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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II QUATER - Sentenza 6 ottobre 2014 n. 10211
Pres. Pugliese – Est. Maddalena
P.C. (Avv. F. Giuliani) c/ Comune di Monterotondo (Avv. E. Pepe, C. Curreri), Regione Lazio (Avv. E. Caprio)


1. Edilizia e urbanistica – Comparto edificatorio – Natura – Finalità – Strumento urbanistico – Accordo dei privati proprietari – Perequazione – Principio di zonizzazione – Deroga – Inammissibilità – Ragioni

 

2. Edilizia e urbanistica – Art. 7 L. n. 1150/1942 – Piano regolatore generale – Contenuto minimo essenziale – Zone omogenee – Limiti – Sottozone – Principi di perequazione – Applicazione

 

3. Edilizia e urbanistica – Comune – Potere di pianificazione – Ampia discrezionalità – Adeguata attività istruttoria – Necessità

 

4. Edilizia e urbanistica – Piano regolatore – Fabbricabilità fondiaria – Riserva al pubblico – Aree private – Cessione gratuita al comune – Legittimità – Ragioni – Realizzazione di una pluralità di interessi pubblici – Fondamento costituzionale

 

 

1. Il comparto edificatorio è uno strumento che rimette alla iniziativa dei proprietari facenti parte del comparto la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in esso previsti, mediante il ricorso all’edilizia convenzionale, ed è finalizzato ad assicurare l’attuazione dello strumento urbanistico attraverso l’accordo dei privati proprietari. La perequazione di comparto, in quanto collocata nella fase attuativa del piano, non può derogare il principio di zonizzazione; il comparto infatti non potrà sviluppare complessivamente una volumetria diversa da quella attribuita dallo strumento generale.

 

2. L’art. 7 della legge urbanistica individua il contenuto minimo essenziale del piano regolatore generale, sicché appare ammissibile che esso, oltre a individuare le tradizionali zone omogenee di cui al D.M. n. 1444/68, ne delimiti – all’interno o all’esterno di esse, a guisa di sottozone – anche altre nelle quali si faccia spazio all’applicazione dei principi di perequazione.

 

3. Il potere comunale di pianificazione è connotato da ampia discrezionalità, ma il suo esercizio è subordinato all’obbligo di effettuare una adeguata, preventiva attività istruttoria in relazione alla portata degli interessi pubblici e privati coinvolti. In sostanza, le scelte urbanistiche, ancorché caratterizzate da discrezionalità, devono rivelarsi, alla stregua del sindacato giurisdizionale sulle stesse esercitabile, esenti da vizi di illogicità e irrazionalità, e devono inoltre essere supportate, sia pure con riferimento alle linee-guida che accompagnano la redazione degli strumenti urbanistici, da idonea motivazione.

 

4. Le previsioni del piano regolatore, nella parte in cui riservano al pubblico una percentuale dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevedono la cessione gratuita di parte delle aree private al comune, sono perfettamente legittime e conformi alla Costituzione, giacché rispondono alla funzione di consentire la realizzazione di standard urbanistici e di realizzare le attrezzature e i servizi pubblici necessari attraverso lo strumento del comparto edificatorio e mediante il ricorso a procedure convenzionali, anziché a procedure di esproprio. Infatti, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, ecc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti. Diversamente opinando, si priverebbe la p.a. di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli artt. 9 comma 2, 32, 42, 44, 47 comma 2 Cost.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 6759 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Pietro Carosi, rappresentato e difeso dall'avv. Federico Giuliani, con domicilio eletto presso l’avv. Alessandro Pucci in Roma, viale Mazzini, 114/B;

contro



Comune di Monterotondo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Emiliano Pepe, Clara Curreri, con domicilio eletto presso l’avv. Alessio Malaspina in Roma, via Fornovo, 3; Regione Lazio, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Elisa Caprio, con domicilio eletto presso Elisa Caprio in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;

per l'annullamento



della deliberazione del consiglio comunale del comune di Monterotondo n. 66 del 28/4/2009;
del parere del comitato regionale per il territorio della regione Lazio, reso della seduta del 9.4.2009,
della deliberazione del consiglio comunale del comune di Montererotondo n. 36 del 5.4.2004;
della delibera del consiglio comunale del comune di Montererotondo n. 64 del 22.5.2003;
della deliberazione del consiglio comunale del comune di Montererotondo n. 126 del 21.12.2000;
degli atti ed elaborati del progetto di variante al Piano regolatore generale del comune di Monterotondo.
Impugnati con il ricorso originario.
Della deliberazione della giunta regionale 13.11.2009, n. 841 della Regione Lazio, avente ad oggetto l’approvazione della variante generale al PRG del comune di Monterotondo;
Impugnata con il primo ricorso per motivi aggiunti.
Della deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del 31.5.2011 del Comune di Monterotondo, avente ad oggetto “Adozione di variante normativa alle norme tecniche di attuazione – Tav D bis, in sostituzione della tav. D. della variante generale al PRG approvata con DGR 841 del 13.11.2009;.
Impugnata con il secondo ricorso per motivi aggiunti.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Monterotondo e di Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 aprile 2014 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO



Il ricorrente, proprietario di numerosi terreni, in parte edificati, siti nel territorio del comune di Monterotondo, località Montedoro, impugna con il ricorso in epigrafe la deliberazione del consiglio comunale di adozione in via definitiva della variante generale al PRG, con la quale il comune aveva deciso di recepire le indicazioni contenute nel parere del Comitato regionale per il territorio e di inviare il testo della variante alla regione per la prosecuzione dell’iter procedimentale
Sostiene il ricorrente che la variante in esame determinerà una profonda trasformazione .urbanistica del territorio comunale, con una forte espansione edilizia in aree oggi non urbanizzate e del tutto inedificate.
In particolare, per quanto riguarda la nuova espansione residenziale la variante prevede, nella zona C, suddivisa in quattro sottozone, cinque nuovi ambiti, a loro volta suddivisi in 25 comparti funzionali (AnCPRn). All’interno degli ambiti è concentrato il 60% dei nuovi insediamenti previsti, pari a circa 6.000 stanze, nonché l’edilizia residenziale pubblica per circa 2.930 stanze.
La variante prevede poi 16 comparti, distinti con le lettere da A a R, che sono classificati in tre fasce:
a) ex aree destinate a servizi, mai espropriate, riclassificati in tre fasce;
b) aree di ricucitura, lungo le principali direttrici di sviluppo cittadino;
c) aree di nuova espansione.
Nei primi sei comparti, indicati dalle lettere da A a F, sono localizzate ulteriori 1.237 stanze.
I terreni di proprietà del ricorrente risultano inseriti all’interno del Comparto R (CPR-R), classificato come “area di nuova espansione”.
All’interno del comparto è assegnato un indice di fabbricabilità territoriale (IT) di 0,50 mc/mq di cui una quota pari allo 0,30 destinata al privato ed una quota pari allo 0,20 destinata al pubblico, con cessione del 50% delle aree in favore del comune.
Il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni sia al comune, in data 20.4.2001, sia alla Regine Lazio, in data 17.3.2005. tuttavia, risulta che il Comitato regionale per il territorio non ha inserito la sua osservazione nell’elenco delle osservazioni presentate direttamente alla Regione Lazio, con la conseguenza che la stessa non è stata oggetto di istruttoria e di esame né da parte del Comitato regionale né da parte del comune di Monterotondo.
Tanto premesso, il ricorrente deduce vari motivi di impugnazione per violazione di legge ed eccesso di potere, dei quali meglio si dirà nella parte in diritto, sostenendo in sostanza che le sue proprietà immobiliari possiedono in effetti tutte le caratteristiche previste dalla normativa vigente (art. 41 quinques della l. n. 1150 del 1942 e DM 1444 del 2.4.1968) per essere qualificate come zona B, e tuttavia esse sono state incluse nel comparto di nuova espansione – Zona CPR –R. Deduce inoltre il difetto di istruttoria e di motivazione e la disparità di trattamento, nonché la violazione delle sue prerogative partecipative mediante la presentazione di osservazioni, giacché – come si è detto – il Comitato regionale non avrebbe inserito la sua osservazione, volta a richiedere la qualificazione come zona B di completamento delle aree di sua proprietà, tra quelle pervenute direttamente alla regione Lazio.
Infine, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 42 Cost. sostenendo che la disciplina del comparto CPR-R, laddove riserva al pubblico una percentuale pari allo 0,20% dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevede la cessione gratuita del 50% delle aree private al comune, costituisce una forma di espropriazione atipica e contrastante con la Costituzione. Sottolinea infine che comunque tali prescrizioni non potrebbero essere applicate perché le aree di sua proprietà sono già ampiamente edificate.
In conclusione, dunque, il ricorrente chiede a questo giudice di voler accertare che i terreni del ricorrente soddisfano i requisiti previsti dal DM 1444/1968 per la qualificazione a zona B e annullare i provvedimenti impugnati.
Con il primo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha quindi impugnato la delibera della Giunta regionale n. 841 del 2009 di approvazione della variante generale al PRG del comune di Monterotondo.
In particolare, il ricorrente riferisce che alcuni dei terreni di sua proprietà sono ubicati nel contesto di una zona edificata delimitata e circoscritta all’interno della via Monte d’Oro, mentre gli altri terreni, distinti con le particelle n. 238, 239 e 604, sono ubicati in un’area pressoché inedificata ed esterna rispetto alla delimitazione stradale sopra citata.
Detti terreni sono stati tutti inseriti nel Comparto R/CPR-R, con un indice di fabbricabilità territoriale (IT) 0,50 mc/mq di cui una quota pari allo 0,30 destinata al privato e una quota pari allo 0,20 destinata al pubblico, così ledendo gli interessi del ricorrente.
Egli deduce pertanto la violazione dell’art. 23 della l. 1150/1942 e dell’art. 13 della l. 10 del 1977 nonché di varie leggi regionali, perché l’individuazione di comparti edificatori può avvenire esclusivamente in diretta connessione con l’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi e non già in sede di formazione del piano regolatore o di una sua variante generale.
Con i restanti motivi di impugnazione, il ricorrente ripropone le doglianze già mosse nel ricorso originario, ulteriormente argomentandole.
Il comune di Monterotondo si è costituito in data 16.10.2009 ed ha depositato documentazione oltre che una memoria difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha quindi notificato un secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale ha impugnato la deliberazione del consiglio comunale del comune di Monterotondo, avente ad oggetto: “adozione di variante normativa alle norme tecniche di attuazione – Tav. D bis, in sostituzione della Tav. D della variante generale al PRG approvata con DGR n. 841 del 2009”, con riferimento all’art. 5, lett. o, delle NTA.
Egli, oltre a riproporre in via derivata i vizi già dedotti in precedenza, lamenta la violazione dell’art. 2 del DM 2.4.1968 e l’eccesso di potere per falso presupposto, in quanto la variante sembra introdurre una definizione apparentemente innovativa di “area di completamento” all’art. 5 NTA, laddove l’inciso “già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi” dovesse essere inteso come riferito all’area libera (ossia all’ area di completamento), in quanto in tal modo l’area di completamento finirebbe per essere definita come area libera ricompresa all’interno di zone edificabili … già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi..”. Una tale definizione, infatti, si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del DM 1444/1968 che prevede per le aree di completamento – Zone B, che esse siano già urbanizzate o da urbanizzare in attuazione di un PUA approvato, edificate o in via di edificazione, con prevalente destinazione residenziale, corrispondenti ad agglomerati urbani privi delle caratteristiche della Zona A..”.
Con memoria del 20.10.2011, la difesa del comune di Monterotondo ha in primo luogo rilevato che il procedimento di approvazione delle NTA era all’epoca ancora in corso, dovendo essere ancora esaminate le osservazioni.
Nel merito, il comune ha rilevato che le aree di completamento disciplinate dall’art. 5, lett. o) delle NTA non vanno confuse con le zone B di completamento, così come definite dal DM 1444/1968 e disciplinate dall’art. 35 NTA). Sottolinea inoltre il comune che le particelle di proprietà del ricorrente non sono mai state assoggettate a pianificazione attuativa, mentre l’art. 5 lett. o) della NTA si riferisce proprio a questa ipotesi.
In relazione al ricorso originario, il comune di Monterotondo ha eccepito la sua inammissibilità in quanto avente ad oggetto un atto infraprocedimentale. La delibera impugnata non è infatti quella di adozione della variante generale, la quale è invece stata effettuata con la deliberazione consiliare n. 126/2000, ma è unicamente un atto endoprocedimentale con il quale il consiglio comunale ha deciso di recepire le indicazioni contenute nel parere del Comitato regionale per il territorio, reso nella seduta del 9..4.2009. Sottolinea inoltre la difesa del comune che l’atto di adozione della variante (delibera n. 126 del 2000) non risulta mai essere stata impugnata.
Con riferimento al primo ricorso per motivi aggiunti, il comune ha riportato nella sua memoria il contenuto della relazione tecnica nella quale si legge che l’area di proprietà del ricorrente è completamente sprovvista di servizi e attrezzature collettive, trattandosi unicamente di un aggregato di edifici abusivamente realizzati e successivamente condonati, in un’area che si presenta come un’area a vocazione agricola. Ed infatti, secondo il precedente PRG detta area era destinata a verde di rispetto. Sostiene, inoltre, che l’area in questione non ha i parametri urbanistici di densità territoriale e di superficie coperta che sono previsti per la qualificazione come zona B.
In conclusione, il comune ha chiesto il rigetto del ricorso perché infondato.
L’istanza cautelare è stata respinta all’udienza in camera di consiglio del 27.10.2011.
La regione Lazio si è costituita ed ha depositato una memoria per chiedere il rigetto del primo ricorso per motivi aggiunti. In particolare, la regione Lazio ha sostenuto di avere, sia pure cumulativamente con altre osservazioni, dato risposta alla osservazione presentata dal ricorrente. La regione ha inoltre sottolineato la discrezionalità delle scelte di pianificazione degli enti locali e come rispetto alle scelte urbanistiche dell’ente le posizioni dei privati siano naturalmente recessive.
Sia il ricorrente che il comune di Monterotondo hanno presentato memorie e repliche per l’udienza di discussione, argomentando ulteriormente le rispettive tesi difensive.
All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO



Va in primo luogo esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso originario, dedotta dal comune di Monterotondo, per non avere l’atto impugnato (delibera del consiglio comunale n. 66 del 28 aprile 2009) natura provvedimentale, ma di mero atto infraprocedimentale.
L’eccezione è fondata.
La deliberazione impugnata con il ricorso originario, infatti, non è l’atto di adozione della variante generale (in verità già intervenuto con delibere n. 14 del 15.4.1999 e n. 126 del 21.12.2000) bensì un mero atto di recepimento delle indicazioni contenute nel parere del comitato regionale per il Territorio reso della seduta del 9.4.2009, senza osservazione alcuna, con successivo inoltro alla Regione per il prosieguo dell’iter procedimentale.
Si tratta dunque di un atto che si inserisce nel complesso procedimento per l’approvazione della variante generale del comune di Monterotondo, che non ha però valenza provvedimentale, ma meramente infraprocedimentale.
Il ricorso per queste ragioni è inammissibile.
Le doglianze contenute nel ricorso originario, peraltro, sono state tutte riproposte e ancor meglio argomentate nel primo ricorso per motivi aggiunti, il quale ha invece ad oggetto l’impugnazione della delibera di giunta regionale di approvazione della variante generale del comune di Monterotondo.
Con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente deduce la violazione dell’art. 23 della l. 1150/1942 e dell’art. 13 della l. 10 del 1977 nonché di varie leggi regionali, perché l’individuazione di comparti edificatori può avvenire esclusivamente in diretta connessione con l’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi e non già in sede di formazione del piano regolatore o di una sua variante generale.
Il ricorrente richiama, a questo proposito, recenti sentenze del Consiglio di Stato (sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7650) secondo le quali il comparto edificatorio, in quanto strumento urbanistico di terzo livello, presuppone non solo l’approvazione dello strumento urbanistico generale ma anche di quelli attuativi.
Il collegio, pur consapevole dell’orientamento giurisprudenziale menzionato dal ricorrente, tuttavia, rileva che nel caso in esame non sembra che ricorra la medesima fattispecie oggetto delle citate sentenze Consiglio di Stato, recentemente anche ribadito dal TAR Puglia, sent. 311 del 18.2.2011.
Occorre premettere che il comparto edificatorio, disciplinato dall’art. 23 della l. 1150 del 1942, è uno strumento che rimette alla iniziativa dei proprietari facenti parte del comparto la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in esso previsti, mediante il ricorso alla edilizia convenzionale.
Esso comprende sia aree inedificate che costruzioni da edificare. Formato il comparto, il sindaco invita i proprietari ad effettuare, eventualmente in consorzio, le trasformazioni degli immobili compresi nel comparto secondo le indicazioni in esso contenute.
Il comparto edificatorio, così come disciplinato dal legislatore del 1942, non ha necessariamente una funzione perequativa interna, anche se un tale effetto può in concreto prodursi; infatti, è piuttosto finalizzato ad assicurare l'attuazione dello strumento urbanistico attraverso l'accordo dei privati proprietari (che si costituiscono in consorzio), in difetto del quale interverrà l'esproprio da parte del Comune e la riassegnazione dell'area espropriata a terzi. La sua disciplina è contenuta nell'art. 870 c.c., il quale statuisce che "Quando è prevista la formazione di comparti, costituenti unità fabbricabili con speciali modalità di costruzione e adattamento, gli aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare il loro rapporto in modo da rendere possibile l'attuazione del piano. Possono anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere. In mancanza di accordo, può procedersi all'espropriazione a norma delle leggi in materia".
Dunque, semplicemente, il comparto edificatorio costituisce una porzione di territorio nell'ambito della quale l'edificazione deve avvenire in modo compatto e non frammentato.
Il comparto edificatorio, come si diceva, ha avuto una compiuta disciplina nell'art. 23 della l. 1150 del 1942, il quale ne ha esplicitamente collegato la formazione alla approvazione o alla attuazione di un piano particolareggiato.
La legislazione successiva (art. 13 l. n. 10/77) ha affrancato la formazione dei comparti edificatori dalla approvazione di piani particolareggiati ma l'ha agganciata ai programmi pluriennali di attuazione. Si ricorda che l'art. 23 della legge del 1942, limitatamente alle disposizioni riguardanti l'espropriazione, è stato abrogato dall'art. 58 del d.p.r. n. 327 del 2001, il quale all'art. 7 prevede la facoltà dei Comuni di espropriare, tra l'altro, gli immobili necessari per delimitare le aree fabbricabili e per attuare il piano regolatore, nel caso di mancato accordo tra i proprietari del comprensorio.
La legge Regionale del Lazio, 22/12/1999, n.38, all’art. 48 disciplina l’Attuazione dei PUOC mediante comparti edificatori. Esso prevede, per quanto di interesse, che:
1. Le trasformazioni previste dai PUOC possono essere eseguite attraverso comparti edificatori individuati o nel PUOC stesso o, successivamente, su istanza dei proprietari degli immobili interessati.
2. Formato il comparto, il comune invita i proprietari interessati a dichiarare, entro un termine stabilito nell'atto di notifica, se intendano procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, oppure riuniti in consorzio, all'attuazione delle previsioni del PUOC.
(…)
5. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3, conseguita la piena disponibilità del comparto, stipula apposita convenzione con il comune per l'esecuzione delle trasformazioni previste nel PUOC. Stipulata tale convenzione, i singoli proprietari aderenti al consorzio possono richiedere al comune gli atti abilitativi ad effettuare le singole trasformazioni in conformità al piano urbanistico ed alla convenzione medesima.”
Come si nota, quella effettuata mediante il comparto edificatorio è una forma di attuazione della programmazione urbanistica, generale e attuativa, e per questo essa presuppone prima l’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi (piani di lottizzazione, di recupero, piani particolareggiati ecc.).
Tale convincimento è avvalorato dalla lettura dell’art. 5 delle NTA del comune di Monterotondo, avente ad oggetto il “comparto di attuazione”.
L’art. 5, lett. l) prevede infatti che il “Comparto”costituisce una modalità di attuazione del PRG applicato a porzioni del territorio comunale, in base all’art. 23 della l. 1150/1942.
Può dirsi, pertanto, che la perequazione di comparto, in quanto collocata nella fase attuativa del piano, non può derogare il principio di zonizzazione. Il comparto, infatti, non potrà sviluppare complessivamente una volumetria diversa da quella attribuita dallo strumento generale.
Nel caso di specie, la variante al PRG del comune di Monterotondo, nella individuazione dei sei comparti della zona di espansione C e nell’indicare gli indici di fabbricazione territoriale (IT) pubblico/privato e la percentuale delle aree da cedere al comune, non ha fatto che esercitare tali poteri di zonizzazione, indicando le aree per le quali, solo a seguito di adozione preventiva del PUA (che dovrà essere unico per tutta l’area omogenea), si sarebbe effettuata l’attuazione mediante comparti edificatori.
Non vi è stata dunque alcuna invasione della sfera di competenza degli strumenti urbanistici di secondo e terzo livello.
Si tratta infatti di una programmazione urbanistica perfettamente aderente alle funzioni del PRG (o PUG) e non invasiva delle competenze degli strumenti attuativi (PUA).
Infatti, l'art. 7 della legge urbanistica "individua quello che deve considerarsi il contenuto essenziale del piano regolatore generale, cioè il contenuto minimo: sicché pare ammissibile che esso, oltre ad individuare le tradizionali zone omogenee di cui al d.m. 1444/68, ne delimiti − all'esterno o all'interno di esse, a guisa di sottozone − anche altre nelle quali si faccia spazio alla applicazione dei principi della perequazione" (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 20 maggio 2010 n. 19622)
In sostanza, a livello di PRG è stata solo determinata all’interno della zona di espansione, l’area dei vari comparti, a ciascuno dei quali è stato attribuito un indice di fabbricabilità, mentre la disciplina di dettaglio del territorio ricompreso nel comparto viene rimessa in primo luogo alla pianificazione attuativa e quindi al comparto edificatorio, mediante forme di edilizia convenzionale. (cfr. in questo senso l’art. 20 delle NTA del comune di Monterotondo).
Come è stato inoltre specificato nella relazione tecnica del comune del 27.2.2014 (doc. 17, all. A della produzione del comune), l’acronimo “CPR n” non è altro che un modo per individuare il “comprensorio” e per disciplinare la norma attuativa della medesima zona , ma è comunque sempre ribadito che si tratta di “zone C di espansione soggette a Piano urbanistico Attuativo di secondo livello”, anche se poi le suddette aree assumono natura di comparti edificatori ai sensi dell’art. 23 l. 1150/1942 (come espressamente si legge a pag. 42 del testo della delibera di Giunta regionale di approvazione della variante), in sede di attuazione del PRG.
Si tratta pertanto di un procedimento assolutamente compatibile con la natura dello strumento urbanistico generale, peraltro generalmente usato anche da altri enti locali con finalità perequativa c.d. generalizzata.
Peraltro, sembra potersi dire che anche nel caso di specie la scelta del comune di Monterotondo di indicare nelle zone di espansione i vari comparti, prevedendo per ciascuno di essi un unico indice di fabbricabilità, sia mosso da intenti perequativi, al fine di garantire a ciascuno dei proprietari dei fondi insistenti su tali aree il diritto edificatorio secondo l’indice previsto dal PRG (cfr. delibera del consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013, doc. 17 all. 20 della produzione del comune di Monterotondo. V. inoltre la relazione tecnica del 27.2.2014 del comune di Monterotondo, servizio programmazione territoriale, pianificazione urbanistica che chiaramente dà atto della finalità di perequazione urbanistica della variante generale)
Inoltre, che si tratti di una attività non invasiva della sfera di competenza degli strumenti urbanistici attuativi di secondo e terzo livello è confermato dal fatto che, dopo l’approvazione della variante generale, il comune di Monterotondo ha effettuato, proprio in via propedeutica alla attuazione dei comparti, una ricognizione delle volumetrie esistenti nei comparti di nuova espansione, dando indirizzi operativi per la loro perimetrazione e attuazione (delibera del consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013, doc. 17 all. 20 della produzione del comune di Monterotondo.)
Inoltre, sempre a questi fini, il comune ha apportato una modifica all’art. 36 delle NTA – zone di espansione, consentendo la possibilità di procedere all’attuazione delle previsioni del PRG per sub comparti, così come previsto dalla l. reg. 36/1987, ed in particolare, per i comparti di nuova espansione (CPR) quale è quello in cui ricadono le proprietà del ricorrente, è stata prevista la possibilità di attuare le previsioni di PRG mediante sub comparti aventi una superficie minima di 5.000 mq.
La possibilità di individuare dei sub comparti ulteriormente conferma che non vi è stata alcuna forma di ingerenza nelle competenze rimesse alla pianificazione attuativa.
Va infine rilevato che il comune, all’esito della ricognizione delle volumetrie esistenti alla data del 3.10.2013, ha anche deliberato che in sede di attuazione del PRG, si debba effettuare, per le aree che ricadono all’interno delle fasce di ricucitura, una perimetrazione delle aree dei comparti di nuova espansione che tenga conto della ricognizione effettuata, possibilità di adozione di una apposita variante di recupero al PRG, se necessaria.
E’ pertanto ben possibile che sulla scorta dei dati recentemente acquisiti anche la perimetrazione del comparto in cui ricadono le proprietà del ricorrente venga modificata.
Il motivo, in conclusione, deve per tutte queste ragioni essere disatteso.
Con la seconda censura svolta del primo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 41 quinques della l. 11450/1942 e dell’art. 2 del DM 1444/86, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, sostenendo che le sue proprietà immobiliari possiedono in effetti tutte le caratteristiche previste dalla normativa vigente (art. 41 quinques della l. n. 1150 del 1942 e DM 1444 del 2.4.1968) per essere qualificate come zona B, e tuttavia esse sono state incluse nel comparto di nuova espansione – Zona CPR –R.
In particolare, sostiene il ricorrente che la più ampia area su cui dette proprietà sono ubicate, e cioè quella interclusa tra via di Monte d’Oro e la confinante zona B4 possiedano a tutti gli effetti le caratteristiche normative per essere qualificate come zona B, in quanto:
confina su due lati con un’ampia zona B4;
è delimitata dalla via monte d’oro e una strada interpoderale;
è edificata e abitata;
è dotata di opere di urbanizzazione (rete fognaria, idrica, telefonica, gas e illuminazione pubblica).
Inoltre, il rapporto di densità territoriale mq/mc risulta essere pari a 1,6 ed è dunque maggiore di quello di 1,5 previsto per la zona B; il rapporto di superficie coperta mq/mq risulta essere pari a 0,18, che è maggiore di 1,125 richiesto per la zona B dall’art. 2, lett. B del DM 1444/1968.
A riprova della irrazionalità di una tale previsione urbanistica, il ricorrente sostiene che l’edificazione esistente già supera di per sé le potenzialità edificatorie assegnate all’intero comparto, in contraddizione con le finalità di nuova edificazione che il comparto si propone.
In sostanza, dunque, il ricorrente contesta l’inserimento di alcune particelle di sua proprietà nella zona CPR-R ritenendo che esse avrebbero dovuto essere qualificate come zona B, previo scorporo dalla area complessiva del comprensorio.
Il comune di Monterotondo ha, con varie relazioni tecniche, contestato le affermazioni del ricorrente sostenendo che la zona è sprovvista di servizi e attrezzature collettive, la strada di accesso è inadeguata e sprovvista di marciapiedi e che, considerando il comparto nella sua interezza, non sussistono i parametri di densità territoriale e di volumetria esistenti per la qualificazione come zona B. Inoltre, in prossimità delle proprietà del ricorrente si rileva la presenza di un elettrodotto con relativo vincolo di inedificabilità per fascia di rispetto.
Quanto alla questione del superamento dell’indice di fabbricabilità, il comune di Monterotondo, sempre nella relazione del 27.2.2014, ha dichiarato che, a seguito degli accertamenti effettuati circa l’effettiva edificazione, si è constato che il comprensorio di Monte d’Oro (CPR R) ha un indice territoriale esistente pari a 0,37 mc/mq, superiore dunque all’indice di fabbricabilità assegnata allo stesso (0, 30).
Lo stesso comune afferma che tale circostanza potrà portare, in sede di adozione di un piano di recupero, a modificare il perimetro del comparto al fine di garantire a ciascun proprietario lo stesso indice edificatorio, anche se tale procedura, ad avviso del comune, non potrà avere effetti favorevoli per il ricorrente, avendo egli già saturato il proprio indice territoriale.
Osserva preliminarmente il collegio che il potere comunale di pianificazione è connotato da ampia discrezionalità, ma il suo esercizio è subordinato all'obbligo di effettuare una adeguata, preventiva attività istruttoria in relazione alla portata degli interessi pubblici e privati coinvolti; in sostanza, le scelte urbanistiche, ancorché caratterizzate da discrezionalità, devono rivelarsi, alla stregua del sindacato giurisdizionale sulle stesse esercitabile, esenti da vizi di illogicità ed irrazionalità e le stesse devono essere supportate, sia pure con riferimento alle linee-guida che accompagnano la redazione degli strumenti urbanistici, da idonea motivazione. (Consiglio di Stato, sez. IV, 18/04/2014, n. 1989)
Nel caso di specie, la scelta del comune di delineare il Comprensorio Monte d’oro ricomprendendovi anche le proprietà del ricorrente situate nell’area limitrofa a quella qualificata B4 appare immune da vizi di illogicità ed irrazionalità, in quanto essa poggia in primo luogo sulla decisione, assunta a seguito delle osservazioni presentate dai proprietari dell’area tra cui anche il ricorrente, di modificare la primitiva destinazione a verde privato, contenuta nella variante del 2000, in quella attuale di zona di espansione, alla luce dell’esistenza di varie edificazioni sorte in origine abusivamente e poi condonate, che necessitavano di un piano attuativo al fine di sviluppare un progetto unitario di riqualificazione urbanistica per dotare l’area dei necessari standard.
Si tratta, secondo il comune, di una destinazione particolarmente indicata per aree c.d. intermedie, ovvero parzialmente urbanizzate nelle quali si ravvisi un raccordo con il preesistente aggregato abitativo e la necessità di un potenziamento delle opere di urbanizzazione (cfr. relazione del 19.10.2011), che non risultano presenti nella zona in modo adeguato (istruzione, spazi a verde pubblico, ecc).
A parte le reti fognarie, elettriche ed idriche, infatti, il comune ha più volte sottolineato che mancano i servizi e attrezzature collettive.
Per quanto riguarda il vizio dedotto di inadeguatezza dell’istruttoria, in verità l’inesatta valutazione dell’entità dell’edificazione già esistente sull’area del Comprensorio è emersa a seguito dell’attività di ricognizione effettuata dal comune alla data del 30.10.2013 (v. delibera del consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013). Infatti, come rilevato anche dal comune, è risultato un indice di fabbricabilità esistente pari a 0,37, superiore a quello previsto per l’intero comparto.
Tale profilo, tuttavia, tenuto conto del fatto che la procedura di adozione della variante è iniziata nel lontano 1999, che la variante adottata dal comune risale al 2000 e che solo nel 2009 essa è stata approvata dalla regione, non appare di per sé solo indicativo del fatto che vi sia stato all’epoca, ovvero nella fase propedeutica alla redazione del piano, un difetto di istruttoria. Nell’arco di circa quindici anni, infatti, l’assetto del territorio può essere mutato, soprattutto se si tiene conto del fatto che nel frattempo è stato approvato anche il terzo provvedimento legislativo di condono. D’altro canto, l’analisi dello stato dei luoghi risulta essere stata fatta mediante il rilievo areofotogrammetrico.
Viceversa, appare da considerare positivamente la circostanza che il comune ha assicurato la sua intenzione di tener conto delle risultanze della ricognizione dello stato di edificazione esistente nel comparto ai fini della eventuale riperimetrazione, in sede attuativa, delle aree dei comparti di nuova espansione, individuando gli insediamenti esistenti e gli standard urbanistici necessari.
In quella sede, eventualmente, le proposte del ricorrente potranno essere nuovamente valutate, alla luce di una attualizzata conoscenza dei luoghi.
Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta disparità di trattamento, arbitrarietà, irrazionalità ed illogicità manifesta in quanto altre zone, in identica situazione a quella in cui si trovano le sue proprietà, sono state qualificate zona B.
Il motivo deve essere disatteso, sia perché non è dato rinvenire la totale identità tra le citate situazioni e quella del ricorrente, sia alla luce della considerazioni svolte dal comune di Monterotondo sul punto nella relazione tecnica del 3.6.2009.
Si tratta infatti in alcuni casi di aree (via di S. Ilario, località Bullicara e Pietrara) che in precedenza, a differenza di quella di proprietà del ricorrente, non erano classificate come agricole bensì come “risanamento igienico e urbanistico”, già assimilate con delibera del 1988, alle zone di completamento; in altri casi (località Santa Maria) si trattava di aree di modeste dimensioni, per le quali la progettazione dell’adiacente comparto consentirebbe il suo eventuale recupero urbanistico.
In sostanza, la variante ha ritenuto di attribuire la qualifica di zona B- completamento alle aree già perimetrate nel precedente prg come di risanamento igienico e di attribuire invece la qualifica di zona C: Espansione alle aree in precedenza qualificate come agricole e non totalmente edificate.
Si tratta di valutazioni che non appaiono affette da vizi di irragionevolezza, illogicità o arbitrarietà.
Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta il mancato esame da parte della Regione della osservazione dallo stesso presentata in data 17.3.2005 alla competente autorità regionale.
In effetti non risulta agli atti una specifica controdeduzione della regione a tale osservazione presentata dal ricorrente (v. doc. 7 della produzione del ricorrente).
Il contenuto di detta osservazione, tuttavia, è esattamente sovrapponibile a quella già presentata dallo stesso ricorrente e da altri proprietari al comune in data 20.4.2001, anche se quest’ultima è corredata da ulteriori documenti.
Il mancato esame di essa, dunque, in sede di approvazione della variante da parte della regione, non appare causa di illegittimità dell’atto impugnato atteso che si sarebbe trattato di una mera ripetizione di attività già svolta dinanzi al comune, che aveva condotto peraltro ad un parziale accoglimento della osservazione, mediante la modifica della destinazione dell’area da verde privato a zona C di completamento.
Infondato è anche il quinto motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione dell’art. 42 Cost. sostenendo che la disciplina del comparto CPR-R, laddove riserva al pubblico una percentuale pari allo 0,20% dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevede la cessione gratuita del 50% delle aree private al comune, costituisce una forma di espropriazione atipica e contrastante con la Costituzione. Sottolinea infine che comunque tali prescrizioni non potrebbero essere applicate perché le aree di sua proprietà sono già ampiamente edificate.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Le previsioni del piano regolatore, nella parte in cui esse riservano al pubblico una percentuale pari allo 20% dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevedono la cessione gratuita del 50% delle aree private al comune, sono perfettamente legittime e conformi alla Costituzione, giacché rispondono alla funzione di consentire la realizzazione di standard urbanistici e di realizzare le attrezzature e i servizi pubblici necessari, attraverso lo strumento del comparto edificatorio e mediante il ricorso a procedure convenzionali, anziché a procedure di esproprio.
Infatti, il potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in valori costituzionalmente garantiti. Diversamente opinando si priverebbe la p.a. di un essenziale strumento di realizzazione di valori costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli art. 9 comma 2, 32, 42, 44, 47, comma 2, cost. (T.A.R. Bari (Puglia) sez. I , 08/08/2013, n. 1232).
Il primo ricorso per motivi aggiunti va dunque respinto.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha impugnato la deliberazione del consiglio comunale del comune di Monterotondo, avente ad oggetto: “adozione di variante normativa alle norme tecniche di attuazione – Tav. D bis, in sostituzione della Tav. D della variante generale al PRG approvata con DGR n. 841 del 2009”, nella parte in cui all’art. 5, lett. o, delle NTA sembra introdurre una definizione apparentemente innovativa di “area di completamento”.
Egli, oltre a riproporre in via derivata i vizi già dedotti in precedenza, lamenta la violazione dell’art. 2 del DM 2.4.1968 e l’eccesso di potere per falso presupposto sostenendo che laddove l’inciso “già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi” dovesse essere inteso come riferito all’ area di completamento, essa finirebbe per essere definita come area libera ricompresa all’interno di zone edificabili … già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi..”. Una tale definizione, tuttavia, si porrebbe in contrasto con l’art. 2 del DM 1444/1968 che prevede per le aree di completamento – Zone B, che esse siano già urbanizzate o da urbanizzare in attuazione di un PUA approvato, edificate o in via di edificazione, con prevalente destinazione residenziale, corrispondenti ad agglomerati urbani privi delle caratteristiche della Zona A..”.
A prescindere dall’esame della questione della sussistenza dell’interesse a ricorrere, il motivo comunque non può trovare accoglimento.
Come ha chiarito il comune nella relazione del 19.10.2011, le aree di completamento di cui all’art. 5, lett. o) delle NTA sono tutte le aree già pianificate dal precedente PRG con strumenti attuativi vigenti o decaduti; esse pertanto sono diverse da quelle di cui all’art. 35 NTA, che riguarda invece unicamente le aree di completamento ricadenti in zona B.
In ogni caso, poi, è certo che in questo tipo di aree non rientrano quelle del ricorrente, poiché le aree di sua proprietà non sono mai state assoggettate a strumenti urbanistici attuativi.
In conclusione anche il secondo ricorso per motivi aggiunti va respinto.
Sussistono giusti motivi attesa, la complessità della vicenda, per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, e sui relativi motivi aggiunti:
dichiara inammissibile il ricorso originario;
respinge sia il primo sia il secondo dei motivi aggiunti.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei giorni 10 aprile 2014 e 12 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2014





 

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