REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'
Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 51 del
2011, proposto da: G. A. B., rappresentato e difeso dagli avv. Paolo
Sportoletti e Giovanni Tarantini, con domicilio eletto presso Giovanni
Tarantini, in Perugia, via XIV Settembre, 69;
contro
Ferrovia Centrale Umbra - F.C.U. s.r.l.,
rappresentata e difesa dagli avv. Mario Rampini e Francesca Colombo, con
domicilio eletto presso Mario Rampini, in Perugia, piazza Piccinino n.9;
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, rappresentato e difeso per
legge dall' Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia, domiciliataria
in Perugia, via degli Offici, 14;
per la condanna
della F.C.U. s.r.l. ed in via subordinata ed
eventuale, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, al
risarcimento del danno per la mancata aggiudicazione della redazione del
progetto esecutivo integrato delle opere relative agli impianti per la
realizzazione della metropolitana di superficie Perugia S.Anna - Perugia
Fontivegge, per la somma pari a 70.754,60 euro oltre rivalutazione
monetaria ed interessi legali dalla data della mancata aggiudicazione sino
al saldo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti
di costituzione in giudizio della Ferrovia Centrale Umbra - F.C.U. s.r.l.
e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 22 ottobre 2014 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le
parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato
in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Espone l’odierno ricorrente di aver
partecipato alla gara indetta nell’anno 1996 dalla Gestione Governativa
della Ferrovia Centrale Umbra (F.C.U.) per l’affidamento della redazione
del progetto esecutivo integrato delle opere relative agli impianti per la
realizzazione della metropolitana di superficie Perugia S.Anna - Perugia
Fontivegge, classificandosi al secondo posto dietro il raggruppamento
Italfer SIS TAV - Metropolitana Milanese s.p.a. - Sintagma s.r.l..
Con
sentenza n. 517 del 25 giugno 2007, passata in giudicato, questo Tribunale
ha accolto il ricorso dell’Ing. Barbagallo ed annullato l’aggiudicazione
disposta con delibera del Commissario del 28 giugno 1996 dell’appalto de quo al raggruppamento Italfer, pur riscontrando la carenza in
capo all’odierno ricorrente dei requisiti di capacità tecnica richiesti
per l’ammissione, elemento non valutabile nel giudizio di annullamento
stante “l’inoppugnabilità degli atti di ammissione alla gara”.
Per
effetto della suddetto giudicato, l’ing. Barbagallo chiede la condanna
della F.C.U. s.r.l. - succeduta in tutti i rapporti pendenti della
Gestione commissariale Governativa per effetto dell’art. 11 c. 3 della
legge 166/2002 - ed in via subordinata ed eventuale del Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti, al risarcimento del danno per la mancata
aggiudicazione dell’appalto del servizio in questione per la somma di
70.754,60 euro, pari al 10 per cento dell’offerta formulata in sede di
gara, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali dalla data della
mancata aggiudicazione sino al saldo.
Ritiene il ricorrente che ove il
procedimento di aggiudicazione fosse stato legittimo, avrebbe con certezza
ottenuto l’aggiudicazione in luogo del raggruppamento Italfer, quale
operatore economico secondo classificato.
Quanto alla quantificazione
del danno (lucro cessante) subito, invoca l’applicazione del criterio
presuntivo legale di cui all’art. 345 della legge n. 2248/1865 all. F ora
trasfuso nell’art. 134 del Codice Contratti pubblici, ovvero di somma pari
al 10 % dell’offerta formulata in sede di gara
Si è costituito il
Ministero delle Infrastrutture, eccependo il proprio difetto di
legittimazione passiva ai sensi dell’art. 11 c. 3 della legge
166/2002.
Si è costituita Umbria T.P.L. e Mobilità s.p.a., successore a
titolo particolare dell’ex Gestione Governativa della F.C.U., chiedendo il
rigetto del gravame, stante l’infondatezza di tutte le censure ex
adverso dedotte, in sintesi evidenziando:
- l’intervenuta
prescrizione del diritto azionato, essendosi la pretesa risarcitoria
estinta il 28 giugno 2001 ovvero nel termine quinquennale di prescrizione
per le azioni risarcitorie da fatto illecito di cui all’art. 2947 c.c.,
decorrente dal fatto lesivo ovvero dal provvedimento di aggiudicazione
definitiva (28 giugno 1996) e non, come vorrebbe il ricorrente, dal
passaggio in giudicato della sentenza di annullamento;
- difetto di
legittimazione passiva della già F.C.U. s.r.l. ora Umbria T.P.L. e
Mobilità s.p.a. essendo quest’ultima succeduta alla prima per effetto di
successione a titolo particolare e non universale;
- la carenza del
presupposto, da ritenersi essenziale per il diritto al risarcimento del
danno da lesione di interesse legittimo, della c.d. “spettanza del bene
della vita”, non potendo il ricorrente aspirare alla partecipazione né
tantomeno all’aggiudicazione dell’appalto in questione per accertata
carenza dei requisiti di partecipazione richiesti;
- il mancato
assolvimento da parte del ricorrente dell’onere della prova circa il quantum del danno subito, non avendo allegato il dato relativo
all’effettivo utile di impresa che sarebbe derivato dall’esecuzione
dell’appalto, risultando espunti in subiecta materia, a seguito
dell’entrata in vigore dell’art. 124 c. 1 del Codice del processo
amministrativo, ogni criterio legale presuntivo.
Le parti hanno svolto
difese in vista della pubblica udienza del 22 ottobre 2014, nella quale la
causa è passata in decisione.
DIRITTO
2. Viene all’esame del Collegio l’azione di
condanna promossa dall’ing. Barbagallo nei confronti della Ferrovia
Centrale Umbria (F.C.U.) s.r.l. per il risarcimento del danno cagionato
dalla mancata aggiudicazione dell’appalto del servizio tecnico di
redazione del progetto esecutivo integrato delle opere relative agli
impianti per la realizzazione della metropolitana di superficie Perugia
S.Anna - Perugia Fontivegge, in seguito all’annullamento con sentenza n.
517 del 25 giugno 2007 disposto dall’adito Tribunale dell’aggiudicazione
effettuata il 28 giugno 1996 dalla Gestione governativa in favore del
raggruppamento Italferr.
Tale azione risarcitoria, conseguente alla
suddetta sentenza, viene esercitata nel presupposto della decorrenza del
relativo termine quinquennale di prescrizione dal giudicato di
annullamento del provvedimento illegittimo, quindi ritenendo non
applicabile alla fattispecie la nuova disciplina introdotta dall’art. 30
c. 3 cod. proc. amm. caratterizzata dall’ autonomia dell’azione
risarcitoria dalla tutela demolitoria.
2.1 Ritiene la difesa della
convenuta Umbria T.P.L. e Mobilità s.p.a., successore a titolo particolare
dell’ex Gestione Governativa della F.C.U., che il termine di prescrizione
debba decorrere dal fatto lesivo anche per le azioni risarcitorie promosse
in relazione a provvedimenti illegittimi emanati prima dell’entrata in
vigore del Codice del processo amministrativo approvato con D.lgs. 2
luglio 2010 n. 104, laddove in giurisprudenza si affermava già il
superamento della c.d. pregiudizialità amministrativa. Anche tali azioni
si sarebbero dovute proporre in via autonoma rispetto al giudizio di
annullamento, richiamandosi all’orientamento espresso dalle Sezioni Unite
della Cassazione (ord. 13 giugno 2006, nn. 13659 e 13660; id. sent. 8
aprile 2008, n.9040).
Al contrario, il ricorrente contesta apertamente
tale tesi, poiché al momento della proposizione (1996) della domanda di
annullamento dell’aggiudicazione non solo non risultava affatto superata
la pregiudiziale amministrativa, ma la richiesta di tutela risarcitoria
non sarebbe nemmeno stata proponibile.
2.2. Sulla questione della
individuazione della decorrenza del termine di prescrizione per le azioni
risarcitorie promosse prima dell’entrata in vigore del Codice del Processo
amministrativo è intervenuto recentemente il Collegio (sentenza 30 gennaio
2014 n. 87 a cui si fa espresso rinvio) ritenendo preferibile l’adesione
alla tesi minoritaria (T.A.R. Lazio Roma sez. II, 1 luglio 2013, n.6495)
che individua il dies a quo nel passaggio in giudicato della
sentenza di annullamento, in quanto, in tale contesto, la regola della
pregiudizialità assurgeva a regola di “diritto vivente” riconoscendo alla
domanda di annullamento effetto interruttivo della prescrizione
dell’azione risarcitoria sino a tutta la durata del giudizio di
annullamento.
Come infatti già evidenziato dal Collegio, militano a
favore di tale interpretazione, in sintesi, ragioni sia di giustizia
sostanziale che di rispetto dei principi costituzionali (artt. 3, 24, 97,
103 e 113 Cost.), oltre che dell’art. 6 della Convenzione Europea dei
Diritti dell’Uomo (diritto ad un processo equo) così come interpretato
dalla Corte di Strasburgo, finendosi altrimenti per creare a vantaggio
della P.A. una ingiustificata “zona franca” in tema di responsabilità
aquiliana in danno di coloro che potevano vantare un vero e proprio
affidamento processuale sulla base della prassi interpretativa
consolidatasi al momento della domanda giudiziale e fatta propria da ben
due decisioni dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (26 marzo
2003, n. 4; id. 22 ottobre 2007 n.12).
Infatti, individuare la
decorrenza del termine nel fatto lesivo ovvero nell’adozione del
provvedimento illegittimo anche in tali ipotesi comporterebbe il
riconoscimento di un valore retroattivo al disposto di cui agli artt. 30
c. 1 e 34 c. 2 e 3 del cod. proc. amm. mentre la normativa in questione ha
indubbio carattere innovativo dell’ordinamento.
2.3. Ciò premesso,
l’azione risarcitoria per cui è causa, diversamente dalla fattispecie
decisa con la citata sentenza n. 87/2014, risulta proposta in relazione a
eventi di danno parimenti verificatisi prima dell’entrata in vigore del
Codice del processo amministrativo ma con ricorso notificato
successivamente (17 gennaio 2011) seppur entro il termine quinquennale
decorrente dalla sentenza di annullamento (25 giugno 2007).
Risulta
pertanto quantomeno discutibile argomentare, anche in tali casi, nel senso
della individuazione del dies a quo del termine prescrizionale nel
passaggio in giudicato della sentenza di annullamento, poiché il termine
decadenziale introdotto in senso innovativo dall’art. 30 c. 3 cod. proc.
amm. potrebbe valere, in ipotesi, anche in riferimento alle domande
risarcitorie da provvedimento illegittimo azionabili per effetto di
sentenze di annullamento depositate prima dell’entrata in vigore del
Codice, quale termine sostanzialmente a sanatoria. In altre parole, al
fine del rispetto del parametro di diligenza di cui all’art. 1227 c.c.
(Consiglio di Stato Ad. Pl. n. 3/2011) dovrebbe dirsi esigibile da parte
del soggetto danneggiato l’onere di promuovere l’azione risarcitoria
autonoma nel termine decadenziale di 120 giorni decorrente dall’entrata in
vigore (16 settembre 2010) del D.lgs. 104/2010, non potendo più attendere
il decorso del termine quinquennale dal passaggio in giudicato.
Così
opinando, l’azione risarcitoria, proposta con ricorso notificato il 17
gennaio 2011, sarebbe allora inammissibile in quanto proposta oltre il
termine decadenziale di 120 giorni decorrente dal 16 settembre 2010, data
di entrata in vigore del Codice, e scaduto il 14 gennaio 2011.
2.4. Non
ritiene comunque il Collegio di dover affrontare funditus la
questione (né l’ulteriore questione del difetto di legittimazione
eccepita) dal momento che l’azione risarcitoria proposta è manifestamente
infondata.
3. In termini generali, in materia di risarcimento degli
interessi legittimi pretensivi - come quello azionato con il ricorso in
epigrafe - la giurisprudenza ha univocamente sottolineato come il
riconoscimento del diritto al risarcimento debba necessariamente passare
attraverso un giudizio prognostico in ordine all'effettiva spettanza del
c.d. bene della vita interessato dalla vicenda (in questo caso,
l'aggiudicazione dell’appalto) e, quindi, all'effettiva dimostrazione che
l'aspirazione al provvedimento sia in concreto destinata ad avere esito
favorevole, id est all'avvenuta e concludente dimostrazione della
spettanza definitiva e ragionevolmente certa, mediante il corretto
sviluppo dell'azione amministrativa, del bene sostanziale della vita
collegato a un tale interesse e comunque fermo l'ambito proprio della
discrezionalità amministrativa (ex multis Consiglio di Stato sez.
V, 14 ottobre 2014, n.5115; id. sez. IV, 15 settembre 2014, n. 4679;
T.A.R. Toscana sez. II, 7 maggio 2014, n.785; T.A.R. Campania, Napoli,
sez. V, 2 dicembre 2013 n. 5476; T.A.R. Molise, 22 novembre 2013, n. 669;
T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 23 luglio 2013, n. 7480)
Trattasi in
realtà di impostazione risalente alla fondamentale decisione delle Sezioni
Unite della Cassazione 22 luglio 1999 n. 500.
Con precipuo riferimento
al danno da mancata aggiudicazione di appalti pubblici, è necessario che
il ricorrente dia prova della certezza o quantomeno di una rilevante
probabilità di conseguirlo (ex plurimis Consiglio di Stato sez. IV,
7 marzo 2013, n. 1403) e deve essere escluso laddove si accerti che
giammai avrebbe potuto conseguirlo, come nel caso di un'impresa esclusa
illegittimamente da una procedura di appalto la quale tuttavia non avrebbe
potuto ottenere l'aggiudicazione, a causa di una ingiustificata anomalia
dell'offerta (T.A.R. Toscana sez. I, 27 maggio 2013, n.831) o, come nel
caso di specie, di carenza degli stessi requisiti di capacità tecnica per
la partecipazione alla gara.
Nella fattispecie per cui è causa, la
sentenza di annullamento invocata a presupposto dell’azione risarcitoria
non solo non contiene alcuna valutazione definitiva in ordine al rapporto
giuridico controverso, ma esclude in realtà la stessa spettanza
dell’aggiudicazione per accertata carenza in capo al ricorrente dei
requisiti di partecipazione alla gara, circostanza non apprezzata in sede
di giudizio di annullamento (al fine dell’inammissibilità per carenza di
interesse) solo per l’intervenuta inoppugnabilità degli atti di
ammissione.
4. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va
respinto.
Sussistono giusti motivi ai sensi degli artt. 26 cod. proc.
amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite, attesa
la complessità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 22 ottobre 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Stefano
Fantini, Consigliere
Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/12/2014