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n. 4-2014 - © copyright |
T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE II
BIS - Sentenza 7 aprile 2014 n. 3755
Pres. Pugliese –
Est.Arzillo
S.O. (avv.ti Miele, Orestano, Scognamiglio) / Comune di S.
Felice Circeo (n.c.) – Ente Parco Nazionale del Circeo (avv. Stefutti) –
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(Avvocatura dello Stato) |
Edilizia ed urbanistica – Sanabilità opere abusive –
Regione Lazio - Opere situate all’interno di parchi ed aree protette –
Sanabilità ai sensi del “terzo condono” del 2003 e della l.r. Lazio n.
12/2004 - Condizioni
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L’art. 3, comma 1, lettera b) della legge regionale del
Lazio n. 12/2004 non può essere interpretata nel senso di escludere la
sanabilità in ogni caso delle opere abusive situate in parchi e aree
protette in quanto, come emerge dal tenore letterale della norma, la non
sanabilità per le opere realizzate in aree vincolate - anche a prescindere
dalla data di realizzazione delle stesse - dipende dalla verifica
dell’ulteriore presupposto della non conformità alle norme urbanistiche ed
alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Ne consegue che anche nei
parchi della Regione Lazio non è da ritenersi tout court inapplicabile il
cd. “terzo condono” del 2003, che scatta invece nel caso in cui si rilevi
la non conformità urbanistica, fermi restando il requisito generale
previsto dall’art. 32, comma 26, lettera a) del D. L. n. 269/2003,
ovverosia che si tratti delle opere di minore rilevanza (restauro,
risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) e la necessità di
verificare se l’esclusione della sanatoria non discenda dalla natura del
vincolo ai sensi dell’art 33 della L. n. 47/1985.
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2218 del
2010, proposto da: Salvatore Orestano, rappresentato e difeso dagli Avv.ti
Antonella Miele, Salvatore Orestano, Silvia Scognamiglio, con domicilio
eletto presso lo studio del primo in Roma, via de' Prefetti, 26;
contro
Comune di San Felice Circeo, in persona del
Sindaco p.t., non costituitosi in giudizio;
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Ente Parco Nazionale del Circeo, in persona del legale
rappresentante p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso
dall’Avv. Valentina Stefutti, con domicilio eletto presso lo studio della
stessa in Roma, Viale Aurelio Saffi, 20; Ministero dell'Ambiente e della
Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro p.t.,
costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota prot. n. PNC/DIR/2009/4471 del
2.12.2009, con la quale l’Ente Parco Nazionale del Circeo ha dichiarato
l’inammissibilità della domanda di condono edilizio proposta dal
ricorrente ai sensi della L. n. 326/03 e della L.R. 12/04.
Visti il
ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in
giudizio dell’Ente Parco Nazionale del Circeo e di Ministero dell'Ambiente
e della Tutela del Territorio e del Mare;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza
pubblica del giorno 24 ottobre 2013 il dott. Francesco Arzillo e uditi per
le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e
considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente impugna l’atto indicato in
epigrafe, con cui l’Ente Parco Nazionale del Circeo, nel riscontrare una
richiesta rivolta a conoscere lo stato della pratica di condono relativa a
opere abusive in ampliamento a una preesistente abitazione sita nel Comune
di San Felice Circeo (identificata in Catasto al Foglio 8, Mappale n.
695), ne ha dichiarato l’inammissibilità in applicazione delle previsioni
della L. n. 326/2003 e della L.R. n. 12/2004, trattandosi di abusi
ricadenti all’interno di un parco nazionale.
A sostegno
dell’impugnazione il ricorrente fa valere un unico motivo di ricorso così
rubricato:
- incompetenza; eccesso di potere per perplessità,
difetto assoluto di istruttoria, errore sui presupposti, travisamento dei
fatti, sviamento, illogicità e ingiustizia manifeste, arbitrarietà,
sproporzione, irragionevolezza; violazione e falsa applicazione della L.
n. 326/2003 e della L. R. n. 12/2004; violazione dell’art. 97 della
Costituzione.
2. Si sono costituiti in giudizio l’Ente Parco
Nazionale del Circeo e il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare, resistendo al ricorso.
3. Con le ordinanze n.
1725/2010 e 3639/2011 il Tribunale ha disposto incombenti
istruttori.
4. Il ricorso è stato nuovamente chiamato per la
discussione all’udienza pubblica del 24 ottobre 2013, e quindi trattenuto
in decisione.
5. Il ricorrente contesta l’atto impugnato sotto due
profili:
1) esso avrebbe erroneamente ritenuto che l’immobile impugnato
ricada nella perimetrazione del Parco Nazionale del Circeo, mentre in
realtà è situato nel Centro Storico del Comune di San Felice Circeo;
2)
le opere oggetto dell’istanza di condono, oltre a non essere difformi
dalle vigenti previsioni urbanistiche, sono comunque opere minori che non
hanno comportato alcun aumento di cubatura e non hanno impatto ambientale
negativo, essendo meramente funzionali al godimento e alla sicurezza
dell’immobile.
6. La prima censura è infondata.
Alla stregua degli
esiti dell’istruttoria disposta al riguardo con l’ordinanza n. 1725/2010 -
e in particolare della relazione sottoscritta congiuntamente dal
comandante della stazione del Corpo Forestale dello Stato di Sabaudia e
dal responsabile dell’Ufficio tecnico dell’Ente Parco - deve rilevarsi che
la Zona A “Centro Storico”, nel cui ambito ricade l’immobile, rientra
integralmente all’interno del perimetro del Parco Nazionale del
Circeo.
Su questo punto le risultanze della relazione sono corroborate
da una completa documentazione allegata, con le relative tavole, che
rivestono valore dirimente al riguardo.
7. L’esame della seconda
censura postula anzitutto alcune considerazioni in punto di diritto.
L’atto impugnato, pur presentandosi formalmente come una semplice nota
interlocutoria che prelude a un successivo parere, comporta
sostanzialmente un arresto procedimentale in quanto dichiara
l’inammissibilità della domanda di condono: come tale, esso è impugnabile
in questa sede.
L’atto si basa sul richiamo dell’art. 3, comma 1,
lettera b) della L.R. n. 12/2004, il quale così dispone:
“Fermo
restando quanto previsto dall'articolo 32, comma 27, del D.L. n. 269/2003
e successive modifiche, dall'articolo 32 della L. n. 47/1985, come da
ultimo modificato dall'articolo 32, comma 43, del citato D.L. n. 269/2003,
nonché dall'articolo 33 della L. n. 47/1985, non sono comunque
suscettibili di sanatoria:
(omissis)
b) le opere di
cui all'articolo 2, comma 1, realizzate, anche prima dell’apposizione del
vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non
conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi
statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di
importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti
all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei
parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e
provinciali”.
Secondo l’atto impugnato questa norma andrebbe letta
nel senso di escludere assolutamente la condonabilità di ogni tipo di
opere situate nei parchi e nelle aree naturali protette nazionali,
regionali e provinciali; mentre resterebbero sanabili le opere realizzate
su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e
regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza
comunitaria e delle zone a protezione speciale, ove esse siano conformi
alle previsioni urbanistiche generali e agli strumenti attuativi vigenti,
e siano inquadrabili nelle tipologie di abusi minori previste ai punti 4,
5, e 6 dell’allegato 1 della L. n. 326/2003.
7.1 La richiamata
disposizione della legge regionale fa espressamente salvi sia l’art. 32,
comma 27, del D.L. n. 269/2003 (conv. in L. n. 326/2003), sia gli articoli
32 e 33 della L. n. 47/1985.
Quanto al menzionato art. 32, comma 27, in
particolare, la giurisprudenza amministrativa prevalente (cfr. ex
multis Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2010, n. 3174; TAR Campania -
Napoli, sez. III, 4 aprile 2012, n. 1612) sostiene che esso esclude dalla
sanatoria le opere abusive realizzate su aree caratterizzate da
determinate tipologie di vincoli (in particolare, quelli imposti sulla
base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e
della falde acquifere, dei beni ambientali e paesaggistici, nonché dei
parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali),
subordinando peraltro detta esclusione a due condizioni costituite:
a)
dal fatto che il vincolo sia stato istituito prima dell'esecuzione delle
opere abusive;
b) dal fatto che le opere realizzate in assenza o in
difformità del titolo abilitativo risultino non conformi alle norme
urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Ne
consegue che in concreto - dovendo sussistere entrambe le condizioni per
l’operatività dell’esclusione - la sanatoria delle opere realizzate su
aree vincolate è consentita solo in due ipotesi, che operano
disgiuntamente: e quindi nel caso che la realizzazione delle opere abusive
sia avvenuta prima dell'imposizione dei vincoli; ovvero nel caso che le
opere oggetto di sanatoria, benché non assentite o difformi dal titolo
abilitativo, risultino comunque conformi alle norme urbanistiche e alle
prescrizioni degli strumenti urbanistici.
La previsione regionale in
questione non modifica questa disciplina generale, ma individua un
segmento speciale relativo ai soli vincoli imposti “sulla base di leggi
statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di
importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti
all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei
parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e
provinciali”.
Con specifico riferimento a questi casi, essa prevede
l’esclusione del condono anche per i vincoli istituiti successivamente
all’abuso, fermo restando - sempre ai fini dell’esclusione - il necessario
rilievo della non conformità alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni
degli strumenti urbanistici.
Secondo la difesa dell’Ente Parco, che
richiama una serie di note interpretative della Regione Lazio, la
previsione della legge regionale andrebbe letta nel senso di escludere la
sanabilità in ogni caso delle opere abusive situate in parchi e aree
protette. Ma questa interpretazione è già stata disattesa da questa
Sezione con la sentenza TAR Lazio, sez. II - bis, 8 gennaio 2007, n. 52,
la quale - nel pronunciarsi su un caso di condono relativo a opere
effettuate in un parco - ha ritenuto che “come emerge dal tenore letterale
della norma, la non sanabilità per le opere realizzate in aree vincolate -
anche a prescindere dalla data di realizzazione delle stesse - dipende
dalla verifica dell’ulteriore presupposto della non conformità alle norme
urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Questa
interpretazione è l’unica compatibile col tenore letterale e con la ratio della disposizione della legge regionale.
Sul piano
letterale, è evidente il fatto che l’inciso “non conformi alle norme
urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici” si
riferisce a un presupposto generale di operatività dell’esclusione, la
quale è poi collegata alle aree vincolate “ a tutela” di una serie di
situazioni; e infatti l’espressione “nonché a tutela dei parchi etc.” è
correlata alla precedente espressione “a tutela dei monumenti naturali
etc.”e non configura un’ipotesi alternativa, contribuendo a determinare
l’area di applicazione dell’ipotesi di esclusione come definita
all’inizio.
Sul piano della ratio, poi, veramente non si
comprenderebbe il motivo di trattare differentemente situazioni di analogo
rilievo paesistico/ambientale.
Ne consegue che anche nei parchi della
Regione Lazio non è da ritenersi tout court inapplicabile il cd.
“terzo condono” del 2003. Detta inapplicabilità scatta invece nel caso in
cui si rilevi la non conformità urbanistica, fermi restando
ovviamente:
- in primo luogo, il requisito generale previsto dall’art.
32, comma 26, lettera a) del D. L. n. 269/2003, ovverosia che si tratti
delle opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito
di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del medesimo D.L. (restauro,
risanamento conservativo e manutenzione straordinaria: TAR Campania, sent.
cit.);
- in secondo luogo, la necessità di verificare se l’esclusione
della sanatoria non discenda dalla natura del vincolo ai sensi dell’art 33
della L. n. 47/1985.
7.2 Le conclusioni interpretative cui è pervenuto
il Collegio escludono la possibile rilevanza, nel presente giudizio, dei
profili di incostituzionalità prospettati dalla difesa del ricorrente in
relazione agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, nonché dei profili
attinenti all’asserito contrasto della legge regionale con l’art. 17 della
Carta fondamentale dei diritti dell’Unione Europea.
Infatti, da un
lato, nella specie l’istituzione dell’Ente Parco è anteriore agli abusi
(risalendo essa al 1934), il che rende irrilevante il profilo
dell’estensione dell’esclusione, sancita dalla norma regionale, al caso
del vincolo successivo all’esecuzione delle opere.
Dall’altro,
l’interpretazione adottata esclude che la disposizione regionale intenda
introdurre un’esclusione assoluta della sanatoria nei parchi, anche con
riferimento alle opere di minore rilevanza.
8. Le precedenti
considerazioni consentono di accogliere il ricorso, dovendosi ritenere
fondata la seconda censura nei limiti suesposti in relazione alla
motivazione dell’atto impugnato in questa sede.
Le ulteriori questioni
relative alle caratteristiche delle opere e alla verifica degli ulteriori
presupposti della sanatoria richiesta vanno risolte in prima battuta nella
competente sede procedimentale, una volta rimosso l’ostacolo rappresentato
dall’interpretazione radicalmente preclusiva adottata dall’Ente
Parco.
Ciò in ossequio al principio desumibile dall’art. 34, comma 2
cod. proc. amm., secondo cui il giudice amministrativo non “può
pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora
esercitati”. Nella specie, infatti, l’atto impugnato è sostanzialmente un
atto di arresto procedimentale che configura un’inammissibilità radicale
dell’istanza di condono: inammissibilità che deve essere disattesa alla
stregua delle precedenti considerazioni, proprio al fine di rendere
possibile l’esame nel merito della domanda di condono nelle competenti
sedi amministrative, nella quale andrà verificata la sussistenza o meno
dei presupposti della richiesta sanatoria, con la conseguente adozione dei
necessari provvedimenti formali.
9. La complessità della questione
giustifica la compensazione delle spese di giudizio
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il
Lazio (Sezione Seconda Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in
motivazione, e per l’effetto annulla l’atto impugnato.
Spese
compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 24 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Eduardo
Pugliese, Presidente
Antonio Vinciguerra, Consigliere
Francesco
Arzillo, Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/04/2014
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