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n. 12-2014 - © copyright |
T.A.R. SARDEGNA - SEZIONE I -
Sentenza 17 novembre 2014 n. 946
Pres. A. Maggio; Est. G.
Manca
Secit Spa (avv. ti T. Ugoccioni ed E. Cotza) c/ Consorzio Zona
Industriale Macomer (avv. M. Mura); Regione Sardegna |
1. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno
da perdita di chance – Condizioni – Ragionevole probabilità - Onere della
prova in capo all’impresa ricorrente - Portata
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2. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno
da perdita di chance – Quantificazione – Utile mancato – Riduzioni -
Aliunde perceptum vel percipiendi – Si scomputa - Fattispecie
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3. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno
da perdita di chance – Utile mancato – Riduzioni – Rideterminazione in
base al numero delle imprese concorrenti – Necessità
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4. Contratti della P.A. – Risarcimento del danno – Danno
da perdita di chance – Danno curriculare – Non spetta
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1. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto,
la chance costituisce una posta autonoma del patrimonio del soggetto, che
assume rilevanza giuridica, ai fini risarcitori, solo in presenza di una
condotta illecita da parte dell’Amministrazione che abbia inciso sulla
probabilità di conseguire il bene della vita. La chance risarcibile, in
altri termini, deve identificarsi con la probabilità di conseguire il
risultato utile, in base a un giudizio prognostico che tenga conto delle
particolarità del caso concreto. In esito al giudizio prognostico, dunque,
non si richiede la dimostrazione della certezza dell’aggiudicazione, posto
che il pregiudizio subito non consiste nella mancata aggiudicazione, ma
nella (definitiva) perdita della chance di conseguirla, in quanto tale.
Pertanto, l’impresa ricorrente – ai sensi dell’art. 124 c.p.a. – non deve
dimostrare che, in mancanza di esclusione dalla procedura, avrebbe
ottenuto l’aggiudicazione, ma solamente che avrebbe avuto una rilevante
probabilità di successo
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2. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto,
in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, dall’utile
mancato deve detrarsi l’ “aliunde perceptum vel percipiendi”, fondato
sulla ragionevole presunzione che l’impresa, durante l’esecuzione del
contratto di cui non ha ottenuto l’aggiudicazione, non sia rimasta inerte
ma abbia utilizzato i propri mezzi e maestranze per altri lavori (nella
specie, poiché l’impresa non aveva superato la presunzione di aliunde
perceptum, il Collegio ha ridotto alla metà la misura percentuale
dell’utile indicata dall’impresa ricorrente)
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3. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto,
in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, l’utile risarcito
deve essere diviso per il numero delle imprese che hanno partecipato alla
gara (evidentemente includendo in queste anche la ricorrente)
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4. In tema di risarcimento del danno in gare d’appalto,
il danno curriculare non spetta nel caso in cui è stata accertata
l’illegittimità della gara, ma non la spettanza dell’aggiudicazione
all’impresa ricorrente
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 559 del
2010, proposto da: Secit Spa, rappresentato e difeso dall'avv. Tiziano
Ugoccioni, con domicilio eletto presso l’avv. Eulo Cotza in Cagliari,
piazza Michelangelo N.14;
contro
Consorzio Zona Industriale Macomer, in persona del
legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avv. Matilde Mura, con
domicilio eletto presso il suo studio in Cagliari, via Ancona N.3; Regione
Sardegna;
per l'annullamento
risarcimento danni a seguito di illegittima
esclusione da licitazione privata.
Visti il ricorso e i relativi
allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Zona
Industriale Macomer;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli
atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre
2014 il dott. Giorgio Manca e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con avviso di gara pubblicato in data 22
novembre 2011 (doc. 1 produzioni del ricorrente), il Consorzio per la Zona
Industriale di Macomer manifestava l’intenzione di procedere, mediante
licitazione privata, all’appalto dei lavori relativi all’ampliamento
dell’impianto di trattamento R.S.U. del bacino della Costa Nord
Occidentale della Sardegna. L’importo a base d’asta per la realizzazione
dei suddetti lavori veniva fissato in £ 21.023.000.000, pari a €
10.857.473,39.
La Secit S.p.A., insieme ad altre imprese, veniva
invitata a partecipare alla suddetta procedura, con lettera datata 16
dicembre 1994 (doc. 3 produzioni del ricorrente) e pervenuta alla
ricorrente il successivo 19 dicembre, nella quale l’Amministrazione
precisava che la gara si sarebbe tenuta in data 30 dicembre 1994.
Ritenendo eccessivamente breve il termine assegnato per la
presentazione delle relative offerte, attesa anche la complessità dei
lavori oggetto di gara, la Secit chiedeva al Consorzio una proroga
del termine, per poter predisporre la propria offerta, ma tale la
richiesta non veniva accolta; pertanto, l’odierna ricorrente si vedeva
preclusa la partecipazione alla gara.
La gara, a cui prendevano parte
solo due delle quattordici imprese invitate dall’Amministrazione, si
concludeva con l’aggiudicazione a favore della società Ecologia, per un
importo di £ 16.736.752.600 (pari a € 8.643.811,04).
2. – La Secit, lamentando l’illegittimità dell’intera procedura, con
riferimento all’incongruità dei tempi accordati per la presentazione delle
offerte e alla violazione della disciplina relativa ai presupposti per il
ricorso alla procedura della licitazione privata (art. 15 del D. Lgs. n.
406/1991, applicabile ratione temporis), adiva questo T.A.R.
chiedendo l’annullamento di tutti gli atti relativi alla gara. Con
sentenza n. 406/2004, il T.A.R. Sardegna accoglieva le censure sopra
riferite, annullando gli atti impugnati. Tale pronuncia veniva poi
integralmente confermata, in appello, dal Consiglio di Stato, sez. V, 1°
luglio 2005, n. 3679.
3. – Con il ricorso in esame, la Secit chiede il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla illegittima
esclusione dalla gara di cui trattasi, qualificando tale pregiudizio come
danno da perdita di chance, attesa l’impossibilità di ottenere
tutela in forma specifica, a causa dell’integrale esecuzione dei lavori
oggetto di gara, da parte dell’impresa risultata illegittima
aggiudicataria.
A sostegno della domanda, la ricorrente rileva
l’esistenza di tutti gli elementi della fattispecie risarcitoria.
In
particolare, per quanto concerne l’ingiustizia del danno, questa si
ravviserebbe nella lesione dell’interesse legittimo alla partecipazione
alla gara, in vista dell’aggiudicazione dei lavori, con definitiva perdita
della chance di conseguire il bene della vita.
Quanto
all’illegittimità dell’agire del Consorzio, essa risulta accertata
definitivamente dal giudice amministrativo, con le pronunce sopra
richiamate. Illegittimità che sarebbe sufficiente a fondare l’addebito di
colpa in capo all’Amministrazione, ancorché – rileva la ricorrente nella
successiva memoria depositata in data 22 gennaio 2014 – tale elemento
soggettivo non sia più richiesto in materia di appalti, sussistendo ormai
una responsabilità di tipo oggettivo in capo alla stazione appaltante.
Parimenti, dimostrata sarebbe anche la sussistenza del nesso causale
tra l’illegittimità perpetrata e la lesione subita, posto che se
l’Amministrazione avesse agito correttamente – in particolare, concedendo
un termine congruo per la presentazione delle offerte – l’odierna
ricorrente non avrebbe subito la lesione dell’interesse a partecipare alla
gara, in vista dell’aggiudicazione dei lavori.
4. – In ordine al quantum debeatur la ricorrente, richiamando l’applicazione dei
criteri utilizzati dalla giurisprudenza ai fini del calcolo del danno da
perdita di chance, quantifica come segue il pregiudizio di cui
chiede il risarcimento:
- in via principale, nella misura di €
372.773,26, comprensivo del mancato guadagno da stimarsi in € 361.915,78
(somma costituente il 10% dell’importo di € 10.857.473,39, posto a base di
gara, diviso per il numero di partecipanti alla stessa, ovvero tre
compresa la ricorrente); e del cosiddetto “danno curriculare”, da stimarsi
in € 10.857,48 (somma costituente il 3% dell’importo da liquidarsi a
titolo di lucro cessante);
- in via subordinata (cfr. memoria della
Secit del 22 gennaio 2014, pag. 7), nella misura di € 296.770,84,
comprensiva del mancato guadagno da stimarsi in € 288.127,03 (somma
costituente il 10% del corrispettivo di € 8.643.811,04, offerto
dall’impresa risultata aggiudicataria, diviso per il numero di
partecipanti alla gara), nonchè del cosiddetto “danno curriculare”, da
stimarsi in € 8.643,81 (somma costituente il 3% dell’importo da liquidarsi
a titolo di lucro cessante, come ricalcolato in base al parametro del
prezzo offerto dall’aggiudicataria).
5.– Si è costituito in giudizio
il Consorzio per la Zona Industriale di Macomer chiedendo che il ricorso
sia respinto. In particolare, sull’an della pretesa risarcitoria,
l’Amministrazione deduce l’insussistenza dei presupposti per il
riconoscimento del diritto al risarcimento. La ricorrente, difatti, non
avrebbe provato di aver subito un danno da perdita di chance,
intesa non quale mera aspettativa di fatto giuridicamente irrilevante, ma
effettiva possibilità di conseguire il risultato utile (ovvero
l’aggiudicazione), ma si sarebbe limitata ad affermare l’esistenza del
danno in re ipsa, non avendo dimostrato né di possedere – all’epoca
dell’indizione della gara – i requisiti di partecipazione prescritti, né
che la propria offerta sarebbe stata migliore di quella risultata poi
vincente, né che l’offerta stessa sarebbe stata congrua e non anomala,
considerato anche che, ove un termine più lungo fosse stato effettivamente
concesso, anche altre imprese (oltre alle 14 invitate) avrebbero potuto
partecipare alla gara, riducendosi ulteriormente per la Secit la chance di conseguire l’aggiudicazione.
Parimenti, la ricorrente
non avrebbe fornito idonea dimostrazione dell’esistenza degli ulteriori
elementi del nesso causale e della colpa.
Sul quantum del
risarcimento, il Consorzio contesta la quantificazione operata dalla
ricorrente sotto svariati profili. In primo luogo, il mancato utile
andrebbe calcolato in percentuale rispetto all’importo oggetto del
contratto stipulato con l’aggiudicataria, e non rispetto a quello posto a
base d’asta; in secondo luogo, la misura percentuale non può essere
superiore al 5% dell’importo suddetto, dovendosi detrarre dal mancato
utile il cosiddetto aliunde perceptum, non avendo la ricorrente
fornito la prova del mancato utilizzo dei propri mezzi e maestranze in
altri appalti, durante tutto il periodo in cui il contratto ha avuto
esecuzione; in terzo luogo, l’importo così ottenuto dovrebbe essere diviso
non per il numero degli effettivi partecipanti alla gara ma per il numero
delle imprese invitate dall’Amministrazione a partecipare alla stessa,
ovvero quattordici; infine, nessun danno curriculare può essere
riconosciuto alla ricorrente, la quale non ha fornito la relativa prova.
6. – All’udienza pubblica del 22 ottobre 2014, la causa è stata
trattenuta in decisione.
7. – Le questioni proposte col ricorso in
esame impongono il preliminare inquadramento della nozione di chance risarcibile.
Per giurisprudenza ormai pacifica la chance
costituisce una posta autonoma del patrimonio del soggetto, che, peraltro,
assume rilevanza giuridica ai fini risarcitori solo in presenza di una
condotta illecita da parte dell’Amministrazione che abbia inciso sulla
probabilità di conseguire il bene della vita. La chance risarcibile, in altri termini, deve identificarsi con la probabilità di
conseguire il risultato utile, in base a un giudizio prognostico che tenga
conto delle particolarità del caso concreto. Probabilità che non deve,
evidentemente, sfociare nella certezza dell’aggiudicazione, posto che il
pregiudizio subito nell’ipotesi in considerazione non consiste nella
mancata aggiudicazione, ma nella (definitiva) perdita della chance di
conseguirla, in quanto tale (in termini più estesi si veda, peraltro,
Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 99, che identifica la chance risarcibile nella «astratta possibilità di un esito
favorevole», invocando in senso conforme anche Cons. St., VI, 18
dicembre 2001, n. 6281).
Il che si riflette sul piano probatorio, in
quanto il ricorrente – ai sensi dell’art. 124 c.p.a. – non dovrà
dimostrare che, in mancanza di esclusione dalla procedura, avrebbe
ottenuto l’aggiudicazione, ma solamente che avrebbe avuto una rilevante chance di successo, nel senso sopra precisato.
7.1. - Nel caso
di specie, la pretesa della Secit al risarcimento del danno da
perdita di chance è fondata.
7.2. – In via del tutto
preliminare, si devono disattendere le conclusioni del Consorzio secondo
cui nessun risarcimento spetterebbe alla ricorrente, non avendo essa
dimostrato di possedere i requisiti per la partecipazione alla gara,
prescritti nella lettera d’invito.
7.3. – Per consolidata
giurisprudenza (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 16 maggio 2011,
n. 2945), nella licitazione privata – sistema di gara attualmente
corrispondente alla procedura ristretta – l’inoltro delle lettere d’invito
segue a una fase di prequalificazione funzionalmente diretta ad una prima
selezione di soggetti da invitare, prodromica al procedimento selettivo
vero e proprio. In questo tipo di procedure sussiste, cioè, una netta
separazione fra l’accertamento dei requisiti soggettivi di partecipazione
delle imprese, che si svolge nella fase della preselezione; e la
valutazione delle offerte, sotto il profilo tecnico ed economico,
riservata alla successiva fase del procedimento, che si apre con la
lettera d’invito. Distinzione che emerge chiaramente dalla disciplina
contenuta nell’art. 55, comma 6, del codice dei contratti pubblici (d.lgs.
n. 163/2006), secondo cui «sono invitati tutti i soggetti che ne
abbiano fatto richiesta e che siano in possesso dei requisiti di
qualificazione previsti dal bando, salvo quanto previsto dall'articolo 62
e dall'articolo 177 ».
7.4. - Ne deriva che il semplice inoltro
della lettera d’invito alla Secit , da parte del Consorzio dimostra
come tale società, al pari delle altre imprese invitate a formulare
offerta, sia stata giudicata dalla stazione appaltante sufficientemente
qualificata per partecipare alla gara in esame.
A tale accertamento
non è possibile sovrapporre l’altro, avente ad oggetto i requisiti
sostanziali prescritti dalla lettera d’invito e riferito non all’impresa
partecipante ma all’offerta. Requisiti di cui, evidentemente, non è dato
discutere in questa sede, essendo mancata una qualsiasi offerta della
società ricorrente.
7.5. – Venendo ai presupposti per il riconoscimento
della risarcibilità del danno per cui è causa, occorre preliminarmente
osservare come, nella fattispecie concreta, non sembra contestabile che
l’illegittimità dell’agire da parte dell’Amministrazione – accertata dal
giudice amministrativo – abbia compromesso definitivamente la chance della società ricorrente di aggiudicarsi i lavori oggetto di
gara, non avendo la stessa potuto formulare un’offerta per via della
incongruità del termine fissato dalla stazione appaltante.
Si tratta,
invece, di stabilire se la chance in questione sia giuridicamente
rilevante ai fini risarcitori.
Sul punto, ritiene il Collegio che
nella fattispecie concreta sussistesse per la Secit una rilevante
probabilità di aggiudicarsi i lavori. Ciò emerge da alcuni elementi
concreti, indicati dalla ricorrente, quali l’esperienza e il prestigio da
essa vantato nel mercato di riferimento, nonché il numero esiguo di
imprese effettivamente partecipanti alla gara, ovvero solo due.
7.6. -
Al riguardo, non sono condivisibili le deduzioni del Consorzio resistente,
secondo cui non esisterebbe una rilevante probabilità per la Secit di aggiudicarsi la gara, atteso che – laddove l’Amministrazione avesse
effettivamente concesso una proroga del termine per la presentazione delle
offerte – anche altre imprese, oltre alla Secit, avrebbero potuto
formulare la propria offerta e quindi partecipare alla gara, con riduzione
significativa delle chance di successo per la società ricorrente.
Il giudizio prognostico, da svolgere necessariamente ex ante ,
ai fini dell’accertamento della sussistenza della probabilità di
conseguire il provvedimento favorevole (nel senso più volte precisato),
non può basarsi su elementi del tutto ipotetici ma deve essere agganciato
alla situazione di fatto che si è concretizzata a un dato momento.
Pertanto, non possono venire in considerazione le condotte di imprese
(diverse da quelle che hanno partecipato alla gara o che, quantomeno,
siano state invitate a farlo).
Del pari non convince l’assunto del
Consorzio, secondo cui la ricorrente non avrebbe dimostrato che la propria
offerta sarebbe stata migliore di quella risultata poi vincente, né che
fosse congrua e non anomala.
In realtà, posto che non si discute del
danno da mancata aggiudicazione, ma del danno da perdita di chance,
sulla ricorrente – come sopra precisato – non grava l’onere di dimostrare
che avrebbe ottenuto l’aggiudicazione, dovendosi limitare a provare che –
in assenza dell’illegittimità perpetrata dall’Amministrazione – avrebbe
avuto la probabilità di aggiudicarsi la gara.
7.7. - Ciò detto in
relazione alla sussistenza di un danno ingiusto, si deve rilevare la
presenza, altresì, degli altri elementi della fattispecie risarcitoria di
cui all’art. 2043 c.c., parametro generale in materia risarcitoria.
Sull’illegittimità della procedura condotta dal Consorzio, è
sufficiente il riferimento all’intervenuto accertamento giudiziale in via
definitiva della stessa.
Quanto al nesso di causalità fra condotta ed
evento dannoso, è evidente che se il Consorzio avesse correttamente
gestito la procedura, la Secit avrebbe avuto la possibilità di partecipare
alla gara, pertanto non si sarebbe verificata la lamentata lesione della
chance.
In ordine all’elemento soggettivo della fattispecie di
responsabilità civile dell’amministrazione, è assorbente il rilievo circa
il carattere oggettivo della responsabilità in materia di appalti, in
virtù dei principi affermati dalla giurisprudenza comunitaria (Corte di
Giustizia U.E., sez. III, 30 settembre 2010, in C-314/09) e recepiti da
quella nazionale (cfr., fra le tante, Cons. St., sez. III, 10 gennaio
2013, n. 99; sez. V, 24 febbraio 2011, n. 1193).
Per tutte le ragioni
suesposte, si deve affermare il diritto della Secit al risarcimento
del danno da perdita di chance.
8. – In ordine alla
quantificazione del danno risarcibile, non è del tutto condivisibile il
criterio di calcolo adottato dalla ricorrente, in quanto contrastante con
le indicazioni provenienti da giurisprudenza ormai consolidata.
8.1. –
In primo luogo, come correttamente eccepisce sul punto l’Amministrazione
resistente, il danno da perdita di chance deve essere calcolato
avendo come punto di riferimento (non l’importo posto a base d’asta, ma)
il corrispettivo pattuito in concreto tra l’amministrazione e
l’illegittima aggiudicataria, essendo «questo l’unico elemento
utilizzabile in assenza di partecipazione del danneggiato alla procedura
di gara» (Cons. St., sez. III, 10 gennaio 2013, n. 99).
8.2. – In
secondo luogo, costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello
per cui, anche in caso di risarcimento del danno per perdita di chance, dal mancato utile di cui sopra deve detrarsi l’ “aliunde
perceptum vel percipiendi”, fondato sulla ragionevole presunzione che
l’impresa, durante l’esecuzione del contratto di cui non ha ottenuto
l’aggiudicazione, non sia rimasta inerte ma abbia utilizzato i propri
mezzi e maestranze per altri lavori. Presunzione che, tuttavia, può essere
superata dalla ricorrente mediante idonea prova contraria, nella specie
non fornita.
Ne consegue che la misura percentuale non può essere
quella, indicata dalla Secit, pari al 10% del prezzo concretamente
pattuito per l’esecuzione della commessa, dovendosi essa ridurre in via
equitativa al 5%, ossia alla metà, secondo una prassi applicativa costante
in giurisprudenza (cfr., fra le tante, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 14
marzo 2013, n. 1467).
L’utile così calcolato, deve essere diviso per
il numero delle imprese che hanno partecipato alla gara (evidentemente
includendo in queste anche la ricorrente).
8.3. - Non merita, invece,
accoglimento la richiesta risarcitoria della ricorrente formulata con
riferimento al danno c.d. curriculare. Secondo quanto la Sezione ha
affermato in analoga occasione (T.A.R. Sardegna, sez. I, 17 giugno 2011,
n. 609), il «danno curriculare è il pregiudizio subito dall’impresa a
causa del mancato arricchimento del curriculum professionale, per non
poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa
del comportamento illegittimo dell’Amministrazione (Cons. Stato, VI, 9
giugno 2008, n. 2751, citata anche dalla ricorrente). (…) Ne deriva
come conseguenza che il danno curriculare deve essere risarcito solo nel
caso in cui si accerti che, se l’Amministrazione avesse operato
legittimamente, l’impresa sarebbe stata aggiudicataria ed avrebbe eseguito
l’appalto, potendolo così inserire nel proprio curriculum professionale
(così in giurisprudenza: Cons. Stato, VI, 18 marzo 2011, n. 1681; Cons.
Stato, IV, 27 novembre 2010, n. 8253; Cons. Stato, VI, 21 maggio 2009, n.
3144). (…)Infatti, proprio in questo consiste la differenza tra il
danno da perdita di chance e il danno curriculare: mentre il primo tende a
ristorare il pregiudizio subito dall’impresa alla quale è stata preclusa
la possibilità di partecipare alla gara (e di poter divenire
aggiudicataria), il secondo è volto a risarcire il pregiudizio subito
dall’impresa alla quale è stato impedito di essere
aggiudicataria».
Nel caso in esame, come già visto, è stata
accertata l’illegittimità della gara, ma non la spettanza
dell’aggiudicazione alla Secit .
Pertanto, la domanda di
risarcimento del danno curriculare deve essere rigettata.
9. - In
definitiva, in applicazione dei principi di cui sopra, il Consorzio per la
Zona Industriale di Macomer deve essere condannato a corrispondere in
favore della ricorrente, a titolo di risarcimento del danno, la somma di €
144.063,00 (pari al 5% del corrispettivo del contratto stipulato con
l’illegittima aggiudicataria, pari a € 8.643.811,04; diviso per il numero
delle imprese partecipanti alla gara, compresa la ricorrente, ovvero tre).
Tale somma deve essere rivalutata sulla base degli indici ufficiali ISTAT,
ai quali si fa rinvio, con decorrenza dal momento in cui hanno cominciato
a prodursi gli effetti dannosi della mancata partecipazione alla gara,
vale a dire dalla stipula del contratto fra l’amministrazione resistente e
l’affidatario illegittimo; e fino al deposito della presente sentenza.
Sull’importo finale così determinato, saranno computati gli ulteriori
interessi legali, di cui all’art. 1282 c.c., dal deposito della presente
sentenza fino al soddisfo.
10. – La disciplina delle spese giudiziali
segue la regola della soccombenza, nei termini di cui al
dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l’effetto, condanna il
Consorzio per la Zona Industriale di Macomer, in liquidazione, al
pagamento della somma di euro 144.063,00, in favore della ricorrente SECIT
S.p.A., oltre rivalutazione e interessi legali, nei limiti di cui al punto
9 della motivazione.
Condanna il Consorzio per la Zona Industriale di
Macomer, in liquidazione, al pagamento delle spese giudiziali in favore
della ricorrente, liquidate in euro 4.000,00, oltre accessori di legge e
rifusione del contributo unificato.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Cagliari
nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Alessandro Maggio, Presidente
Giorgio Manca,
Consigliere, Estensore
Gianluca Rovelli, Primo Referendario
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/11/2014
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