigenziali; in ogni caso tale profilo non è stato adeguatamente dimostrato dalla ricorrente, sulla quale grava il relativo onere probatorio.
Pertanto, in conclusione, al Collegio non resta che:
- attenersi all’unico dato certo, che è quello derivante dalla deliberazione n. 327/1998, in base al quale in organico ERSAT vi erano n. 34 Strutture di livello dirigenziale; su tale dato, peraltro, concorda la stessa ricorrente, anche se poi sostiene essere poi intervenuta una riduzione del numero delle strutture dirigenziali, per effetto delle successive deliberazioni n. 429/1998 e n. 541/1998, ma tale assunto, come già si è osservato, non trova riscontro nel tenore testuale di queste ultime;
- data l’assenza di comprovate modifiche successive, ritenere che il numero di 34 Strutture dirigenziali, individuato dalla deliberazione n. 327/1998, sia rimasto invariato sino al 2 dicembre 1998, data di entrata in vigore della l.r. n. 31/1998, come tale rilevante ai fini della decisione;
- con la conseguenza ultima che il concorso in esame deve ritenersi correttamente riferito a 13 posti di livello dirigenziale, esistendo alla data del 2 dicembre 1998 Strutture dirigenziali vacanti in misura addirittura superiore.
Per quanto premesso il ricorso è infondato e deve essere, quindi, respinto.
Sussistono giusti motivi per una integrale compensazione delle spese di giudizio, vista l’obiettiva complessità di alcune delle questioni giuridiche esaminate.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge il epigrafe proposto.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 29 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Tito Aru, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 26/11/2014

 





 

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