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n. 10-2014 - © copyright |
T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II
QUATER - Sentenza 6 ottobre 2014 n. 10211
Pres. Pugliese – Est.
Maddalena
P.C. (Avv. F. Giuliani) c/ Comune di Monterotondo (Avv. E.
Pepe, C. Curreri), Regione Lazio (Avv. E. Caprio) |
1. Edilizia e urbanistica – Comparto edificatorio –
Natura – Finalità – Strumento urbanistico – Accordo dei privati
proprietari – Perequazione – Principio di zonizzazione – Deroga –
Inammissibilità – Ragioni
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2. Edilizia e urbanistica – Art. 7 L. n. 1150/1942 –
Piano regolatore generale – Contenuto minimo essenziale – Zone omogenee –
Limiti – Sottozone – Principi di perequazione – Applicazione
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3. Edilizia e urbanistica – Comune – Potere di
pianificazione – Ampia discrezionalità – Adeguata attività istruttoria –
Necessità
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4. Edilizia e urbanistica – Piano regolatore –
Fabbricabilità fondiaria – Riserva al pubblico – Aree private – Cessione
gratuita al comune – Legittimità – Ragioni – Realizzazione di una
pluralità di interessi pubblici – Fondamento costituzionale
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1. Il comparto edificatorio è uno strumento che rimette
alla iniziativa dei proprietari facenti parte del comparto la
realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in esso previsti,
mediante il ricorso all’edilizia convenzionale, ed è finalizzato ad
assicurare l’attuazione dello strumento urbanistico attraverso l’accordo
dei privati proprietari. La perequazione di comparto, in quanto collocata
nella fase attuativa del piano, non può derogare il principio di
zonizzazione; il comparto infatti non potrà sviluppare complessivamente
una volumetria diversa da quella attribuita dallo strumento generale.
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2. L’art. 7 della legge urbanistica individua il
contenuto minimo essenziale del piano regolatore generale, sicché appare
ammissibile che esso, oltre a individuare le tradizionali zone omogenee di
cui al D.M. n. 1444/68, ne delimiti – all’interno o all’esterno di esse, a
guisa di sottozone – anche altre nelle quali si faccia spazio
all’applicazione dei principi di perequazione.
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3. Il potere comunale di pianificazione è connotato da
ampia discrezionalità, ma il suo esercizio è subordinato all’obbligo di
effettuare una adeguata, preventiva attività istruttoria in relazione alla
portata degli interessi pubblici e privati coinvolti. In sostanza, le
scelte urbanistiche, ancorché caratterizzate da discrezionalità, devono
rivelarsi, alla stregua del sindacato giurisdizionale sulle stesse
esercitabile, esenti da vizi di illogicità e irrazionalità, e devono
inoltre essere supportate, sia pure con riferimento alle linee-guida che
accompagnano la redazione degli strumenti urbanistici, da idonea
motivazione.
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4. Le previsioni del piano regolatore, nella parte in cui
riservano al pubblico una percentuale dell’indice di fabbricabilità
fondiaria e prevedono la cessione gratuita di parte delle aree private al
comune, sono perfettamente legittime e conformi alla Costituzione, giacché
rispondono alla funzione di consentire la realizzazione di standard
urbanistici e di realizzare le attrezzature e i servizi pubblici necessari
attraverso lo strumento del comparto edificatorio e mediante il ricorso a
procedure convenzionali, anziché a procedure di esproprio. Infatti, il
potere di pianificazione urbanistica non è funzionale solo all’interesse
pubblico all’ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione
delle diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile
abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, ecc.), ma
esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una
pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in
valori costituzionalmente garantiti. Diversamente opinando, si priverebbe
la p.a. di un essenziale strumento di realizzazione di valori
costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli artt. 9 comma 2,
32, 42, 44, 47 comma 2 Cost.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6759 del
2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da: Pietro Carosi,
rappresentato e difeso dall'avv. Federico Giuliani, con domicilio eletto
presso l’avv. Alessandro Pucci in Roma, viale Mazzini, 114/B;
contro
Comune di Monterotondo, in persona del legale
rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Emiliano Pepe,
Clara Curreri, con domicilio eletto presso l’avv. Alessio Malaspina in
Roma, via Fornovo, 3; Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Elisa Caprio, con domicilio eletto
presso Elisa Caprio in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
per l'annullamento
della deliberazione del consiglio comunale
del comune di Monterotondo n. 66 del 28/4/2009;
del parere del
comitato regionale per il territorio della regione Lazio, reso della
seduta del 9.4.2009,
della deliberazione del consiglio comunale del
comune di Montererotondo n. 36 del 5.4.2004;
della delibera del
consiglio comunale del comune di Montererotondo n. 64 del 22.5.2003;
della deliberazione del consiglio comunale del comune di
Montererotondo n. 126 del 21.12.2000;
degli atti ed elaborati del
progetto di variante al Piano regolatore generale del comune di
Monterotondo.
Impugnati con il ricorso originario.
Della
deliberazione della giunta regionale 13.11.2009, n. 841 della Regione
Lazio, avente ad oggetto l’approvazione della variante generale al PRG del
comune di Monterotondo;
Impugnata con il primo ricorso per motivi
aggiunti.
Della deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del
31.5.2011 del Comune di Monterotondo, avente ad oggetto “Adozione di
variante normativa alle norme tecniche di attuazione – Tav D bis, in
sostituzione della tav. D. della variante generale al PRG approvata con
DGR 841 del 13.11.2009;.
Impugnata con il secondo ricorso per motivi
aggiunti.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi
allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di
Monterotondo e di Regione Lazio;
Viste le memorie difensive;
Visti
tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno
10 aprile 2014 la dott.ssa Maria Laura Maddalena e uditi per le parti i
difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto
e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, proprietario di numerosi terreni,
in parte edificati, siti nel territorio del comune di Monterotondo,
località Montedoro, impugna con il ricorso in epigrafe la deliberazione
del consiglio comunale di adozione in via definitiva della variante
generale al PRG, con la quale il comune aveva deciso di recepire le
indicazioni contenute nel parere del Comitato regionale per il territorio
e di inviare il testo della variante alla regione per la prosecuzione
dell’iter procedimentale
Sostiene il ricorrente che la variante in
esame determinerà una profonda trasformazione .urbanistica del territorio
comunale, con una forte espansione edilizia in aree oggi non urbanizzate e
del tutto inedificate.
In particolare, per quanto riguarda la nuova
espansione residenziale la variante prevede, nella zona C, suddivisa in
quattro sottozone, cinque nuovi ambiti, a loro volta suddivisi in 25
comparti funzionali (AnCPRn). All’interno degli ambiti è concentrato il
60% dei nuovi insediamenti previsti, pari a circa 6.000 stanze, nonché
l’edilizia residenziale pubblica per circa 2.930 stanze.
La variante
prevede poi 16 comparti, distinti con le lettere da A a R, che sono
classificati in tre fasce:
a) ex aree destinate a servizi, mai
espropriate, riclassificati in tre fasce;
b) aree di ricucitura, lungo
le principali direttrici di sviluppo cittadino;
c) aree di nuova
espansione.
Nei primi sei comparti, indicati dalle lettere da A a F,
sono localizzate ulteriori 1.237 stanze.
I terreni di proprietà del
ricorrente risultano inseriti all’interno del Comparto R (CPR-R),
classificato come “area di nuova espansione”.
All’interno del comparto
è assegnato un indice di fabbricabilità territoriale (IT) di 0,50 mc/mq di
cui una quota pari allo 0,30 destinata al privato ed una quota pari allo
0,20 destinata al pubblico, con cessione del 50% delle aree in favore del
comune.
Il ricorrente ha presentato le proprie osservazioni sia al
comune, in data 20.4.2001, sia alla Regine Lazio, in data 17.3.2005.
tuttavia, risulta che il Comitato regionale per il territorio non ha
inserito la sua osservazione nell’elenco delle osservazioni presentate
direttamente alla Regione Lazio, con la conseguenza che la stessa non è
stata oggetto di istruttoria e di esame né da parte del Comitato regionale
né da parte del comune di Monterotondo.
Tanto premesso, il ricorrente
deduce vari motivi di impugnazione per violazione di legge ed eccesso di
potere, dei quali meglio si dirà nella parte in diritto, sostenendo in
sostanza che le sue proprietà immobiliari possiedono in effetti tutte le
caratteristiche previste dalla normativa vigente (art. 41 quinques della
l. n. 1150 del 1942 e DM 1444 del 2.4.1968) per essere qualificate come
zona B, e tuttavia esse sono state incluse nel comparto di nuova
espansione – Zona CPR –R. Deduce inoltre il difetto di istruttoria e di
motivazione e la disparità di trattamento, nonché la violazione delle sue
prerogative partecipative mediante la presentazione di osservazioni,
giacché – come si è detto – il Comitato regionale non avrebbe inserito la
sua osservazione, volta a richiedere la qualificazione come zona B di
completamento delle aree di sua proprietà, tra quelle pervenute
direttamente alla regione Lazio.
Infine, il ricorrente deduce la
violazione dell’art. 42 Cost. sostenendo che la disciplina del comparto
CPR-R, laddove riserva al pubblico una percentuale pari allo 0,20%
dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevede la cessione gratuita del
50% delle aree private al comune, costituisce una forma di espropriazione
atipica e contrastante con la Costituzione. Sottolinea infine che comunque
tali prescrizioni non potrebbero essere applicate perché le aree di sua
proprietà sono già ampiamente edificate.
In conclusione, dunque, il
ricorrente chiede a questo giudice di voler accertare che i terreni del
ricorrente soddisfano i requisiti previsti dal DM 1444/1968 per la
qualificazione a zona B e annullare i provvedimenti impugnati.
Con il
primo ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente ha quindi impugnato la
delibera della Giunta regionale n. 841 del 2009 di approvazione della
variante generale al PRG del comune di Monterotondo.
In particolare, il
ricorrente riferisce che alcuni dei terreni di sua proprietà sono ubicati
nel contesto di una zona edificata delimitata e circoscritta all’interno
della via Monte d’Oro, mentre gli altri terreni, distinti con le
particelle n. 238, 239 e 604, sono ubicati in un’area pressoché
inedificata ed esterna rispetto alla delimitazione stradale sopra
citata.
Detti terreni sono stati tutti inseriti nel Comparto R/CPR-R,
con un indice di fabbricabilità territoriale (IT) 0,50 mc/mq di cui una
quota pari allo 0,30 destinata al privato e una quota pari allo 0,20
destinata al pubblico, così ledendo gli interessi del ricorrente.
Egli
deduce pertanto la violazione dell’art. 23 della l. 1150/1942 e dell’art.
13 della l. 10 del 1977 nonché di varie leggi regionali, perché
l’individuazione di comparti edificatori può avvenire esclusivamente in
diretta connessione con l’approvazione degli strumenti urbanistici
attuativi e non già in sede di formazione del piano regolatore o di una
sua variante generale.
Con i restanti motivi di impugnazione, il
ricorrente ripropone le doglianze già mosse nel ricorso originario,
ulteriormente argomentandole.
Il comune di Monterotondo si è costituito
in data 16.10.2009 ed ha depositato documentazione oltre che una memoria
difensiva, chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha quindi
notificato un secondo ricorso per motivi aggiunti, con il quale ha
impugnato la deliberazione del consiglio comunale del comune di
Monterotondo, avente ad oggetto: “adozione di variante normativa alle
norme tecniche di attuazione – Tav. D bis, in sostituzione della Tav. D
della variante generale al PRG approvata con DGR n. 841 del 2009”, con
riferimento all’art. 5, lett. o, delle NTA.
Egli, oltre a riproporre
in via derivata i vizi già dedotti in precedenza, lamenta la violazione
dell’art. 2 del DM 2.4.1968 e l’eccesso di potere per falso presupposto,
in quanto la variante sembra introdurre una definizione apparentemente
innovativa di “area di completamento” all’art. 5 NTA, laddove l’inciso
“già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi”
dovesse essere inteso come riferito all’area libera (ossia all’ area di
completamento), in quanto in tal modo l’area di completamento finirebbe
per essere definita come area libera ricompresa all’interno di zone
edificabili … già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici
attuativi..”. Una tale definizione, infatti, si porrebbe in contrasto con
l’art. 2 del DM 1444/1968 che prevede per le aree di completamento – Zone
B, che esse siano già urbanizzate o da urbanizzare in attuazione di un PUA
approvato, edificate o in via di edificazione, con prevalente destinazione
residenziale, corrispondenti ad agglomerati urbani privi delle
caratteristiche della Zona A..”.
Con memoria del 20.10.2011, la difesa
del comune di Monterotondo ha in primo luogo rilevato che il procedimento
di approvazione delle NTA era all’epoca ancora in corso, dovendo essere
ancora esaminate le osservazioni.
Nel merito, il comune ha rilevato che
le aree di completamento disciplinate dall’art. 5, lett. o) delle NTA non
vanno confuse con le zone B di completamento, così come definite dal DM
1444/1968 e disciplinate dall’art. 35 NTA). Sottolinea inoltre il comune
che le particelle di proprietà del ricorrente non sono mai state
assoggettate a pianificazione attuativa, mentre l’art. 5 lett. o) della
NTA si riferisce proprio a questa ipotesi.
In relazione al ricorso
originario, il comune di Monterotondo ha eccepito la sua inammissibilità
in quanto avente ad oggetto un atto infraprocedimentale. La delibera
impugnata non è infatti quella di adozione della variante generale, la
quale è invece stata effettuata con la deliberazione consiliare n.
126/2000, ma è unicamente un atto endoprocedimentale con il quale il
consiglio comunale ha deciso di recepire le indicazioni contenute nel
parere del Comitato regionale per il territorio, reso nella seduta del
9..4.2009. Sottolinea inoltre la difesa del comune che l’atto di adozione
della variante (delibera n. 126 del 2000) non risulta mai essere stata
impugnata.
Con riferimento al primo ricorso per motivi aggiunti, il
comune ha riportato nella sua memoria il contenuto della relazione tecnica
nella quale si legge che l’area di proprietà del ricorrente è
completamente sprovvista di servizi e attrezzature collettive, trattandosi
unicamente di un aggregato di edifici abusivamente realizzati e
successivamente condonati, in un’area che si presenta come un’area a
vocazione agricola. Ed infatti, secondo il precedente PRG detta area era
destinata a verde di rispetto. Sostiene, inoltre, che l’area in questione
non ha i parametri urbanistici di densità territoriale e di superficie
coperta che sono previsti per la qualificazione come zona B.
In
conclusione, il comune ha chiesto il rigetto del ricorso perché
infondato.
L’istanza cautelare è stata respinta all’udienza in camera
di consiglio del 27.10.2011.
La regione Lazio si è costituita ed ha
depositato una memoria per chiedere il rigetto del primo ricorso per
motivi aggiunti. In particolare, la regione Lazio ha sostenuto di avere,
sia pure cumulativamente con altre osservazioni, dato risposta alla
osservazione presentata dal ricorrente. La regione ha inoltre sottolineato
la discrezionalità delle scelte di pianificazione degli enti locali e come
rispetto alle scelte urbanistiche dell’ente le posizioni dei privati siano
naturalmente recessive.
Sia il ricorrente che il comune di Monterotondo
hanno presentato memorie e repliche per l’udienza di discussione,
argomentando ulteriormente le rispettive tesi difensive.
All’odierna
udienza, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Va in primo luogo esaminata l’eccezione di
inammissibilità del ricorso originario, dedotta dal comune di
Monterotondo, per non avere l’atto impugnato (delibera del consiglio
comunale n. 66 del 28 aprile 2009) natura provvedimentale, ma di mero atto
infraprocedimentale.
L’eccezione è fondata.
La deliberazione
impugnata con il ricorso originario, infatti, non è l’atto di adozione
della variante generale (in verità già intervenuto con delibere n. 14 del
15.4.1999 e n. 126 del 21.12.2000) bensì un mero atto di recepimento delle
indicazioni contenute nel parere del comitato regionale per il Territorio
reso della seduta del 9.4.2009, senza osservazione alcuna, con successivo
inoltro alla Regione per il prosieguo dell’iter procedimentale.
Si
tratta dunque di un atto che si inserisce nel complesso procedimento per
l’approvazione della variante generale del comune di Monterotondo, che non
ha però valenza provvedimentale, ma meramente infraprocedimentale.
Il
ricorso per queste ragioni è inammissibile.
Le doglianze contenute nel
ricorso originario, peraltro, sono state tutte riproposte e ancor meglio
argomentate nel primo ricorso per motivi aggiunti, il quale ha invece ad
oggetto l’impugnazione della delibera di giunta regionale di approvazione
della variante generale del comune di Monterotondo.
Con il primo motivo
del ricorso per motivi aggiunti, il ricorrente deduce la violazione
dell’art. 23 della l. 1150/1942 e dell’art. 13 della l. 10 del 1977 nonché
di varie leggi regionali, perché l’individuazione di comparti edificatori
può avvenire esclusivamente in diretta connessione con l’approvazione
degli strumenti urbanistici attuativi e non già in sede di formazione del
piano regolatore o di una sua variante generale.
Il ricorrente
richiama, a questo proposito, recenti sentenze del Consiglio di Stato
(sez. IV, 4 dicembre 2009, n. 7650) secondo le quali il comparto
edificatorio, in quanto strumento urbanistico di terzo livello, presuppone
non solo l’approvazione dello strumento urbanistico generale ma anche di
quelli attuativi.
Il collegio, pur consapevole dell’orientamento
giurisprudenziale menzionato dal ricorrente, tuttavia, rileva che nel caso
in esame non sembra che ricorra la medesima fattispecie oggetto delle
citate sentenze Consiglio di Stato, recentemente anche ribadito dal TAR
Puglia, sent. 311 del 18.2.2011.
Occorre premettere che il comparto
edificatorio, disciplinato dall’art. 23 della l. 1150 del 1942, è uno
strumento che rimette alla iniziativa dei proprietari facenti parte del
comparto la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in
esso previsti, mediante il ricorso alla edilizia convenzionale.
Esso
comprende sia aree inedificate che costruzioni da edificare. Formato il
comparto, il sindaco invita i proprietari ad effettuare, eventualmente in
consorzio, le trasformazioni degli immobili compresi nel comparto secondo
le indicazioni in esso contenute.
Il comparto edificatorio, così come
disciplinato dal legislatore del 1942, non ha necessariamente una funzione
perequativa interna, anche se un tale effetto può in concreto prodursi;
infatti, è piuttosto finalizzato ad assicurare l'attuazione dello
strumento urbanistico attraverso l'accordo dei privati proprietari (che si
costituiscono in consorzio), in difetto del quale interverrà l'esproprio
da parte del Comune e la riassegnazione dell'area espropriata a terzi. La
sua disciplina è contenuta nell'art. 870 c.c., il quale statuisce che
"Quando è prevista la formazione di comparti, costituenti unità
fabbricabili con speciali modalità di costruzione e adattamento, gli
aventi diritto sugli immobili compresi nel comparto devono regolare il
loro rapporto in modo da rendere possibile l'attuazione del piano. Possono
anche riunirsi in consorzio per l'esecuzione delle opere. In mancanza di
accordo, può procedersi all'espropriazione a norma delle leggi in
materia".
Dunque, semplicemente, il comparto edificatorio costituisce
una porzione di territorio nell'ambito della quale l'edificazione deve
avvenire in modo compatto e non frammentato.
Il comparto edificatorio,
come si diceva, ha avuto una compiuta disciplina nell'art. 23 della l.
1150 del 1942, il quale ne ha esplicitamente collegato la formazione alla
approvazione o alla attuazione di un piano particolareggiato.
La
legislazione successiva (art. 13 l. n. 10/77) ha affrancato la formazione
dei comparti edificatori dalla approvazione di piani particolareggiati ma
l'ha agganciata ai programmi pluriennali di attuazione. Si ricorda che
l'art. 23 della legge del 1942, limitatamente alle disposizioni
riguardanti l'espropriazione, è stato abrogato dall'art. 58 del d.p.r. n.
327 del 2001, il quale all'art. 7 prevede la facoltà dei Comuni di
espropriare, tra l'altro, gli immobili necessari per delimitare le aree
fabbricabili e per attuare il piano regolatore, nel caso di mancato
accordo tra i proprietari del comprensorio.
La legge Regionale del
Lazio, 22/12/1999, n.38, all’art. 48 disciplina l’Attuazione dei PUOC
mediante comparti edificatori. Esso prevede, per quanto di interesse,
che:
1. Le trasformazioni previste dai PUOC possono essere eseguite
attraverso comparti edificatori individuati o nel PUOC stesso o,
successivamente, su istanza dei proprietari degli immobili
interessati.
2. Formato il comparto, il comune invita i proprietari
interessati a dichiarare, entro un termine stabilito nell'atto di
notifica, se intendano procedere da soli, se proprietari dell'intero
comparto, oppure riuniti in consorzio, all'attuazione delle previsioni del
PUOC.
(…)
5. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3,
conseguita la piena disponibilità del comparto, stipula apposita
convenzione con il comune per l'esecuzione delle trasformazioni previste
nel PUOC. Stipulata tale convenzione, i singoli proprietari aderenti al
consorzio possono richiedere al comune gli atti abilitativi ad effettuare
le singole trasformazioni in conformità al piano urbanistico ed alla
convenzione medesima.”
Come si nota, quella effettuata mediante il
comparto edificatorio è una forma di attuazione della programmazione
urbanistica, generale e attuativa, e per questo essa presuppone prima
l’approvazione degli strumenti urbanistici attuativi (piani di
lottizzazione, di recupero, piani particolareggiati ecc.).
Tale
convincimento è avvalorato dalla lettura dell’art. 5 delle NTA del comune
di Monterotondo, avente ad oggetto il “comparto di attuazione”.
L’art.
5, lett. l) prevede infatti che il “Comparto”costituisce una modalità di
attuazione del PRG applicato a porzioni del territorio comunale, in base
all’art. 23 della l. 1150/1942.
Può dirsi, pertanto, che la
perequazione di comparto, in quanto collocata nella fase attuativa del
piano, non può derogare il principio di zonizzazione. Il comparto,
infatti, non potrà sviluppare complessivamente una volumetria diversa da
quella attribuita dallo strumento generale.
Nel caso di specie, la
variante al PRG del comune di Monterotondo, nella individuazione dei sei
comparti della zona di espansione C e nell’indicare gli indici di
fabbricazione territoriale (IT) pubblico/privato e la percentuale delle
aree da cedere al comune, non ha fatto che esercitare tali poteri di
zonizzazione, indicando le aree per le quali, solo a seguito di adozione
preventiva del PUA (che dovrà essere unico per tutta l’area omogenea), si
sarebbe effettuata l’attuazione mediante comparti edificatori.
Non vi
è stata dunque alcuna invasione della sfera di competenza degli strumenti
urbanistici di secondo e terzo livello.
Si tratta infatti di una
programmazione urbanistica perfettamente aderente alle funzioni del PRG (o
PUG) e non invasiva delle competenze degli strumenti attuativi (PUA).
Infatti, l'art. 7 della legge urbanistica "individua quello che deve
considerarsi il contenuto essenziale del piano regolatore generale, cioè
il contenuto minimo: sicché pare ammissibile che esso, oltre ad
individuare le tradizionali zone omogenee di cui al d.m. 1444/68, ne
delimiti − all'esterno o all'interno di esse, a guisa di sottozone − anche
altre nelle quali si faccia spazio alla applicazione dei principi della
perequazione" (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. II, 20 maggio 2010 n.
19622)
In sostanza, a livello di PRG è stata solo determinata
all’interno della zona di espansione, l’area dei vari comparti, a ciascuno
dei quali è stato attribuito un indice di fabbricabilità, mentre la
disciplina di dettaglio del territorio ricompreso nel comparto viene
rimessa in primo luogo alla pianificazione attuativa e quindi al comparto
edificatorio, mediante forme di edilizia convenzionale. (cfr. in questo
senso l’art. 20 delle NTA del comune di Monterotondo).
Come è stato
inoltre specificato nella relazione tecnica del comune del 27.2.2014 (doc.
17, all. A della produzione del comune), l’acronimo “CPR n” non è altro
che un modo per individuare il “comprensorio” e per disciplinare la norma
attuativa della medesima zona , ma è comunque sempre ribadito che si
tratta di “zone C di espansione soggette a Piano urbanistico Attuativo di
secondo livello”, anche se poi le suddette aree assumono natura di
comparti edificatori ai sensi dell’art. 23 l. 1150/1942 (come
espressamente si legge a pag. 42 del testo della delibera di Giunta
regionale di approvazione della variante), in sede di attuazione del
PRG.
Si tratta pertanto di un procedimento assolutamente compatibile
con la natura dello strumento urbanistico generale, peraltro generalmente
usato anche da altri enti locali con finalità perequativa c.d.
generalizzata.
Peraltro, sembra potersi dire che anche nel caso di
specie la scelta del comune di Monterotondo di indicare nelle zone di
espansione i vari comparti, prevedendo per ciascuno di essi un unico
indice di fabbricabilità, sia mosso da intenti perequativi, al fine di
garantire a ciascuno dei proprietari dei fondi insistenti su tali aree il
diritto edificatorio secondo l’indice previsto dal PRG (cfr. delibera del
consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013, doc. 17 all. 20 della produzione
del comune di Monterotondo. V. inoltre la relazione tecnica del 27.2.2014
del comune di Monterotondo, servizio programmazione territoriale,
pianificazione urbanistica che chiaramente dà atto della finalità di
perequazione urbanistica della variante generale)
Inoltre, che si
tratti di una attività non invasiva della sfera di competenza degli
strumenti urbanistici attuativi di secondo e terzo livello è confermato
dal fatto che, dopo l’approvazione della variante generale, il comune di
Monterotondo ha effettuato, proprio in via propedeutica alla attuazione
dei comparti, una ricognizione delle volumetrie esistenti nei comparti di
nuova espansione, dando indirizzi operativi per la loro perimetrazione e
attuazione (delibera del consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013, doc. 17
all. 20 della produzione del comune di Monterotondo.)
Inoltre, sempre a
questi fini, il comune ha apportato una modifica all’art. 36 delle NTA –
zone di espansione, consentendo la possibilità di procedere all’attuazione
delle previsioni del PRG per sub comparti, così come previsto dalla l.
reg. 36/1987, ed in particolare, per i comparti di nuova espansione (CPR)
quale è quello in cui ricadono le proprietà del ricorrente, è stata
prevista la possibilità di attuare le previsioni di PRG mediante sub
comparti aventi una superficie minima di 5.000 mq.
La possibilità di
individuare dei sub comparti ulteriormente conferma che non vi è stata
alcuna forma di ingerenza nelle competenze rimesse alla pianificazione
attuativa.
Va infine rilevato che il comune, all’esito della
ricognizione delle volumetrie esistenti alla data del 3.10.2013, ha anche
deliberato che in sede di attuazione del PRG, si debba effettuare, per le
aree che ricadono all’interno delle fasce di ricucitura, una
perimetrazione delle aree dei comparti di nuova espansione che tenga conto
della ricognizione effettuata, possibilità di adozione di una apposita
variante di recupero al PRG, se necessaria.
E’ pertanto ben possibile
che sulla scorta dei dati recentemente acquisiti anche la perimetrazione
del comparto in cui ricadono le proprietà del ricorrente venga
modificata.
Il motivo, in conclusione, deve per tutte queste ragioni
essere disatteso.
Con la seconda censura svolta del primo ricorso per
motivi aggiunti, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 41 quinques
della l. 11450/1942 e dell’art. 2 del DM 1444/86, eccesso di potere per
difetto di istruttoria e di motivazione, sostenendo che le sue proprietà
immobiliari possiedono in effetti tutte le caratteristiche previste dalla
normativa vigente (art. 41 quinques della l. n. 1150 del 1942 e DM 1444
del 2.4.1968) per essere qualificate come zona B, e tuttavia esse sono
state incluse nel comparto di nuova espansione – Zona CPR –R.
In
particolare, sostiene il ricorrente che la più ampia area su cui dette
proprietà sono ubicate, e cioè quella interclusa tra via di Monte d’Oro e
la confinante zona B4 possiedano a tutti gli effetti le caratteristiche
normative per essere qualificate come zona B, in quanto:
confina su due
lati con un’ampia zona B4;
è delimitata dalla via monte d’oro e una
strada interpoderale;
è edificata e abitata;
è dotata di opere di
urbanizzazione (rete fognaria, idrica, telefonica, gas e illuminazione
pubblica).
Inoltre, il rapporto di densità territoriale mq/mc risulta
essere pari a 1,6 ed è dunque maggiore di quello di 1,5 previsto per la
zona B; il rapporto di superficie coperta mq/mq risulta essere pari a
0,18, che è maggiore di 1,125 richiesto per la zona B dall’art. 2, lett. B
del DM 1444/1968.
A riprova della irrazionalità di una tale previsione
urbanistica, il ricorrente sostiene che l’edificazione esistente già
supera di per sé le potenzialità edificatorie assegnate all’intero
comparto, in contraddizione con le finalità di nuova edificazione che il
comparto si propone.
In sostanza, dunque, il ricorrente contesta
l’inserimento di alcune particelle di sua proprietà nella zona CPR-R
ritenendo che esse avrebbero dovuto essere qualificate come zona B, previo
scorporo dalla area complessiva del comprensorio.
Il comune di
Monterotondo ha, con varie relazioni tecniche, contestato le affermazioni
del ricorrente sostenendo che la zona è sprovvista di servizi e
attrezzature collettive, la strada di accesso è inadeguata e sprovvista di
marciapiedi e che, considerando il comparto nella sua interezza, non
sussistono i parametri di densità territoriale e di volumetria esistenti
per la qualificazione come zona B. Inoltre, in prossimità delle proprietà
del ricorrente si rileva la presenza di un elettrodotto con relativo
vincolo di inedificabilità per fascia di rispetto.
Quanto alla
questione del superamento dell’indice di fabbricabilità, il comune di
Monterotondo, sempre nella relazione del 27.2.2014, ha dichiarato che, a
seguito degli accertamenti effettuati circa l’effettiva edificazione, si è
constato che il comprensorio di Monte d’Oro (CPR R) ha un indice
territoriale esistente pari a 0,37 mc/mq, superiore dunque all’indice di
fabbricabilità assegnata allo stesso (0, 30).
Lo stesso comune afferma
che tale circostanza potrà portare, in sede di adozione di un piano di
recupero, a modificare il perimetro del comparto al fine di garantire a
ciascun proprietario lo stesso indice edificatorio, anche se tale
procedura, ad avviso del comune, non potrà avere effetti favorevoli per il
ricorrente, avendo egli già saturato il proprio indice
territoriale.
Osserva preliminarmente il collegio che il potere
comunale di pianificazione è connotato da ampia discrezionalità, ma il suo
esercizio è subordinato all'obbligo di effettuare una adeguata, preventiva
attività istruttoria in relazione alla portata degli interessi pubblici e
privati coinvolti; in sostanza, le scelte urbanistiche, ancorché
caratterizzate da discrezionalità, devono rivelarsi, alla stregua del
sindacato giurisdizionale sulle stesse esercitabile, esenti da vizi di
illogicità ed irrazionalità e le stesse devono essere supportate, sia pure
con riferimento alle linee-guida che accompagnano la redazione degli
strumenti urbanistici, da idonea motivazione. (Consiglio di Stato, sez.
IV, 18/04/2014, n. 1989)
Nel caso di specie, la scelta del comune di
delineare il Comprensorio Monte d’oro ricomprendendovi anche le proprietà
del ricorrente situate nell’area limitrofa a quella qualificata B4 appare
immune da vizi di illogicità ed irrazionalità, in quanto essa poggia in
primo luogo sulla decisione, assunta a seguito delle osservazioni
presentate dai proprietari dell’area tra cui anche il ricorrente, di
modificare la primitiva destinazione a verde privato, contenuta nella
variante del 2000, in quella attuale di zona di espansione, alla luce
dell’esistenza di varie edificazioni sorte in origine abusivamente e poi
condonate, che necessitavano di un piano attuativo al fine di sviluppare
un progetto unitario di riqualificazione urbanistica per dotare l’area dei
necessari standard.
Si tratta, secondo il comune, di una destinazione
particolarmente indicata per aree c.d. intermedie, ovvero parzialmente
urbanizzate nelle quali si ravvisi un raccordo con il preesistente
aggregato abitativo e la necessità di un potenziamento delle opere di
urbanizzazione (cfr. relazione del 19.10.2011), che non risultano presenti
nella zona in modo adeguato (istruzione, spazi a verde pubblico, ecc).
A parte le reti fognarie, elettriche ed idriche, infatti, il comune ha
più volte sottolineato che mancano i servizi e attrezzature
collettive.
Per quanto riguarda il vizio dedotto di inadeguatezza
dell’istruttoria, in verità l’inesatta valutazione dell’entità
dell’edificazione già esistente sull’area del Comprensorio è emersa a
seguito dell’attività di ricognizione effettuata dal comune alla data del
30.10.2013 (v. delibera del consiglio comunale n. 88 del 19.12.2013).
Infatti, come rilevato anche dal comune, è risultato un indice di
fabbricabilità esistente pari a 0,37, superiore a quello previsto per
l’intero comparto.
Tale profilo, tuttavia, tenuto conto del fatto che
la procedura di adozione della variante è iniziata nel lontano 1999, che
la variante adottata dal comune risale al 2000 e che solo nel 2009 essa è
stata approvata dalla regione, non appare di per sé solo indicativo del
fatto che vi sia stato all’epoca, ovvero nella fase propedeutica alla
redazione del piano, un difetto di istruttoria. Nell’arco di circa
quindici anni, infatti, l’assetto del territorio può essere mutato,
soprattutto se si tiene conto del fatto che nel frattempo è stato
approvato anche il terzo provvedimento legislativo di condono. D’altro
canto, l’analisi dello stato dei luoghi risulta essere stata fatta
mediante il rilievo areofotogrammetrico.
Viceversa, appare da
considerare positivamente la circostanza che il comune ha assicurato la
sua intenzione di tener conto delle risultanze della ricognizione dello
stato di edificazione esistente nel comparto ai fini della eventuale
riperimetrazione, in sede attuativa, delle aree dei comparti di nuova
espansione, individuando gli insediamenti esistenti e gli standard
urbanistici necessari.
In quella sede, eventualmente, le proposte del
ricorrente potranno essere nuovamente valutate, alla luce di una
attualizzata conoscenza dei luoghi.
Con il terzo motivo, il ricorrente
lamenta disparità di trattamento, arbitrarietà, irrazionalità ed
illogicità manifesta in quanto altre zone, in identica situazione a quella
in cui si trovano le sue proprietà, sono state qualificate zona B.
Il
motivo deve essere disatteso, sia perché non è dato rinvenire la totale
identità tra le citate situazioni e quella del ricorrente, sia alla luce
della considerazioni svolte dal comune di Monterotondo sul punto nella
relazione tecnica del 3.6.2009.
Si tratta infatti in alcuni casi di
aree (via di S. Ilario, località Bullicara e Pietrara) che in precedenza,
a differenza di quella di proprietà del ricorrente, non erano classificate
come agricole bensì come “risanamento igienico e urbanistico”, già
assimilate con delibera del 1988, alle zone di completamento; in altri
casi (località Santa Maria) si trattava di aree di modeste dimensioni, per
le quali la progettazione dell’adiacente comparto consentirebbe il suo
eventuale recupero urbanistico.
In sostanza, la variante ha ritenuto
di attribuire la qualifica di zona B- completamento alle aree già
perimetrate nel precedente prg come di risanamento igienico e di
attribuire invece la qualifica di zona C: Espansione alle aree in
precedenza qualificate come agricole e non totalmente edificate.
Si
tratta di valutazioni che non appaiono affette da vizi di
irragionevolezza, illogicità o arbitrarietà.
Con il quarto motivo, il
ricorrente lamenta il mancato esame da parte della Regione della
osservazione dallo stesso presentata in data 17.3.2005 alla competente
autorità regionale.
In effetti non risulta agli atti una specifica
controdeduzione della regione a tale osservazione presentata dal
ricorrente (v. doc. 7 della produzione del ricorrente).
Il contenuto
di detta osservazione, tuttavia, è esattamente sovrapponibile a quella già
presentata dallo stesso ricorrente e da altri proprietari al comune in
data 20.4.2001, anche se quest’ultima è corredata da ulteriori documenti.
Il mancato esame di essa, dunque, in sede di approvazione della
variante da parte della regione, non appare causa di illegittimità
dell’atto impugnato atteso che si sarebbe trattato di una mera ripetizione
di attività già svolta dinanzi al comune, che aveva condotto peraltro ad
un parziale accoglimento della osservazione, mediante la modifica della
destinazione dell’area da verde privato a zona C di
completamento.
Infondato è anche il quinto motivo, con cui il
ricorrente deduce la violazione dell’art. 42 Cost. sostenendo che la
disciplina del comparto CPR-R, laddove riserva al pubblico una percentuale
pari allo 0,20% dell’indice di fabbricabilità fondiaria e prevede la
cessione gratuita del 50% delle aree private al comune, costituisce una
forma di espropriazione atipica e contrastante con la Costituzione.
Sottolinea infine che comunque tali prescrizioni non potrebbero essere
applicate perché le aree di sua proprietà sono già ampiamente
edificate.
Il motivo non può trovare accoglimento.
Le previsioni del
piano regolatore, nella parte in cui esse riservano al pubblico una
percentuale pari allo 20% dell’indice di fabbricabilità fondiaria e
prevedono la cessione gratuita del 50% delle aree private al comune, sono
perfettamente legittime e conformi alla Costituzione, giacché rispondono
alla funzione di consentire la realizzazione di standard urbanistici e di
realizzare le attrezzature e i servizi pubblici necessari, attraverso lo
strumento del comparto edificatorio e mediante il ricorso a procedure
convenzionali, anziché a procedure di esproprio.
Infatti, il potere di
pianificazione urbanistica non è funzionale solo all'interesse pubblico
all'ordinato sviluppo edilizio del territorio in considerazione delle
diverse tipologie di edificazione distinte per finalità (civile
abitazione, uffici pubblici, opifici industriali e artigianali, etc.), ma
esso è funzionalmente rivolto alla realizzazione contemperata di una
pluralità di interessi pubblici, che trovano il proprio fondamento in
valori costituzionalmente garantiti. Diversamente opinando si priverebbe
la p.a. di un essenziale strumento di realizzazione di valori
costituzionali, quali sono almeno quelli espressi dagli art. 9 comma 2,
32, 42, 44, 47, comma 2, cost. (T.A.R. Bari (Puglia) sez. I , 08/08/2013,
n. 1232).
Il primo ricorso per motivi aggiunti va dunque
respinto.
Con il secondo ricorso per motivi aggiunti il ricorrente ha
impugnato la deliberazione del consiglio comunale del comune di
Monterotondo, avente ad oggetto: “adozione di variante normativa alle
norme tecniche di attuazione – Tav. D bis, in sostituzione della Tav. D
della variante generale al PRG approvata con DGR n. 841 del 2009”, nella
parte in cui all’art. 5, lett. o, delle NTA sembra introdurre una
definizione apparentemente innovativa di “area di completamento”.
Egli, oltre a riproporre in via derivata i vizi già dedotti in
precedenza, lamenta la violazione dell’art. 2 del DM 2.4.1968 e l’eccesso
di potere per falso presupposto sostenendo che laddove l’inciso “già
assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici attuativi” dovesse
essere inteso come riferito all’ area di completamento, essa finirebbe per
essere definita come area libera ricompresa all’interno di zone
edificabili … già assoggettata dal precedente PRG a strumenti urbanistici
attuativi..”. Una tale definizione, tuttavia, si porrebbe in contrasto con
l’art. 2 del DM 1444/1968 che prevede per le aree di completamento – Zone
B, che esse siano già urbanizzate o da urbanizzare in attuazione di un PUA
approvato, edificate o in via di edificazione, con prevalente destinazione
residenziale, corrispondenti ad agglomerati urbani privi delle
caratteristiche della Zona A..”.
A prescindere dall’esame della
questione della sussistenza dell’interesse a ricorrere, il motivo comunque
non può trovare accoglimento.
Come ha chiarito il comune nella
relazione del 19.10.2011, le aree di completamento di cui all’art. 5,
lett. o) delle NTA sono tutte le aree già pianificate dal precedente PRG
con strumenti attuativi vigenti o decaduti; esse pertanto sono diverse da
quelle di cui all’art. 35 NTA, che riguarda invece unicamente le aree di
completamento ricadenti in zona B.
In ogni caso, poi, è certo che in
questo tipo di aree non rientrano quelle del ricorrente, poiché le aree di
sua proprietà non sono mai state assoggettate a strumenti urbanistici
attuativi.
In conclusione anche il secondo ricorso per motivi aggiunti
va respinto.
Sussistono giusti motivi attesa, la complessità della
vicenda, per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sul
ricorso, come in epigrafe proposto, e sui relativi motivi aggiunti:
dichiara inammissibile il ricorso originario;
respinge sia il
primo sia il secondo dei motivi aggiunti.
Compensa le spese.
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nelle camere di consiglio dei
giorni 10 aprile 2014 e 12 giugno 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo,
Consigliere
Maria Laura Maddalena, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/10/2014
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