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T.A.R. SARDEGNA - SEZIONE I - Sentenza 17 novembre 2014 n. 946
Pres. A. Maggio; Est. G. Manca
Secit Spa (avv. ti T. Ugoccioni ed E. Cotza) c/ Consorzio Zona Industriale Macomer (avv. M. Mura); Regione Sardegna


1. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno da perdita di chance – Condizioni – Ragionevole probabilità - Onere della prova in capo all’impresa ricorrente - Portata

 

2. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno da perdita di chance – Quantificazione – Utile mancato – Riduzioni - Aliunde perceptum vel percipiendi – Si scomputa - Fattispecie

 

3. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno da perdita di chance – Utile mancato – Riduzioni – Rideterminazione in base al numero delle imprese concorrenti – Necessità

 

4. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno da perdita di chance – Danno curriculare – Non spetta

 

 

1. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto, la chance costituisce una posta autonoma del patrimonio del soggetto, che assume rilevanza giuridica, ai fini risarcitori, solo in presenza di una condotta illecita da parte dell’Amministrazione che abbia inciso sulla probabilità di conseguire il bene della vita. La chance risarcibile, in altri termini, deve identificarsi con la probabilità di conseguire il risultato utile, in base a un giudizio prognostico che tenga conto delle particolarità del caso concreto. In esito al giudizio prognostico, dunque, non si richiede la dimostrazione della certezza dell’aggiudicazione, posto che il pregiudizio subito non consiste nella mancata aggiudicazione, ma nella (definitiva) perdita della chance di conseguirla, in quanto tale. Pertanto, l’impresa ricorrente – ai sensi dell’art. 124 c.p.a. – non deve dimostrare che, in mancanza di esclusione dalla procedura, avrebbe ottenuto l’aggiudicazione, ma solamente che avrebbe avuto una rilevante probabilità di successo

 

2. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto, in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, dall’utile mancato deve detrarsi l’ “aliunde perceptum vel percipiendi”, fondato sulla ragionevole presunzione che l’impresa, durante l’esecuzione del contratto di cui non ha ottenuto l’aggiudicazione, non sia rimasta inerte ma abbia utilizzato i propri mezzi e maestranze per altri lavori (nella specie, poiché l’impresa non aveva superato la presunzione di aliunde perceptum, il Collegio ha ridotto alla metà la misura percentuale dell’utile indicata dall’impresa ricorrente)

 

3. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto, in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, l’utile risarcito deve essere diviso per il numero delle imprese che hanno partecipato alla gara (evidentemente includendo in queste anche la ricorrente)

 

4. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto, il danno curriculare non spetta nel caso in cui è stata accertata l’illegittimità della gara, ma non la spettanza dell’aggiudicazione all’impresa ricorrente

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Prima)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 559 del 2010, proposto da: Secit Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Tiziano Ugoccioni, con domicilio eletto presso l’avv. Eulo Cotza in Cagliari, piazza Michelangelo N.14;

 

contro



Consorzio Zona Industriale Macomer, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Matilde Mura, con domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Ancona N.3; Regione Sardegna;

 

per l'annullamento



risarcimento danni a seguito di illegittima esclusione da licitazione privata.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Zona Industriale Macomer;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Giorgio Manca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. - Con avviso di gara pubblicato in data 22 novembre 2011 (doc. 1 produzioni del ricorrente), il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer manifestava l’intenzione di procedere, mediante licitazione privata, all’appalto dei lavori relativi all’ampliamento dell’impianto di trattamento R.S.U. del bacino della Costa Nord Occidentale della Sardegna. L’importo a base d’asta per la realizzazione dei suddetti lavori veniva fissato in £ 21.023.000.000, pari a € 10.857.473,39.
La Secit S.p.A., insieme ad altre imprese, veniva invitata a partecipare alla suddetta procedura, con lettera datata 16 dicembre 1994 (doc. 3 produzioni del ricorrente) e pervenuta alla ricorrente il successivo 19 dicembre, nella quale l’Amministrazione precisava che la gara si sarebbe tenuta in data 30 dicembre 1994.
Ritenendo eccessivamente breve il termine assegnato per la presentazione delle relative offerte, attesa anche la complessità dei lavori oggetto di gara, la Secit chiedeva al Consorzio una proroga del termine, per poter predisporre la propria offerta, ma tale la richiesta non veniva accolta; pertanto, l’odierna ricorrente si vedeva preclusa la partecipazione alla gara.
La gara, a cui prendevano parte solo due delle quattordici imprese invitate dall’Amministrazione, si concludeva con l’aggiudicazione a favore della società Ecologia, per un importo di £ 16.736.752.600 (pari a € 8.643.811,04).
2. – La Secit, lamentando l’illegittimità dell’intera procedura, con riferimento all’incongruità dei tempi accordati per la presentazione delle offerte e alla violazione della disciplina relativa ai presupposti per il ricorso alla procedura della licitazione privata (art. 15 del D. Lgs. n. 406/1991, applicabile ratione temporis), adiva questo T.A.R. chiedendo l’annullamento di tutti gli atti relativi alla gara. Con sentenza n. 406/2004, il T.A.R. Sardegna accoglieva le censure sopra riferite, annullando gli atti impugnati. Tale pronuncia veniva poi integralmente confermata, in appello, dal Consiglio di Stato, sez. V, 1° luglio 2005, n. 3679.
3. – Con il ricorso in esame, la Secit chiede il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla illegittima esclusione dalla gara di cui trattasi, qualificando tale pregiudizio come danno da perdita di chance, attesa l’impossibilità di ottenere tutela in forma specifica, a causa dell’integrale esecuzione dei lavori oggetto di gara, da parte dell’impresa risultata illegittima aggiudicataria.
A sostegno della domanda, la ricorrente rileva l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie risarcitoria.
In particolare, per quanto concerne l’ingiustizia del danno, questa si ravviserebbe nella lesione dell’interesse legittimo alla partecipazione alla gara, in vista dell’aggiudicazione dei lavori, con definitiva perdita della chance di conseguire il bene della vita.
Quanto all’illegittimità dell’agire del Consorzio, essa risulta accertata definitivamente dal giudice amministrativo, con le pronunce sopra richiamate. Illegittimità che sarebbe sufficiente a fondare l’addebito di colpa in capo all’Amministrazione, ancorché – rileva la ricorrente nella successiva memoria depositata in data 22 gennaio 2014 – tale elemento soggettivo non sia più richiesto in materia di appalti, sussistendo ormai una responsabilità di tipo oggettivo in capo alla stazione appaltante.
Parimenti, dimostrata sarebbe anche la sussistenza del nesso causale tra l’illegittimità perpetrata e la lesione subita, posto che se l’Amministrazione avesse agito correttamente – in particolare, concedendo un termine congruo per la presentazione delle offerte – l’odierna ricorrente non avrebbe subito la lesione dell’interesse a partecipare alla gara, in vista dell’aggiudicazione dei lavori.
4. – In ordine al quantum debeatur la ricorrente, richiamando l’applicazione dei criteri utilizzati dalla giurisprudenza ai fini del calcolo del danno da perdita di chance, quantifica come segue il pregiudizio di cui chiede il risarcimento:
- in via principale, nella misura di € 372.773,26, comprensivo del mancato guadagno da stimarsi in € 361.915,78 (somma costituente il 10% dell’importo di € 10.857.473,39, posto a base di gara, diviso per il numero di partecipanti alla stessa, ovvero tre compresa la ricorrente); e del cosiddetto “danno curriculare”, da stimarsi in € 10.857,48 (somma costituente il 3% dell’importo da liquidarsi a titolo di lucro cessante);
- in via subordinata (cfr. memoria della Secit del 22 gennaio 2014, pag. 7), nella misura di € 296.770,84, comprensiva del mancato guadagno da stimarsi in € 288.127,03 (somma costituente il 10% del corrispettivo di € 8.643.811,04, offerto dall’impresa risultata aggiudicataria, diviso per il numero di partecipanti alla gara), nonchè del cosiddetto “danno curriculare”, da stimarsi in € 8.643,81 (somma costituente il 3% dell’importo da liquidarsi a titolo di lucro cessante, come ricalcolato in base al parametro del prezzo offerto dall’aggiudicataria).
5.– Si è costituito in giudizio il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer chiedendo che il ricorso sia respinto. In particolare, sull’an della pretesa risarcitoria, l’Amministrazione deduce l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto al risarcimento. La ricorrente, difatti, non avrebbe provato di aver subito un danno da perdita di chance, intesa non quale mera aspettativa di fatto giuridicamente irrilevante, ma effettiva possibilità di conseguire il risultato utile (ovvero l’aggiudicazione), ma si sarebbe limitata ad affermare l’esistenza del danno in re ipsa, non avendo dimostrato né di possedere – all’epoca dell’indizione della gara – i requisiti di partecipazione prescritti, né che la propria offerta sarebbe stata migliore di quella risultata poi vincente, né che l’offerta stessa sarebbe stata congrua e non anomala, considerato anche che, ove un termine più lungo fosse stato effettivamente concesso, anche altre imprese (oltre alle 14 invitate) avrebbero potuto partecipare alla gara, riducendosi ulteriormente per la Secit la chance di conseguire l’aggiudicazione.
Parimenti, la ricorrente non avrebbe fornito idonea dimostrazione dell’esistenza degli ulteriori elementi del nesso causale e della colpa.
Sul quantum del risarcimento, il Consorzio contesta la quantificazione operata dalla ricorrente sotto svariati profili. In primo luogo, il mancato utile andrebbe calcolato in percentuale rispetto all’importo oggetto del contratto stipulato con l’aggiudicataria, e non rispetto a quello posto a base d’asta; in secondo luogo, la misura percentuale non può essere superiore al 5% dell’importo suddetto, dovendosi detrarre dal mancato utile il cosiddetto aliunde perceptum, non avendo la ricorrente fornito la prova del mancato utilizzo dei propri mezzi e maestranze in altri appalti, durante tutto il periodo in cui il contratto ha avuto esecuzione; in terzo luogo, l’importo così ottenuto dovrebbe essere diviso non per il numero degli effettivi partecipanti alla gara ma per il numero delle imprese invitate dall’Amministrazione a partecipare alla stessa, ovvero quattordici; infine, nessun danno curriculare può essere riconosciuto alla ricorrente, la quale non ha fornito la relativa prova.
6. – All’udienza pubblica del 22 ottobre 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. – Le questioni proposte col ricorso in esame impongono il preliminare inquadramento della nozione di chance risarcibile.
Per giurisprudenza ormai pacifica la chance costituisce una posta autonoma del patrimonio del soggetto, che, peraltro, assume rilevanza giuridica ai fini risarcitori solo in presenza di una condotta illecita da parte dell’Amministrazione che abbia inciso sulla probabilità di conseguire il bene della vita. La chance risarcibile, in altri termini, deve identificarsi con la probabilità di conseguire il risultato utile, in base a un giudizio prognostico che tenga conto delle particolarità del caso concreto. Probabilità che non deve, evidentemente, sfociare nella certezza dell’aggiudicazione, posto che il pregiudizio subito nell’ipotesi in considerazione non consiste nella mancata aggiudicazione, ma nella (definitiva) perdita della chance di conseguirla, in quanto tale (in termini più estesi si veda, peraltro, Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 99, che identifica la chance risarcibile nella «astratta possibilità di un esito favorevole», invocando in senso conforme anche Cons. St., VI, 18 dicembre 2001, n. 6281).
Il che si riflette sul piano probatorio, in quanto il ricorrente – ai sensi dell’art. 124 c.p.a. – non dovrà dimostrare che, in mancanza di esclusione dalla procedura, avrebbe ottenuto l’aggiudicazione, ma solamente che avrebbe avuto una rilevante chance di successo, nel senso sopra precisato.
7.1. - Nel caso di specie, la pretesa della Secit al risarcimento del danno da perdita di chance è fondata.
7.2. – In via del tutto preliminare, si devono disattendere le conclusioni del Consorzio secondo cui nessun risarcimento spetterebbe alla ricorrente, non avendo essa dimostrato di possedere i requisiti per la partecipazione alla gara, prescritti nella lettera d’invito.
7.3. – Per consolidata giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 16 maggio 2011, n. 2945), nella licitazione privata – sistema di gara attualmente corrispondente alla procedura ristretta – l’inoltro delle lettere d’invito segue a una fase di prequalificazione funzionalmente diretta ad una prima selezione di soggetti da invitare, prodromica al procedimento selettivo vero e proprio. In questo tipo di procedure sussiste, cioè, una netta separazione fra l’accertamento dei requisiti soggettivi di partecipazione delle imprese, che si svolge nella fase della preselezione; e la valutazione delle offerte, sotto il profilo tecnico ed economico, riservata alla successiva fase del procedimento, che si apre con la lettera d’invito. Distinzione che emerge chiaramente dalla disciplina contenuta nell’art. 55, comma 6, del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), secondo cui «sono invitati tutti i soggetti che ne abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di qualificazione previsti dal bando, salvo quanto previsto dall'articolo 62 e dall'articolo 177 ».
7.4. - Ne deriva che il semplice inoltro della lettera d’invito alla Secit , da parte del Consorzio dimostra come tale società, al pari delle altre imprese invitate a formulare offerta, sia stata giudicata dalla stazione appaltante sufficientemente qualificata per partecipare alla gara in esame.
A tale accertamento non è possibile sovrapporre l’altro, avente ad oggetto i requisiti sostanziali prescritti dalla lettera d’invito e riferito non all’impresa partecipante ma all’offerta. Requisiti di cui, evidentemente, non è dato discutere in questa sede, essendo mancata una qualsiasi offerta della società ricorrente.
7.5. – Venendo ai presupposti per il riconoscimento della risarcibilità del danno per cui è causa, occorre preliminarmente osservare come, nella fattispecie concreta, non sembra contestabile che l’illegittimità dell’agire da parte dell’Amministrazione – accertata dal giudice amministrativo – abbia compromesso definitivamente la chance della società ricorrente di aggiudicarsi i lavori oggetto di gara, non avendo la stessa potuto formulare un’offerta per via della incongruità del termine fissato dalla stazione appaltante.
Si tratta, invece, di stabilire se la chance in questione sia giuridicamente rilevante ai fini risarcitori.
Sul punto, ritiene il Collegio che nella fattispecie concreta sussistesse per la Secit una rilevante probabilità di aggiudicarsi i lavori. Ciò emerge da alcuni elementi concreti, indicati dalla ricorrente, quali l’esperienza e il prestigio da essa vantato nel mercato di riferimento, nonché il numero esiguo di imprese effettivamente partecipanti alla gara, ovvero solo due.
7.6. - Al riguardo, non sono condivisibili le deduzioni del Consorzio resistente, secondo cui non esisterebbe una rilevante probabilità per la Secit di aggiudicarsi la gara, atteso che – laddove l’Amministrazione avesse effettivamente concesso una proroga del termine per la presentazione delle offerte – anche altre imprese, oltre alla Secit, avrebbero potuto formulare la propria offerta e quindi partecipare alla gara, con riduzione significativa delle chance di successo per la società ricorrente.
Il giudizio prognostico, da svolgere necessariamente ex ante , ai fini dell’accertamento della sussistenza della probabilità di conseguire il provvedimento favorevole (nel senso più volte precisato), non può basarsi su elementi del tutto ipotetici ma deve essere agganciato alla situazione di fatto che si è concretizzata a un dato momento. Pertanto, non possono venire in considerazione le condotte di imprese (diverse da quelle che hanno partecipato alla gara o che, quantomeno, siano state invitate a farlo).
Del pari non convince l’assunto del Consorzio, secondo cui la ricorrente non avrebbe dimostrato che la propria offerta sarebbe stata migliore di quella risultata poi vincente, né che fosse congrua e non anomala.
In realtà, posto che non si discute del danno da mancata aggiudicazione, ma del danno da perdita di chance, sulla ricorrente – come sopra precisato – non grava l’onere di dimostrare che avrebbe ottenuto l’aggiudicazione, dovendosi limitare a provare che – in assenza dell’illegittimità perpetrata dall’Amministrazione – avrebbe avuto la probabilità di aggiudicarsi la gara.
7.7. - Ciò detto in relazione alla sussistenza di un danno ingiusto, si deve rilevare la presenza, altresì, degli altri elementi della fattispecie risarcitoria di cui all’art. 2043 c.c., parametro generale in materia risarcitoria.
Sull’illegittimità della procedura condotta dal Consorzio, è sufficiente il riferimento all’intervenuto accertamento giudiziale in via definitiva della stessa.
Quanto al nesso di causalità fra condotta ed evento dannoso, è evidente che se il Consorzio avesse correttamente gestito la procedura, la Secit avrebbe avuto la possibilità di partecipare alla gara, pertanto non si sarebbe verificata la lamentata lesione della chance.
In ordine all’elemento soggettivo della fattispecie di responsabilità civile dell’amministrazione, è assorbente il rilievo circa il carattere oggettivo della responsabilità in materia di appalti, in virtù dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, in C-314/09) e recepiti da quella nazionale (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 99; sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1193).
Per tutte le ragioni suesposte, si deve affermare il diritto della Secit al risarcimento del danno da perdita di chance.
8. – In ordine alla quantificazione del danno risarcibile, non è del tutto condivisibile il criterio di calcolo adottato dalla ricorrente, in quanto contrastante con le indicazioni provenienti da giurisprudenza ormai consolidata.
8.1. – In primo luogo, come correttamente eccepisce sul punto l’Amministrazione resistente, il danno da perdita di chance deve essere calcolato avendo come punto di riferimento (non l’importo posto a base d’asta, ma) il corrispettivo pattuito in concreto tra l’amministrazione e l’illegittima aggiudicataria, essendo «questo l’unico elemento utilizzabile in assenza di partecipazione del danneggiato alla procedura di gara» (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 99).
8.2. – In secondo luogo, costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello per cui, anche in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, dal mancato utile di cui sopra deve detrarsi l’ “aliunde perceptum vel percipiendi”, fondato sulla ragionevole presunzione che l’impresa, durante l’esecuzione del contratto di cui non ha ottenuto l’aggiudicazione, non sia rimasta inerte ma abbia utilizzato i propri mezzi e maestranze per altri lavori. Presunzione che, tuttavia, può essere superata dalla ricorrente mediante idonea prova contraria, nella specie non fornita.
Ne consegue che la misura percentuale non può essere quella, indicata dalla Secit, pari al 10% del prezzo concretamente pattuito per l’esecuzione della commessa, dovendosi essa ridurre in via equitativa al 5%, ossia alla metà, secondo una prassi applicativa costante in giurisprudenza (cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 14 marzo 2013, n. 1467).
L’utile così calcolato, deve essere diviso per il numero delle imprese che hanno partecipato alla gara (evidentemente includendo in queste anche la ricorrente).
8.3. - Non merita, invece, accoglimento la richiesta risarcitoria della ricorrente formulata con riferimento al danno c.d. curriculare. Secondo quanto la Sezione ha affermato in analoga occasione (T.A.R. Sardegna, sez. I, 17 giugno 2011, n. 609), il «danno curriculare è il pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale, per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell’Amministrazione (Cons. Stato, VI, 9 giugno 2008, n. 2751, citata anche dalla ricorrente). (…) Ne deriva come conseguenza che il danno curriculare deve essere risarcito solo nel caso in cui si accerti che, se l’Amministrazione avesse operato legittimamente, l’impresa sarebbe stata aggiudicataria ed avrebbe eseguito l’appalto, potendolo così inserire nel proprio curriculum professionale (così in giurisprudenza: Cons. Stato, VI, 18 marzo 2011, n. 1681; Cons. Stato, IV, 27 novembre 2010, n. 8253; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2009, n. 3144). (…)Infatti, proprio in questo consiste la differenza tra il danno da perdita di chance e il danno curriculare: mentre il primo tende a ristorare il pregiudizio subito dall’impresa alla quale è stata preclusa la possibilità di partecipare alla gara (e di poter divenire aggiudicataria), il secondo è volto a risarcire il pregiudizio subito dall’impresa alla quale è stato impedito di essere aggiudicataria».
Nel caso in esame, come già visto, è stata accertata l’illegittimità della gara, ma non la spettanza dell’aggiudicazione alla Secit .
Pertanto, la domanda di risarcimento del danno curriculare deve essere rigettata.
9. - In definitiva, in applicazione dei principi di cui sopra, il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer deve essere condannato a corrispondere in favore della ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma di € 144.063,00 (pari al 5% del corrispettivo del contratto stipulato con l’illegittima aggiudicataria, pari a € 8.643.811,04; diviso per il numero delle imprese partecipanti alla gara, compresa la ricorrente, ovvero tre). Tale somma deve essere rivalutata sulla base degli indici ufficiali ISTAT, ai quali si fa rinvio, con decorrenza dal momento in cui hanno cominciato a prodursi gli effetti dannosi della mancata partecipazione alla gara, vale a dire dalla stipula del contratto fra l’amministrazione resistente e l’affidatario illegittimo; e fino al deposito della presente sentenza. Sull’importo finale così determinato, saranno computati gli ulteriori interessi legali, di cui all’art. 1282 c.c., dal deposito della presente sentenza fino al soddisfo.
10. – La disciplina delle spese giudiziali segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al dispositivo.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, condanna il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer, in liquidazione, al pagamento della somma di euro 144.063,00, in favore della ricorrente SECIT S.p.A., oltre rivalutazione e interessi legali, nei limiti di cui al punto 9 della motivazione.
Condanna il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer, in liquidazione, al pagamento delle spese giudiziali in favore della ricorrente, liquidate in euro 4.000,00, oltre accessori di legge e rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Alessandro Maggio, Presidente
Giorgio Manca, Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Primo Referendario

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2014





 

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