SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)
10 luglio
2014
Nella causa C 213/13,
avente ad oggetto una
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con decisione
dell’11 gennaio 2013, pervenuta in cancelleria il 23 aprile 2013, nel
procedimento
Impresa Pizzarotti & C. SpA
contro
Comune di Bari,
Giunta comunale di
Bari,
Consiglio comunale di Bari,
con l’intervento
di:
Complesso Residenziale Bari 2 Srl,
Commissione di
manutenzione della Corte d’appello di Bari,
Giuseppe
Albenzio, in qualità di «commissario ad acta»,
Ministero della
Giustizia,
Regione Puglia,
LA CORTE (Seconda Sezione),
composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di
sezione, K. Lenaerts (relatore), vicepresidente della Corte, J.L. da Cruz
Vilaça, G. Arestis e J.-C. Bonichot, giudici,
avvocato generale: N.
Wahl
cancelliere: A. Impellizzeri, amministratore
vista la fase
scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 febbraio
2014,
considerate le osservazioni presentate:
– per la Impresa
Pizzarotti & C. SpA, da R. Mastroianni, D. Vaiano e F. Lorusso,
avvocati;
– per il Comune di Bari, da A. Loiodice, I. Loiodice e R.
Lanza, avvocati;
– per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità
di agente, assistita da P. Gentili, avvocato dello Stato;
– per il
governo tedesco, da T. Henze e J. Möller, in qualità di agenti;
– per
la Commissione europea, da L. Pignataro-Nolin, A. Tokár e A. Aresu, in
qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 15 maggio 2014,
ha pronunciato la
seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle
procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture
e di servizi (GU L 134, pag. 114), nonché sulla portata del principio
dell’intangibilità del giudicato in una situazione contrastante con il
diritto dell’Unione.
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di
una controversia tra la Impresa Pizzarotti & C. SpA (in prosieguo: la
«Pizzarotti»), da un lato, e il Comune di Bari, la Giunta comunale di Bari
e il Consiglio comunale di Bari, dall’altro, a seguito della pubblicazione
di un bando di ricerca di mercato al fine di dotare l’amministrazione
giudiziaria italiana di una nuova sede unica in cui accorpare tutti gli
uffici giudiziari di Bari (Italia).
Contesto
normativo
La direttiva 92/50/CEE
3 L’articolo 1,
lettera a), della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno 1992,
che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
servizi (GU L 209, pag. 1), disponeva come segue:
«Ai fini della
presente direttiva s’intendono per:
a) “appalti pubblici di servizi”, i
contratti a titolo oneroso stipulati in forma scritta tra un prestatore di
servizi ed un’amministrazione aggiudicatrice, ad
esclusione:
(...)
iii) dei contratti aventi per oggetto
l’acquisizione o la locazione, qualunque siano le relative modalità
finanziarie, di terreni, edifici esistenti o altri immobili, o riguardanti
comunque diritti inerenti a tali beni immobiliari
(...)
(...)».
La direttiva 93/37/CEE
4 L’articolo 1,
lettera a), della direttiva 93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993,
che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di
lavori (GU L 199, pag. 54), definiva gli «appalti pubblici di lavori», ai
fini della medesima direttiva, come «contratti a titolo oneroso, conclusi
in forma scritta tra un imprenditore e un’amministrazione aggiudicatrice
di cui alla lettera b), aventi per oggetto l’esecuzione o, congiuntamente,
l’esecuzione e la progettazione di lavori relativi ad una delle attività
di cui all’allegato II o di un’opera di cui alla lettera c) oppure
l’esecuzione, con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze
specificate dall’amministrazione aggiudicatrice».
5 Tra le attività
previste all’allegato II di detta direttiva figurano, nella classe 50,
rubricata «Edilizia e genio civile», la «[c]ostruzione di edifici e [i]
lavori di genio civile da parte di imprese non specializzate» (sottogruppo
500.1) nonché la «[c]ostruzione d’immobili (d’abitazione e altri)» (gruppo
501).
La direttiva 2004/18
6 L’articolo 1, paragrafo 2,
della direttiva 2004/18 così recita:
«a) Gli “appalti pubblici” sono
contratti a titolo oneroso stipulati per iscritto tra uno o più operatori
economici e una o più amministrazioni aggiudicatrici aventi per oggetto
l’esecuzione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di
servizi ai sensi della presente direttiva.
b) Gli “appalti pubblici di
lavori” sono appalti pubblici aventi per oggetto l’esecuzione o,
congiuntamente, la progettazione e l’esecuzione di lavori relativi a una
delle attività di cui all’allegato I o di un’opera, oppure l’esecuzione,
con qualsiasi mezzo, di un’opera rispondente alle esigenze specificate
dall’amministrazione aggiudicatrice. (...)
(...)».
7 Ai sensi
dell’articolo 16 della medesima direttiva, rubricato «Esclusioni
specifiche»:
«La presente direttiva non si applica agli appalti
pubblici di servizi:
a) aventi per oggetto l’acquisto o la locazione,
quali che siano le relative modalità finanziarie, di terreni, fabbricati
esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni;
(...)
(...)».
Procedimento principale e questioni
pregiudiziali
8 In data 14 agosto 2003 il Comune di Bari
pubblicava un bando di «ricerca di mercato» al fine di realizzare, nel più
breve tempo possibile, una nuova, idonea e adeguata sede unica in cui
accorpare tutti gli uffici giudiziari di Bari. Il bando veniva pubblicato,
segnatamente, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 23
agosto 2003 (GU S 161).
9 Detto bando richiedeva che gli offerenti si
impegnassero ad avviare i lavori di costruzione dell’opera progettata
entro il 31 dicembre 2003. Esso richiedeva inoltre indicazioni chiare ed
esaustive circa i costi e le modalità di pagamento a carico
dell’amministrazione comunale e del Ministero della Giustizia, tenendo
conto del fatto che le risorse pubbliche disponibili ammontavano a EUR
43,5 milioni, già assegnati, cui occorreva aggiungere EUR 3 milioni
corrispondenti all’importo dei canoni annuali sostenuti dal Comune di Bari
per la locazione degli immobili sede degli uffici giudiziari interessati.
Il medesimo bando era accompagnato da un allegato, predisposto dalla Corte
d’appello di Bari, inteso a fornire «un quadro ufficiale ed esaustivo
delle esigenze strutturali, funzionali ed organizzative» (in prosieguo: il
«quadro esigenziale») connesse alla realizzazione della cittadella
giudiziaria progettata.
10 Quattro sono le proposte che pervenivano.
Con delibera n. 1045/2003, del 18 dicembre 2003, il Comune di Bari
selezionava quella della Pizzarotti. Tale proposta prevedeva che una parte
dell’opera costruita sarebbe stata venduta al Comune di Bari per la somma
di EUR 43 milioni, mentre la parte restante sarebbe stata messa a sua
disposizione in locazione dietro un canone annuale di EUR 3 milioni.
11
Con nota del 4 febbraio 2004 il Ministero della Giustizia informava il
Comune di Bari che le risorse pubbliche disponibili per il progetto in
questione si erano ridotte a EUR 18,5 milioni, chiedendogli di verificare
se, alla luce delle proposte pervenute, fosse possibile realizzare l’opera
nei limiti del mutato quadro economico. Con una nota dell’11 febbraio 2004
il Comune di Bari domandava alla Pizzarotti se fosse disponibile a dar
seguito al procedimento attivato. La Pizzarotti rispondeva favorevolmente
a tale domanda, riformulando la sua offerta in funzione della riduzione
delle risorse pubbliche disponibili.
12 Nel settembre 2004 il
finanziamento pubblico veniva interamente soppresso.
13 La Pizzarotti
presentava indi al Comune di Bari una seconda proposta, dando atto della
possibilità di realizzare la parte dell’opera destinata alla locazione
quale indicata nella sua proposta iniziale.
14 A fronte dell’inerzia
dell’amministrazione, la Pizzarotti adiva il Tribunale amministrativo
regionale per la Puglia per sentir affermare l’obbligo del Comune di Bari
di provvedere.
15 Dopo una pronuncia di rigetto di tale domanda da
parte del succitato organo giurisdizionale, il Consiglio di Stato
accoglieva, con sentenza n. 4267/2007, l’appello della Pizzarotti avverso
la sentenza di primo grado. Ritenendo non esaurito il procedimento con
l’approvazione degli esiti della ricerca di mercato, tenuto conto della
nota del Ministero della Giustizia del 4 febbraio 2004 susseguente al
mutamento del quadro economico, il Consiglio di Stato stabiliva che il
Comune di Bari, «nel rispetto dei principi di ragionevolezza, buona fede
ed affidamento, [doveva], dando consequenzialità ai propri atti, dare al
procedimento una conclusione plausibilmente congrua, verificando,
nell’ambito delle proposte pervenute, la possibilità di realizzazione
dell’opera nei limiti del mutato quadro economico».
16 Il ricorso
interposto avverso detta sentenza dal Comune di Bari veniva respinto dalla
Corte suprema di cassazione con ordinanza del 23 dicembre 2008.
17 Nel
frattempo, adito ai fini dell’esecuzione della sua sentenza n. 4267/2007,
il Consiglio di Stato riconosceva, con sentenza n. 3817/2008,
l’inottemperanza del Comune di Bari e ordinava a quest’ultimo di dare
piena e integrale esecuzione al dispositivo della sentenza n. 4267/2007
entro il termine di 30 giorni. Esso nominava, per il caso di ulteriore
inottemperanza, il prefetto di Bari quale «commissario ad acta» per il
compimento, anche tramite un suo delegato, di tutti gli atti necessari
all’esecuzione della predetta sentenza.
18 Il 21 novembre 2008, il
«commissario ad acta» delegato dal prefetto di Bari riconosceva valide le
proposte della Pizzarotti e constatava, di conseguenza, che il
procedimento attivato con il bando di ricerca di mercato in questione si
era concluso positivamente.
19 Da parte sua, la Giunta comunale di Bari
concludeva detto procedimento ravvisando la non conformità della seconda
proposta presentata dalla Pizzarotti alle indicazioni del bando.
20
Sia la Pizzarotti che il Comune di Bari proponevano ricorso dinanzi al
Consiglio di Stato. La Pizzarotti faceva valere che, non essendosi
impegnato contrattualmente ai fini della realizzazione della nuova
cittadella giudiziaria progettata, il Comune di Bari non aveva
correttamente dato esecuzione alla sentenza n. 3817/2008 del Consiglio di
Stato. Il Comune di Bari contestava che non era stato tenuto conto del
deterioramento delle condizioni di realizzazione del progetto,
determinante per l’ulteriore corso del procedimento.
21 Con decisione
di esecuzione n. 2153/2010, del 15 aprile 2010, il Consiglio di Stato
accoglieva il ricorso della Pizzarotti e respingeva quello del Comune di
Bari. Quanto all’azione del «commissario ad acta», la riteneva incompleta,
in mancanza di una «conclusione plausibilmente congrua», ai sensi della
sentenza n. 4267/2007. Esso statuiva che occorreva procedere all’adozione
degli atti necessari alla concreta realizzazione della seconda proposta
della Pizzarotti e assegnava un termine di 180 giorni per la chiusura del
procedimento.
22 Con provvedimento del 27 maggio 2010, il «commissario
ad acta» concludeva che «[il bando] di ricerca di mercato dell’agosto 2003
[non aveva] avuto esito positivo». A sostegno di tale conclusione egli
faceva valere, quanto alla prima proposta della Pizzarotti, come
riformulata nel corso del 2004, che la perdita di parte del finanziamento
pubblico rendeva irrealizzabile l’obiettivo perseguito dal Comune di Bari,
mentre sottolineava, quanto alla seconda proposta dell’impresa, vertente
sulla locazione di edifici da costruire a titolo privato, che era del
tutto incongrua rispetto a detto obiettivo.
23 Investito di un ricorso
della Pizzarotti contro tale provvedimento, il Consiglio di Stato, con
sentenza di esecuzione n. 8420/2010, del 3 dicembre 2010, lo accoglieva.
Sottolineando l’incoerenza delle conclusioni circa l’esito del suddetto
bando cui erano pervenuti, rispettivamente, il provvedimento del 21
novembre 2008 e quello del 27 maggio 2010, esso riteneva che la sola
conclusione che s’imponesse fosse quella di cui al primo dei summenzionati
atti. Esso riaffermava la necessità, per il «commissario ad acta», di
attivare le procedure occorrenti per l’adozione della seconda proposta
della Pizzarotti e dichiarava nullo l’ultimo di detti atti in quanto
emesso in violazione del giudicato.
24 Successivamente, il nuovo
«commissario ad acta» nominato dal prefetto di Bari poneva in essere tutte
le attività necessarie per addivenire all’adozione, il 23 aprile 2012, di
una «variante urbanistica» al piano regolatore generale del Comune di Bari
relativa ai terreni interessati dalla costruzione della cittadella
giudiziaria progettata.
25 La Pizzarotti ha impugnato detta decisione
dinanzi al Consiglio di Stato per violazione del principio
dell’intangibilità del giudicato.
26 In tale contesto, il giudice del
rinvio si domanda, in primo luogo, se uno stipulando contratto di
locazione di un immobile futuro sotto forma di un atto di impegno a locare
detto bene equivalga, malgrado la presenza di alcuni elementi
caratteristici del contratto di locazione, a un contratto d’appalto di
lavori sottratto all’applicazione della specifica ipotesi di esclusione
prevista all’articolo 16, paragrafo 1, lettera a), della direttiva
2004/18.
27 In secondo luogo, ammettendo che detto contratto
costituisca un appalto pubblico di lavori, il medesimo giudice si domanda
se possa ritenere inefficace il giudicato formatosi nel caso di specie con
la sua sentenza n. 4267/2007, nei limiti in cui esso abbia portato, in
ragione delle ulteriori decisioni di esecuzione e dei provvedimenti del
«commissario ad acta», a una situazione incompatibile con il diritto
dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici. Al
riguardo detto giudice evidenzia che, in virtù della propria
giurisprudenza, esso può, a determinate condizioni, integrare l’originario
disposto di una delle sue decisioni con una statuizione che ne costituisca
attuazione, dando luogo a un «giudicato a formazione progressiva».
28
Alla luce di quanto precede, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere
il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se lo stipulando contratto di locazione di cosa
futura, anche sotto la forma ultima suggerita di atto di impegno a locare
equivalga ad un appalto di lavori, sia pure con alcuni elementi
caratteristici del contratto di locazione e, quindi, non possa essere
compreso fra i contratti esclusi dall’applicazione della disciplina di
evidenza pubblica secondo l’articolo 16 [della direttiva 2004/18].
2)
Se, in caso di pronunciamento positivo sul primo quesito, possa il giudice
nazionale e, segnatamente, codesto Giudice remittente, ritenere inefficace
il giudicato eventualmente formatosi sulla vicenda in oggetto, e descritto
in parte narrativa, in quanto abbia consentito la sussistenza di una
situazione giuridica contrastante con il diritto [dell’Unione] degli
appalti pubblici e se sia quindi possibile eseguire un giudicato in
contrasto con il diritto [dell’Unione]».
Sulla ricevibilità
delle questioni pregiudiziali
29 La Pizzarotti indica due
motivi che la inducono a dubitare seriamente della ricevibilità delle
questioni sollevate.
30 In primo luogo, essa sostiene che la domanda di
pronuncia pregiudiziale è viziata da un errore di identificazione della
normativa dell’Unione applicabile alla controversia oggetto del
procedimento principale. Infatti, tale domanda sarebbe volta a ottenere
un’interpretazione della direttiva 2004/18, mentre quest’ultima sarebbe
stata adottata posteriormente alla data in cui il Comune di Bari ha deciso
di pubblicare il bando di ricerca di mercato di cui trattasi, ossia il 14
agosto 2003, e non sarebbe quindi applicabile alla fattispecie.
31 Al
riguardo, occorre ricordare che la direttiva applicabile è, in linea di
principio, quella in vigore alla data in cui l’amministrazione
aggiudicatrice sceglie il tipo di procedura da seguire risolvendo
definitivamente la questione se sussista o meno l’obbligo di indire
preventivamente una gara per l’aggiudicazione di un appalto pubblico
(sentenza Commissione/Paesi Bassi, C 576/10, EU:C:2013:510, punto 52 e
giurisprudenza ivi citata). Sono, al contrario, inapplicabili le
disposizioni di una direttiva il cui termine di trasposizione sia scaduto
dopo tale data (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, C 337/98,
EU:C:2000:543, punti 41 e 42).
32 Nel caso di specie, le direttive
applicabili il 14 agosto 2003, data della pubblicazione da parte del
Comune di Bari del bando di «ricerca di mercato» finalizzato alla
realizzazione di una cittadella giudiziaria a Bari, erano la 92/50 e la
93/37. Queste stesse direttive erano applicabili quando, dopo la modifica
del quadro economico dovuta all’abolizione completa del finanziamento
pubblico, il Comune di Bari, nel mese di settembre 2004, ha ritenuto,
secondo quanto riferisce esso stesso alla Corte, di dover avviare una
nuova procedura di selezione anziché negoziare direttamente con la
Pizzarotti, senza nuova gara, la conclusione di un contratto «di futura
locazione».
33 Al contrario, la direttiva 2004/18 non trovava
applicazione in tali diverse date, giacché il suo termine di trasposizione
sarebbe scaduto, così come enuncia il suo articolo 80, paragrafo 1,
soltanto il 31 gennaio 2006.
34 Ciò premesso, la nozione di «appalto
[pubblico] di lavori», di cui alla prima questione, è definita in termini
analoghi nell’articolo 1, lettera a), della direttiva 93/37 e
nell’articolo 1, paragrafo 2, lettere a) e b), della direttiva 2004/18.
Peraltro, l’articolo 1, lettera a), iii), della direttiva 92/50 e
l’articolo 16, lettera a), della direttiva 2004/18 ricorrono a termini
identici per definire la portata dell’esclusione della quale parimenti
tratta detta prima questione.
35 Pertanto, l’erronea identificazione,
da parte del giudice del rinvio, delle disposizioni del diritto
dell’Unione applicabili alla presente controversia non può avere
conseguenze sulla ricevibilità delle questioni sollevate (v., in tal
senso, sentenza Zurita García e Choque Cabrera, C 261/08 e C 348/08,
EU:C:2009:648, punto 39).
36 In secondo luogo, la Pizzarotti eccepisce
che la controversia principale è caratterizzata dalla presenza di
decisioni giudiziarie, segnatamente del Consiglio di Stato, che hanno
acquisito forza di giudicato, ciò che renderebbe manifestamente
irricevibile la domanda di pronuncia pregiudiziale, in particolare la
prima questione. Infatti, una risposta della Corte a tale questione non
potrebbe avere alcuna ripercussione sulla soluzione della controversia
principale, tenuto conto, da un lato, dell’importanza riconosciuta dal
diritto dell’Unione alla regola dell’intangibilità del giudicato,
eventualmente pure a discapito dell’eliminazione di una violazione di tale
diritto, e, dall’altro, dell’assenza di un obbligo, per un’autorità
amministrativa, di ritornare su una sua decisione definitiva che si riveli
non conforme a detto diritto.
37 Tuttavia, un tale argomento attiene al
merito della controversia principale, più in particolare all’oggetto della
seconda questione sollevata dal giudice del rinvio.
38 Ciò considerato,
le questioni deferite sono ricevibili.
Sulle questioni
pregiudiziali
Sulla prima questione
39 Con la prima
questione, che occorre riformulare in funzione delle disposizioni del
diritto dell’Unione applicabili ratione temporis alla controversia
principale, il giudice del rinvio domanda, in sostanza, se l’articolo 1,
lettera a), della direttiva 93/37 debba essere interpretato nel senso che
un contratto che contenga un impegno a dare in locazione beni immobili non
ancora costruiti costituisce un appalto pubblico di lavori, malgrado la
presenza di elementi caratteristici del contratto di locazione, e non
rientra, pertanto, nell’esclusione di cui all’articolo 1, lettera a),
iii), della direttiva 92/50.
40 A tale riguardo, si deve ricordare
subito, da un canto, che stabilire se un’operazione costituisca o meno un
appalto pubblico di lavori, ai sensi della normativa dell’Unione, rientra
nell’ambito del diritto dell’Unione. La qualificazione del contratto di
cui trattasi come «contratto di locazione», operata dalla Pizzarotti e dal
governo italiano, non è decisiva a tal fine (v., in tal senso, sentenza
Commissione/Germania, C 536/07, EU:C:2009:664, punto 54 e giurisprudenza
ivi citata).
41 D’altro canto, quando un contratto contiene sia
elementi propri di un appalto pubblico di lavori sia elementi propri di un
altro tipo di appalto, occorre riferirsi al suo oggetto principale per
determinarne la qualificazione giuridica e le norme del diritto
dell’Unione applicabili (v., in tal senso, sentenze Auroux e a., C 220/05,
EU:C:2007:31, punto 37; Commissione/Italia, C 412/04, EU:C:2008:102, punto
47, e Commissione/Germania, EU:C:2009:664, punto 57).
42 Nella
controversia principale, risulta dal fascicolo a disposizione della Corte
che, nel momento in cui la Pizzarotti ha proposto al Comune di Bari la
conclusione del contratto de quo, la costruzione dell’opera prevista in
tale contratto non era ancora stata avviata. Occorre pertanto considerare
che l’oggetto principale di detto contratto consiste in tale costruzione,
quale necessario presupposto, per l’appunto, della futura locazione (v.,
in tal senso, sentenza Commissione/Germania, EU:C:2009:664, punto
56).
43 Come ha sottolineato il governo tedesco, per concludere per
l’esistenza di un «appalto pubblico di lavori», ai sensi della direttiva
93/37, occorre pure che la realizzazione dell’opera progettata risponda
alle esigenze specificamente formulate dall’amministrazione aggiudicatrice
(sentenza Commissione/Germania, EU:C:2009:664, punto 55).
44 Ciò accade
quando quest’ultima abbia adottato provvedimenti allo scopo di definire le
caratteristiche dell’opera o, quantomeno, di esercitare un’influenza
determinante sulla progettazione della stessa (v., in tal senso, sentenza
Helmut Müller, C 451/08, EU:C:2010:168, punto 67).
45 Nella
controversia principale, il progetto di «atto di impegno a locare»,
indicato dal giudice del rinvio come l’ultima forma di contratto proposta
dalla Pizzarotti al Comune di Bari, si riferisce, al suo punto 10, al
quadro esigenziale che era stato predisposto dalla Corte d’appello di Bari
ai fini della pubblicazione del bando di ricerca di mercato controverso.
L’articolo 7 di tale progetto di atto riserva all’amministrazione il
diritto di verificare, prima di ricevere l’opera, la conformità della
stessa a detto quadro esigenziale.
46 Quest’ultimo precisa le diverse
caratteristiche tecniche e tecnologiche dell’opera da realizzare nonché,
in funzione di un insieme di dati statistici relativi alle attività degli
uffici giudiziari del distretto di Bari (numero dei procedimenti civili e
dei procedimenti penali, numero delle udienze settimanali per ufficio
giudiziario, numero dei magistrati giudicanti e dei magistrati requirenti,
numero dei membri del personale amministrativo, della polizia giudiziaria
e dei servizi di sicurezza, numero degli avvocati dell’albo di Bari,
eccetera), le esigenze specifiche di ciascun singolo ufficio del distretto
(numero dei locali e delle aule d’udienza, di conferenza, di riunione e di
archivio necessari, superficie dei locali, modalità di collegamento tra i
reparti), così come talune esigenze comuni, per esempio la capacità
d’accoglienza dei parcheggi.
47 Contrariamente a quanto sostengono la
Pizzarotti e il governo italiano, un tale quadro esigenziale mette il
Comune di Bari in condizione di esercitare un’influenza determinante sulla
progettazione dell’opera da costruire.
48 Ne consegue che il contratto
di cui trattasi nel procedimento principale ha per oggetto principale la
realizzazione di un’opera che risponda a esigenze specifiche
dell’amministrazione aggiudicatrice.
49 Certo, come rileva il giudice
del rinvio, il progetto di «atto di impegno a locare» comporta altresì
alcuni elementi caratteristici di un contratto di locazione. Dinanzi alla
Corte è stato posto l’accento sul fatto che la contropartita finanziaria a
carico dell’amministrazione corrisponde, ai termini dell’articolo 5 di
detto progetto, a un «canone annuale» di EUR 3,5 milioni da pagare per i
18 anni di durata del contratto. Secondo quanto riferito dalla Pizzarotti
e dal governo italiano, tale contropartita complessiva, del totale di EUR
63 milioni, sarebbe nettamente inferiore al costo totale stimato
dell’opera, che ammonterebbe a circa EUR 330 milioni.
50 Si deve
tuttavia ricordare, al riguardo, che l’elemento determinante per la
qualificazione del contratto di cui trattasi è il suo oggetto principale,
e non l’importo del corrispettivo dell’imprenditore o le modalità di
pagamento dello stesso (sentenza Commissione/Germania, EU:C:2009:664,
punto 61).
51 Del resto, né l’articolo 4 del progetto di «atto di
impegno a locare», ai sensi del quale il contratto termina automaticamente
dopo 18 anni, né la disposizione della normativa italiana relativa alla
contabilità generale dello Stato, sottolineata dal governo italiano, la
quale prescrive che i contratti conclusi dalle autorità pubbliche abbiano
termine e durata certi e vieta che i medesimi rappresentino un onere
continuo per lo Stato, osterebbero, come risulta dai dibattiti in udienza,
alla conclusione, alla scadenza del primo contratto considerato, di uno o
più contratti successivi, che garantirebbero alla Pizzarotti la
remunerazione di tutti o di parte sostanziale dei lavori eseguiti per la
realizzazione dell’opera in parola.
52 Tutto ciò considerato, occorre
rispondere alla prima questione che l’articolo 1, lettera a), della
direttiva 93/37 deve essere interpretato nel senso che un contratto che
abbia per oggetto principale la realizzazione di un’opera che risponda
alle esigenze formulate dall’amministrazione aggiudicatrice costituisce un
appalto pubblico di lavori e non rientra, pertanto, nell’esclusione di cui
all’articolo 1, lettera a), iii), della direttiva 92/50, anche quando
comporti un impegno a locare l’opera di cui trattasi.
Sulla
seconda questione
53 Con la seconda questione il giudice del
rinvio domanda, in sostanza, se possa ritenere inefficace il giudicato
eventualmente formato da una sua decisione che abbia condotto a una
situazione contrastante con la normativa dell’Unione in materia di appalti
pubblici di lavori.
54 Al riguardo occorre ricordare che, in assenza di
una normativa dell’Unione in materia, le modalità di attuazione del
principio dell’intangibilità del giudicato rientrano nell’ordinamento
giuridico interno degli Stati membri, ai sensi del principio
dell’autonomia procedurale di questi ultimi, nel rispetto tuttavia dei
principi di equivalenza e di effettività (v., in tal senso, sentenza
Fallimento Olimpiclub, C 2/08, EU:C:2009:506, punto 24 e giurisprudenza
ivi citata).
55 Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice
del rinvio fa presente che, secondo la propria giurisprudenza, esso può, a
determinate condizioni, completare il disposto originario di una delle sue
sentenze con decisioni di attuazione successive, dando luogo a quel che
chiama «giudicato a formazione progressiva».
56 Se, ciò che spetta al
giudice del rinvio verificare, per la decisione contenuta nella sua
sentenza n. 4267/2007, menzionata al punto 15 della presente sentenza e
costituente, secondo l’ordinanza di rinvio, la cosa giudicata nel caso di
specie, valgono le condizioni di applicazione di detta modalità
procedurale, il medesimo giudice è tenuto, alla luce del principio di
equivalenza, ad applicare detta modalità privilegiando, fra le «molteplici
e diverse soluzioni attuative» di cui tale decisione può essere oggetto
secondo le sue proprie indicazioni, quella che, conformemente al principio
di effettività, garantisca l’osservanza della normativa dell’Unione in
materia di appalti pubblici di lavori.
57 Come rileva il Comune di
Bari, questa soluzione potrebbe consistere nell’ordinare, a completamento
di detta decisione, la chiusura del procedimento d’indagine di mercato
senza accogliere nessuna proposta, ciò che permetterebbe l’apertura di un
nuovo procedimento, nel rispetto della normativa dell’Unione in materia di
appalti pubblici di lavori.
58 Se, al contrario, il giudice del rinvio
dovesse ritenere che la corretta applicazione di tale normativa sia un
ostacolo, tenuto conto delle norme procedurali interne applicabili, per il
giudicato costituito dalla sua sentenza n. 4267/2007 o dalle relative
decisioni di esecuzione adottate il 15 aprile e il 3 dicembre 2010, va
ricordata l’importanza che riveste, sia nell’ordinamento giuridico
dell’Unione che negli ordinamenti giuridici nazionali, il principio
dell’intangibilità del giudicato. Infatti, al fine di garantire tanto la
stabilità del diritto e dei rapporti giuridici quanto una buona
amministrazione della giustizia, è importante che le decisioni
giurisdizionali divenute definitive dopo l’esaurimento dei mezzi di
ricorso disponibili o dopo la scadenza dei termini previsti per tali
ricorsi non possano più essere rimesse in discussione (sentenze Kapferer,
C 234/04, EU:C:2006:178, punto 20; Commissione/Lussemburgo, C 526/08,
EU:C:2010:379, punto 26, e ThyssenKrupp Nirosta/Commissione, C 352/09 P,
EU:C:2011:191, punto 123).
59 Pertanto, il diritto dell’Unione non
impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme procedurali interne
che attribuiscono forza di giudicato a una pronuncia giurisdizionale,
neanche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una situazione
nazionale contrastante con detto diritto (v., in tal senso, sentenze Eco
Swiss, C 126/97, EU:C:1999:269, punti 46 e 47; Kapferer, EU:C:2006:178,
punti 20 e 21; Fallimento Olimpiclub, EU:C:2009:506, punti 22 e 23;
Asturcom Telecomunicaciones, C 40/08, EU:C:2009:615, punti da 35 a 37,
nonché Commissione/Slovacchia, C 507/08, EU:C:2010:802, punti 59 e
60).
60 Il diritto dell’Unione non esige, dunque, che, per tener conto
dell’interpretazione di una disposizione pertinente di tale diritto
offerta dalla Corte posteriormente alla decisione di un organo
giurisdizionale avente autorità di cosa giudicata, quest’ultimo ritorni
necessariamente su tale decisione.
61 La sentenza Lucchini (C 119/05,
EU:C:2007:434), citata dal giudice del rinvio, non è atta a rimettere in
discussione l’analisi sopra svolta. Infatti, è stato in una situazione del
tutto particolare, in cui erano in questione principi che disciplinano la
ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione europea in
materia di aiuti di Stato, che la Corte ha statuito, in sostanza, che il
diritto dell’Unione osta all’applicazione di una disposizione nazionale,
come l’articolo 2909 del codice civile italiano, che mira a consacrare il
principio dell’intangibilità del giudicato, nei limiti in cui la sua
applicazione impedirebbe il recupero di un aiuto di Stato concesso in
violazione del diritto dell’Unione e dichiarato incompatibile con il
mercato comune da una decisione della Commissione europea divenuta
definitiva (v., in tal senso, sentenza Fallimento Olimpiclub,
EU:C:2009:506, punto 25). La presente causa, invece, non solleva simili
questioni di ripartizione delle competenze.
62 Ciò osservato, qualora
le norme procedurali interne applicabili prevedano la possibilità, a
determinate condizioni, per il giudice nazionale di ritornare su una
decisione munita di autorità di giudicato, per rendere la situazione
compatibile con il diritto nazionale, tale possibilità deve essere
esercitata, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, e
sempre che dette condizioni siano soddisfatte, per ripristinare la
conformità della situazione oggetto del procedimento principale alla
normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici di lavori.
63 Al
riguardo è d’uopo sottolineare che detta normativa contiene norme
essenziali del diritto dell’Unione, in quanto mira ad assicurare
l’applicazione dei principi della parità di trattamento degli offerenti e
di trasparenza ai fini dell’apertura di una concorrenza non falsata in
tutti gli Stati membri (v., in tal senso, sentenze Commissione/Portogallo,
C 70/06, EU:C:2008:3, punto 40; Michaniki, C 213/07, EU:C:2008:731, punto
55; Commissione/Cipro, C 251/09, EU:C:2011:84, punti da 37 a 39, nonché
Manova, C 336/12, EU:C:2013:647, punto 28).
64 Alla luce di quanto
precede, occorre rispondere alla seconda questione che, se le norme
procedurali interne applicabili glielo consentono, un organo
giurisdizionale nazionale, come il giudice del rinvio, che abbia statuito
in ultima istanza senza che prima fosse adita in via pregiudiziale la
Corte ai sensi dell’articolo 267 TFUE, deve o completare la cosa giudicata
costituita dalla decisione che ha condotto a una situazione contrastante
con la normativa dell’Unione in materia di appalti pubblici di lavori o
ritornare su tale decisione, per tener conto dell’interpretazione di tale
normativa offerta successivamente dalla Corte.
Sulle
spese
65 Nei confronti delle parti nel procedimento principale
la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da
altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione)
dichiara:
1) L’articolo 1, lettera a), della direttiva
93/37/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, che coordina le procedure di
aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, deve essere interpretato
nel senso che un contratto che abbia per oggetto principale la
realizzazione di un’opera che risponda alle esigenze formulate
dall’amministrazione aggiudicatrice costituisce un appalto pubblico di
lavori e non rientra, pertanto, nell’esclusione di cui all’articolo 1,
lettera a), iii), della direttiva 92/50/CEE del Consiglio, del 18 giugno
1992, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici
di servizi, anche quando comporti un impegno a locare l’opera di cui
trattasi.
2) Se le norme procedurali interne applicabili glielo
consentono, un organo giurisdizionale nazionale, come il giudice del
rinvio, che abbia statuito in ultima istanza senza che prima fosse adita
in via pregiudiziale la Corte di giustizia ai sensi dell’articolo 267
TFUE, deve o completare la cosa giudicata costituita dalla decisione che
ha condotto a una situazione contrastante con la normativa dell’Unione in
materia di appalti pubblici di lavori o ritornare su tale decisione, per
tener conto dell’interpretazione di tale normativa offerta successivamente
dalla Corte medesima.