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T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II QUATER - Sentenza 2 settembre 2014 n. 9291
Pres. Pugliese – Est. Toschei
V.C., V.L., V.A. (avv. Vocino) / Comune di Tivoli (Avv.ti Marci, Ramondo e Scarpitti)


Edilizia ed urbanistica – Domanda di provvedimento edilizio in sanatoria – L. 326 del 2003 – Presupposti – Preesistenza di un vincolo paesaggistico all’edificazione abusiva quale condizione necessaria di rigetto dell’istanza – Istruttoria sul punto – Insufficienza e deficit motivazionale – Illegittimità del diniego

 

 

Poiché ai sensi dell’art. 32, comma 27°, lett. d), della L. 326/2003 (c.d. “terzo condono”) l’istanza di sanatoria può essere respinta solo se sia dimostrabile e specificato nel provvedimento che un vincolo paesaggistico sia stato effettivamente apposto prima della ultimazione delle opere e che le opere non siano conformi alle prescrizioni della normativa edilizia disciplinante l’edificazione in quel territorio, è illegittimo il diniego dal quale non emerga alcuna espressione chiara circa l’epoca in cui il vincolo sia stato impresso all’area rispetto alla effettiva data di ultimazione delle opere, né alcun cenno sia fatto alla compatibilità urbanistico-edilizia delle stesse, tanto più allorché sussistano in atti documenti in virtù dei quali il quadro fattuale inerente alla realizzazione delle opere stesse induca a ritenere che esse siano state ultimate attorno alla metà degli anni novanta, allorché l’area interessata dall’abuso era nella fattispecie estranea a vincoli di sorta.

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Quater)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 11348 del 2009, proposto da: VOCINO Costantina, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Vocino, presso il cui Studio è elettivamente domiciliata in Roma, Piazza delle Primule, n. 8;

contro



il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in Roma, Via Flaminia, n. 189;

sul ricorso numero di registro generale 11349 del 2009, proposto da: VOCINO Lucia, rappresentata e difesa dall’avv. Antonio Vocino, presso il cui Studio è elettivamente domiciliata in Roma, Piazza delle Primule, n. 8;

contro



il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in Roma, Via Flaminia, n. 189;

sul ricorso numero di registro generale 11350 del 2009, proposto da: VOCINO Antonio, rappresentato e difeso da se medesimo ai sensi dell’art. 22 c.p.a. ed elettivamente domiciliato presso il proprio Studio in Roma, Piazza delle Primule, n. 8;

contro



il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in Roma, Via Flaminia, n. 189;

per l'annullamento



quanto al ricorso n. 11348 del 2009:
della determinazione 16 settembre 2009 prot. n. 49131 con la quale il Comune di Tivoli ha respinto la istanza di ammissione a sanatoria dell’illecito edilizio realizzato sull’immobile di proprietà in Tivoli, Via del Teatro Marittimo n. 28, presentata in data 10 dicembre 2004.
quanto al ricorso n. 11349 del 2009:
della determinazione 16 settembre 2009 prot. n. 49208 con la quale il Comune di Tivoli ha respinto la istanza di ammissione a sanatoria dell’illecito edilizio realizzato sull’immobile di proprietà in Tivoli, Via del Teatro Marittimo n. 28, presentata in data 10 dicembre 2004.
quanto al ricorso n. 11350 del 2009:
della determinazione 16 settembre 2009 prot. n. 49210 con la quale il Comune di Tivoli ha respinto la istanza di ammissione a sanatoria dell’illecito edilizio realizzato sull’immobile di proprietà in Tivoli, Via del Teatro Marittimo n. 28, presentata in data 10 dicembre 2004.

Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio dell’intimato Comune con riferimento a ciascuno dei ricorsi e la documentazione prodotta;
Esaminate le ulteriori memorie e documenti depositati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 aprile 2014 il dott. Stefano Toschei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. – Il presente contenzioso, che si articola su tre distinti ricorsi proposti dai Signori Costantina, Lucia ed Antonio Vocino aventi ad oggetto l’impugnazione di altrettante determinazioni dirigenziali emanate tutte il 16 settembre 2009 con le quali il Comune di Tivoli ha respinto tre richieste presentate in data 10 dicembre 2004 al fine di ottenere il rilascio del titolo edilizio in sanatoria con riferimento a lavori di ampliamento, manutenzione straordinaria ed esecuzione di opere non valutabili in termini di superficie o di volume realizzati nella proprietà sita in Tivoli alla Via del Teatro Marittimo n. 28, si sviluppa su articolati motivi di doglianza con i quali i tre ricorrenti chiedono l’annullamento dei tre provvedimenti gravati in quanto affetti da evidenti profili di illegittimità ed eccesso di potere.
In ciascuno dei tre atti introduttivi del presente contenzioso i ricorrenti, dopo aver esposto articolatamente nella prima parte dell’atto i fatti relativi alla edificazione dell’immobile in questione, con indicazione delle vicissitudini giudiziarie che hanno coinvolto anche il dante causa nel corso degli anni novanta, ricordano, per quanto rileva ai fini della decisione del presente contenzioso, che, nonostante la doverosa indicazione nella domanda di condono edilizio presentata in data 10 dicembre 2004 circa la realizzazione dei lavori in epoca antecedente al 31 marzo 2003, per come richiesto dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, in realtà le opere oggetto di sanatoria sono state ultimate negli anni 1995/1996, significando in modo particolare che il Sindaco del Comune di Tivoli in data 4 marzo 1995, in occasione della procedura di lottizzazione dell’area detta “Villaggio Adriano” (ove insiste la proprietà), ebbe a dichiarare che detta area non risulta sottoposta a vincolo panoramico e paesaggistico, tanto che la Regione Lazio, in data 10 agosto 1995, concedeva l’autorizzazione ai fini ambientali e paesaggistici.
Lamentano dunque i ricorrenti che il Comune di Tivoli ha adottato i provvedimenti impugnati senza svolgere una adeguata istruttoria e senza motivare adeguatamente le ragioni che hanno indotto gli uffici competenti a negare la richiesta sanatoria.
Da qui la proposizione dei gravami con richiesta di annullamento di ciascuno degli atti impugnati.
2. – Si è costituito in ciascuno dei giudizi il Comune di Tivoli depositando la documentazione relativa a ciascuna delle pratiche di condono nonché la copia del parere reso dagli uffici nel corso dell’istruttoria ostativa al rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria.
Entrambe le parti hanno chiesto che i ricorsi venissero riuniti per poter essere decisi in un unico contesto giudiziale anche al fine di evitare possibili contrasti di giudicati.
3. – In via preliminare il Collegio ritiene di potere accedere alla richiesta di riunione espressa dalle parti stante l’identità dell’oggetto dei ricorsi, diversificati esclusivamente dalla richiesta di annullamento di distinti atti di diniego di sanatoria peraltro motivati e confezionati in modo identico.
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., stante la confermata sussistenza dei presupposti di connessione oggettiva tra i ricorsi, possa disporsene la riunione, realizzandola in modo i ricorsi nn. R.g. 11349 del 2009 e 11350 del 2009 siano riuniti al ricorso, antecedentemente proposto, n. R.g. 11348 del 2009.
4. – Il Collegio rileva come innanzi i tre provvedimenti separatamente gravati sono fondati su un unico profilo motivazionale, atteso che viene dato atto dall’amministrazione della ultimazione delle opere alla data del 31 marzo 2013, termine ultimo per potere accedere al condono di cui alla legge 24 novembre 2003 n. 326 (legge di conversione del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269), vale a dire la sussistenza sull'area in questione di un vincolo paesaggistico e la non condonabilità pertanto delle opere de quibus in quanto classificate nel parere (rectius, relazione) espresso dagli uffici in sede di istruttoria (e depositato in giudizio dalla difesa comunale) come appartenenti alla “tipologia 1”, dovendo ritenersi la parte terminativa della motivazione dell'impugnato provvedimento come una specificazione di tale ultimo profilo ostativo in quanto facente riferimento al dato letterale dell'art. 32, comma 27, lett. d) della legge sopra richiamata che annovera fra le varie tipologie di vincolo anche il vincolo paesaggistico.
Ciò posto il Collegio prende atto della censura di difetto ed inadeguatezza della motivazione che accompagna il provvedimento impugnato dedotta da ciascuno dei ricorrenti ma tenuto conto dell’espresso richiamo recato nel corpo di ciascuno dei tre atti gravati alla relazione istruttoria, peraltro con puntuale indicazione della data di adozione, ritiene che tali censure non portare alla dichiarazione di illegittimità degli atti in quanto adeguatamente motivati ob relationem ai sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241.
5. - È d’altronde noto come in presenza di atto plurimotivato anche la legittimità di una delle motivazioni è da solo idonea a sorreggerlo, con la conseguenza che alcun rilievo avrebbero le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali (giurisprudenza costante, cfr. per tutte, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 23 dicembre 2013 n. 5981, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 5 dicembre 2013 n. 792, T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 aprile 2013 n. 718 e T.A.R. Campania, Salerno, sez. II, 17 gennaio 2011 n. 63).
Ed invero il profilo ostativo posto dal Comune a base del proprio giudizio di disfavore, ovvero la non compatibilità degli interventi costruttivi con quanto prescritto dall'art. 32, comma 27, lett. d) della legge n. 326 del 2003 per insistere le opere de quibus su area sottoposta a vincolo paesaggistico (e per essere le stesse ricomprese nella “tipologia 1” per come indicato nella relazione istruttoria depositata in giudizio e richiamata in tutti i provvedimenti qui gravati), assurge ad autonomo profilo motivazionale, seppur espresso per relationem nelle determinazioni di diniego di rilascio delle concessioni in sanatoria.
6. – Si è già sottolineato che il parametro ostativo al rilascio dei richiesti provvedimenti di condono edilizio è costituito dalla circostanza che l’area sulla quale insiste il fabbricato fatto oggetto di opere abusive (come rilevato dal Comune di Tivoli nel parere istruttorio espressamente richiamato a fondamento della decisione assunta nei provvedimenti impugnati) è da rinvenirsi nel disposto di cui all'art. 32 comma 27, lett. d), della legge n. 326 del 2003 atteso che le stesse compendiandosi in un abuso di “tipologia 1” di cui all’allegato alla legge suddetta (“Opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”) e quindi astrattamente condonabili ai sensi dell’art. 32, comma 26, lett. a) della medesima legge, insistono tuttavia su di un’area sottoposta a vincolo “d.lgs. 42/04 Lett “C” (Galasso) e archeologico Lett. M” (così si legge testualmente nell’ultima parte del parere reso dagli uffici in sede istruttoria, a conclusione del quale ciascuna istanza è stata dichiarata improcedibile).
Giova rammentare in proposito che la costante giurisprudenza amministrativa in materia sostiene la impossibilità di rilasciare l’atto di condono edilizio richiesto ai sensi della legge n. 326 del 2003 su zone sottoposte a vincolo paesaggistico, qualora sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative: a) il vincolo di inedificabilità sia preesistente all'esecuzione delle opere abusive; b) le opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. In tal caso l'incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4619 che conferma la sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, n. 735 del 2009. In senso analogo Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2013 n. 2343 e T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 3 gennaio 2013 n. 90 secondo cui "il condono paesaggistico di cui alla legge n. 308/2004 è, tra l'altro, condizionato al rispetto degli stessi limiti previsti dall'art. 32 del d.lgs. n. 269 del 2003, di tal che non possono ritenersi condonabili gli abusi edilizi ricadenti in aree sottoposte a vincoli paesistici istituiti in epoca anteriore all'esecuzione delle opere e costituenti interventi non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti paesistici".
7. - In materia dunque la giurisprudenza del giudice amministrativo è orientata ad affermare che:
A) l'art. 32, comma 27, lett. d) della legge 326 del 2003 comunque esclude dalla sanatoria le opere realizzate su immobili soggetti a vincoli istituiti prima dell'esecuzione delle opere e che non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle disposizioni prescritte dagli strumenti urbanistici;
B) l'art. 32 deella legge 28 febbraio 1985 n. 47, quale risulta dalle modificazioni contenute nell'art. 32, comma 43, della legge n. 326 del 2003, per le opere costruite su aree sottoposte a vincolo, al comma 3 prevede che, ove non si verifichino le condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni di cui all'art. 33 della stessa legge, prevedendo, tale ultima disposizione, fra le opere non suscettibili di sanatoria, quelle in contrasto con i vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse.
Non a caso infatti, in perfetta sintonia con quanto espresso dalle indicazioni giurisprudenziali sopra richiamate e riprodotte, l’art. 32, comma 26, della legge n. 326 del 2003 prevede testualmente che "Sono suscettibili di sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a) numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (…)".
Detto disposto normativo va peraltro coordinato con il comma 27 che alla lett. d) prevede poi: "Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora: (...) d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
8. – Sennonché, in perfetta aderenza con le disposizioni normative sopra richiamate e con la già riferita interpretazione delle stesse operata dal giudice amministrativo, la consolidata giurisprudenza ha ulteriormente precisato che sono sanabili, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), della legge n. 326 del 2003, le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, purché ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
A) che si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo, anche se questo non comporta l'inedificabilità assoluta dell'area;
B) che, seppur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizie, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;
C) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 della citata legge n. 326 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie;
D) che vi sia il previo parere favorevole dell'Autorità preposta al vincolo (cfr., tra le tante, TAR Campania, Napoli, Sez. III, 4 aprile 2012 n. 1612).
Va segnalato, per precisione, l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale interpretativo tra un orientamento (sopra richiamato) volto a ritenere necessaria, ai fini della sanabilità delle opere abusive, la compresenza dei due principali requisiti costituiti dalla successiva apposizione del vincolo rispetto alla ultimazione delle opere e dalla piana conformità urbanistico-edilizia delle stesse ed altro orientamento incline a sostenere la sufficiente presenza di uno dei due suindicati requisiti ai fini dell’accoglimento dell’istanza di sanatoria (sul punto si veda, specificamente, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4587 che ha sostenuto come “le due condizioni sono previste e possono operare disgiuntamente” specificando peraltro, differentemente rispetto all’orientamento che valorizza ai fini della non accoglibilità della richiesta di condono anche l’apposizione di un vincolo relativo, che la sanatoria dell'abuso sarebbe possibile anche nel caso di opere realizzate prima dell’apposizione alla zona di un “vincolo relativo, quale quello paesaggistico).
9. - Tale aspetto interpretativo non è però rilevante ai fini della presente decisione per quanto sarà detto oltre.
Ciò che invece assume rilievo nel presente contenzioso è la circostanza secondo la quale, seppure va confermata l’affermazione secondo la quale anche in presenza di vincolo non assoluto di in edificabilità, per effetto delle disposizioni più stringenti rispetto ai precedenti condoni introdotte dalla legge n. 326 del 2003, non è possibile accogliere l’istanza di sanatoria delle opere abusive, è tuttavia necessario che sia comunque dimostrabile e specificato nel provvedimento con il quale l’amministrazione respinge l’istanza di condono (o, come nella specie, la dichiara improcedibile nella relazione tecnica) che:
1) il vincolo sia stato effettivamente apposto prima della ultimazione delle opere;
2) che le opere non sia conformi alle prescrizioni della normativa edilizia disciplinante l’edificazione in quel territorio.
Appare evidente che la indicazione puntuale di tali elementi nell’atto di diniego costituisca un pavimento motivazionale dell’atto senza il quale esso sarebbe adottato in aperta violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in quanto non sarebbe possibile evincere dallo stesso, in via oggettiva, il percorso istruttorio svolto e le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a non ritenere conforme alle prescrizioni normative impresse dalla legge n. 326 del 2003, ai fini della condonabilità, della situazione abusiva svelata dall’istante e necessariamente verificata con la dovuta attenzione in sede istruttoria dall’amministrazione, tenuto conto delle gravi conseguenze del diniego.
10. - Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che il corpo motivazionale dei tre dinieghi si sviluppa tra il contenuto delle tre determinazioni dirigenziali e delle rispettive relazioni espresse dagli uffici competenti in sede istruttoria, nel coacervo di tali atti non si rinviene alcuna espressione chiara circa l’epoca in cui il vincolo sarebbe stato impresso all’area rispetto alla effettiva (e non solo dichiarata da ciascun interessato nelle tre domande di rilascio del titolo edilizio in sanatoria) data di ultimazione delle opere, né alcun cenno è fatto alla compatibilità urbanistico-edilizia delle stesse.
Tale rilevante deficit motivazionale rende impossibile comprendere se l’amministrazione abbia effettivamente, nel corso delle tre istruttorie, svolto le dovute verifiche necessarie a comprendere quale applicazione delle norme sul “terzo condono” avrebbe dovuto essere riferita alla valutazione delle tre istanze né consente di comprendere fino in fondo ed appieno le ragioni ostative al condono.
L’incompletezza del percorso procedimentale appare viepiù accentuata dalla circostanza che agli uffici competenti del Comune di Tivoli erano noti atti e documenti (comunque prodotti in giudizio dalle tre parti ricorrenti) in virtù dei quali il quadro fattuale inerente alla realizzazione delle opere induceva a ritenere che le stesse fossero state ultimate attorno alla metà degli anni novanta e che a quel tempo (per espressa dichiarazione resa dal Sindaco dell’epoca e per effetto di una autorizzazione paesaggistico ambientale rilasciata con riferimento all’area ed al fabbricato in questione) la zona veniva dichiarata estranea ad alcuna apposizione di vincolo.
Tali elementi di incompletezza, istruttoria e motivazionale, inficiano i tre provvedimenti gravati rendendo accoglibili le censure dedotte in ordine a tali profili di illegittimità da parte dei tre ricorrenti, non superabili con la confermata sufficienza della motivazione ob relationem che caratterizza i ridetti provvedimenti di diniego.
11. – Alla luce di quanto sopra, disposta la riunione dei tre ricorsi e ritenuta la fondatezza dei motivi di censura attinenti al difetto di istruttoria e (in parte) alla carenza di adeguata motivazione, accoglie i ricorsi e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati, fatte salve, ovviamente, le nuove determinazioni che l’amministrazione vorrà adottare sulle questioni che sono state qui oggetto di contenzioso.
Le spese seguono la soccombenza, in applicazione dell’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., dovendosi imputare a carico del Comune di Tivoli liquidandosi (tenuto conto che per uno dei tre ricorsi difensore e parte coincidono), complessivamente per i tre gravami riuniti, in € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge e alla restituzione del contributo unificato, se versato, all’atto della proposizione dei tre gravami.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sui ricorsi indicati in epigrafe:
1) dispone la riunione dei ricorsi nn. R.g. 11349 del 2009 e 11350 del 2009 al ricorso n. R.g. 11348 del 2009;
2) li accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
3) condanna il Comune di Tivoli, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere ai Signori Costantina Vocino, Lucia Vocino e Antonio Vocino, le spese di giudizio complessivamente liquidate per i tre ricorsi riuniti in € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge e alla restituzione del contributo unificato, se versato, all’atto della proposizione dei tre gravami.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 24 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2014





 

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