REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10673 del
2010, proposto da: Claudio Girardo, Giuseppe Girardo, Nadia Petricca,
rappresentati e difesi dagli avv. Monica Checchini, Cristina Mancinelli,
con domicilio eletto presso Monica Checchini in Roma, vicolo di Valle
Santa Maria, 7;
contro
Ministero per i beni e le Attivita'
Culturali- Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Frosinone, Viterbo, Roma, Rieti e Latina, rappresentato e
difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei
Portoghesi, 12; Comune di Zagarolo, non costituito;
per l'annullamento
del decreto del 21 giugno 2010 della
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio di
annullamento del provvedimento del Comune di Zagarolo con cui si esprime
parere favorevole ex art 32 della legge 47 del 1985 e 39 delle legge n.
724 del 1994 e in base alla legge n. 326 del 2003 relativamente ad un
fabbricato con annessa veranda coperta in località valle Martella del
Comune di Zagarolo
e per il risarcimento danni
Visti il ricorso
e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del
Ministero per i beni e le attivita' culturali;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 12 giugno 2014 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi
per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il 5 marzo 2004 è stata presentata al Comune di
Zagarolo domanda di condono, ai sensi della legge n. 326 del 2003, dai
ricorrenti Girardo Claudio e Giuseppe, quali comproprietari dell’immobile
sito in Zagarolo località Valle Martella, via Leoncavallo 15, per un
ampliamento realizzato senza titolo , per una superficie di circa 70 metri
quadri, su area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della legge n.
1497 del 1939 ( D.M. 1-2-1971), di un immobile già oggetto di condono ai
sensi della legge n. 47 del 1985.
Con nota del 14 aprile 2009 il
Comune di Zagarolo comunicava di non potere accogliere la istanza in
quanto la disciplina del d.l. 269 del 2003 conv. nella legge 326 del 2003
non consentiva la sanabilità delle opere realizzate in aree sottoposte a
vincolo. Il ricorrente Giuseppe Girardo presentava osservazioni
all’Amministrazione comunale, che con provvedimento del 17 dicembre 2009
esprimeva parere favorevole alla sanatoria ex art 32 della legge n. 47 del
1985.
Tal provvedimento è stato annullato con decreto della
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio in
relazione alla previsione dell’art 32 commi 26 e 27 della legge n. 326 del
2003, indicanti le specifiche tipologie di abusi suscettibili di sanatoria
e la impossibilità di sanatorie in aree sottoposte a vincolo.
Avverso
tale provvedimento, notificato il 7 settembre 2010, è stato proposto il
presente ricorso notificato il 4 novembre 2010 (anche dalla
comproprietaria in comunione legale fino al 2006) per i seguenti
motivi:
eccesso di potere per travisamento dei fatti; erronea
rappresentazione dei fatti; disparità di trattamento; ingiustizia
manifesta; contraddittorietà; violazione di legge;
violazione dei
principi di affidamento; di imparzialità, ragionevolezza e
proporzionalità.
E’ stata formulata altresì domanda di risarcimento
danni.
L’Amministrazione statale si è costituita con atto di forma.
Nessuno si è costituito per il Comune di Zagarolo.
Alla camera di
consiglio dell’11 gennaio 2011 è stata respinta la domanda cautelare di
sospensione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 12
giugno 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è
infondato.
Il d.l. n. 269 del 30.9.2003 convertito nella legge n. 326
del 24 novembre 2003, che ha previsto un condono edilizio per le opere
ultimate entro il 31 marzo 2003, diversamente dalle discipline della legge
n. 47 del 1985 e della legge n. 724 del 1994, ha specificamente
individuato le tipologie di opere condonabili ed ha limitato le
possibilità di sanatoria in presenza di vincoli.
Infatti l’art 32,
comma 26, lettera a) della legge n. 326 del 2003 ha previsto espressamente
la sanatoria edilizia nell'àmbito degli immobili soggetti a vincolo, di
cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per “le tipologie
di illecito di cui all'allegato 1 numeri 4, 5 e 6”.
In base alle
previsioni dell’allegato 1, nelle aree sottoposte a vincolo è quindi
possibile la sanatoria solo di opere di restauro e risanamento
conservativo (tipologia 4 e 5), opere di manutenzione straordinaria, opere
o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di
volume (tipologia 6).
E’ quindi evidente che nella disciplina del
condono del 2003, di cui si è chiesta la applicazione con la domanda per
cui è causa, in nessun caso nelle aree sottoposte a vincolo possa essere
concessa la sanatoria per le opere, come quelle di specie, per cui non è
contestato che comportino un aumento di volumetria.
Infatti sia nel
ricorso, sia soprattutto nelle deduzioni del tecnico di parte , depositate
in giudizio,è un pacifico e non contestato presupposto di fatto, che le
opere realizzate abbiano comportato un aumento di volumetria e che la area
su cui insistono sia sottoposta al vincolo paesaggistico.
La difesa
ricorrente, a sostegno delle proprie argomentazioni, fa riferimento
all’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004, che ammette la
condonabilità delle opere ricadenti in aree sottoposte a vincoli imposti a
tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle
zone a protezione speciale, ove tali opere, seppure in contrasto con la
normativa vincolistica e di P.R.G , siano ubicate all'interno dei piani
urbanistici attuativi.
Tali argomentazioni non possono essere
condivise.
Il riferimento alla legge regionale non conduce ad una
diversa conclusione circa la fondatezza del ricorso. Infatti, la citata
norma regionale, per essere considerata costituzionalmente legittima, non
può che essere interpretata conformemente alla disciplina dell’art 32
comma 26 lettera a) della legge 326 del 2003, potendo le Regioni
disciplinare diversamente la materia solo nell’ambito della ipotesi di cui
all’art 32 comma 26 lettera b), ovvero per le aree non sottoposte a
vincolo. Solo la disposizione della lettera b) rinviava alla disciplina
regionale ed è stato dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 196 del 2004, perché limitativa del potere legislativo
regionale.
Sulla illegittimità di una differente interpretazione della
norma regionale si deve ricordare anche la sentenza della Corte
Costituzionale n. 225 del 2012 che ha dichiarato la illegittimità
costituzionale della legge regionale della Liguria n. 5 del 2004, che
aveva esteso le fattispecie condonabili in aree sottoposte a vincolo, in
contrasto con i limiti fissati dalla normativa statale di principio,
costituita proprio dal comma 26, che “individua tassativamente le
fattispecie sanabili sulla base della nuova legge sul condono”, e dal
comma 27 lettera d) dell’art 32, che vieta espressamente (lettera d) la
sanatoria di abusi realizzati su aree di tale natura, vincolate
antecedentemente all’esecuzione delle opere, in assenza o in difformità
dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni in materia
urbanistica.
La limitazione del condono del 2003 in aree vincolate alle
fattispecie individuate dall’art 32 comma 26 lettera a) è stata anche più
volte affermata nella giurisprudenza amministrativa. La disciplina del
condono 2003 è applicabile quando si tratti opere di minore rilevanza,
corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6
dell'allegato 1 del d. l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento
conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di
superficie o di volume (Consiglio di Stato 1200 del 2010; Tar Campania
1612 del 2012; Tar Lazio II 3755 del 2014).
Il provvedimento impugnato,
di annullamento del parere favorevole reso dal Comune( peraltro
successivamente ad un preavviso di rigetto della istanza di sanatoria ) è
basato proprio sulla previsione del comma 26 dell’art 32 della legge n.
326 del 2003, che limita la sanatoria nelle aree sottoposte a vincolo. Ne
deriva la legittimità del provvedimento e la infondatezza delle censure
formulate in ricorso.
Nessuna rilevanza possono avere, infatti, nel
caso di specie - regolato, come sopra evidenziato, dalla disciplina della
legge n. 326 del 2003 - né la precedente sanatoria dell’edificio
principale, resa ai sensi della legge n. 47 del 1985, che consentiva in
maniera più ampia il condono in aree vincolate, salvo il parere della
autorità preposta alla tutela del vincolo ( art 32 della legge n. 47 del
1985), né i precedenti atti del Comune di Zagarolo che, anzi, tranne il
parere favorevole annullato dalla Soprintendenza, aveva già adottato un
preavviso di rigetto della sanatoria, comunicato con nota del 14 aprile
2009.
Poiché l’art 32 della legge n. 47 del 1985 consentiva il condono
in aree vincolate, salvo il parere dell’autorità preposta alla tutela del
vincolo, neppure alcuna rilevanza può avere il parere favorevole espresso
dalla Soprintendenza nel 1995, rispetto all’edificio principale oggetto
dell’ampliamento per cui è causa, depositato in giudizio dalla difesa
ricorrente, trattandosi dell’applicazione di una differente disciplina e
di un diverso procedimento di condono, quello appunto del 1985.
Infondate sono , altresì, le censure relative alla violazione del
principio di affidamento. Come è noto, la giurisprudenza è costante nel
ritenere che in materia di condoni edilizi, trattandosi della
conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo di per sé
non potrebbe legittimare, non possa ammettersi l'esistenza di alcun
affidamento tutelabile ( cfr. per tutte Consiglio di Stato 79 del 2011)
.
Sotto tale profilo e rispetto alla lamentata contraddittorietà degli
atti dell’amministrazione, neppure possono avere rilevanza il pagamento
dell’ICI e della tassa di smaltimento rifiuti, peraltro, previste come
necessarie al completamento della procedura di condono proprio dalla
disciplina della legge n. 326 del 2003, art 32 comma 37, espressamente
richiamato dall’art 6 della legge regionale n. 12 del 2004. L’art 32 comma
37 della legge n. 326 del 2003 richiedeva, infatti, espressamente, oltre
al pagamento degli oneri di concessione, alla presentazione della
documentazione di cui al comma 35 e della denuncia in catasto, la
presentazione della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili
di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove
dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti
solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre
2005.
Il ricorso è, quindi, infondato e deve essere
respinto.
L’infondatezza del ricorso comporta il rigetto della domanda
di risarcimento danni, non essendovi alcuna spettanza delle pretesa
sostanziale posta a base della impugnazione.
In considerazione della
particolarità della situazione in fatto sussistono giusti motivi per la
compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Rigetta la domanda di
risarcimento danni.
Spese compensate.
Ordina che la presente
sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in
Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento
dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Pietro Morabito,
Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2014