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n. 9-2014 - © copyright |
T.A.R. SARDEGNA - SEZIONE II -
Sentenza 13 agosto 2014 n. 708
Pres. F. Scano; Est. A.
Plaisant
Comune di Capoterra (avv.ti S. Cassanello, A. Garau e E. Lao)
c/ - Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare,
Ministero dello Sviluppo economico e Comando Provinciale dei Vigili del
fuoco (Avv. Distr. St.); - Regione Sardegna (avv.ti T. Ledda e G. Parisi);
- Provincia di Cagliari (n.c.); - Agenzia Regionale del Distretto
Idrografico della Sardegna (n.c.); - Agenzia Regionale Protezione Ambiente
Sardegna (n.c.);- Comune di Assemini (n.c.);- Comando Scuole Aeronautica
Militare 3 Regione Aerea (n.c.) nei confronti di Powercrop s.r.l. (avv.ti
M. G. Roversi Monaco, S. Curto e G. Pittalis) |
1. Giustizia amministrativa – Legittimazione ad agire –
Comune - Ricorso contro autorizzazione unica relativa ad impianto
adiacente il proprio agglomerato abitativo – Sussiste
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2. Giustizia amministrativa – Ricorso straordinario –
Termini per impugnare – Decorrenza –Piena conoscenza dell’atto terminale –
Necessità di accesso alla documentazione del procedimento ambientale -
Sussiste
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3. Giustizia amministrativa – Ricorso straordinario –
Ricorso contro atto amministrativo non definitivo – Inammissibilità –
Fattispecie
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4. Ambiente e territorio – VIA – Impugnazione - Omessa o
irrituale impugnazione dell’autorizzazione unica - Improcedibilità del
ricorso contro la VIA per carenza sopravvenuta d’interesse – Si verifica
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1. Sussiste la legittimazione del Comune - quale ente
esponenziale degli interessi dei propri residenti alla tutela
dell’ambiente e del territorio in cui vivono - ad impugnare il
provvedimento di autorizzazione unica relativo ad un impianto da
realizzare nelle immediate adiacenze dell’agglomerato abitativo di
pertinenza
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2. La regola generale della decorrenza del termine per
impugnare dalla piena conoscenza dell’atto terminale del procedimento –
nella specie, dalla pubblicazione sul BURAS del provvedimento di
autorizzazione unica ex art. 12, D. Lgs. n. 387/2003 – deve essere
necessariamente “adattata” alle particolarità di procedimenti connotati da
notevole complessità e dal fatto di incidere su beni-interessi di
particolare rilievo, come quello ambientale, nell’ottica di offrire
un’interpretazione “costituzionalmente orientata” (nel senso delineato
dalla Corte costituzionale già con la fondamentale sentenza 2 febbraio
1982 n. 18) dei principi che governano l’esercizio della tutela
giurisdizionale; un simile approccio “casistico” - che tiene conto, cioè,
delle specifiche caratteristiche della singola fattispecie, al fine di
individuare “il grado di conoscenza legale” cui ragionevolmente
ricollegare il dies a quo del termine di impugnazione- riceve in materia
ambientale un preciso fondamento normativo nella Convenzione di Aarhus del
25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge n. 108/01, la quale impone
un “sistema di informazione ambientale” particolarmente efficace e capace
di assicurare, addirittura a ciascun cittadino, la possibilità di
conoscere in modo completo ogni scelta amministrativa incidente
sull'ambiente, in perfetta sintonia con la natura del bene in questione,
per antonomasia così essenziale (se non altro perché strumentale al
diritto alla salute) e diffuso (perché ciascuna persona ne fruisce e ne
beneficia) da richiedere una tutela “alla portata di ciascun individuo”,
cui viene riconosciuta la possibilità di attivarsi anche mediante gli enti
esponenziali (nella specie, il Collegio ha fatto risalire la “piena
conoscenza” al momento in cui il Comune ricorrente aveva avuto accesso
all’intera documentazione procedimentale)
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3. E’ inammissibile il ricorso straordinario proposto
contro un atto amministrativo non definitivo (nella specie, il Collegio ha
ritenuto non definitivo il provvedimento di autorizzazione unica emanato
dal Direttore del Servizio Energia dell’Assessorato regionale
dell’Industria, trattandosi di atto suscettibile, ai sensi dell’art. 21,
co. 7, L.R. Sardegna 13 novembre 1998, n. 31, di ricorso amministrativo al
competente Direttore generale)
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4. E’ improcedibile il ricorso contro la VIA se è mancata
o è dichiarata inammissibile l’impugnazione dell’autorizzazione unica ex
art. 12, D. Lgs. n. 387/2003; se è vero, infatti, che la V.I.A. è atto
dotato di una certa autonomia, tanto da essere immediatamente impugnabile,
è altrettanto sicuro, per converso, che la mancata (nel caso di specie
inammissibile) impugnazione dell’autorizzazione unica regionale priva ex
post il ricorrente dell’interesse a una pronuncia di annullamento della
(sola) V.I.A., la quale certamente non potrebbe dispiegare efficacia
caducante sulla stessa autorizzazione unica
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 428 del
2014, proposto da: Comune di Capoterra, rappresentato e difeso dagli avv.
Sergio Cassanello, Antonello Garau e Eugenio Lao, con domicilio eletto
presso lo studio del primo, in Cagliari, via Loru n. 4;
contro
- Ministero dell'Ambiente e della tutela del
territorio e del mare, Ministero dello Sviluppo economico e Comando
Provinciale dei Vigili del fuoco, tutti rappresentati e difesi per legge
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria in
Cagliari, via Dante n.23; - Regione Sardegna, rappresentata e difesa dagli
avv.ti Tiziana Ledda e Giovanni Parisi, con domicilio eletto presso
l’Ufficio Legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n. 69; - Provincia
di Cagliari, non costituita in giudizio; - Agenzia Regionale del Distretto
Idrografico della Sardegna, non costituita in giudizio; - Agenzia
Regionale Protezione Ambiente Sardegna, non costituita in giudizio; -
Comune di Assemini, non costituito in giudizio; - Comando Scuole
Aeronautica Militare 3 Regione Aerea, non costituito in giudizio.
nei confronti di
Powercrop s.r.l., rappresentata e difesa
dagli avv. Maria Giulia Roversi Monaco, Silvia Curto e Gualtiero Pittalis,
con domicilio eletto presso lo studio della seconda, in Cagliari, via
Palestrina n. 72;
per l'annullamento:
- della determinazione
(doc. 2) prot. 11329, rep. n° 421 del 28.7.2011 del Direttore del Servizio
Energia dell’Assessorato dell’Industria della RAS;
- della
deliberazione n° 6/31 del 12.2.2010 della Giunta Regionale della RAS (doc.
3);
- del decreto direttoriale n° 26082/TRI/DI del 15.10.2010 della
Direzione Generale per la Tutela del territorio e delle risorse idriche
del Ministero dell’Ambiente, richiamato nel preambolo della determinazione
RAS 11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., 23imo VISTO), al momento non meglio
conosciuto, formulandosi, quindi, espressa riserva di motivi
aggiunti;
- della determinazione n° 47 del 10.3.2011 del Settore
Ecologia della Provincia di Cagliari (doc. 4), avente ad oggetto
“AUTORIZZAZIONE INTEGRATA AMBIENTALE (A.I.A.)”;
- della nota n°
18340/TRI/DI del 7.6.2011 della Direzione Generale per la Tutela del
territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente, richiamata
nel preambolo della determinazione RAS 11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., 37imo
VISTO), al momento non meglio conosciuto, formulandosi quindi espressa
riserva di motivi aggiunti;
- della deliberazione n° 31/32 del
20.7.2011 della Giunta Regionale della RAS (doc. 5);
- della relazione
istruttoria dell’Ufficio in data 27.7.2011, richiamata nel preambolo della
determinazione RAS 11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., 40imo VISTO), al momento
non meglio conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di motivi
aggiunti;
- della nota n° 4262 del 1.3.2011 del Servizio SAVI
dell’Assessorato dell’Ambiente della RAS, richiamata nella determinazione
RAS 11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., 24imo VISTO), al momento non meglio
conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di motivi aggiunti;
-
della nota n° 4301 del 1.6.2011 dell’Agenzia Regionale del Distretto
idrografico della Sardegna, richiamata nella determinazione RAS 11329/2011
(cfr. doc. 2 cit., art. 4, comma 3, 5° interlinea), al momento non meglio
conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di motivi aggiunti;
-
delle note nn. 2011/4452 del 16.2.2011, 2011/5546 del 28.2.2011,
2011/15946 del 9.6.2011, 2011/15896 del 9.6.2011 dell’ARPAS, tutte
richiamate nella determinazione RAS 1329/2011 (cfr. doc. 2 cit., art. 4,
comma 3, dal 6° al 9° interlinea), al momento non meglio conosciute,
formulandosi quindi espressa riserva di motivi aggiunti;
- della nota
n° 772 del 8.2.2011 dell’Ispettorato Regionale Sardegna del Ministero
dello Sviluppo economico, richiamata nella determinazione RAS 11329/2011
(cfr. doc. 2 cit., art. 4, comma 3, 10° interlinea), al momento non meglio
conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di motivi
aggiunti;
nonché, per sommo scrupolo e per quanto possa occorrere,
anche:
- delle note nn. 3864 del 14.2.2011 e 17808 del 6.7.2011 del
Comune di Assemini, richiamate nella determinazione RAS 11329/201 (cfr.
doc. 2 cit., art. 4, comma 3, 14imo e 15imo interlinea), al momento non
meglio conosciute, formulandosi quindi espressa riserva di motivi
aggiunti;
- della nota n° 9283 del 10.6.2011 del Comando provinciale
dei Vigili del fuoco di Cagliari, richiamata nella determinazione RAS
11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., art. 4, comma 3, 16imo interlinea), al
momento non meglio conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di
motivi aggiunti;
- della nota n° 61879 del Comando Scuole aeronautica
militare - 3^ Regione Aerea, richiamata nella determinazione RAS
11329/2011 (cfr. doc. 2 cit., art. 4, comma 3, 17imo interlinea), al
momento non meglio conosciuta, formulandosi quindi espressa riserva di
motivi aggiunti;
tutti atti confluiti nel procedimento di
autorizzazione unica, portata dalla determinazione n°11329/2011 (cfr. doc.
2 cit.), e contenenti, con quest’ultima, le prescrizioni dettate dagli
Enti competenti ed emanati i pareri, le autorizzazioni, i nulla osta e
loro modifiche ed integrazioni, perché tutti viziati per violazione di
legge ed eccesso di potere, come meglio sarà descritto in parte motiva di
diritto.
Visti il ricorso e i relativi allegati.
Visti gli atti
di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
territorio e del mare, del Ministero dello Sviluppo economico, della
Regione Sardegna, del Comando Provinciale dei Vigili del fuoco e della
Powercrop s.r.l.
Viste le memorie difensive.
Visti tutti gli atti
della causa.
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2014
il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come
specificato nel verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto
quanto segue.
FATTO
I fatti di causa possono essere riassunti nei
termini seguenti.
In data 29 ottobre 2013, a seguito di esposti
presentati da alcuni residenti, il Comune di Capoterra ha presentato alla
Regione Sardegna istanza di accesso (cfr. doc. 7 di parte ricorrente) a
tutta la documentazione inerente il procedimento amministrativo culminato
nella determinazione 28 luglio 2011, n. 1139, del Direttore del Servizio
Energia dell’Assessorato regionale dell’Industria, recante
l’Autorizzazione unica (ai sensi del d.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 e
della l.r. 7 agosto 2009, n. 3 e s.m.i.), in favore di Powercrop s.r.l.,
alla realizzazione e messa in esercizio di un impianto di produzione di
energia elettrica da fonte rinnovabile “biomassa”, in loc. Macchiareddu
(territorio del Comune di Assemini), in zona finitima al Comune di
Capoterra.
Ottenuto l’accesso, quest’ultimo ha impugnato numerosi atti
di quel procedimento con ricorso straordinario al Capo dello Stato,
avviato alla notifica in data 7 febbraio 2014 e successivamente trasposto
innanzi a questo Tribunale -a seguito di opposizione della Regione
Sardegna- con atto notificato in data 14-16 aprile 2014.
Il sopra
citato provvedimento di Autorizzazione unica regionale rappresenta l’esito
finale di un complesso iter amministrativo, a suo tempo avviato
sulla base del Piano nazionale per la razionalizzazione e riconversione
della filiera agricola bieticolo-saccarifera sarda (cfr. doc. 27 prodotto
dalla controinteressata), approvato dal Ministero delle Politiche agricole
nel gennaio 2007, in conseguenza della crisi cui erano andate incontro le
imprese di quel settore.
Il passo successivo fu la sottoscrizione,
nell’ottobre 2007, di apposito accordo (cfr. doc. 1 prodotto dalla
controinteressata) per la riconversione dell’ex zuccherificio
Eridania-Sadam di Villasor nell’impianto a biomasse per cui è causa, da
realizzarsi nell’area industriale di Assemini-Macchiareddu su di un lotto
di proprietà del C.A.C.I.P. (Consorzio industriale provinciale di
Cagliari, già C.A.S.I.C.), cui aderirono la Regione, la Provincia di
Cagliari, la Eridania-Sadam e la Powercrop s.r.l.; a tal fine la stessa
Powercrop presentò un progetto per la realizzazione dell’impianto,
esattamente articolato in una centrale a vapore alimentata da biomassa
ligneocellulosica, due motori endotermici alimentati a olio vegetale, un
frantoio per la premitura dei semi oleaginosi, centrali a biogas, un
impianto fotovoltaico e uno di compostaggio.
In data 18 dicembre 2008
Powercrop presentò al Servizio S.A.V.I. della Regione Sardegna richiesta
di Valutazione di impatto ambientale e dell’avvio di tale procedimento si
diede notizia in data 21 gennaio 2009 e 30 gennaio 2009 sul quotidiano
L’Unione Sarda (cfr. doc. 3 prodotto dalla controinteressata).
A
seguito di osservazioni presentate da alcun cittadini -e svoltasi la prima
Conferenza di servizi istruttoria del 20 marzo 2009 (cui parteciparono,
tra gli altri, l’impresa interessata, il S.A.V.I., la Provincia di
Cagliari, il Comune di Assemini, l’A.R.P.A.S. Cagliari, il Servizio
Politiche forestali e il Servizio Tutela dell’atmosfera e del territorio)-
in data 7 agosto 2009 il S.A.V.I. chiese alla proponente alcune
integrazioni documentali, depositate a novembre 2009, per cui fu convocata
una seconda Conferenza istruttoria nel gennaio 2010 (con gli stessi
partecipanti).
Nel frattempo era stato anche avviato l’iter di rilascio
della (ulteriormente necessaria) Autorizzazione integrata ambientale di
competenza della Provincia, prevista dall’art. 5, comma 14, del d.lgs. 18
febbraio 2005, n. 59 (l’istruttoria finalizzata al rilascio di tale
provvedimento si è poi svolta congiuntamente a quella già in corso per il
rilascio della V.I.A. e dell’Autorizzazione unica regionale).
Seguì il
parere favorevole del S.A.V.I. (condizionato al rispetto di una serie di
prescrizioni), in base al quale la Giunta regionale -con deliberazione 12
febbraio 2010, n. 6/31 (pubblicata sul B.U.R.A.S. n. 11 del 6 aprile 2010:
cfr. doc. 6 prodotto dalla controinteressata)- espresse la Valutazione
positiva di compatibilità ambientale, subordinata alle prescrizioni
individuate dal S.A.V.I. e relative, tra l’altro: - ai tempi e i modi di
approvvigionamento della biomassa (con particolare riferimento alla
prescrizione, di cui al punto 1c. della motivazione, relativa alle
modalità di approvvigionamento nelle varie fasi di gestione e
dell’impianto e a seconda del tipo di ciclo produttivo; in particolare per
le biomasse lignee fu previsto che il relativo fabbisogno avrebbe potuto
essere coperto da biomasse locali in una percentuale minima del 30% nei
primi 3 anni, in una percentuale minima del 70% dal quarto al sesto anno e
al 100% dal settimo anno); - al contenimento degli impatti in fase di
cantiere e degli impatti in atmosfera in fase di gestione; - al
contenimento degli impatti sulle acque superficiali in fase di gestione; -
alla riduzione dei rischi di contaminazione; - alla riduzione dell’impatto
sul traffico stradale; - alla gestione dei rifiuti e delle emergenze;
inoltre fu stabilito l’obbligo per il gestore dell’impianto di elaborare,
di concerto con l’A.R.P.A.S., un piano di monitoraggio sulle metodologie e
tempistiche di realizzazione dei punti di controllo sulle emissioni
acustiche, idriche e aeriformi e sulla qualità dell’aria e delle acque,
nonché la trasmissione annuale al S.A.V.I. di un report riassuntivo
delle ore di funzionamento, del rendimento termico ed elettrico, dei
risultati dei controlli, etc.
A quel punto Powercrop s.r.l. attivò
anche la procedura di rilascio dell’Autorizzazione unica regionale (di cui
all’art. 12 del d.p.r. n. 387/2003), chiedendo però (con nota 6 aprile
2010, n. 8436 del protocollo S.A.V.I.) che la già rilasciata V.I.A. fosse
integrata con “la previsione di un sistema di mitigazione delle
prescrizioni contenute al punto 1 c della DGR n. 6/31/2010, che disciplini
l’ipotesi di mancato raggiungimento delle quantità di biomasse locali per
fatti esulanti dal controllo di Powercrop”; a ciò seguì la nota 14
giugno 2010 con cui il S.A.V.I. si dichiarò disponibile a valutare
soluzioni capaci di risolvere tale problematica, sollecitando a tal fine
il deposito da parte di Powercrop di apposito parere documentato, poi
effettivamente prodotto in data 10 agosto 2010 insieme agli accordi nel
frattempo stipulati con imprese del settore per la fornitura di biomassa “pur in presenza di fattori contingenti e non direttamente
controllabili, quali condizioni meteo avverse, che potrebbero
compromettere la resa in termini di qualità e quantità della biomassa
locale”; di tale proposta il S.A.V.I. “prese atto”, fermo restando che “il proponente si dovrà impegnare a porre in essere tutte le azioni
vote al raggiungimento degli obiettivi imposti dalla DGR n. 6/31 del
2010” (tutte queste circostanze sono riportate nei termini riferiti
dal rappresentante del S.A.V.I. a verbale della Conferenza di servizi del
28 febbraio 2011, sulla quale si tornerà fra breve).
Informate le altre
amministrazioni della richiesta di Powercrop, l’Assessorato regionale
all’Industria, con nota 24 gennaio 2011, n. 933 (doc. 7 della
controinteressata), convocò una nuova Conferenza di servizi per il giorno
28 febbraio 2011, nel corso della quale (cfr. il verbale prodotto quale
doc. 8 dalla controinteressata) -dato atto dei pareri favorevoli già
trasmessi da numerosi enti coinvolti- si registrarono gli
interventi:
-del rappresentante del S.A.V.I., il quale si espresse
nuovamente in termini favorevoli alla sopra richiesta di Powercrop di
modifica della V.I.A., evidenziando che “le modifiche apportate al
progetto, rispetto a quanto esaminato in sede di VIA, devono essere
considerate non sostanziali e miranti al raggiungimento degli obiettivi
imposti dalla deliberazione di espressione del giudizio positivo sulla
compatibilità ambientale”, salvo alcune necessarie integrazioni
documentali su aspetti di diversa natura;
- del rappresentante del
Corpo Forestale e di vigilanza ambientale, il quale, invece, rilevò che le
previsioni della Powercrop s.r.l. sulla possibilità di acquisire “cippato locale” a prezzi concorrenziali sarebbe stata
irrealistica, per cui l’alimentazione dell’impianto avrebbe di fatto
richiesto il ricorso ad altre componenti -quali “residui di digestione
anaerobica e deiezioni animali” - in misura superiore a quanto
dichiarato in progetto, per cui Powercrop avrebbe di fatto sottostimato
gli scarti da avviare in discarica; pertanto espresse “parere
favorevole all’intervento condizionato alla trasmissione di documentazione
che dimostri l’effettiva e sostanziale capacità di approvvigionamento
della materia prima, che contenga inoltre le valutazioni del valore di
macchiatico e dei costi di trasporto all’impianto, riservandosi l’esame e
la valutazione degli stessi”;
- del rappresentante del C.A.C.I.P. e
del Comune di Assemini, che formularono entrambi parere favorevole;
-
del rappresentante dell’A.S.L. 8 di Cagliari, che espresse parere
contrario al rilascio dell’autorizzazione, rilevando la “mancanza di
garanzie sull’approvvigionamento nel tempo della materia prima di
provenienza locale (come confermato in questa sede dal C.F.V.A.)”, con il
conseguente “notevole impatto sulla qualità dell’aria” e complessivamente
il presumibile “impatto sanitario negativo” dell’impianto” ;
- del
rappresentante dell’A.R.P.A.S., il quale formulò parere favorevole
condizionato al rispetto di una serie di prescrizioni, sostanzialmente
corrispondenti a quelle già indicate nella deliberazione della Giunta
regionale n. 6/31/2010 sopra descritta.
Su tali presupposti la
Conferenza di servizi fu sospesa “in attesa degli esiti del
procedimento di Autorizzazione integrata ambientale di competenza della
Provincia di Cagliari, nonché dell’acquisizione delle integrazioni
richieste dal Servizio S.A.V.I., dall’A.R.P.A.S., dal C.F.V.A.”, con
riserva “di valutare gli ulteriori pareri trasmessi alla presente
conferenza di servizi in pendenza della stessa”.
La richiesta di
Autorizzazione integrata ambientale è stata poi riscontrata positivamente
dalla Provincia di Cagliari con determinazione dirigenziale 10 marzo 2011,
n. 47 (cfr. doc. 9 prodotto dalla controinteressata), motivata
sostanzialmente per relationem ai risultati dell’istruttoria svolta
sino a quel momento.
A quel punto restava ancora da definire la
richiesta di Autorizzazione unica regionale e a questo scopo si è tenuta
la Conferenza di servizi 10 giugno 2011, ove è emerso (cfr. il relativo
verbale: doc. 11 di parte ricorrente), fra l’altro, che:
- alla
Conferenza erano assenti giustificati, nonostante la convocazione, tra gli
altri, il rappresentante del S.A.V.I. e quello della A.S.L. n. 8 di
Cagliari;
- sono state acquisite due distinte note dell’A.R.P.A.S.,
con cui è stata, rispettivamente, disposta la presentazione di un piano di
gestione delle rocce ed espresso “parere favorevole con prescrizioni”
riguardo ai “campi elettromagnetici;
- il rappresentante del C.A.C.I.P.
e quello del Comando provinciale dei Vigili del Fuoco, presenti in
conferenza, hanno espresso parere favorevole all’intervento;
- il
rappresentante del Corpo forestale e di vigilanza ambientale ha espresso,
invece, parere contrario, rilevando che “i documenti integrativi sulla
capacità di approvvigionamento della biomassa non sono in grado di
dimostrare quanto previsto nella DGR 6/31 del 12.2.2010 sull’obbligo,
entro il terzo anno di esercizio dell’impianto di approvigionamento tutto
locale; non si ritiene che l’assenso alla richiesta della Ditta di ovviare
a tale prescrizione, rilasciato dal Servizio SAVI con nota n. 9251 del 22
aprile 2011, sia recepibile, in quanto in chiaro contrasto con la suddetta
DGR. A conforto del parere negativo vi sono le presenti e plurime
dichiarazioni della Ditta sulla necessità di approvvigionamento esterno…il
rappresentante del C.F.V.A….ribadisce che la modifica di quanto previsto
nella deliberazione della Giunta regionale deve essere fatta mediante
nuova delibera”;
- su tali osservazioni non vi è stato ulteriore
dibattito -salvo il fatto che il rappresentante di Powercrop ha riferito
di aver inviato apposite comunicazioni al S.A.V.I., il quale “ha preso
atto di quanto comunicato dalla società, che corrisponde a quanto esposto
dal servizio SAVI in sede di conferenza dei servizi del 28 febbraio
2011”;
- infine la Conferenza si è conclusa con l’approvazione del
progetto presentato dalla Powercrop.
Si è avuta poi la deliberazione
della Giunta regionale 20 luglio 2011, n. 31/32 (doc. 11 prodotto dalla
controinteressata), con cui la richiesta della Powercrop di modifica della
V.I.A. in ordine alle prescrizioni sulle modalità di approvvigionamento
(vedi supra) è stata accolta, con il conseguente inserimento, al
punto 1 della DGR n. 6/31, della seguente lett. c) bis: “in caso di
carenze di approvvigionamento locale riconducibile a fattori contingenti,
ingovernabili e indipendenti dalla volontà del proponente, la continuità
di funzionamento dell’impianto potrà essere assicurata anche mediante
l’approvvigionamento di biomassa di importanza extraregionale”; nel
preambolo della deliberazione si legge che tale decisione si basa sulle
integrazioni documentali inviate dalla Powercrop al S.A.V.I. e sulla
relativa valutazione espressa da quest’ultimo alla Conferenza di servizi
del 28 febbraio 2011 (vedi supra); la stessa deliberazione della
Giunta n. 31/32 del 2011 è stata, infine, pubblicata sul B.U.R.A.S. n. 27
del 12 settembre 2011 (cf. doc. 3 prodotto dalla difesa regionale).
Da
ultimo è stata adottata la determinazione 28 luglio 2011, n. 11329, con
cui il Direttore del Servizio Energia dell’Assessorato regionale
dell’Industria -ai sensi del d.lgs. n. 387/2003 e della l.r. n. 3/2009 e
s.m.i.- ha rilasciato, in favore di Powercrop, l’Autorizzazione unica
regionale alla costruzione e all’esercizio dell’impianto, anche questa
pubblicata sul B.U.R.A.S. n. 23 del 13 agosto 2011 (cfr. doc. 14 prodotto
dalla controinteressata).
Conseguentemente i lavori di realizzazione
dell’impianto hanno avuto inizio in data 5 luglio 2013, come da formale
comunicazione trasmessa da Powercrop in data 4 luglio 2013 (cfr. doc. 13
di parte controinteressata).
Ciò premesso, con il ricorso in esame il
Comune di Capoterra impugna innanzitutto i seguenti atti:
- la
deliberazione n° 6/31 del 12.2.2010 della Giunta Regionale (recante la
positiva Valutazione di impatto ambientale);
- la deliberazione n°
31/32 del 12.2.2010 della Giunta Regionale (recante modifica della stessa
V.I.A. in ordine alle prescrizioni sull’approvvigionamento della biomassa
già stabilite dalla precedente DGR: vedi supra);
- la determinazione n°
47 del 10.3.2011 del Settore Ecologia della Provincia di Cagliari (recante
l’Autorizzazione integrata ambientale - A.I.A. - alla realizzazione e
all’esercizio dell’impianto);
- la determinazione n. 11329 del
28.7.2011 del Direttore del Servizio Energia dell’Assessorato
dell’Industria della RAS (recante l’Autorizzazione unica regionale alla
costruzione e all’esercizio dell’impianto).
Avverso tali atti il Comune
formula le seguenti doglianze:
- lamenta il fatto che -nonostante la
potenziale incidenza dell’intervento sul proprio territorio e ambiente-
non sarebbe mai stato coinvolto nel procedimento amministrativo culminato
nell’Autorizzazione unica regionale, in violazione dell’art 12 del d.lgs.
n. 387/2003 e dell’art. 6 della l.r. n. 3/2009;
- sostiene che i
provvedimenti di autorizzazione si pongano in contrasto, senza alcuna
motivazione, con i risultati dell’istruttoria e, in particolare, con i
pareri espressi durante la conferenza di servizi del 28 febbraio 2011
dalla A.S.L. n. 8 di Cagliari e durante quella del 10 giugno 2011 dal
rappresentante del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della
Sardegna (vedi supra);
- stigmatizza il rischio paventato, per
l’appunto, dal Corpo Forestale e dalla A.S.L. n. 8, di insufficienza del
combustibile ligneo locale e della conseguente necessità di utilizzare le
molto più impattanti “deiezioni animali” per alimentare l’impianto, il che
troverebbe conferma nella stessa deliberazione della Giunta regionale 20
luglio 2011, n. 31/32, con cui è stato preventivamente autorizzato
l’utilizzo di “biomassa di importazione extraregionale” al fine di
fronteggiare “carenze di approvvigionamento locale riconducibile a
fattori contingenti, ingovernabili e indipendenti dalla volontà del
proponente”;
- richiama la posizione assunta nel corso del
procedimento anche dal Sindaco di Assemini, il quale -espressosi
inizialmente in senso favorevole alla realizzazione dell’impianto- nella
successiva relazione istruttoria del 15 ottobre 2013 ha però rilevato
numerose “criticità”, evidenziando, in particolare, che: - la prospettata
“cogenerazione” (processo produttivo combinato di energia elettrica e
termica) “è solo “virtuale”; - è stato sottostimato l’impatto
ambientale “derivante dall’aumento della viabilità per il trasporto
della biomassa”; - “il comparto produttivo della biomassa deve
essere una costola del comparto agricolo e mai in sostituzione o in
contrapposizione”, per cui “il timore…è che l’intero comparto
agricolo locale subisca la facile attrazione di riconvertire le proprie
colture per diventare il fornitore della biomassa per la centrale in
oggetto”, la cui realizzazione “pur nel rispetto del limite di
legge sulle emissioni in atmosfera, provocherà localmente un rilevante
peggioramento della qualità dell’aria ed in generale un evidente impatto
ambientale”, venendo meno all’obiettivo indicato dalla Direttiva
96/62/CE di “mantenere la qualità dell’aria laddove e buona”; - “la scarsa ricaduta energetica sul territorio locale…potrebbe
significare che, terminato il beneficio derivante dagli incentivi statali,
vengano a mancare i presupposti imprenditoriali con conseguente chiusura
dell’impianto, lasciando come effetti sul territorio: L’aumento dei
parametri di inquinamento dell’aria in una zona già fortemente
compromessa. La distruzione e perdite del potere imprenditoriale e
conseguente PIL del comparto agricolo locale. Sfruttamento del suolo,
inesistenti benefici energetici”.
Inoltre il Comune di Capoterra
impugna i seguenti (e ulteriori atti), senza però sollevare nei confronti
degli stessi censure specifiche e riservandosi al riguardo la
presentazione di motivi aggiunti:
- il decreto direttoriale n°
26082/TRI/DI del 15.10.2010 della Direzione Generale per la Tutela del
territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente;
- la
nota n° 18340/TRI/DI del 7.6.2011 della Direzione Generale per la Tutela
del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell’Ambiente;
-
la relazione istruttoria dell’Ufficio in data 27.7.2011, richiamata nel
preambolo della determinazione RAS 11329/2011;
- la nota n° 4262 del
1.3.2011 del Servizio SAVI dell’Assessorato dell’Ambiente della RAS,
richiamata nella determinazione RAS 11329/2011;
- la nota n° 4301 del
1.6.2011 dell’Agenzia Regionale del Distretto idrografico della Sardegna,
richiamata nella determinazione RAS 11329/2011;
- le note nn.
2011/4452 del 16.2.2011, 2011/5546 del 28.2.2011, 2011/15946 del 9.6.2011,
2011/15896 del 9.6.2011 dell’ARPAS;
- la nota n° 772 del 8.2.2011
dell’Ispettorato Regionale Sardegna del Ministero dello Sviluppo
economico;
- le note nn. 3864 del 14.2.2011 e 17808 del 6.7.2011 del
Comune di Assemini, richiamate nella determinazione RAS 11329/201;
-
la nota n° 9283 del 10.6.2011 del Comando provinciale dei Vigili del fuoco
di Cagliari, richiamata nella determinazione RAS 11329/2011;
- la nota
n° 61879 del Comando Scuole aeronautica militare - 3^ Regione Aerea,
richiamata nella determinazione RAS 11329/2011.
Si è costituita in
giudizio la Regione Sardegna, chiedendo la reiezione del gravame ed
eccependone, sotto diversi profili, l’inammissibilità e tardività.
Si
sono parimenti costituiti in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della
tutela del territorio e del mare, il Ministero dello Sviluppo economico e
il Comando Provinciale dei Vigili del fuoco, concludendo in termini non
dissimili.
Anche Powercrop s.r.l., costituitasi in giudizio, ha
eccepito l’inammissibilità, tardività e infondatezza del ricorso.
Alla
Camera di consiglio del 24 maggio 2014, su richiesta delle parti, la
trattazione dell’istanza cautelare è stata rinviata all’esame del
merito.
È seguito lo scambio di memorie difensive con cui ciascuna
delle parti ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.
All’udienza
del 18 giugno 2014 la causa è stata trattenuta a decisione nel
merito.
DIRITTO
Si deve partire dall’esame delle articolate
eccezioni di carattere preliminare sollevate dalle parti resistenti e
controinteressata.
1. In primo luogo viene eccepito -dalla difesa
regionale e da quella della società controinteressata, in relazione a
tutti gli atti impugnati- il difetto di legittimazione (e, sotto un
correlato profilo, di interesse processuale) del ricorrente, sulla base
dei seguenti assunti:
- l’impianto di cui si discute è ubicato
all’interno del Comune di Assemini, non già di Capoterra;
-
quest’ultimo non avrebbe fornito alcuna dimostrazione in ordine ai
possibili danni che lo stesso impianto potrebbe produrre al suo
territorio/ambiente e ai suoi cittadini (cfr., sul punto, soprattutto la
memoria in data 16 maggio 2014 della difesa regionale);
- il ricorrente
non è titolare di alcun potere incidente sui provvedimenti autorizzativi
impugnati, per cui non vanterebbe alcun diritto di partecipazione al
procedimento e gioco forza non disporrebbe, neppure sotto questo profilo,
di una posizione soggettiva qualificata e differenziata che gli consenta
di impugnarne gli esiti;
- lo stesso ricorrente non aveva mai
contestato nel corso del procedimento gli atti che ora impugna –pur
essendo socio del C.A.C.I.P. (ente coinvolto nel procedimento in qualità
di originario proprietario del lotto oggetto d’intervento) e ciò
confermerebbe la carenza di interesse alla proposizione del ricorso.
Tali argomentazioni non possono essere condivise.
Dagli atti di
causa emerge, in primo luogo, piena prova della vicinitas tra
l’area ove è previsto l’impianto (sita in loc. Macchiareddu, Comune di
Assemini) e il territorio del Comune di Capoterra: tale circostanza, che
le controparti sostengono non essere stata provata, trova, invece,
conferma nell’Allegato A dell’Autorizzazione integrata ambientale n.
47/2011 (doc. 4 di parte ricorrente), ove a pag. 5 è riportata una cartina
che evidenzia visivamente l’immediata adiacenza tra l’area destinata a
ospitare l’impianto e l’agglomerato abitativo del Comune
ricorrente.
Ciò è sufficiente a fondare la legittimazione ad agire
dello stesso Comune e questo sulla base della “concezione ampia” di
legittimazione dell’ente locale, affermatasi in giurisprudenza
amministrativa proprio nello specifico settore della tutela dell’ambiente,
che il Collegio condivide.
Difatti l’ente locale è per definizione
portatore di un interesse qualificato alla tutela del proprio ambiente e
territorio, quale ente esponenziale della collettività di riferimento e
dei relativi interessi diffusi, a difesa dei quali è legittimato a
contestare in sede processuale la realizzazione di interventi che, seppur
non previsti fisicamente sul proprio territorio, siano potenzialmente
idonei a incidervi, anche attraverso “emissioni a distanza”, come nel caso
tipico degli impianti industriali; tale principio, già espressamente
dettato in relazione a una discarica di rifiuti prevista in territorio
diverso -ma finitimo- a quello del ricorrente (Consiglio di Stato, Sez. V,
31 maggio 2012, n. 3254), è stato poi espressamente riaffermato in materia
di criteri per la collocazione di un impianto destinato alla produzione di
energia da fonti rinnovabili (Consiglio di Stato, Sez. V, 26 settembre
2013, n. 4755), ritenendosi che il criterio della vicinitas, da
tempo applicato in materia edilizia, debba essere esteso anche a quella
ambientale e del “governo del territorio” in generale, in considerazione
della particolare rilevanza dei beni implicati.
Questa impostazione si
inserisce, peraltro, in una più generale tendenza giurisprudenziale,
anch’essa del tutto condivisibile, a rendere i mezzi di reazione
processuale avverso atti potenzialmente lesivi dell’ambiente il più
possibile efficaci e concretamente esperibili; per la stessa ragione deve,
altresì, ritenersi -sotto il distinto ma correlato profilo dell’interesse
processuale- che laddove agisca a tutela del proprio ambiente, il Comune
ricorrente non sia tenuto a fornire prova piena della concreta
pericolosità dei programmati interenti, essendo sufficiente un’astratta e
non irragionevole prospettazione del rischio (cfr., in termini, Consiglio
di Stato, Sez. V, n. 3254/2012 cit.); del resto, diversamente ragionando
-oltre a violare il noto “principio di precauzione” che governa la materia
ambientale e che non può non comportare conseguenze anche di natura
processuale- si finirebbe per confondere il profilo dell’interesse al
ricorso con quello del merito della causa (se non addirittura del “merito
amministrativo”), ove si consideri che, una volta provata con certezza la
pericolosità del contestato intervento, il ricorrente ne otterrebbe
certamente l’annullamento, ma questo è un tipico profilo, per l’appunto,
di merito.
Né, infine, assume rilievo il fatto che il Comune non
disponesse nel caso di specie di poteri amministrativi incidenti
sull’intervento in oggetto, posto che la legittimazione e l’interesse a
ricorrere derivano in questo caso dalla sua qualità di ente esponenziale
degli interessi dei propri residenti alla tutela dell’ambiente e del
territorio in cui vivono: non si tratta, sotto il profilo che ora
interessa, di “un’amministrazione attiva”, bensì di “un ente
esponenziale”, che in tale specifica qualità esercita legittimamente i
mezzi previsti dall’ordinamento a tutela degli interessi diffusi che
rappresenta.
2. Un secondo gruppo di eccezioni, che pure investe
l’impugnativa nel suo complesso, è volto a contestarne la
tardività.
Con argomentazioni in gran parte coincidenti le difese
avverse a quella ricorrente sottolineano che:
- la deliberazione n°
6/31 del 12.2.2010 della Giunta Regionale (recante la positiva valutazione
di impatto ambientale) e la deliberazione n° 31/32 del 12.2.2010 della
Giunta Regionale (recante modifica alle prescrizioni
sull’approvvigionamento della biomassa già stabilite dalla precedente DGR)
sono state pubblicate, rispettivamente, nel B.U.R.A.S. del 6 aprile 2010 e
del 12 settembre 2011, come previsto dall’art. 27, comma 1, del d.lgs. 3
aprile 2006, n. 152, per gli atti di valutazione di impatto
ambientale;
- la determinazione n. 11329 del 28.7.2011 del Direttore
del Servizio Energia dell’Assessorato dell’Industria della RAS (recante
l’Autorizzazione unica regionale alla costruzione e all’esercizio
dell’impianto) è stata pubblicata sul B.U.R.A.S. in data 13 agosto 2011,
come previsto dall’art. 14 ter, comma 10, della legge 7 agosto 1990, n.
241 per gli atti che concludono conferenze di servizi decisorie e
dall’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 per gli atti di Autorizzazione unica
ambientale (previsione, quest’ultima, recepita anche dalle Linee guida
nazionali di cui al d.m. 10 settembre 2000, par. 6.2.);
- pertanto, ai
sensi dell’art. 41, comma 2 del Codice del processo amministrativo,
l’impugnazione di tutti gli atti sopra indicati, in quanto soggetti a
pubblicazione obbligatoria per legge e non soggetti a notificazione
individuale, avrebbe dovuto essere proposta entro 60 giorni dalla loro
pubblicazione (avvenuta nel 2011), per cui il ricorso al Capo dello Stato,
notificato il 7 febbraio 2014, sarebbe ampiamente tardivo (e con esso la
sua trasposizione in questa sede);
- l’eventuale mancata conoscenza da
parte del Comune della determinazione n. 47/2011 del Settore Ecologia
della Provincia di Cagliari (recante l’Autorizzazione integrata ambientale
- A.I.A. alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto), in quanto
motivata esclusivamente per relationem agli altri atti del
procedimento, non potrebbe comunque spostare il dies a quo del
termine di impugnazione, così come la mancata pubblicazione degli altri
atti endoprocedimentali impugnati, i quali sarebbero comunque privi di
autonoma lesività, per cui il ricorrente non avrebbe alcun interesse al
loro annullamento una volta accertata la tardività del ricorso in
relazione agli altri atti precedentemente descritti;
- sotto diverso
profilo, il Comune di Capoterra avrebbe comunque di fatto preso conoscenza
da molto tempo dei contenuti essenziali dell’intervento che ora contesta,
sia perché la realizzazione dello stesso ha avuto inizio in data 5 luglio
2013, come da apposito cartello di cantiere (recante il numero di
protocollo e la data dell’autorizzazione unica: doc. 15 della Powercrop),
sia perché lo stesso Comune è componente del Consiglio di Amministrazione
del C.A.C.I.P. (ente proprietario del lotto di terreno interessato) e in
tale veste partecipò con un proprio rappresentante a numerose sedute del
CdA dello stesso Consorzio, durante le quali fu discussa la vendita dello
stesso lotto a Powercrop e si diede atto a verbale che ciò sarebbe
avvenuto “per la realizzazione di una centrale per la produzione di
energia elettrica mediante combustione di biomasse e oli vegetali e di un
frantoio per la spaccatura del seme di brassica associato a un impianto a
biogas” (cfr. docc. 16, 17 e 18 di Powercrop); inoltre lo stesso
C.A.C.I.P. ha partecipato a tutte le conferenze di servizi prodromiche al
rilascio dell’autorizzazione, per cui il Comune avrebbe anche per questa
via da tempo conosciuto gli atti che ora tardivamente impugna;
-
infine allo stesso Comune di Capoterra fu trasmessa la nota 15 ottobre
2010, n. 26082, del Ministero dell’ambiente (cfr. doc. 2 prodotto dalla
difesa erariale in data 26 maggio 2014), recante in allegato il verbale
della Conferenza di servizi del 30 settembre 2010, con cui erano state
deliberate azioni di “caratterizzazione delle acque sotterranee” presenti
nel sito e si era espressamente era stabilito di comunicare a Powercrop “la possibilità di dare inizio ai lavori, salvo diverso avviso di ARPAS
e subordinatamente al rispetto delle seguenti prescrizioni…”.
Neppure queste argomentazioni meritano di essere condivise.
Si
osserva, in primo luogo, che i fatti di cui si discute sono connotati da
particolare e oggettiva complessità -non solo sul piano, per così dire,
fisiologico (nel senso che è la stessa normativa applicata a prevedere
congiuntamente la Valutazione di impatto ambientale, di competenza della
Giunta regionale sulla base del parere del S.A.V.I., l’Autorizzazione
integrata ambientale, di competenza della Provincia, e l’Autorizzazione
unica regionale, quale atto conclusivo e di approvazione delle Conferenze
di servizi in cui vengono acquisiti i pareri delle varie Amministrazioni
coinvolte)- ma anche per le peculiari caratteristiche della vicenda ora in
esame, in cui una prima Valutazione di impatto ambientale (quella
rilasciata dalla Giunta regionale con deliberazione n. 6/31/2010) è stata
poi modificata con altra DGR n. 31/32/2011 (vedi supra) proprio in
ordine all’aspetto (le fonti di approvvigionamento del combustibile e le
conseguenti ricadute ambientali dell’impianto) in questa sede più
contestato; il tutto su richiesta di Powercop e sulla scorta degli
allegati tecnici da essa prodotti, nonché dei conseguenti approfondimenti
istruttori svolti dagli Uffici, tutti atti, questi ultimi, non interamente
riportati nei provvedimenti finali autorizzativi (e come tali non
pubblicati sul B.U.R.A.S.).
Pertanto, in un simile contesto, non può
fondatamente ritenersi che il sistema di “conoscenza legale” (fondato
sulla pubblicazione nel B.U.R.A.S.) previsto in termini generali dalla
normativa di settore abbia nel caso concreto consentito al Comune di
Capoterra di valutare adeguatamente la potenziale lesività degli atti che
“man mano” venivano (e solo alcuni di essi) pubblicati.
In tal modo non
si intende, beninteso, affermare, in via generale, che il dies a
quo del termine di impugnazione decorra in tutti i casi solo dalla
conoscenza dell’intera scansione procedimentale; al contrario -pur
ritenendo che la regola generale sia quella opposta, secondo cui il
termine per impugnare dalla conoscenza anche del solo atto finale lesivo-
il Collegio ritiene che detta regola debba essere necessariamente
“adattata” alle particolarità di procedimenti, come quello in esame,
connotati da notevole complessità e dal fatto di incidere su
beni-interessi di particolare rilievo, come quello ambientale, il che
suggerisce un’interpretazione “costituzionalmente orientata” (nel senso
delineato dalla Corte costituzionale già con la fondamentale sentenza 2
febbraio 1982 n. 18) dei principi che governano l’esercizio della tutela
giurisdizionale; difatti, se così non fosse, si finirebbe per comprimere
eccessivamente la possibilità di reazione processuale, che di fronte a
vicende di questo genere è di fatto subordinata alla possibilità di
valutare adeguatamente le scelte operate dall’Amministrazione sulla base
di una “conoscenza piena” delle ragioni tecniche, giuridiche e di fatto
che ne sono alla base.
Tale approccio “casistico” -che tiene conto,
cioè, delle specifiche caratteristiche della singola fattispecie, al fine
di individuare “il grado di conoscenza legale” cui ragionevolmente
ricollegare il dies a quo del termine di impugnazione- riceve in
materia ambientale (come già peraltro osservato da questa stessa Sezione
con sentenza 6 febbraio 2012, n. 91) un preciso fondamento normativo nella
Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata in Italia con legge
n. 108/01, la quale prevede:
- all'art. 2, punto 3, che per
"informazione ambientale" debba intendersi "qualsiasi informazione
disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque
altra forma materiale riguardante: a) lo stato degli elementi
dell'ambiente, quali ......; b) fattori quali ......attività o
provvedimenti, compresi i provvedimenti amministrativi, gli accordi
ambientali, le politiche, le disposizioni legislative, i piani e i
programmi che incidono o possono incidere sugli elementi di cui alla
lettera a), nonché le analisi costi-benefici ed altre analisi ed ipotesi
economiche utilizzate nei processi decisionali in materia ambientale;
c).......".
- all'art. 6, che ogni decisione relativa ad una serie di
attività suscettibili di produrre effetti pregiudizievoli sull'ambiente,
indicate all'Allegato I (tra cui anche le attività procedimentali
preordinate alla Valutazione di Impatto Ambientale: punto 20), debba
essere assistita da un'articolata procedura informativa, in base alla
quale: "2. Il pubblico interessato è informato nella fase iniziale del
processo decisionale in materia ambientale in modo adeguato, tempestivo ed
efficace, mediante pubblici avvisi o individualmente. Le informazioni
riguardano in particolare: a) l'attività proposta e la richiesta su cui
sarà presa una decisione; b) la natura delle eventuali decisioni o il
progetto di decisione; c) l'autorità pubblica responsabile dell'adozione
della decisione; d) la procedura prevista, ivi compresi (nella misura in
cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data di inizio della
procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al pubblico; iii)
la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente previste; iv)
l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile rivolgersi per
ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali informazioni
sono state depositate per consentirne l'esame da parte del pubblico; v)
l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro organo ufficiale
cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché i termini per la
loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni ambientali
disponibili sull'attività proposta; e) l'assoggettamento dell'attività in
questione ad un procedura di valutazione dell'impatto ambientale a livello
nazionale o transfrontaliero e dettagliatamente elencate, fra cui quelle
relative alle attività di gassificazione e liquefazione di gas, sia
preceduta nella fase iniziale del processo decisionale da un informazione
adeguata, tempestiva ed efficace del pubblico interessato". Per "pubblico
interessato", secondo le definizioni della convenzione, si intende "il
pubblico che subisce o può subire gli effetti dei processi decisionali in
materia ambientale o che ha un interesse da far valere al riguardo.
L'informazione dovuta riguarda, in particolare: a) l'attività proposta e
la richiesta su cui sarà presa una decisione; b) la natura delle eventuali
decisioni o il progetto di decisione; c) l'autorità pubblica responsabile
dell'adozione della decisione; d) la procedura prevista, ivi compresi
(nella misura in cui tali informazioni possano essere fornite): i) la data
di inizio della procedura; ii) le possibilità di partecipazione offerte al
pubblico; iii) la data e il luogo delle audizioni pubbliche eventualmente
previste; iv) l'indicazione dell'autorità pubblica cui è possibile
rivolgersi per ottenere le pertinenti informazioni e presso la quale tali
informazioni sono state depositate per consentirne l'esame da parte del
pubblico; v) l'indicazione dell'autorità pubblica o di qualsiasi altro
organo ufficiale cui possono essere rivolti osservazioni e quesiti nonché
i termini per la loro presentazione; vi) l'indicazione delle informazioni
ambientali disponibili sull'attività proposta; e) l'assoggettamento
dell'attività in questione ad un procedura di valutazione dell'impatto
ambientale a livello nazionale o transfrontaliero".
In sostanza la
Convenzione impone un “sistema di informazione ambientale” particolarmente
efficace e capace di assicurare, addirittura a ciascun cittadino, la
possibilità di conoscere in modo completo ogni scelta amministrativa
incidente sull'ambiente, in perfetta sintonia con la natura del bene in
questione, per antonomasia così essenziale (se non altro perché
strumentale al diritto alla salute) e diffuso (perché ciascuna persona ne
fruisce e ne beneficia) da richiedere una tutela “alla portata di ciascun
individuo”, cui viene riconosciuta la possibilità di attivarsi anche
mediante gli enti esponenziali -quale il Comune di Capoterra rispetto alla
tutela del proprio ambiente e territorio- la cui attività è specificamente
valorizzata dall'art. 3, comma 4, della Convenzione.
In particolare
assume rilievo quanto previsto dal richiamato art. 6 della Convenzione,
che impone in materia ambientale l’utilizzo di meccanismi informativi
realmente efficaci, parametrati alle caratteristiche di ciascuna
fattispecie concreta, per cui -e proprio in considerazione della già
evidenziata complessità della vicenda implicata, della sua
parcellizzazione in numerose fasi, delle modifiche in corso d’opera
apportate al progetto (anche in relazione ad aspetti direttamente
incidenti sull’ambiente), della correlazione tra le decisioni finali
pubblicate e specifici (e non pubblicati) elaborati di natura tecnica
connotati da particolari complessità, nonché, infine, del fatto che il
Comune di Capoterra non ha direttamente partecipato a nessuna delle fasi
procedimentali- il Collegio ritiene che la sopra descritta “informativa
efficace” sia stata raggiunta nei confronti dell’odierno ricorrente solo
al momento in cui ha avuto accesso all’intera documentazione
procedimentale, che gli ha consentito di porre in correlazione i diversi
atti del procedimento, valutandone la portata lesiva e la stessa
possibilità di farne oggetto di doglianza in sede processuale.
Del
resto, come già si osservato nella citata sentenza n. 91/2012, il cui
contenuto testualmente si riporta in parte qua, “il sistema di
efficace pubblicità postulato dalla Convenzione di Aarhus non coincide
automaticamente con quello previsto dalla normativa nazionale, al quale,
viceversa, si aggiunge, dando vita ad un peculiare meccanismo di
"partecipazione collettiva alla tutela degli interessi ambientali" che
sovrasta quello imposto dai singoli ordinamenti; in questo senso
univocamente depongono, oltre alle disposizioni già in precedenza
richiamate, i commi 5 e 6 dell'art. 3 della Convenzione, ove si afferma
che "Le disposizioni della presente convenzione lasciano impregiudicato il
diritto delle Parti di continuare ad applicare o introdurre norme che
prevedano un più ampio accesso alle informazioni, una maggiore
partecipazione ai processi decisionali ed un più ampio accesso alla
giustizia in materia ambientale. 6. La presente convenzione non implica
alcuna deroga ai diritti esistenti in tema di accesso alle informazioni,
partecipazione del pubblico ai processi decisionali e accesso alla
giustizia in materia ambientale". Tutto ciò evidenzia l'autonomia delle
disposizioni contenute nella Convenzione rispetto a quelle dei singoli
sistemi giuridici nazionali, con le prime che assurgono a criterio di
corretta interpretazione (in chiave, ovviamente, più garantista) delle
seconde (negli stessi termini cfr. T.A.R. Toscana Firenze, Sez. II, 30
luglio 2008, n. 1870, secondo cui "L'osservanza, in fase di V.I.A., di
quanto prescritto dall'art. 6 l. 8 luglio 1986 n. 349 ai fini
dell'informativa ambientale e della partecipazione del pubblico -
pubblicazione dell'annuncio dell'avvenuta comunicazione del progetto, a
cura del committente, sul quotidiano più diffuso nella Regione
territorialmente interessata, nonché su un quotidiano a diffusione
nazionale; concessione di un termine per la presentazione delle
osservazioni pari a 30 giorni dall'annuncio della comunicazione del
progetto - non sostituisce gli adempimenti imposti, in tema di
informazione ambientale e di partecipazione del pubblico, dall'art. 6
della Convenzione di Aarhus del 25 giugno 1998, ratificata dall'Italia con
la l. 16 marzo 2001 n. 108, e dall'art. 23 d.lg. 17 agosto 1999 n. 334,
ove applicabili")”.
E sul punto deve ancora richiamarsi la
sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 36, ove,
proprio sulla tematica della “piena conoscenza” degli atti lesivi i
suddetti principi sono stati confermati con particolare lucidità, nei
termini che sinteticamente si riportano: “solo allorché il singolo atto
da impugnarsi (da solo, o unitamente ad una pluralità di atti emanati in
esercizio di poteri diversi, ma teleologicamente collegati verso il
perseguimento di unico risultato finale) si dimostra lesivo della più
generale materia dell’ambiente, si realizza quella piena conoscenza che,
ai sensi dell’art. 41 Cpa, determina il dies a quo per la decorrenza del
termine decadenziale…;… in una procedura così complessa come quella
impugnata….sviluppatasi nel corso di un arco di tempo molto esteso…., può
considerarsi “efficacemente portata a conoscenza” solo nel momento in cui
il soggetto potenzialmente interessato…abbia avuto esaustiva contezza di
tutte le fasi in cui la procedura stessa si è articolata; un grado di
conoscenza, questo, che non è certo assicurato dall’ordinario meccanismo
di pubblicazione…., sia perché la conoscenza “isolata” di quell’atto
amministrativo non poteva consentire una valutazione complessiva in ordine
alla “portata ambientale” del programmato intervento…”.
Né,
infine, può condividersi l’ulteriore assunto delle difese della Regione e
della controinteressata, secondo cui la pregressa e piena conoscenza degli
atti impugnati da parte del ricorrente potrebbe, comunque, desumersi da
elementi di fatto quali l’inizio dei lavori (nel luglio 2011), la
partecipazione alle Conferenze di servizi da parte del rappresentante del
C.A.S.I.C. (nel cui Consiglio di amministrazione lo stesso Comune siede
con un proprio rappresentante) e la comunicazione trasmessa al Comune
.
In relazione all’inizio dei lavori è sufficiente osservare che da
tale dato non era oggettivamente possibile -ancor meno che dalla
pubblicazione sul B.U.R.A.S. delle decisioni finali- avere sufficiente
contezza di un procedimento così complesso, per le stesse ragioni già
sopra evidenziate; quanto alla partecipazione del C.A.S.I.C., anch’essa è
del tutto irrilevante ai fini di cui si discute, essendo il Consorzio un
soggetto giuridico formalmente e sostanzialmente distinto dal Comune
ricorrente, che persegue interessi propri (in questo caso addirittura
opposti a quelli del Comune, nel senso che il C.A.S.I.C. aveva un chiaro
interesse alla realizzazione dell’intervento, per poter vendere il lotto
di sua proprietà ove era prevista la realizzazione dell’impianto) e
rispetto al quale non esiste alcun “formale collegamento” con il Comune di
Capoterra che permetta di ipotizzare una “conoscenza” degli atti da parte
di quest’ultimo per il tramite del primo; così come irrilevante è la
trasmissione allo stesso Comune, in data 15 ottobre 2010, del verbale
della Conferenza di servizi svoltasi il 30 settembre 2010, ove si
consideri che tale verbale si riferisce a un aspetto specifico e limitato
della vicenda e contiene un riferimento a quest’ultimo assolutamente
sintetico e inidoneo a integrare la conoscenza del procedimento nei
termini sopra descritti.
Deve, quindi, concludersi che il termine per
la proposizione del ricorso ha cominciato a decorrere solo quando il
Comune di Capoterra ha avuto accesso all’intera documentazione
procedimentale, il che è avvenuto in una data (peraltro non esattamente
precisata da nessuna delle parti del giudizio, ma) certamente successiva
al 29 ottobre 2013 (data di presentazione dell’istanza di accesso), per
cui il ricorso straordinario (e di conseguenza il successivo atto di
trasposizione), avviato alla notifica in data 7 febbraio 2014, risulta
proposto entro i 120 giorni di legge.
3. L’Avvocatura dello Stato
eccepisce poi l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui ha ad
oggetto l’Autorizzazione unica regionale n. 11329/2011, sostenendo che la
stessa avrebbe natura di atto “non definitivo ai fin dell’art. 8 del
d.p.r. 24 novembre 1971, n. 1199, in forza della previsione dell’art. 41
dello Statuto e, comunque, dell’art. 21, comma 7, della l.r. 13 novembre
1998, n. 31; a conferma si precisa che l’autorizzazione è il provvedimento
finale a rilevanza esterna, mentre l’atto conclusivo dei lavori della
conferenza si concreta in un atto istruttorio endoprocedimentale a
carattere consultivo. Da ciò consegue che l’originario ricorso
straordinario era inammissibile” (cfr. memoria dell’Avvocatura in data
29 maggio 2014) e precisando, altresì, che avverso l’atto in questione era “possibile altro mezzo di impugnazione in via amministrativa”, per
cui lo stesso “non era a quello scopo definitivo” (cfr. memoria di
replica in data 7 giugno 2014).
L’eccezione è fondata.
L’art. 8 del
d.p.r. 24 novembre 1971, n. 1199 stabilisce che “Contro gli atti
amministrativi definitivi è ammesso ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica per motivi di legittimità da parte di chi vi abbia
interesse”; pertanto -e questo assunto è assolutamente pacifico- il
ricorso straordinario è ammissibile solo se ha ad oggetto atti
amministrativi nei confronti dei quali siano stati esperiti tutti i rimedi
giudiziali previsti dall’ordinamento in sede amministrativa.
Orbene
tale condizione non si riscontra nel caso in esame, posto che la
determinazione n. 1139/2011 è stata assunta dal Direttore del Servizio
Energia dell’Assessorato regionale dell’Industria, per cui essa è un “atto
amministrativo non definitivo” suscettibile di ricorso amministrativo al
competente Direttore generale, secondo quanto previsto dall’art. 21, comma
7, della l.r. 13 novembre 1998, n. 31, a mente del quale “Gli atti
adottati dai dirigenti sono denominati "determinazioni". Le determinazioni
adottate dai direttori generali e dai dirigenti ispettori sono definitive.
Contro le determinazioni adottate dagli altri dirigenti è dato ricorso al
competente direttore generale, che decide in via definitiva”.
Né
assume rilievo il fatto (su cui cerca di far leva la difesa di parte
ricorrente nella propria memoria del 30 maggio 2014) che tale eccezione
non fu sollevata nel “giudizio” originariamente instaurato davanti al
Presidente della Repubblica, in quanto:
- l’originaria carenza di un
requisito di ammissibilità del ricorso straordinario non è in alcun modo
sanata dalla trasposizione dello stesso in sede giurisdizionale e ciò
secondo una consolidata e condivisibile impostazione giurisprudenziale,
che tiene conto soprattutto della necessità di evitare l’elusione dei
presupposti di ammissibilità stabiliti, per ciascuno dei due alternativi
rimedi, dal legislatore (cfr. T.A.R. Milano, Sez. II, 17 gennaio 2011, n.
87; Consiglio di Stato, Sez. IV, 31 maggio 2007, n. 2858);
- la
presente fase del giudizio “deriva” a tutti gli effetti dal precedente
ricorso straordinario (anche considerato che quando lo stesso fu proposto
i termini per proporre ricorso “diretto” al T.A.R. erano già scaduti), per
cui questo Giudice può, anche d’ufficio, rilevare l’assenza di una delle
condizioni di ammissibilità dell’originario gravame, che “a cascata” si
riflette sull’atto di trasposizione e sul giudizio conseguentemente
incardinato in questa sede;
- in ogni caso il “giudizio” innanzi al
Capo dello Stato non si è nel caso in esame mai concretamente svolto, a
causa dell’opposizione presentata dalla Regione Sardegna che ne ha
comportato l’automatica trasposizione in sede giurisdizionale, per cui la
difesa erariale neppure avrebbe potuto materialmente sollevare l’eccezione
in quella prima sede e l’ha correttamente proposta per la prima volta nel
presente giudizio.
Di conseguenza il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile nella parte in cui ha ad oggetto la determinazione regionale
28 luglio 2011, n. 11329 (recante l’Autorizzazione unica regionale alla
costruzione e all’esercizio dell’impianto), il che però impone di
verificare quali siano le conseguenze di tale pronuncia sull’intero
oggetto della controversia.
Orbene, a giudizio del Collegio,
l’inammissibilità dell’impugnazione della dianzi citata Autorizzazione
unica regionale non può che comportare, per così dire “a ritroso”,
l’inammissibilità e/o inammissibilità dell’intero ricorso, in base alle
seguenti considerazioni:
- l’Autorizzazione unica regionale è l’atto
che definitivamente chiude i procedimenti relativi agli impianti di
produzione energetica e, per espressa previsione di legge, “costituisce
titolo a costruire ed esercitare l'impianto in conformità al progetto
approvato” (art. 12, comma 4, del d.lgs. 387/2003, integralmente
richiamato dall’art. 6 della l.r. n. 3/2009);
- pertanto è proprio la
suddetta Autorizzazione a comportare la definitiva lesione della sfera
giuridica di chi si oppone alla realizzazione dell’impianto;
- anche
sotto il profilo sostanziale, inoltre, l’Autorizzazione in esame -come
detto inserita in una complessa istruttoria che contempla, dapprima, la
Valutazione di impatto ambientale e, di seguito, le Conferenze di servizi
in cui vengono acquisiti i pareri delle diverse Amministrazione coinvolte
nella vicenda- esprime nei termini “più compiuti” (proprio perché
all’esito di tutta l’istruttoria) la valutazione sull’ammissibilità
dell’impianto, in tal modo “sovrapponendosi” agli atti già in precedenza
adottati, ivi comprese le valutazioni di compatibilità ambientale;
- se
è vero, quindi, che in base all’orientamento giurisprudenziale prevalente,
la V.I.A. è atto dotato di una certa autonomia, tanto da essere
immediatamente impugnabile, è altrettanto sicuro, per converso, che la
mancata (nel caso di specie inammissibile) impugnazione
dell’Autorizzazione unica regionale priva ex post il ricorrente
dell’interesse a una pronuncia di annullamento della (sola) V.I.A., la
quale certamente non potrebbe dispiegare efficacia caducante sulla stessa
Autorizzazione unica;
- tale impostazione trova esplicita e autorevole
conferma in Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 novembre 2006, n. 6831, ove è
stato espressamente affermato che “La valutazione di impatto ambientale
ha il fine di sensibilizzare l'autorità decidente, attraverso l'apporto di
elementi tecnico scientifici, idonei ad evidenziare le ricadute
sull'ambiente derivanti dalla realizzazione di una determinata opera. Si
tratta di un forte vincolo procedimentale, che non determina però
l'automatico diniego di autorizzazione in caso di valutazione negativa,
che può essere superata con determinate procedure e con adeguata
motivazione (v., ora, l'art. 36, comma 9, del D. Lgs. n. 152/2006).
Parimenti, l'autorizzazione potrebbe essere negata in ipotesi di V.I.A.
favorevole. Ciò comporta che la positiva valutazione di impatto ambientale
non è idonea ad esprimere un giudizio definitivo sull'intervento, reso
possibile solo dal rilascio dell'autorizzazione. La mancata impugnazione
dell'autorizzazione finale preclude ogni contestazione sulla
realizzabilità dell'intervento, anche sotto il profilo dell'impatto
ambientale (in senso conforme Cons. Stato, VI, n. 2696/2002)”..ciò
conferma che il provvedimento lesivo, e quindi impugnabile, è il
provvedimento finale di autorizzazione e non la precedente valutazione di
impatto ambientale e che, comunque, l'omessa impugnazione
dell'autorizzazione conclusiva priva il ricorrente dell'interesse a
coltivare il ricorso avverso la V.I.A.”;
- in sostanza
l’Autorizzazione unica regionale assume efficace assorbente, “supera” la
stessa V.I.A. sotto il profilo formale e sostanziale e diviene l’atto
“conclusivamente lesivo”, che come tale deve essere autonomamente e
validamente impugnato ai fini del travolgimento dell’intera
procedura.
Pertanto la fondatezza dell’eccezione sin qui esaminata
comporta, oltre all’inammissibilità dell’impugnativa della stessa
determinazione regionale n. 11329/2011, anche l’improcedibilità per
carenza di interesse della richiesta di annullamento delle deliberazioni
della Giunta regionale n. 6/31/2011 e 31/32/2012, nonché della
determinazione provinciale n. 47/2011.
4. Le eccezioni di mancata
deduzione di specifiche doglianze e difetto di lesività degli altri atti
impugnati.
Restano le ulteriori eccezioni sollevate dall’Avvocatura
dello Stato -tardività della trasposizione del ricorso straordinario e
mancata deduzione di censure specifiche- entrambe riferite soprattutto
all’impugnazione dei provvedimenti statali (in specie alcuni pareri e note
endoprocedimentali, nonché il decreto ministeriale con cui sono stati
approvati gli esiti della Conferenza di servizi istruttoria 30 settembre
2010, relativa alla bonifica del sito di interesse nazionale Sulcis
Iglesiente Guspinese), ma estensibili, nei medesimi termini, anche agli
altri atti endoprocedimentali regionali e comunali diversi dalle DGR n.
6/31/2011 e 31/32/2012 e dalla determinazione provinciale n. 47/2011
(sulle quali, come detto, il ricorso è improcedibile).
Inoltre tutte le
amministrazioni deducono la carenza di interesse, per difetto di lesività,
all’annullamento di tutti gli atti endoprocedimentali.
Orbene
certamente fondata è l’eccezione di mancata deduzione di censure
riferibili a tutti gli atti endoprocedimentali, tanto che lo stesso Comune
di Capoterra, nell’epigrafe del ricorso, ha espressamente riconosciuto di
non conoscerne il contenuto e di riservarsi sul punto motivi aggiunti, poi
in effetti mai proposti.
In buona sostanza, essendo l’intero ricorso
volto a contestare essenzialmente l’illogicità delle prescrizioni
contenute negli atti di V.I.A., poi recepite nell’Autorizzazione unica
finale, è del tutto evidente come -una volta accertata l’improcedibilità
della domanda di annullamento di quest’ultima- non residuino più censure
(e neppure profili di concreto interesse) riferibili alla richiesta di
annullamento degli altri atti endoprocedimentali impugnati.
Peraltro va
anche osservato che questi ultimi non sono per definizione direttamente
lesivi, per cui il ricorso deve essere dichiarato a monte inammissibile in parte qua.
In conclusione, per quanto sin qui esposto, il
ricorso deve essere dichiarato improcedibile in relazione alle
determinazioni della Giunta regionale n. 6/31/2011 e n. 31/32/2012, nonché
alla determinazione provinciale n. 47/2011, inammissibile in relazione a
tutti i restanti atti impugnati.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Sardegna (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, dichiara il
ricorso proposto in parte inammissibile e in parte improcedibile, nei
termini precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la
presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così
deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 18 giugno 2014 con
l'intervento dei magistrati:
Francesco Scano, Presidente
Alessandro
Maggio, Consigliere
Antonio Plaisant, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 13/08/2014
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