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T.A.R. UMBRIA - PERUGIA - Sentenza 25 luglio 2014 n. 419
Pres. C. Lamberti; Est. P. Amovilli
Zef Makaj (avv.ti P. Bececco e D. Antonucci) c/ Comune di Terni (avv.ti A. Alessandro e I. Sorbini)


1. Edilizia ed urbanistica – Abusi edilizi – Potere repressivo – Criterio dell’indifferenza dell’elemento soggettivo – Conseguenza – Destinatari – Proprietario attuale estraneo all’abuso - Vi rientra

 

2. Edilizia ed urbanistica – Abusi edilizi - Accertamento di conformità e condono edilizio – Legittimazione – Spetta a chiunque vi abbia interesse – Contraria volontà del proprietario del bene – Irrilevanza - Fattispecie

 

 

1. Ai fini dell’esercizio del potere repressivo in materia edilizia vige il criterio dell’indifferenza dell’elemento soggettivo della colpa, potendo l’Amministrazione procedere all’adozione della misura demolitoria (priva di contenuto sanzionatorio) anche nei confronti del proprietario attuale non autore dell’abuso e ad esso completamente estraneo, fermo naturalmente restando nei rapporti civilistici l’esperimento di azione risarcitoria nei confronti del dante causa

 

2. Sono legittimati all’istanza di accertamento di conformità (così come di condono edilizio ex L. n. 724/94) non solo coloro che hanno titolo a richiedere la concessione edilizia/permesso di costruire, ma anche il promissario acquirente o il conduttore e, più in generale, tutti coloro che vi abbiano interesse, senza il necessario consenso ed anche, al limite, contro la volontà del proprietario del bene (in ossequio al principio di cui in massima il Collegio ha ritenuto che il ricorrente, quale comproprietario dell’area condominiale, a prescindere dal consenso degli altri condomini, vanta indubbio interesse ad ottenere l’accertamento di conformità, al fine di paralizzare l’esercizio del potere repressivo)

 

 


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)



ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 530 del 2012, proposto da: Zef Makaj, rappresentato e difeso dall'avv. Patrizia Bececco, con domicilio eletto presso Donato Antonucci, in Perugia, via XIV Settembre, 69;

contro



Comune di Terni, rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Alessandro, con domicilio eletto presso Isabella Sorbini, in Perugia, via Palermo S.n.c.;

per l'annullamento
previa sospensiva



- dell’ordinanza di ingiunzione di demolizione e ripristino del 13.6.2012, prot. n. 92167, con la quale è stato ordinato al ricorrente di rimuovere le opere ritenute abusive, consistenti in un ampliamento di un garage, ivi quantificato di circa mq 7,20, su area di pertinenza condominiale;
- oltre ad ogni atto presupposto e/o connesso e/o consequenziale.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Terni;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2014 il dott. Paolo Amovilli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Espone l’odierno ricorrente di aver acquistato nel 2009, mediante compravendita, appartamento ad uso abitativo in Terni, con annesso locale ad uso autorimessa.
Con nota del 5 novembre 2011 il Comune di Terni ha avviato nei suoi confronti procedimento sanzionatorio per abusiva realizzazione, su area condominiale, di lavori di ampliamento del suddetto manufatto ad uso garage.
Pur a fronte delle osservazioni procedimentali prodotte dal Makaj in merito alla completa estraneità alla realizzazione dell’abuso ed alle assicurazioni ricevute dal proprio dante causa in merito alla conformità urbanistico-edilizia, con ordinanza prot. n. 92167 del 13 giugno 2012, il Dirigente comunale ha ingiunto all’odierno istante la demolizione della predetta opera consistente in ampliamento di circa mq 7,20 con una cubatura aggiuntiva di 21, 50 mc.
L’odierno istante impugna la suddetta ordinanza, deducendo doglianze così riassumibili:
I. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed istruttoria: in considerazione della realizzazione delle opere contestate nell’anno 1956, come risulterebbe dalla dichiarazione sostitutiva del proprio dante causa e dalla tipologia costruttiva, l’Amministrazione avrebbe dovuto adeguatamente motivare l’intervento repressivo, contemperando l’interesse pubblico alla repressione dell’abuso con l’affidamento ingenerato nei confronti del ricorrente dal protrarsi dell’inerzia nell’esercizio del potere sanzionatorio;
II. Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 31 c. 3 d. P.R. n. 380/2001 e 5 c. 1 della L.R. n. 21/2001: la normativa statale e regionale in materia edilizia presuppone ai fini dell’applicazione dei provvedimenti sanzionatori la responsabilità personale dell’abuso, nel caso specifico insussistente avendo il ricorrente acquistato il bene ad opera già interamente e da lungo tempo realizzata ed in perfetta buona fede, confidando nella garanzia data dal proprio dante causa della piena conformità urbanistica;
III. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34 c. 2 del d. P.R. n. 380/2001: trattandosi di mero ampliamento di modeste dimensioni, sarebbe applicabile unicamente la sanzione pecuniaria in luogo dell’impugnata sanzione demolitoria.
Si è costituito il Comune di Terni, eccependo l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte, evidenziando in sintesi:
- l’irrilevanza della estraneità del proprietario attuale alla realizzazione dell’abuso, avendo i provvedimenti repressivi in materia edilizia carattere ripristinatorio dell’interesse pubblico violato e non già sanzionatorio;
- il carattere pacificamente vincolato dei provvedimenti sanzionatori edilizi;
- la non applicabilità dell’invocata sanzione pecuniaria, trattandosi di opera per la quale occorre il titolo del permesso di costruire.
Alla camera di consiglio del 31 ottobre 2012, con ordinanza n. 185/2012 è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato.
Con memorie depositate in vista della discussione nel merito, la difesa del ricorrente ha rappresentato l’impossibilità di presentare domanda di accertamento di conformità stante il mancato raggiungimento di accordo con i condomini comproprietari dell’area di sedime ove è stato realizzato l’abusivo ampliamento, nonostante l’oramai intervenuto perfezionamento dell’usucapione in considerazione del possesso ininterrotto non violento e prolungato da parte del Makay e del proprio dante causa; insiste per l’accoglimento del gravame ribadendo la necessità in subiecta materia dell’accertamento di un coinvolgimento personale nella realizzazione dell’abuso da parte del destinatario dell’ordinanza di demolizione nonchè la violazione nella fattispecie dell’affidamento incolpevole.
Le parti hanno svolto difese in vista della pubblica udienza del 25 giugno 2014, nella quale la causa è passata in decisione.
2. E’ materia del contendere la legittimità del provvedimento emesso il 13 giugno 2012 con il quale il Comune di Terni ha ordinato al ricorrente la rimozione di opere abusive consistenti in ampliamento di un garage per circa mq 7,20, su area di pertinenza condominiale, pacificamente realizzate dal precedente proprietario e dante causa del Makaj.
3. Deve premettersi che le opere oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione, per caratteristiche e dimensioni, debbano ritenersi oggi sottoposte al permesso a costruire ai sensi degli artt. 3 c. 1 lett. e) e 10 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (e a concessione edilizia quanto al regime prendente) in quanto suscettibili di arrecare una sensibile trasformazione del territorio, trattandosi di ampliamento di circa mq. 7,20 per una maggiore volumetria di 21,50 mc.
4. Dalla documentazione depositata in giudizio e dalla prospettazione delle parti emerge la sostanziale estraneità del ricorrente alla realizzazione del descritto ampliamento abusivo, posto in essere comunque sicuramente prima dell’acquisto dell’appartamento e dell’annessa autorimessa, avvenuto nel 2009, anche se risulta del tutto incerto il periodo di realizzazione.
La giurisprudenza anche di questo Tribunale è consolidata (T.A.R. Umbria 18 agosto 2009, n. 492; id. 18 marzo 2008, n.102; id. 13 maggio 2013, n. 293; id. 1 luglio 2013 n.346; 30 agosto 2013, n.461) nel porre in subiecta materia a carico del ricorrente l’onere della prova circa il periodo di realizzazione del manufatto, in modo ragionevolmente certo, non potendo l’autorità comunale verificare la data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti gli immobili ivi realizzati.
Nel caso di specie, risulta carente di riscontri l’asserita realizzazione dell’opera nel 1956 o comunque nel periodo antecedente l’entrata in vigore della legge n. 765/1967, non allegando il ricorrente al riguardo alcun riferimento documentale diretto od indiretto, e/o considerazioni oggettive in merito alle tipologie e modalità realizzative, ai materiali impiegati, allo stato di conservazione ecc.
Tale onere deve essere assolto mediante riscontri documentali, eventualmente anche indiziari (quali fatture, utenze, ecc.) purché idonei a comprovare la ragionevole certezza circa l’epoca di realizzazione dell’opera, non essendo sufficiente la semplice produzione in giudizio di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, anche se proveniente da un terzo, la quale non può in alcun modo assurgere al rango di prova neppur presuntiva, sull'epoca di realizzazione dell'abuso (ex multis T.A.R. Liguria sez. I, 4 dicembre 2012, n. 1565; T.A.R. Toscana sez. III, 16 maggio 2012, n. 940; T.A.R. Umbria 13 marzo 2014, n.153). Nel caso di specie il ricorrente, indicando quale principale rectius unico elemento di prova la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà del 25 dicembre 2011 effettuata dal sig. Ricci Adolfo, suo dante causa - per altro avente sicuro interesse alla decisione del giudizio - non fornisce elementi utili al riguardo; del tutto generica se non assertiva è poi la indicazione della tipologia e delle modalità realizzative, dei materiali impiegati e dello stato di conservazione, tutti elementi - per altro non supportati da documentazione fotografica - parimenti privi di valore probatorio.
In definitiva, il periodo di realizzazione delle opere asseritamente abusive è dunque elemento fattuale rientrante nella disponibilità della parte che invoca la non necessità della preventiva autorizzazione edilizia, non essendo l’Amministrazione comunale in grado di verificare la data di realizzazione, sul proprio territorio, di tutti gli immobili ivi realizzati.
4.1. Non può pertanto dirsi provata la circostanza, meramente assertiva, in merito alla presunta realizzazione del manufatto da parte del precedente proprietario dell’appartamento nell’anno 1956 o in periodo antecedente l’entrata in vigore della legge 6 agosto 1967 n. 765, con conseguente infondatezza di tutte le doglianze mosse al I motivo di gravame, poiché presupposto per il consolidamento di una posizione di affidamento qualificato e tutelabile è proprio la prova del periodo di realizzazione dell’abuso stesso (ex multis T.A.R. Umbria 13 maggio 2013, n.293).
4.2. Non merita condivisione neppure la doglianza di cui al II motivo, secondo cui ai sensi dell’art. 5 c. 1 della L.R. 21/2001 e 31 c. 3 del d.P.R. 380/2001, sarebbe illegittima l’emanazione dell’ordinanza di demolizione nei confronti del ricorrente, non responsabile dell’abuso, per l’invocata necessità, in buona sostanza, di un principio di personalità della sanzione edilizia.
4.3. In relazione alla individuazione dei soggetti responsabili delle sanzioni in materia edilizia con particolare riferimento alla persona del proprietario attuale non coincidente con l’autore dell’abuso, deve rilevarsi l’esistenza di obiettivo contrasto giurisprudenziale, dal momento che secondo la tesi prevalente (richiamata dalla difesa comunale) l’elemento della colpa sarebbe irrilevante stante il carattere ripristinatorio e non già sanzionatorio (ex multis T.A.R. Campania Napoli sez. IV, 24 maggio 2010, n. 8343; Consiglio di Stato sez. V, 10 luglio 2003, n.4107; T.A.R. Puglia - Bari sez. II, 28 febbraio 2012, n. 450; T.A.R. Lazio - Roma sez. I-quater, 26 marzo 2012, n.2830); secondo altra tesi vi sarebbe invece una presunzione di responsabilità (T.A.R. Veneto sez. II, 13 marzo 2008, n.605; T.A.R. Sicilia-Palermo sez. III, 21 febbraio 2006, n.426) mentre secondo ulteriore opzione ermeneutica, la responsabilità del proprietario non potrebbe mai prescindere dall’accertamento in concreto del relativo contributo colposo alla realizzazione dell’abuso (T.A.R. Emilia Romagna - Bologna 12 luglio 2007, n. 685; T.A.R Liguria sez. I, 5 luglio 2011, n.1051).
La difesa della ricorrente, a supporto della succitata ultima tesi, invoca tra l’altro recente pronuncia del Consiglio di Stato (sez. V, 15 luglio 2013, n. 3847) la quale pur ribadendo l’insussistenza di affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il mero trascorrere del tempo non può legittimare, ritiene - in sintesi - che in ipotesi di attivazione del potere repressivo a distanza di molto tempo nei confronti degli acquirenti ignari del carattere abusivo, debba imporsi a carico dell’Amministrazione uno specifico onere motivazionale quale contrappeso alla imprescrittibilità dell’esercizio del potere repressivo.
4.4. Non ritiene il Collegio di poter condividere le pur argomentate e pregevoli considerazioni della difesa del ricorrente, sotto più profili.
4.5. Va evidenziato anzitutto come l’art. 31 c. 2 del vigente testo unico edilizia includa anche il proprietario tra i destinatari dell’ordine di ripristino, oltre naturalmente al responsabile dell’abuso, fornendo un robusto appiglio letterale a supporto della tesi, peraltro decisamente tutt’ora prevalente, dell’irrilevanza dell’elemento soggettivo (T.A.R. Puglia - Lecce sez. III, 3 settembre 2008, n. 2247).
4.6. In secondo luogo, difetta nel caso di specie proprio l’elemento temporale del lungo lasso di tempo trascorso, essendo come detto incerto il periodo di realizzazione dell’opera abusiva.
4.7. Da ultimo, deve confermarsi come a differenza della sanzione amministrativa che per finalità di prevenzione generale e speciale è indirizzata a punire il responsabile della violazione di un precetto, a prescindere dalla sussistenza di un danno, la misura ripristinatoria edilizia ha invece ad oggetto la “res” allo scopo di ripristinare l’equilibrio di carattere urbanistico alterato dalla violazione. Ciò comporta, tra l’altro, anche l’inapplicabilità dei principi di cui alla legge generale sul potere sanzionatorio amministrativo (L.n. 689/81) ivi compreso il principio di personalità. Giova evidenziare al riguardo come la stessa Consulta (sent. 15 luglio 1991, n.345) nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 7 c. 3 della legge 47/1985, abbia riconosciuto come insita nel sistema la funzione ripristinatoria dell’ordine di demolizione dell’opera abusiva, pur escludendo nei confronti del terzo incolpevole la sola ulteriore conseguenza, di per sé invece sanzionatoria, dell’acquisizione gratuita dell’area di sedime. Non a caso, il comma terzo dell’art. 31 del T.U. edilizia, diversamente dal comma secondo, considera esclusivamente il responsabile dell’abuso ai soli fini dell’eventuale acquisizione dell’area di sedime in ipotesi di inosservanza dell’ordine di demolizione, senza introdurre come vorrebbe il ricorrente alcun principio di responsabilità personale.
4.8. Va pertanto ribadito il criterio dell’indifferenza ai fini dell’esercizio del potere repressivo in materia edilizia dell’elemento soggettivo della colpa, potendo l’Amministrazione procedere all’adozione della misura demolitoria (priva di contenuto sanzionatorio) anche nei confronti del proprietario attuale non autore dell’abuso e ad esso completamente estraneo, fermo naturalmente restando nei rapporti civilistici l’esperimento di azione risarcitoria nei confronti del dante causa (T.A.R. Campania - Salerno sez. II, 8 novembre 2004, n.1985).
4.9. Infine, non merita condivisione neppure la censura di cui al III motivo.
4. 10. Anche a voler prescindere dall’inapplicabilità dell’art. 34 c. 2 del T.U. edilizia agli interventi eseguiti senza permesso di costruire (T.A.R. Campania Salerno sez. II, 13 aprile 2011, n. 702) il profilo della possibilità di limitare l’intervento repressivo alla sola parte non conforme salvaguardando la porzione conforme rileva in fase esecutiva, dovendo l’Amministrazione attivarsi soltanto in tal secondo momento successivo ed autonomo, ossia quando l’intimato non ha ottemperato all’ordine di demolizione (T.A.R. Campania Salerno sez. II, 13 aprile 2011).
5. Per i suesposti motivi il ricorso è infondato e va respinto, fermo restando la facoltà del ricorrente anche ai fini di conformare la successiva attività comunale, di presentare la preannunciata istanza di accertamento di conformità, pur insistendo le opere abusive su sedime di proprietà condominiale.
6. Infatti, osserva incidentalmente il Collegio che il novero dei soggetti legittimati al rilascio del titolo in sanatoria risulta più ampio rispetto a quanto concerne il rilascio dell’ordinario titolo abilitativo edilizio, laddove secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, occorre la titolarità del diritto di proprietà, ovvero di altro diritto reale o anche obbligatorio a condizione del riconoscimento della disponibilità giuridica e materiale del bene nonché della relativa potestà edificatoria (Consiglio di Stato sez.V, 28 maggio 2001 n.2881; T.A.R Emilia Romagna - Bologna 21 febbraio 2007, n.53, T.A.R. Lombardia Milano sez II, 31 marzo 2010, .n.842).
Il regime, infatti, della concessione edilizia è del tutto diversificato, quanto a presupposti ed elementi propri, da quello della sanatoria. L’affermazione è consapevolmente recepita da parte della giurisprudenza (T.A.R. Campania Napoli sez VIII, 14 gennaio 2011, n.196) in riferimento alla sanatoria c.d. impropria di cui all’art art. 13 della legge n. 47/1985 secondo cui la dichiarazione di conformità disciplinata dalla norma prevede che la sanatoria ivi disciplinata sia accordata al "responsabile dell'abuso"; la norma, quindi, a differenza di quanto previsto dall'art. 4 della legge n. 10 del 1977 non trova applicazione solo in presenza di una domanda avanzata dal proprietario o da altro titolare di diritto reale in quanto l'abuso sia al medesimo ascrivibile, ma anche in presenza della domanda avanzata da colui che, dell'abuso, è comunque responsabile in quanto, sanato l'abuso, non potrebbe essere più chiamato a rispondere sul piano sanzionatorio penale e/o amministrativo.
Va pertanto affermato che legittimati all’istanza di accertamento di conformità (così come di condono edilizio ex L. n. 724/94) sono oltre coloro che hanno titolo a richiedere la concessione edilizia/permesso di costruire, anche il promissario acquirente o il conduttore (Corte di Appello Firenze sez II, 4 maggio 2010 n.594; T.A.R. Puglia - Bari 9 luglio 2011, n. 1057) e più in generale tutti coloro che vi abbiano interesse, senza il necessario consenso ed anche, al limite, contro la volontà del proprietario del bene. Nel caso di specie il ricorrente, quale comproprietario dell’area condominiale, a prescindere dal consenso degli altri condomini, vanta indubbio interesse ad ottenere l’accertamento di conformità, al fine di paralizzare l’esercizio del potere repressivo, trattandosi di opera, secondo quanto emerso in giudizio, del tutto sanabile.
7. Sussistono giusti motivi ai sensi degli artt. 26 cod. proc. amm. e 92 c.p.c. per disporre la compensazione delle spese di lite, attesa la complessità delle questioni trattate.

P.Q.M.



Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 25 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:
Cesare Lamberti, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Paolo Amovilli, Primo Referendario, Estensore

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2014





 

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