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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II QUATER - Sentenza 22 ottobre 2014 n. 10640
Pres. Pugliese – Est. Altavista
Girardo, Petricca (Avv.ti Checchini, Mancinelli) c/ Ministero per i beni e le Attività Culturali –Sopraintendenza per i beni architettonici e paesaggistici (Avvocatura dello Stato)


1. Edilizia e urbanistica – Aree sottoposte a vincolo paesaggistico – Condono edilizio – Opere abusive - Condizioni

 

2. Edilizia e urbanistica – Condono edilizio – Aree sottoposte a vincolo paesaggistico – Art. 32 l. 326/2003 – Fattispecie sanabili – Legge regionale – Applicazione conforme – Necessità

 

3. Edilizia e urbanistica- Condono edilizio – Diniego – Controversie - Legittimo affidamento – Pagamento Ici – Tassa smaltimento rifiuto –Irrilevanza - Ragioni

 

 

1. Nelle aree sottoposte a vincolo è possibile la sanatoria ex l. 326/2003 solo di opere di restauro o risanamento conservativo (tipologia 4 e 5), opere di manutenzione straordinaria, opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume (tipologia 6), con esclusione di quelle che comportino un aumento di volumetria.

 

2. Il condono previsto da leggi regionali relativo ad opere ricadenti in aree sottoposte a vincoli imposti a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e di zone a protezione speciale è ammissibile ove tali opere siano ubicate all’interno dei piani urbanistici attuativi ed a condizione che la legge regionale venga interpretata conformemente alla disciplina dell’art 32 comma 26 l. 326/2003 che individua tassativamente le fattispecie sanabili solo nelle opere di minore rilevanza senza aumento di volumetria.

 

3. In presenza di un diniego di condono edilizio, che presuppone la conservazione di una situazione abusiva che non può legittimarsi nel corso del tempo, non può invocarsi la violazione del principio dell’affidamento derivante dall’adempimento di prestazioni propedeutiche al rilascio del condono (nella specie intervenuto pagamento dell’ICI e della tassa di smaltimento rifiuti previste come necessarie al completamento della procedura di condono ex art. 32 comma 37 della l. 326/2003).

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 10673 del 2010, proposto da: Claudio Girardo, Giuseppe Girardo, Nadia Petricca, rappresentati e difesi dagli avv. Monica Checchini, Cristina Mancinelli, con domicilio eletto presso Monica Checchini in Roma, vicolo di Valle Santa Maria, 7;

contro



Ministero per i beni e le Attivita' Culturali- Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Frosinone, Viterbo, Roma, Rieti e Latina, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12; Comune di Zagarolo, non costituito;

per l'annullamento



del decreto del 21 giugno 2010 della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio di annullamento del provvedimento del Comune di Zagarolo con cui si esprime parere favorevole ex art 32 della legge 47 del 1985 e 39 delle legge n. 724 del 1994 e in base alla legge n. 326 del 2003 relativamente ad un fabbricato con annessa veranda coperta in località valle Martella del Comune di Zagarolo
e per il risarcimento danni

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attivita' culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 giugno 2014 la dott.ssa Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



Il 5 marzo 2004 è stata presentata al Comune di Zagarolo domanda di condono, ai sensi della legge n. 326 del 2003, dai ricorrenti Girardo Claudio e Giuseppe, quali comproprietari dell’immobile sito in Zagarolo località Valle Martella, via Leoncavallo 15, per un ampliamento realizzato senza titolo , per una superficie di circa 70 metri quadri, su area sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497 del 1939 ( D.M. 1-2-1971), di un immobile già oggetto di condono ai sensi della legge n. 47 del 1985.
Con nota del 14 aprile 2009 il Comune di Zagarolo comunicava di non potere accogliere la istanza in quanto la disciplina del d.l. 269 del 2003 conv. nella legge 326 del 2003 non consentiva la sanabilità delle opere realizzate in aree sottoposte a vincolo. Il ricorrente Giuseppe Girardo presentava osservazioni all’Amministrazione comunale, che con provvedimento del 17 dicembre 2009 esprimeva parere favorevole alla sanatoria ex art 32 della legge n. 47 del 1985.
Tal provvedimento è stato annullato con decreto della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici del Lazio in relazione alla previsione dell’art 32 commi 26 e 27 della legge n. 326 del 2003, indicanti le specifiche tipologie di abusi suscettibili di sanatoria e la impossibilità di sanatorie in aree sottoposte a vincolo.
Avverso tale provvedimento, notificato il 7 settembre 2010, è stato proposto il presente ricorso notificato il 4 novembre 2010 (anche dalla comproprietaria in comunione legale fino al 2006) per i seguenti motivi:
eccesso di potere per travisamento dei fatti; erronea rappresentazione dei fatti; disparità di trattamento; ingiustizia manifesta; contraddittorietà; violazione di legge;
violazione dei principi di affidamento; di imparzialità, ragionevolezza e proporzionalità.
E’ stata formulata altresì domanda di risarcimento danni.
L’Amministrazione statale si è costituita con atto di forma. Nessuno si è costituito per il Comune di Zagarolo.
Alla camera di consiglio dell’11 gennaio 2011 è stata respinta la domanda cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
All’udienza pubblica del 12 giugno 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è infondato.
Il d.l. n. 269 del 30.9.2003 convertito nella legge n. 326 del 24 novembre 2003, che ha previsto un condono edilizio per le opere ultimate entro il 31 marzo 2003, diversamente dalle discipline della legge n. 47 del 1985 e della legge n. 724 del 1994, ha specificamente individuato le tipologie di opere condonabili ed ha limitato le possibilità di sanatoria in presenza di vincoli.
Infatti l’art 32, comma 26, lettera a) della legge n. 326 del 2003 ha previsto espressamente la sanatoria edilizia nell'àmbito degli immobili soggetti a vincolo, di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per “le tipologie di illecito di cui all'allegato 1 numeri 4, 5 e 6”.
In base alle previsioni dell’allegato 1, nelle aree sottoposte a vincolo è quindi possibile la sanatoria solo di opere di restauro e risanamento conservativo (tipologia 4 e 5), opere di manutenzione straordinaria, opere o modalità di esecuzione non valutabili in termini di superficie o di volume (tipologia 6).
E’ quindi evidente che nella disciplina del condono del 2003, di cui si è chiesta la applicazione con la domanda per cui è causa, in nessun caso nelle aree sottoposte a vincolo possa essere concessa la sanatoria per le opere, come quelle di specie, per cui non è contestato che comportino un aumento di volumetria.
Infatti sia nel ricorso, sia soprattutto nelle deduzioni del tecnico di parte , depositate in giudizio,è un pacifico e non contestato presupposto di fatto, che le opere realizzate abbiano comportato un aumento di volumetria e che la area su cui insistono sia sottoposta al vincolo paesaggistico.
La difesa ricorrente, a sostegno delle proprie argomentazioni, fa riferimento all’art. 3, comma 1, lett. b), della l.r. n. 12/2004, che ammette la condonabilità delle opere ricadenti in aree sottoposte a vincoli imposti a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, ove tali opere, seppure in contrasto con la normativa vincolistica e di P.R.G , siano ubicate all'interno dei piani urbanistici attuativi.
Tali argomentazioni non possono essere condivise.
Il riferimento alla legge regionale non conduce ad una diversa conclusione circa la fondatezza del ricorso. Infatti, la citata norma regionale, per essere considerata costituzionalmente legittima, non può che essere interpretata conformemente alla disciplina dell’art 32 comma 26 lettera a) della legge 326 del 2003, potendo le Regioni disciplinare diversamente la materia solo nell’ambito della ipotesi di cui all’art 32 comma 26 lettera b), ovvero per le aree non sottoposte a vincolo. Solo la disposizione della lettera b) rinviava alla disciplina regionale ed è stato dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale con sentenza n. 196 del 2004, perché limitativa del potere legislativo regionale.
Sulla illegittimità di una differente interpretazione della norma regionale si deve ricordare anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 225 del 2012 che ha dichiarato la illegittimità costituzionale della legge regionale della Liguria n. 5 del 2004, che aveva esteso le fattispecie condonabili in aree sottoposte a vincolo, in contrasto con i limiti fissati dalla normativa statale di principio, costituita proprio dal comma 26, che “individua tassativamente le fattispecie sanabili sulla base della nuova legge sul condono”, e dal comma 27 lettera d) dell’art 32, che vieta espressamente (lettera d) la sanatoria di abusi realizzati su aree di tale natura, vincolate antecedentemente all’esecuzione delle opere, in assenza o in difformità dal titolo abilitativo edilizio o dalle norme e prescrizioni in materia urbanistica.
La limitazione del condono del 2003 in aree vincolate alle fattispecie individuate dall’art 32 comma 26 lettera a) è stata anche più volte affermata nella giurisprudenza amministrativa. La disciplina del condono 2003 è applicabile quando si tratti opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del d. l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie o di volume (Consiglio di Stato 1200 del 2010; Tar Campania 1612 del 2012; Tar Lazio II 3755 del 2014).
Il provvedimento impugnato, di annullamento del parere favorevole reso dal Comune( peraltro successivamente ad un preavviso di rigetto della istanza di sanatoria ) è basato proprio sulla previsione del comma 26 dell’art 32 della legge n. 326 del 2003, che limita la sanatoria nelle aree sottoposte a vincolo. Ne deriva la legittimità del provvedimento e la infondatezza delle censure formulate in ricorso.
Nessuna rilevanza possono avere, infatti, nel caso di specie - regolato, come sopra evidenziato, dalla disciplina della legge n. 326 del 2003 - né la precedente sanatoria dell’edificio principale, resa ai sensi della legge n. 47 del 1985, che consentiva in maniera più ampia il condono in aree vincolate, salvo il parere della autorità preposta alla tutela del vincolo ( art 32 della legge n. 47 del 1985), né i precedenti atti del Comune di Zagarolo che, anzi, tranne il parere favorevole annullato dalla Soprintendenza, aveva già adottato un preavviso di rigetto della sanatoria, comunicato con nota del 14 aprile 2009.
Poiché l’art 32 della legge n. 47 del 1985 consentiva il condono in aree vincolate, salvo il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, neppure alcuna rilevanza può avere il parere favorevole espresso dalla Soprintendenza nel 1995, rispetto all’edificio principale oggetto dell’ampliamento per cui è causa, depositato in giudizio dalla difesa ricorrente, trattandosi dell’applicazione di una differente disciplina e di un diverso procedimento di condono, quello appunto del 1985.
Infondate sono , altresì, le censure relative alla violazione del principio di affidamento. Come è noto, la giurisprudenza è costante nel ritenere che in materia di condoni edilizi, trattandosi della conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo di per sé non potrebbe legittimare, non possa ammettersi l'esistenza di alcun affidamento tutelabile ( cfr. per tutte Consiglio di Stato 79 del 2011) .
Sotto tale profilo e rispetto alla lamentata contraddittorietà degli atti dell’amministrazione, neppure possono avere rilevanza il pagamento dell’ICI e della tassa di smaltimento rifiuti, peraltro, previste come necessarie al completamento della procedura di condono proprio dalla disciplina della legge n. 326 del 2003, art 32 comma 37, espressamente richiamato dall’art 6 della legge regionale n. 12 del 2004. L’art 32 comma 37 della legge n. 326 del 2003 richiedeva, infatti, espressamente, oltre al pagamento degli oneri di concessione, alla presentazione della documentazione di cui al comma 35 e della denuncia in catasto, la presentazione della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005.
Il ricorso è, quindi, infondato e deve essere respinto.
L’infondatezza del ricorso comporta il rigetto della domanda di risarcimento danni, non essendovi alcuna spettanza delle pretesa sostanziale posta a base della impugnazione.
In considerazione della particolarità della situazione in fatto sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Rigetta la domanda di risarcimento danni.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Pietro Morabito, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/10/2014





 

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