REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'
Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 530 del
2012, proposto da: Zef Makaj, rappresentato e difeso dall'avv. Patrizia
Bececco, con domicilio eletto presso Donato Antonucci, in Perugia, via XIV
Settembre, 69;
contro
Comune di Terni, rappresentato e difeso
dall'avv. Alessandro Alessandro, con domicilio eletto presso Isabella
Sorbini, in Perugia, via Palermo S.n.c.;
per l'annullamento
previa sospensiva
- dell’ordinanza di ingiunzione di
demolizione e ripristino del 13.6.2012, prot. n. 92167, con la quale è
stato ordinato al ricorrente di rimuovere le opere ritenute abusive,
consistenti in un ampliamento di un garage, ivi quantificato di circa mq
7,20, su area di pertinenza condominiale;
- oltre ad ogni atto
presupposto e/o connesso e/o consequenziale.
Visti il ricorso e i
relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune
di Terni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il
dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto
segue.
FATTO e DIRITTO
1. Espone l’odierno ricorrente di aver acquistato
nel 2009, mediante compravendita, appartamento ad uso abitativo in Terni,
con annesso locale ad uso autorimessa.
Con nota del 5 novembre 2011 il
Comune di Terni ha avviato nei suoi confronti procedimento sanzionatorio
per abusiva realizzazione, su area condominiale, di lavori di ampliamento
del suddetto manufatto ad uso garage.
Pur a fronte delle osservazioni
procedimentali prodotte dal Makaj in merito alla completa estraneità alla
realizzazione dell’abuso ed alle assicurazioni ricevute dal proprio dante
causa in merito alla conformità urbanistico-edilizia, con ordinanza prot.
n. 92167 del 13 giugno 2012, il Dirigente comunale ha ingiunto all’odierno
istante la demolizione della predetta opera consistente in ampliamento di
circa mq 7,20 con una cubatura aggiuntiva di 21, 50 mc.
L’odierno
istante impugna la suddetta ordinanza, deducendo doglianze così
riassumibili:
I. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed
istruttoria: in considerazione della realizzazione delle opere contestate
nell’anno 1956, come risulterebbe dalla dichiarazione sostitutiva del
proprio dante causa e dalla tipologia costruttiva, l’Amministrazione
avrebbe dovuto adeguatamente motivare l’intervento repressivo,
contemperando l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso con
l’affidamento ingenerato nei confronti del ricorrente dal protrarsi
dell’inerzia nell’esercizio del potere sanzionatorio;
II. Violazione
e/o falsa applicazione degli artt. 31 c. 3 d. P.R. n. 380/2001 e 5 c. 1
della L.R. n. 21/2001: la normativa statale e regionale in materia
edilizia presuppone ai fini dell’applicazione dei provvedimenti
sanzionatori la responsabilità personale dell’abuso, nel caso specifico
insussistente avendo il ricorrente acquistato il bene ad opera già
interamente e da lungo tempo realizzata ed in perfetta buona fede,
confidando nella garanzia data dal proprio dante causa della piena
conformità urbanistica;
III. Violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 34 c. 2 del d. P.R. n. 380/2001: trattandosi di mero ampliamento
di modeste dimensioni, sarebbe applicabile unicamente la sanzione
pecuniaria in luogo dell’impugnata sanzione demolitoria.
Si è
costituito il Comune di Terni, eccependo l’infondatezza di tutte le
censure ex adverso dedotte, evidenziando in sintesi:
-
l’irrilevanza della estraneità del proprietario attuale alla realizzazione
dell’abuso, avendo i provvedimenti repressivi in materia edilizia
carattere ripristinatorio dell’interesse pubblico violato e non già
sanzionatorio;
- il carattere pacificamente vincolato dei provvedimenti
sanzionatori edilizi;
- la non applicabilità dell’invocata sanzione
pecuniaria, trattandosi di opera per la quale occorre il titolo del
permesso di costruire.
Alla camera di consiglio del 31 ottobre 2012,
con ordinanza n. 185/2012 è stata accolta la domanda incidentale di
sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.
Con memorie
depositate in vista della discussione nel merito, la difesa del ricorrente
ha rappresentato l’impossibilità di presentare domanda di accertamento di
conformità stante il mancato raggiungimento di accordo con i condomini
comproprietari dell’area di sedime ove è stato realizzato l’abusivo
ampliamento, nonostante l’oramai intervenuto perfezionamento
dell’usucapione in considerazione del possesso ininterrotto non violento e
prolungato da parte del Makay e del proprio dante causa; insiste per
l’accoglimento del gravame ribadendo la necessità in subiecta
materia dell’accertamento di un coinvolgimento personale nella
realizzazione dell’abuso da parte del destinatario dell’ordinanza di
demolizione nonchè la violazione nella fattispecie dell’affidamento
incolpevole.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica
udienza del 25 giugno 2014, nella quale la causa è passata in
decisione.
2. E’ materia del contendere la legittimità del
provvedimento emesso il 13 giugno 2012 con il quale il Comune di Terni ha
ordinato al ricorrente la rimozione di opere abusive consistenti in
ampliamento di un garage per circa mq 7,20, su area di pertinenza
condominiale, pacificamente realizzate dal precedente proprietario e dante
causa del Makaj.
3. Deve premettersi che le opere oggetto
dell’impugnata ordinanza di demolizione, per caratteristiche e dimensioni,
debbano ritenersi oggi sottoposte al permesso a costruire ai sensi degli
artt. 3 c. 1 lett. e) e 10 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (e a concessione
edilizia quanto al regime prendente) in quanto suscettibili di arrecare
una sensibile trasformazione del territorio, trattandosi di ampliamento di
circa mq. 7,20 per una maggiore volumetria di 21,50 mc.
4. Dalla
documentazione depositata in giudizio e dalla prospettazione delle parti
emerge la sostanziale estraneità del ricorrente alla realizzazione del
descritto ampliamento abusivo, posto in essere comunque sicuramente prima
dell’acquisto dell’appartamento e dell’annessa autorimessa, avvenuto nel
2009, anche se risulta del tutto incerto il periodo di
realizzazione.
La giurisprudenza anche di questo Tribunale è
consolidata (T.A.R. Umbria 18 agosto 2009, n. 492; id. 18 marzo 2008,
n.102; id. 13 maggio 2013, n. 293; id. 1 luglio 2013 n.346; 30 agosto
2013, n.461) nel porre in subiecta materia a carico del ricorrente
l’onere della prova circa il periodo di realizzazione del manufatto, in
modo ragionevolmente certo, non potendo l’autorità comunale verificare la
data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti gli immobili ivi
realizzati.
Nel caso di specie, risulta carente di riscontri l’asserita
realizzazione dell’opera nel 1956 o comunque nel periodo antecedente
l’entrata in vigore della legge n. 765/1967, non allegando il ricorrente
al riguardo alcun riferimento documentale diretto od indiretto, e/o
considerazioni oggettive in merito alle tipologie e modalità realizzative,
ai materiali impiegati, allo stato di conservazione ecc.
Tale onere
deve essere assolto mediante riscontri documentali, eventualmente anche
indiziari (quali fatture, utenze, ecc.) purché idonei a comprovare la
ragionevole certezza circa l’epoca di realizzazione dell’opera, non
essendo sufficiente la semplice produzione in giudizio di una
dichiarazione sostitutiva di atto notorio, anche se proveniente da un
terzo, la quale non può in alcun modo assurgere al rango di prova neppur
presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso (ex multis T.A.R. Liguria sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1565; T.A.R. Toscana sez. III,
16 maggio 2012, n. 940; T.A.R. Umbria 13 marzo 2014, n.153). Nel caso di
specie il ricorrente, indicando quale principale rectius unico
elemento di prova la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 25
dicembre 2011 effettuata dal sig. Ricci Adolfo, suo dante causa - per
altro avente sicuro interesse alla decisione del giudizio - non fornisce
elementi utili al riguardo; del tutto generica se non assertiva è poi la
indicazione della tipologia e delle modalità realizzative, dei materiali
impiegati e dello stato di conservazione, tutti elementi - per altro non
supportati da documentazione fotografica - parimenti privi di valore
probatorio.
In definitiva, il periodo di realizzazione delle opere
asseritamente abusive è dunque elemento fattuale rientrante nella
disponibilità della parte che invoca la non necessità della preventiva
autorizzazione edilizia, non essendo l’Amministrazione comunale in grado
di verificare la data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti
gli immobili ivi realizzati.
4.1. Non può pertanto dirsi provata la
circostanza, meramente assertiva, in merito alla presunta realizzazione
del manufatto da parte del precedente proprietario dell’appartamento
nell’anno 1956 o in periodo antecedente l’entrata in vigore della legge 6
agosto 1967 n. 765, con conseguente infondatezza di tutte le doglianze
mosse al I motivo di gravame, poiché presupposto per il consolidamento di
una posizione di affidamento qualificato e tutelabile è proprio la prova
del periodo di realizzazione dell’abuso stesso (ex multis T.A.R.
Umbria 13 maggio 2013, n.293).
4.2. Non merita condivisione neppure la
doglianza di cui al II motivo, secondo cui ai sensi dell’art. 5 c. 1 della
L.R. 21/2001 e 31 c. 3 del d.P.R. 380/2001, sarebbe illegittima
l’emanazione dell’ordinanza di demolizione nei confronti del ricorrente,
non responsabile dell’abuso, per l’invocata necessità, in buona sostanza,
di un principio di personalità della sanzione edilizia.
4.3. In
relazione alla individuazione dei soggetti responsabili delle sanzioni in
materia edilizia con particolare riferimento alla persona del proprietario
attuale non coincidente con l’autore dell’abuso, deve rilevarsi
l’esistenza di obiettivo contrasto giurisprudenziale, dal momento che
secondo la tesi prevalente (richiamata dalla difesa comunale) l’elemento
della colpa sarebbe irrilevante stante il carattere ripristinatorio e non
già sanzionatorio (ex multis T.A.R. Campania Napoli sez. IV, 24
maggio 2010, n. 8343; Consiglio di Stato sez. V, 10 luglio 2003, n.4107;
T.A.R. Puglia - Bari sez. II, 28 febbraio 2012, n. 450; T.A.R. Lazio -
Roma sez. I-quater, 26 marzo 2012, n.2830); secondo altra tesi vi sarebbe
invece una presunzione di responsabilità (T.A.R. Veneto sez. II, 13 marzo
2008, n.605; T.A.R. Sicilia-Palermo sez. III, 21 febbraio 2006, n.426)
mentre secondo ulteriore opzione ermeneutica, la responsabilità del
proprietario non potrebbe mai prescindere dall’accertamento in concreto
del relativo contributo colposo alla realizzazione dell’abuso (T.A.R.
Emilia Romagna - Bologna 12 luglio 2007, n. 685; T.A.R Liguria sez. I, 5
luglio 2011, n.1051).
La difesa della ricorrente, a supporto della
succitata ultima tesi, invoca tra l’altro recente pronuncia del Consiglio
di Stato (sez. V, 15 luglio 2013, n. 3847) la quale pur ribadendo
l’insussistenza di affidamento tutelabile alla conservazione di una
situazione di fatto abusiva che il mero trascorrere del tempo non può
legittimare, ritiene - in sintesi - che in ipotesi di attivazione del
potere repressivo a distanza di molto tempo nei confronti degli acquirenti
ignari del carattere abusivo, debba imporsi a carico dell’Amministrazione
uno specifico onere motivazionale quale contrappeso alla
imprescrittibilità dell’esercizio del potere repressivo.
4.4. Non
ritiene il Collegio di poter condividere le pur argomentate e pregevoli
considerazioni della difesa del ricorrente, sotto più profili.
4.5. Va
evidenziato anzitutto come l’art. 31 c. 2 del vigente testo unico edilizia
includa anche il proprietario tra i destinatari dell’ordine di ripristino,
oltre naturalmente al responsabile dell’abuso, fornendo un robusto
appiglio letterale a supporto della tesi, peraltro decisamente tutt’ora
prevalente, dell’irrilevanza dell’elemento soggettivo (T.A.R. Puglia -
Lecce sez. III, 3 settembre 2008, n. 2247).
4.6. In secondo luogo,
difetta nel caso di specie proprio l’elemento temporale del lungo lasso di
tempo trascorso, essendo come detto incerto il periodo di realizzazione
dell’opera abusiva.
4.7. Da ultimo, deve confermarsi come a differenza
della sanzione amministrativa che per finalità di prevenzione generale e
speciale è indirizzata a punire il responsabile della violazione di un
precetto, a prescindere dalla sussistenza di un danno, la misura
ripristinatoria edilizia ha invece ad oggetto la “res” allo scopo
di ripristinare l’equilibrio di carattere urbanistico alterato dalla
violazione. Ciò comporta, tra l’altro, anche l’inapplicabilità dei
principi di cui alla legge generale sul potere sanzionatorio
amministrativo (L.n. 689/81) ivi compreso il principio di personalità.
Giova evidenziare al riguardo come la stessa Consulta (sent. 15 luglio
1991, n.345) nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 c. 3
della legge 47/1985, abbia riconosciuto come insita nel sistema la
funzione ripristinatoria dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva,
pur escludendo nei confronti del terzo incolpevole la sola ulteriore
conseguenza, di per sé invece sanzionatoria, dell’acquisizione gratuita
dell’area di sedime. Non a caso, il comma terzo dell’art. 31 del T.U.
edilizia, diversamente dal comma secondo, considera esclusivamente il
responsabile dell’abuso ai soli fini dell’eventuale acquisizione dell’area
di sedime in ipotesi di inosservanza dell’ordine di demolizione, senza
introdurre come vorrebbe il ricorrente alcun principio di responsabilità
personale.
4.8. Va pertanto ribadito il criterio dell’indifferenza ai
fini dell’esercizio del potere repressivo in materia edilizia
dell’elemento soggettivo della colpa, potendo l’Amministrazione procedere
all’adozione della misura demolitoria (priva di contenuto sanzionatorio)
anche nei confronti del proprietario attuale non autore dell’abuso e ad
esso completamente estraneo, fermo naturalmente restando nei rapporti
civilistici l’esperimento di azione risarcitoria nei confronti del dante
causa (T.A.R. Campania - Salerno sez. II, 8 novembre 2004,
n.1985).
4.9. Infine, non merita condivisione neppure la censura di cui
al III motivo.
4. 10. Anche a voler prescindere dall’inapplicabilità
dell’art. 34 c. 2 del T.U. edilizia agli interventi eseguiti senza
permesso di costruire (T.A.R. Campania Salerno sez. II, 13 aprile 2011, n.
702) il profilo della possibilità di limitare l’intervento repressivo alla
sola parte non conforme salvaguardando la porzione conforme rileva in fase
esecutiva, dovendo l’Amministrazione attivarsi soltanto in tal secondo
momento successivo ed autonomo, ossia quando l’intimato non ha ottemperato
all’ordine di demolizione (T.A.R. Campania Salerno sez. II, 13 aprile
2011).
5. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto,
fermo restando la facoltà del ricorrente anche ai fini di conformare la
successiva attività comunale, di presentare la preannunciata istanza di
accertamento di conformità, pur insistendo le opere abusive su sedime di
proprietà condominiale.
6. Infatti, osserva incidentalmente il Collegio
che il novero dei soggetti legittimati al rilascio del titolo in sanatoria
risulta più ampio rispetto a quanto concerne il rilascio dell’ordinario
titolo abilitativo edilizio, laddove secondo il prevalente orientamento
della giurisprudenza, occorre la titolarità del diritto di proprietà,
ovvero di altro diritto reale o anche obbligatorio a condizione del
riconoscimento della disponibilità giuridica e materiale del bene nonché
della relativa potestà edificatoria (Consiglio di Stato sez.V, 28 maggio
2001 n.2881; T.A.R Emilia Romagna - Bologna 21 febbraio 2007, n.53, T.A.R.
Lombardia Milano sez II, 31 marzo 2010, .n.842).
Il regime, infatti,
della concessione edilizia è del tutto diversificato, quanto a presupposti
ed elementi propri, da quello della sanatoria. L’affermazione è
consapevolmente recepita da parte della giurisprudenza (T.A.R. Campania
Napoli sez VIII, 14 gennaio 2011, n.196) in riferimento alla sanatoria
c.d. impropria di cui all’art art. 13 della legge n. 47/1985 secondo cui
la dichiarazione di conformità disciplinata dalla norma prevede che la
sanatoria ivi disciplinata sia accordata al "responsabile dell'abuso"; la
norma, quindi, a differenza di quanto previsto dall'art. 4 della legge n.
10 del 1977 non trova applicazione solo in presenza di una domanda
avanzata dal proprietario o da altro titolare di diritto reale in quanto
l'abuso sia al medesimo ascrivibile, ma anche in presenza della domanda
avanzata da colui che, dell'abuso, è comunque responsabile in quanto,
sanato l'abuso, non potrebbe essere più chiamato a rispondere sul piano
sanzionatorio penale e/o amministrativo.
Va pertanto affermato che
legittimati all’istanza di accertamento di conformità (così come di
condono edilizio ex L. n. 724/94) sono oltre coloro che hanno titolo a
richiedere la concessione edilizia/permesso di costruire, anche il
promissario acquirente o il conduttore (Corte di Appello Firenze sez II, 4
maggio 2010 n.594; T.A.R. Puglia - Bari 9 luglio 2011, n. 1057) e più in
generale tutti coloro che vi abbiano interesse, senza il necessario
consenso ed anche, al limite, contro la volontà del proprietario del bene.
Nel caso di specie il ricorrente, quale comproprietario dell’area
condominiale, a prescindere dal consenso degli altri condomini, vanta
indubbio interesse ad ottenere l’accertamento di conformità, al fine di
paralizzare l’esercizio del potere repressivo, trattandosi di opera,
secondo quanto emerso in giudizio, del tutto sanabile.
7. Sussistono
giusti motivi ai sensi degli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per
disporre la compensazione delle spese di lite, attesa la complessità delle
questioni trattate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per
l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in
epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Stefano
Fantini, Consigliere
Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2014