REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11348 del
2009, proposto da: VOCINO Costantina, rappresentata e difesa dall’avv.
Antonio Vocino, presso il cui Studio è elettivamente domiciliata in Roma,
Piazza delle Primule, n. 8;
contro
il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina
Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel
presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso
l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
in Roma, Via Flaminia, n. 189;
sul ricorso numero di registro
generale 11349 del 2009, proposto da: VOCINO Lucia, rappresentata e difesa
dall’avv. Antonio Vocino, presso il cui Studio è elettivamente domiciliata
in Roma, Piazza delle Primule, n. 8;
contro
il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina
Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel
presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso
l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
in Roma, Via Flaminia, n. 189;
sul ricorso numero di registro
generale 11350 del 2009, proposto da: VOCINO Antonio, rappresentato e
difeso da se medesimo ai sensi dell’art. 22 c.p.a. ed elettivamente
domiciliato presso il proprio Studio in Roma, Piazza delle Primule, n. 8;
contro
il COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco
pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Marci, Martina
Ramondo e Diana Scarpitti dell’Avvocatura comunale e domiciliati nel
presente giudizio, in assenza di elezione nel Comune di Roma, presso
l’Ufficio di segreteria del Tribunale amministrativo regionale del Lazio
in Roma, Via Flaminia, n. 189;
per l'annullamento
quanto al ricorso n. 11348 del 2009:
della
determinazione 16 settembre 2009 prot. n. 49131 con la quale il Comune di
Tivoli ha respinto la istanza di ammissione a sanatoria dell’illecito
edilizio realizzato sull’immobile di proprietà in Tivoli, Via del Teatro
Marittimo n. 28, presentata in data 10 dicembre 2004.
quanto al ricorso
n. 11349 del 2009:
della determinazione 16 settembre 2009 prot. n.
49208 con la quale il Comune di Tivoli ha respinto la istanza di
ammissione a sanatoria dell’illecito edilizio realizzato sull’immobile di
proprietà in Tivoli, Via del Teatro Marittimo n. 28, presentata in data 10
dicembre 2004.
quanto al ricorso n. 11350 del 2009:
della
determinazione 16 settembre 2009 prot. n. 49210 con la quale il Comune di
Tivoli ha respinto la istanza di ammissione a sanatoria dell’illecito
edilizio realizzato sull’immobile di proprietà in Tivoli, Via del Teatro
Marittimo n. 28, presentata in data 10 dicembre 2004.
Visti i
ricorsi con i relativi allegati;
Vista la costituzione in giudizio
dell’intimato Comune con riferimento a ciascuno dei ricorsi e la
documentazione prodotta;
Esaminate le ulteriori memorie e documenti
depositati;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 24 aprile 2014 il dott. Stefano Toschei e uditi per le
parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato
in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il presente contenzioso, che si articola su
tre distinti ricorsi proposti dai Signori Costantina, Lucia ed Antonio
Vocino aventi ad oggetto l’impugnazione di altrettante determinazioni
dirigenziali emanate tutte il 16 settembre 2009 con le quali il Comune di
Tivoli ha respinto tre richieste presentate in data 10 dicembre 2004 al
fine di ottenere il rilascio del titolo edilizio in sanatoria con
riferimento a lavori di ampliamento, manutenzione straordinaria ed
esecuzione di opere non valutabili in termini di superficie o di volume
realizzati nella proprietà sita in Tivoli alla Via del Teatro Marittimo n.
28, si sviluppa su articolati motivi di doglianza con i quali i tre
ricorrenti chiedono l’annullamento dei tre provvedimenti gravati in quanto
affetti da evidenti profili di illegittimità ed eccesso di potere.
In
ciascuno dei tre atti introduttivi del presente contenzioso i ricorrenti,
dopo aver esposto articolatamente nella prima parte dell’atto i fatti
relativi alla edificazione dell’immobile in questione, con indicazione
delle vicissitudini giudiziarie che hanno coinvolto anche il dante causa
nel corso degli anni novanta, ricordano, per quanto rileva ai fini della
decisione del presente contenzioso, che, nonostante la doverosa
indicazione nella domanda di condono edilizio presentata in data 10
dicembre 2004 circa la realizzazione dei lavori in epoca antecedente al 31
marzo 2003, per come richiesto dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, in
realtà le opere oggetto di sanatoria sono state ultimate negli anni
1995/1996, significando in modo particolare che il Sindaco del Comune di
Tivoli in data 4 marzo 1995, in occasione della procedura di lottizzazione
dell’area detta “Villaggio Adriano” (ove insiste la proprietà), ebbe a
dichiarare che detta area non risulta sottoposta a vincolo panoramico e
paesaggistico, tanto che la Regione Lazio, in data 10 agosto 1995,
concedeva l’autorizzazione ai fini ambientali e
paesaggistici.
Lamentano dunque i ricorrenti che il Comune di Tivoli ha
adottato i provvedimenti impugnati senza svolgere una adeguata istruttoria
e senza motivare adeguatamente le ragioni che hanno indotto gli uffici
competenti a negare la richiesta sanatoria.
Da qui la proposizione dei
gravami con richiesta di annullamento di ciascuno degli atti
impugnati.
2. – Si è costituito in ciascuno dei giudizi il Comune di
Tivoli depositando la documentazione relativa a ciascuna delle pratiche di
condono nonché la copia del parere reso dagli uffici nel corso
dell’istruttoria ostativa al rilascio dei titoli abilitativi in
sanatoria.
Entrambe le parti hanno chiesto che i ricorsi venissero
riuniti per poter essere decisi in un unico contesto giudiziale anche al
fine di evitare possibili contrasti di giudicati.
3. – In via
preliminare il Collegio ritiene di potere accedere alla richiesta di
riunione espressa dalle parti stante l’identità dell’oggetto dei ricorsi,
diversificati esclusivamente dalla richiesta di annullamento di distinti
atti di diniego di sanatoria peraltro motivati e confezionati in modo
identico.
Ne deriva che, ai sensi dell’art. 70 c.p.a., stante la
confermata sussistenza dei presupposti di connessione oggettiva tra i
ricorsi, possa disporsene la riunione, realizzandola in modo i ricorsi nn.
R.g. 11349 del 2009 e 11350 del 2009 siano riuniti al ricorso,
antecedentemente proposto, n. R.g. 11348 del 2009.
4. – Il Collegio
rileva come innanzi i tre provvedimenti separatamente gravati sono fondati
su un unico profilo motivazionale, atteso che viene dato atto
dall’amministrazione della ultimazione delle opere alla data del 31 marzo
2013, termine ultimo per potere accedere al condono di cui alla legge 24
novembre 2003 n. 326 (legge di conversione del decreto legge 30 settembre
2003 n. 269), vale a dire la sussistenza sull'area in questione di un
vincolo paesaggistico e la non condonabilità pertanto delle opere de
quibus in quanto classificate nel parere (rectius, relazione) espresso
dagli uffici in sede di istruttoria (e depositato in giudizio dalla difesa
comunale) come appartenenti alla “tipologia 1”, dovendo ritenersi la parte
terminativa della motivazione dell'impugnato provvedimento come una
specificazione di tale ultimo profilo ostativo in quanto facente
riferimento al dato letterale dell'art. 32, comma 27, lett. d) della legge
sopra richiamata che annovera fra le varie tipologie di vincolo anche il
vincolo paesaggistico.
Ciò posto il Collegio prende atto della censura
di difetto ed inadeguatezza della motivazione che accompagna il
provvedimento impugnato dedotta da ciascuno dei ricorrenti ma tenuto conto
dell’espresso richiamo recato nel corpo di ciascuno dei tre atti gravati
alla relazione istruttoria, peraltro con puntuale indicazione della data
di adozione, ritiene che tali censure non portare alla dichiarazione di
illegittimità degli atti in quanto adeguatamente motivati ob relationem ai
sensi dell’art. 3, comma 3, della legge 7 agosto 1990 n. 241.
5. - È
d’altronde noto come in presenza di atto plurimotivato anche la
legittimità di una delle motivazioni è da solo idonea a sorreggerlo, con
la conseguenza che alcun rilievo avrebbero le ulteriori censure volte a
contestare gli ulteriori profili motivazionali (giurisprudenza costante,
cfr. per tutte, T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 23 dicembre 2013 n.
5981, T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, Sez. I, 5 dicembre 2013 n. 792,
T.A.R. Liguria, Sez. I, 24 aprile 2013 n. 718 e T.A.R. Campania, Salerno,
sez. II, 17 gennaio 2011 n. 63).
Ed invero il profilo ostativo posto
dal Comune a base del proprio giudizio di disfavore, ovvero la non
compatibilità degli interventi costruttivi con quanto prescritto dall'art.
32, comma 27, lett. d) della legge n. 326 del 2003 per insistere le opere
de quibus su area sottoposta a vincolo paesaggistico (e per essere le
stesse ricomprese nella “tipologia 1” per come indicato nella relazione
istruttoria depositata in giudizio e richiamata in tutti i provvedimenti
qui gravati), assurge ad autonomo profilo motivazionale, seppur espresso
per relationem nelle determinazioni di diniego di rilascio delle
concessioni in sanatoria.
6. – Si è già sottolineato che il parametro
ostativo al rilascio dei richiesti provvedimenti di condono edilizio è
costituito dalla circostanza che l’area sulla quale insiste il fabbricato
fatto oggetto di opere abusive (come rilevato dal Comune di Tivoli nel
parere istruttorio espressamente richiamato a fondamento della decisione
assunta nei provvedimenti impugnati) è da rinvenirsi nel disposto di cui
all'art. 32 comma 27, lett. d), della legge n. 326 del 2003 atteso che le
stesse compendiandosi in un abuso di “tipologia 1” di cui all’allegato
alla legge suddetta (“Opere realizzate in assenza o in difformità del
titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici”) e quindi astrattamente
condonabili ai sensi dell’art. 32, comma 26, lett. a) della medesima
legge, insistono tuttavia su di un’area sottoposta a vincolo “d.lgs. 42/04
Lett “C” (Galasso) e archeologico Lett. M” (così si legge testualmente
nell’ultima parte del parere reso dagli uffici in sede istruttoria, a
conclusione del quale ciascuna istanza è stata dichiarata
improcedibile).
Giova rammentare in proposito che la costante
giurisprudenza amministrativa in materia sostiene la impossibilità di
rilasciare l’atto di condono edilizio richiesto ai sensi della legge n.
326 del 2003 su zone sottoposte a vincolo paesaggistico, qualora
sussistano congiuntamente queste due condizioni ostative: a) il vincolo di
inedificabilità sia preesistente all'esecuzione delle opere abusive; b) le
opere realizzate in assenza o in difformità del titolo abilitativo non
siano conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
In tal caso l'incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere
positivo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr., da ultimo,
Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre 2013 n. 4619 che conferma la sentenza
del T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, n. 735 del 2009. In senso analogo
Cons. Stato, Sez. VI, 29 aprile 2013 n. 2343 e T.A.R. Campania, Napoli,
Sez. IV, 3 gennaio 2013 n. 90 secondo cui "il condono paesaggistico di cui
alla legge n. 308/2004 è, tra l'altro, condizionato al rispetto degli
stessi limiti previsti dall'art. 32 del d.lgs. n. 269 del 2003, di tal che
non possono ritenersi condonabili gli abusi edilizi ricadenti in aree
sottoposte a vincoli paesistici istituiti in epoca anteriore
all'esecuzione delle opere e costituenti interventi non conformi alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti paesistici".
7.
- In materia dunque la giurisprudenza del giudice amministrativo è
orientata ad affermare che:
A) l'art. 32, comma 27, lett. d) della
legge 326 del 2003 comunque esclude dalla sanatoria le opere realizzate su
immobili soggetti a vincoli istituiti prima dell'esecuzione delle opere e
che non siano conformi alle norme urbanistiche ed alle disposizioni
prescritte dagli strumenti urbanistici;
B) l'art. 32 deella legge 28
febbraio 1985 n. 47, quale risulta dalle modificazioni contenute nell'art.
32, comma 43, della legge n. 326 del 2003, per le opere costruite su aree
sottoposte a vincolo, al comma 3 prevede che, ove non si verifichino le
condizioni di cui al comma 2, si applicano le disposizioni di cui all'art.
33 della stessa legge, prevedendo, tale ultima disposizione, fra le opere
non suscettibili di sanatoria, quelle in contrasto con i vincoli imposti
da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela
di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici,
ambientali, idrogeologici, qualora questi comportino inedificabilità e
siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse.
Non a
caso infatti, in perfetta sintonia con quanto espresso dalle indicazioni
giurisprudenziali sopra richiamate e riprodotte, l’art. 32, comma 26,
della legge n. 326 del 2003 prevede testualmente che "Sono suscettibili di
sanatoria edilizia le tipologie di illecito di cui all'allegato 1: a)
numeri da 1 a 3, nell'ambito dell'intero territorio nazionale, fermo
restando quanto previsto alla lettera e) del comma 27 del presente
articolo, nonché 4, 5 e 6 nell'ambito degli immobili soggetti a vincolo di
cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (…)".
Detto
disposto normativo va peraltro coordinato con il comma 27 che alla lett.
d) prevede poi: "Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33
della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque
suscettibili di sanatoria, qualora: (...) d) siano state realizzate su
immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e
regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere,
dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette
nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della
esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo
abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici".
8. – Sennonché, in perfetta
aderenza con le disposizioni normative sopra richiamate e con la già
riferita interpretazione delle stesse operata dal giudice amministrativo,
la consolidata giurisprudenza ha ulteriormente precisato che sono
sanabili, ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), della legge n. 326
del 2003, le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a
specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, purché
ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
A) che si tratti di
opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo, anche se questo non
comporta l'inedificabilità assoluta dell'area;
B) che, seppur
realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizie, siano conformi
alle prescrizioni urbanistiche;
C) che siano opere di minore rilevanza,
corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6
dell'allegato 1 della citata legge n. 326 del 2003 (restauro, risanamento
conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di
superficie;
D) che vi sia il previo parere favorevole dell'Autorità
preposta al vincolo (cfr., tra le tante, TAR Campania, Napoli, Sez. III, 4
aprile 2012 n. 1612).
Va segnalato, per precisione, l’esistenza di un
contrasto giurisprudenziale interpretativo tra un orientamento (sopra
richiamato) volto a ritenere necessaria, ai fini della sanabilità delle
opere abusive, la compresenza dei due principali requisiti costituiti
dalla successiva apposizione del vincolo rispetto alla ultimazione delle
opere e dalla piana conformità urbanistico-edilizia delle stesse ed altro
orientamento incline a sostenere la sufficiente presenza di uno dei due
suindicati requisiti ai fini dell’accoglimento dell’istanza di sanatoria
(sul punto si veda, specificamente, Cons. Stato, Sez. IV, 17 settembre
2013 n. 4587 che ha sostenuto come “le due condizioni sono previste e
possono operare disgiuntamente” specificando peraltro, differentemente
rispetto all’orientamento che valorizza ai fini della non accoglibilità
della richiesta di condono anche l’apposizione di un vincolo relativo, che
la sanatoria dell'abuso sarebbe possibile anche nel caso di opere
realizzate prima dell’apposizione alla zona di un “vincolo relativo, quale
quello paesaggistico).
9. - Tale aspetto interpretativo non è però
rilevante ai fini della presente decisione per quanto sarà detto
oltre.
Ciò che invece assume rilievo nel presente contenzioso è la
circostanza secondo la quale, seppure va confermata l’affermazione secondo
la quale anche in presenza di vincolo non assoluto di in edificabilità,
per effetto delle disposizioni più stringenti rispetto ai precedenti
condoni introdotte dalla legge n. 326 del 2003, non è possibile accogliere
l’istanza di sanatoria delle opere abusive, è tuttavia necessario che sia
comunque dimostrabile e specificato nel provvedimento con il quale
l’amministrazione respinge l’istanza di condono (o, come nella specie, la
dichiara improcedibile nella relazione tecnica) che:
1) il vincolo sia
stato effettivamente apposto prima della ultimazione delle opere;
2)
che le opere non sia conformi alle prescrizioni della normativa edilizia
disciplinante l’edificazione in quel territorio.
Appare evidente che la
indicazione puntuale di tali elementi nell’atto di diniego costituisca un
pavimento motivazionale dell’atto senza il quale esso sarebbe adottato in
aperta violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, in quanto non
sarebbe possibile evincere dallo stesso, in via oggettiva, il percorso
istruttorio svolto e le ragioni che hanno indotto l’amministrazione a non
ritenere conforme alle prescrizioni normative impresse dalla legge n. 326
del 2003, ai fini della condonabilità, della situazione abusiva svelata
dall’istante e necessariamente verificata con la dovuta attenzione in sede
istruttoria dall’amministrazione, tenuto conto delle gravi conseguenze del
diniego.
10. - Orbene, nel caso di specie, tenuto conto che il corpo
motivazionale dei tre dinieghi si sviluppa tra il contenuto delle tre
determinazioni dirigenziali e delle rispettive relazioni espresse dagli
uffici competenti in sede istruttoria, nel coacervo di tali atti non si
rinviene alcuna espressione chiara circa l’epoca in cui il vincolo sarebbe
stato impresso all’area rispetto alla effettiva (e non solo dichiarata da
ciascun interessato nelle tre domande di rilascio del titolo edilizio in
sanatoria) data di ultimazione delle opere, né alcun cenno è fatto alla
compatibilità urbanistico-edilizia delle stesse.
Tale rilevante deficit
motivazionale rende impossibile comprendere se l’amministrazione abbia
effettivamente, nel corso delle tre istruttorie, svolto le dovute
verifiche necessarie a comprendere quale applicazione delle norme sul
“terzo condono” avrebbe dovuto essere riferita alla valutazione delle tre
istanze né consente di comprendere fino in fondo ed appieno le ragioni
ostative al condono.
L’incompletezza del percorso procedimentale appare
viepiù accentuata dalla circostanza che agli uffici competenti del Comune
di Tivoli erano noti atti e documenti (comunque prodotti in giudizio dalle
tre parti ricorrenti) in virtù dei quali il quadro fattuale inerente alla
realizzazione delle opere induceva a ritenere che le stesse fossero state
ultimate attorno alla metà degli anni novanta e che a quel tempo (per
espressa dichiarazione resa dal Sindaco dell’epoca e per effetto di una
autorizzazione paesaggistico ambientale rilasciata con riferimento
all’area ed al fabbricato in questione) la zona veniva dichiarata estranea
ad alcuna apposizione di vincolo.
Tali elementi di incompletezza,
istruttoria e motivazionale, inficiano i tre provvedimenti gravati
rendendo accoglibili le censure dedotte in ordine a tali profili di
illegittimità da parte dei tre ricorrenti, non superabili con la
confermata sufficienza della motivazione ob relationem che caratterizza i
ridetti provvedimenti di diniego.
11. – Alla luce di quanto sopra,
disposta la riunione dei tre ricorsi e ritenuta la fondatezza dei motivi
di censura attinenti al difetto di istruttoria e (in parte) alla carenza
di adeguata motivazione, accoglie i ricorsi e, per l’effetto, annulla i
provvedimenti impugnati, fatte salve, ovviamente, le nuove determinazioni
che l’amministrazione vorrà adottare sulle questioni che sono state qui
oggetto di contenzioso.
Le spese seguono la soccombenza, in
applicazione dell’art. 91 c.p.c., per come richiamato espressamente
dall’art. 26, comma 1, c.p.a., dovendosi imputare a carico del Comune di
Tivoli liquidandosi (tenuto conto che per uno dei tre ricorsi difensore e
parte coincidono), complessivamente per i tre gravami riuniti, in €
3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge e alla
restituzione del contributo unificato, se versato, all’atto della
proposizione dei tre gravami.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio (Sezione Seconda Quater)
definitivamente pronunciando sui ricorsi
indicati in epigrafe:
1) dispone la riunione dei ricorsi nn. R.g. 11349
del 2009 e 11350 del 2009 al ricorso n. R.g. 11348 del 2009;
2) li
accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati;
3) condanna il
Comune di Tivoli, in persona del Sindaco pro tempore, a rifondere ai
Signori Costantina Vocino, Lucia Vocino e Antonio Vocino, le spese di
giudizio complessivamente liquidate per i tre ricorsi riuniti in €
3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge e alla
restituzione del contributo unificato, se versato, all’atto della
proposizione dei tre gravami.
Ordina che la presente sentenza sia
eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella
Camera di consiglio del giorno 24 aprile 2014 con l'intervento dei
magistrati:
Eduardo Pugliese, Presidente
Francesco Arzillo,
Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/09/2014