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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II QUATER - Sentenza 27 ottobre 2014 n. 10742
Pres. Pugliese – Est. Altavista
D.M. ed altri (avv.ti Campagnola e Galano) c/ Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avvocatura dello Stato)


1. Procedimento amministrativo – art. 19, l. n. 241 del 1990 – s.c.i.a – Applicabilità – Fattispecie – Acquisizione dei requisiti per l’inserimento nell’albo dei restauratori dei beni culturali – Inapplicabilità

 

2. Procedimento amministrativo – Selezione pubblica per il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali – Sospensione della selezione in quanto oggetto di impugnazione giurisdizionale ed in attesa di una nuova modifica legislativa – Scelta discrezionale non irragionevole –Legittimità

 

 

1. Premesso che l’art 19 della legge n. 241 del 1990, nel testo modificato dal d.l. 78 del 2010, conv. nella legge n. 122 del 2010, introduttivo della s.c.i.a., ha ad oggetto atti di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali – esclusione che sicuramente interessa i restauratori – va escluso che la s.c.i.a. possa utilizzarsi per l’iscrizione nell’elenco dei restauratori di beni culturali poiché essa è prevista per la iscrizione in albi relativi ad attività imprenditoriale, commerciale o artigianale mentre, nel caso di specie, si tratta dell’accertamento di requisiti per l’acquisizione di una qualifica professionale, ipotesi non disciplinata dall’art 19, non senza considerare che si tratta dell’applicazione di una disciplina transitoria, che ha dato rilevanza, in via eccezionale, ad attività svolte in via di fatto, senza l’acquisizione del relativo titolo di studio, mentre, nel sistema a regime, è necessario un titolo conseguito a seguito di un corso di formazione per diplomati di scuola superiore e superamento del relativo esame finale.

 

2. E’ infondata l’impugnazione proposta avverso l’atto di sospensione della selezione per il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali, trattandosi di una scelta discrezionale dell’Amministrazione non illogica né manifestamente irragionevole, in relazione alle particolari vicende normative che hanno caratterizzato la istituzione della qualifica professionale di restauratore ed anche la particolare natura di diritto transitorio che interessa la materia.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 1280 del 2011, proposto da: Daria Montemaggiori, Mariconda Maria, Salvatori Sabrina, Basilissi Vilma, Conti Paola, Furci Marina, Ghedin Lucia, Ceroli Gabriella, Colonnello Domizia, Percoco Alessandra, Montedoro Alessandra, Salvati Sergio, Della Porta Roberto, Alberti Livia, Tavazzi Carola, Caterini Gabriella, Docci Antonella, Beltrami Cristiana, Scirpa Francesca, Pastorello Paolo, Ferrucci Fabiano, Tomeucci Ambra, Bartoli Maria, Angelini Marina, Sabatini Monica, Nobili Simona, Conti Laura, Tocci Laura, Maugeri Marina, Carbonaro Claudio, Fondi Fabiana, Ravanel Nathalie Marie Laurence, Nicolai Maria Ludovica, Camiz Claudia, Micangeli Manuela, Fiacchi Pierangelo, Dinca' Tudor, Ruggeri Laura, Colacicchi Alessandri Olimpia, Pittella Giuseppe, De Filippis Giuseppe, Ceriotti Maria, Vuerich Simona, Bonamore Silvia, Villa Valeria, Guerrini Angela, Giordano Giuseppe, Zuliani Irene, Luzi Daniela, Borghini Silvia, Valentini Valeria, Bertorello Carla, Chilosi Maria Grazia, Coppola Rosanna, Papetti Debora, Martellotti Giovanna, Gittins Mark, Ciardi Maria Rita, Maletto Francesca, Gottardo Michela, Schneider Kristian Michael, Righetti Isabella, Borgogno Roberto, Costantini Giuseppe Maria, Maffei Anna, Graziosi Francesca, Naldoni Nicoletta, Spoltore Anna, Ruggio Emanuela, Risolo Maria Alessandra, Corradino Gaetano, Brancaccio Valeria, Cavaniglia Paola, Tautschnig Gerlinde Jona, Tomasi Carla; ARI - Associazione Restauratori Italiani; rappresentati e difesi dagli avv. Antonio Campagnola, Monica Galano, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via Lutezia, 8;

contro



Ministero per i beni e le attivita' culturali, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, con domicilio in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento



dell’avviso del 19 -11-2010 con la quale si è data comunicazione pubblica della inammissibilità del ricorso al procedimento di cui all’art 19 legge 241 del 1990 per l’ inserimento nell’elenco dei restauratori di beni culturali;
dell’avviso del 23 novembre 2010 di sospensione del procedimento di selezione pubblica per il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali e del paesaggio e di collaboratore di restauratore di beni culturali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attivita' culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



Con il presente ricorso sono stati impugnati la nota del segretario generale del Ministero per i beni culturali del 19 novembre 2010 denominata “avviso pubblico” , con la quale si dava comunicazione della inammissibilità del ricorso al procedimento di cui all’art 19 legge 241 del 1990 per l’ inserimento nell’elenco dei restauratori di beni culturali; la comunicazione del detto segretario generale del 23 novembre 2010, inviata al Ministero della Giustizia per la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale dell’ avviso di sospensione del procedimento di selezione pubblica per il conseguimento della qualifica di restauratore di beni culturali e del paesaggio e di collaboratore restauratore di beni culturali.
Per comprendere la questione è necessario richiamare le vicende che hanno interessato, anche a livello legislativo, la istituzione della qualifica di restauratore di beni culturali e ancora prima la istituzione del diploma delle scuole di restauro e del diploma di laurea, a seguito di corsi quadriennali, comunque relativamente recenti rispetto alla attività concretamente svolta dai restauratori in mancanza di un apposito titolo di studio o solo a seguito di corsi biennali.
La qualifica di restauratore, infatti, non aveva alcuna disciplina fino al 2000, quando, con l’intervento del d.m. n. 294 sono stati individuati i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici, nell’ambito del sistema di qualificazione previsto per i lavori pubblici, requisiti successivamente modificati dal d.m. 420 del 2001. Entrambi i decreti davano rilevanza ai diplomi delle scuole di restauro, in primo luogo ai diplomi conseguiti a seguito del corso quadriennale presso le scuole di restauro statali di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 (Istituto centrale del restauro; Opificio delle pietre dure); ma anche alla attività di restauro se esercitata per un congruo numero di anni. In particolare, tale attività poteva rilevare in mancanza di un corso di studi se svolta per otto anni; anche per un periodo minore, se accompagnata dal conseguimento di diplomi a seguito di corsi e scuole biennali.
Il decreto del 2001, peraltro, privilegiava l’acquisto della qualifica tramite il conseguimento del diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368 di durata non inferiore a quattro anni, ovvero un diploma di laurea universitaria specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, pur mantenendo la possibilità di acquisto della qualifica anche a seguito dello svolgimento della attività di restauro per otto anni o per un periodo minore se accompagnato dal conseguimento di un diploma a conclusione di un corso biennale delle scuole di restauro statali o regionali.
Con il codice dei beni culturali, d.lgs. n. 42 del 2004, all’art 29, sono state introdotte una generale disciplina del restauro di beni culturali e della relativa qualifica professionale, peraltro, rinviando a successivi decreti ministeriali sia per i profili di competenza dei restauratori (comma 7) sia per la disciplina dei corsi di insegnamento, comunque, impartito dalle scuole di alta formazione e di studio istituite ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, nonché dai centri di cui al comma 11 e dagli altri soggetti pubblici e privati accreditati presso lo Stato ( comma 9).
Per tenere conto delle varie situazioni professionali fino ad allora esistenti, all’art 182 è stato inserito un regime transitorio che salvaguardava le posizioni di coloro che avessero svolto attività di restauro prima della istituzione dei relativi corsi di studi; in particolare l’art 182 nel testo originario del codice dei beni culturali salvaguardava tali posizioni, rinviando alla disciplina dei d.m. del 2000 e del 2001, estendendo, rispetto a tale disciplina, la possibilità di cumulare attività pratica e di studio a coloro che fossero iscritti ai corsi delle scuole di restauro statali o regionali per l’anno 2002- 2003 al momento della entrata in vigore del codice, pur senza aver ancora conseguito il relativo diploma.
E’ poi intervenuto il d.lgs. n. 152 del 2006, correttivo del codice del beni culturali, che ha mantenuto il regime transitorio dell’art 182, modificando la norma, riprendendo esplicitamente le previsioni, che erano state dettate dai d.m. 294 del 2000 e 420 del 2001, con riguardo all’acquisizione della qualificazione per i lavori pubblici, riferendole all’acquisto della qualifica professionale di restauratore, e affermando espressamente, introducendo il comma 9 bis all’art 29, che tale qualifica per il futuro sarebbe stata conseguibile solo tramite il diploma delle relative scuole.
In base alla disciplina dell’art 182 del codice dei beni culturali introdotta con il d.lgs. 152 del 2006, infatti, agli effetti indicati all'articolo 29, comma 9-bis, acquisiva la qualifica di restauratore di beni culturali:
a) colui che avesse conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
b) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, avesse conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed avesse svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;
c) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, avesse svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.
Inoltre, era data una certa rilevanza ad un periodo minore di attività per chi si sottoponeva ad una prova di abilitazione. Ai sensi del comma 1 bis, infatti, poteva acquisire la qualifica di restauratore di beni culturali, ai medesimi effetti indicati all'articolo 29, comma 9-bis, previo superamento di una prova di idoneità con valore di esame di stato abilitante, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro da emanarsi di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, entro il 30 ottobre 2006: a) colui che, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, avesse svolto, per un periodo almeno pari a quattro anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368;
b) colui che avesse conseguito o conseguisse un diploma in restauro presso le accademie di belle arti con insegnamento almeno triennale, purché iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
c) colui che avesse conseguito o conseguisse un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni, purché iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004;
d) colui che conseguisse un diploma di laurea specialistica in conservazione e restauro del patrimonio storico-artistico, purché iscritto ai relativi corsi prima della data del 1° maggio 2004.
L’art 29 comma 9 bis esplicitava ciò che era stato già alla base della disciplina dell’art 29 nel testo del 2004 ovvero che a seguito della entrata in vigore dei decreti ministeriali relativi ai corsi e ai profili di competenza dei restauratori previsti dai commi 7, 8 e 9, “agli effetti dell'esecuzione degli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili e superfici decorate di beni architettonici, nonché agli effetti del possesso dei requisiti di qualificazione da parte dei soggetti esecutori di detti lavori, la qualifica di restauratore di beni culturali è acquisita esclusivamente in applicazione delle predette disposizioni”.
Il d.lgs. 156 inseriva, altresì, la figura collaboratore restauratore di beni culturali.
Successivamente la disciplina dell’art 182 è stata oggetto di varie proroghe in via legislativa in particolare con riferimento alla posizione di coloro che potevano partecipare alla prova di idoneità; infatti, è stato più volte prorogato il termine per l’emanazione del bando per la prova di idoneità; è stato, altresì, spostato il termine per il periodo di iscrizione alle scuole, fino al 2006; mentre per l’attività di restauro di quattro anni rilevante, ai fini della partecipazione alla prova di idoneità, è stato posto, con l’ultima il proroga, il termine del 2009 (d.l. 28 dicembre 2006, n. 300, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 2007, n. 17.; d.lgs. 26 marzo 2008, n. 62 , d.l. 30 dicembre 2009, n. 194, convertito, con modificazioni, dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25). Era stata, invece, mantenuta ferma la previsione del limite del 2001 per il periodo di attività di otto anni rilevante per l’iscrizione senza alcun corso di studi.
Infine, successivamente alla proposizione del presente ricorso , è intervenuta la legge n. 7 del 2013, che ha modificato totalmente la disciplina transitoria dell’art 182.
Tale norma , infatti, nel testo del 2013, ha previsto espressamente ciò che era stato avviato dal Ministero in via amministrativa, nella vigenza del testo precedente, ovvero una selezione pubblica (quella sospesa con l’atto qui impugnato) per la valutazione dei requisiti per la iscrizione nell’elenco dei restauratori.
Ai sensi dell’art 182 oggi vigente, la qualifica di restauratore di beni culturali, in via transitoria, è attribuita a seguito di una procedura di selezione pubblica (da concludere entro il 30 giugno 2015), con provvedimenti del Ministero che danno luogo all'inserimento in un apposito elenco suddiviso per settori di competenza e reso accessibile a tutti gli interessati.
Ai sensi del comma 1 ter, la procedura di selezione pubblica, indetta entro il 31 dicembre 2012, consiste nella valutazione dei titoli e delle attività, e nella attribuzione dei punteggi, indicati nell'allegato B del codice .
Nella tabella dell’allegato B si dà ancora rilevanza all’attività di restauro esercitata senza alcun titolo di studio, però, per la iscrizione è necessario un punteggio minimo, che viene attribuito in base sia agli studi effettuati che all’attività svolta; soprattutto i titoli di studio rilevano se conseguiti alla data del 30 giugno 2012, nonché se conseguiti entro la data del 31 dicembre 2014 dagli iscritti ai relativi corsi alla data del 30 giugno 2012. “Il punteggio per l'attività di restauro spetta per l’attività presa in carico alla data di entrata in vigore della presente disposizione e conclusasi entro il 31 dicembre 2014”. Sostanzialmente, tramite l’attribuzione del punteggio per i titoli di studio o per l’attività o per entrambi in maniera cumulativa e con la considerazione di tutti i titoli posseduti al 2012 o al 2014, sono state equiparate le posizioni professionali di coloro che rientrano nel diritto transitorio, posizioni che erano prima differenziate dalla normativa in relazione ai vari periodi di conseguimento dei diplomi, di iscrizione ai corsi di studi o di esercizio dell’attività di restauro.
L’Avvocatura dello Stato sostiene che la nuova disciplina dell’art. 182 avrebbe fatto venire meno l’interesse al presente ricorso.
Tale eccezione non può essere accolta, in quanto l’interesse dei ricorrenti, azionato con la presentazione del ricorso, è proprio quello di evitare la applicazione della nuova disciplina e di essere iscritti nell’elenco prima della modifica legislativa; questo è infatti è l’interesse ad impugnare la nota ministeriale di sospensione della selezione pubblica, motivata dal segretario generale del Ministero proprio sulla base della revisione legislativa dell’art 182.
In ogni caso, si può prescindere dalla valutazione della concretezza ed attualità dell’interesse anche al momento di proposizione del presente ricorso, in relazione all’ evidente infondatezza delle impugnazioni proposte avverso i due atti .
I ricorrenti sostengono che la disciplina transitoria vigente al momento di presentazione del ricorso ovvero nel 2011, avrebbe consentito loro l’iscrizione nell’elenco tramite l’applicazione dell’art. 19 della legge n. 241 del 1990, negata in via generale dal Ministero con la nota impugnata.
Le argomentazioni dei ricorrenti non sono suscettibili di accoglimento.
Il testo dell’art 182, vigente al momento della proposizione del ricorso prevedeva, infatti, l’iscrizione nell’elenco di : a) chi conseguisse un diploma presso una scuola di restauro statale di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, purché iscritto ai relativi corsi prima della data del 31 gennaio 2006; b) chi, alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, avesse conseguito un diploma presso una scuola di restauro statale o regionale di durata non inferiore a due anni ed avesse svolto, per un periodo di tempo almeno doppio rispetto a quello scolare mancante per raggiungere un quadriennio e comunque non inferiore a due anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; c) chi , alla data di entrata in vigore del decreto del Ministro 24 ottobre 2001, n. 420, avesse svolto, per un periodo di almeno otto anni, attività di restauro dei beni suddetti, direttamente e in proprio, ovvero direttamente e in rapporto di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa con responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, con regolare esecuzione certificata dall'autorità preposta alla tutela dei beni o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.
Ai sensi del comma 1-ter, ai fini dell'applicazione di tale disciplina, la durata dell'attività di restauro doveva essere documentata dai termini di consegna e di completamento dei lavori, con possibilità di cumulare la durata di più lavori eseguiti nello stesso periodo; il requisito della responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento doveva risultare esclusivamente da atti di data certa anteriore alla data di entrata in vigore del presente decreto emanati, ricevuti o comunque custoditi dall'autorità preposta alla tutela del bene oggetto dei lavori o dagli istituti di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368; i competenti organi ministeriali rilasciano agli interessati le necessarie attestazioni entro trenta giorni dalla richiesta.
Inoltre, in base al comma 1-quater, la qualifica di restauratore di beni culturali era attribuita, “previa verifica del possesso dei requisiti” o previo superamento della prova di idoneità con provvedimenti del Ministero .
I commi 1 ter e 1 quater, inseriti dal d.lgs. 152 del 2006 indicavano, quindi, espressamente le modalità con le quali documentare la attività svolta, affidando al Ministero non solo la tenuta dell’elenco ma anche il compito di verifica dei requisiti per chi non avesse necessità di sostenere la prova di idoneità.
Sulla base di tale potere di verifica dei requisiti il Ministero ha avviato la selezione pubblica di cui si lamenta la sospensione, selezione, ritenuta legittima dalla sezione con la sentenza n. 32351 del 2010.
Secondo i ricorrenti, invece, la disciplina dell’art 182, inserita dal d.lgs. n. 152 e oggetto delle successive proroghe, avrebbe dato la possibilità di essere iscritti nell’elenco automaticamente tramite il procedimento di cui all’art 19 della legge n. 241 del 1990.
Tale azione esercitata con il presente ricorso è infondata.
L’art 19 della legge n. 241 del 1990, nel testo modificato dal d.l. 78 del 2010, conv. nella legge n. 122 del 2010, che ha introdotto la segnalazione certificata di inizio attività, prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, sia sostituita da una segnalazione dell’interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali.
A prescindere dalla espressa esclusione normativa relativa alle ipotesi di vincoli culturali, che sicuramente interessa i restauratori, la segnalazione certificata di inizio attività è prevista per la iscrizione in albi relativi ad attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale.
Nel caso di specie, si tratta dell’accertamento di requisiti per l’acquisizione di una qualifica professionale, ipotesi non disciplinata dall’art 19.
Si deve evidenziare, altresì, che, in base al quadro normativo sopra richiamato, si tratta dell’applicazione di una disciplina transitoria, che ha dato rilevanza, in via eccezionale, ad attività svolte in via di fatto, senza l’acquisizione del relativo titolo di studio, mentre nel sistema a regime è necessario un titolo conseguito a seguito di un corso di formazione per diplomati di scuola superiore e superamento del relativo esame finale.
Inoltre, in particolare per le attività di restauro svolte nel passato, non essendo previamente tipizzate nell’ordinamento, era necessaria una valutazione da parte dell’Amministrazione al momento della iscrizione all’elenco, secondo quanto indicato dal comma 1 quater dell’art 182.
La pretesa all’applicazione dell’art 19 è quindi del tutto infondata.
Altresì, infondata, si deve ritenere l’ impugnazione proposta avverso l’atto di sospensione della selezione.
L’ atto di sospensione di una selezione, avviata in base alla disposizione transitoria allora vigente dell’art 182, è espressione di una scelta discrezionale dell’Amministrazione.
Tale scelta, pur nell’ambito dei ristretti limiti del sindacato giurisdizionale sui poteri discrezionali dell’Amministrazione, non appare né illogica né manifestamente irragionevole, in relazione alle particolari vicende normative sopra descritte, che hanno caratterizzato la istituzione della qualifica professionale di restauratore e anche la particolare natura di diritto transitorio della disciplina vigente dell’art 182, diritto transitorio già interessato da proroghe, che hanno ampliato, nel corso degli anni, proprio i destinatari della norma dell’art 182. In tale contesto di diritto transitorio, relativo al riconoscimento della qualifica professionale tramite la rilevanza di circostanze anche di fatto, non più rilevanti per il futuro, non può ritenersi manifestamente irragionevole la sospensione di una selezione, avviata dal Ministero in attuazione della disciplina dell’art 182, ma non prevista espressamente allora dal legislatore, e oggetto di impugnazione giurisdizionale, in attesa di una nuova modifica legislativa.
Sotto tali profili il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.
In considerazione della novità delle questioni sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/10/2014





 

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