REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8461 del
2013, proposto da: Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della
Giustizia, Procura Generale della Repubblica Presso la Corte d'Appello di
Firenze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello
Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Renzo Dell'Anno, rappresentato e difeso dagli
avv. Roberto Righi, Giuseppe Morbidelli, con domicilio eletto presso
l’avv. Francesco Paoletti in Roma, via Maresciallo Pilsudski, 118;
nei confronti di
Giuseppe Grieco;
sul ricorso numero
di registro generale 4891 del 2014, proposto da: Consiglio Superiore della
Magistratura, Ministero della Giustizia, Procura Generale della Repubblica
Presso la Corte D'Appello di Firenze, Consiglio Giudiziario presso Corte
d'Appello di Firenze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura
Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Renzo Dell'Anno, rappresentato e difeso dagli
avv. Giuseppe Morbidelli, Roberto Righi, con domicilio eletto presso
l’avv. Francesco Paoletti in Roma, viale Maresciallo Pilsudski Nr.118;
nei confronti di
Giuseppe Grieco;
e con l'intervento di
ad adiuvandum: Paolo Canessa, rappresentato e
difeso dagli avv. Stefano Grassi, Fiorella Meschini, con domicilio eletto
presso il primo, in Roma, piazza Barberini, 12;
per la riforma
quanto al ricorso n. 8461 del 2013:
della
sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 08905/2013, resa tra le
parti, concernente esecuzione sentenza n. 3081/2012 del TAR Lazio, Roma,
sezione I,- mancata conferma incarico quale Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Pistoia
quanto al ricorso n. 4891 del
2014:
della sentenza del TAR Lazio - Roma: Sezione I n. 005569/2014,
resa tra le parti, concernente esecuzione sentenza n. 3081/2013 del Tar
Lazio, Roma, sezione I - mancata conferma incarico quale Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Pistoia
Visti i ricorsi in
appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio
per entrambi i ricorsi di Renzo Dell'Anno ;
Viste le memorie
difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera
di consiglio del giorno 14 ottobre 2014 il Cons. Andrea Migliozzi e uditi
per le parti l’avvocato dello Stato Giustina Noviello, l’avv. Roberto
Righi per l’appellato e l’avv. Stefano Grassi per l’interveniente
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il dott. Renzo Dell’Anno, Procuratore della
Repubblica presso il Tribunale di Pistoia chiedeva al CSM di poter
continuare ad esercitare le funzioni direttive proprie di tale Ufficio
anche per un secondo quadriennio e il Consiglio Superiore della
Magistratura all’esito del relativo procedimento, con deliberazione del
Plenum del 19 aprile 2012 decideva di non confermare il predetto
magistrato nell’incarico direttivo ricoperto, per l’ulteriore quadriennio
in quanto “ le modalità con le quali il dottor Dell’Anno ha esercitato
funzioni direttive evidenziano gravi carenze ed inadeguatezze del suo
profilo professionale”.
L’interessato con ricorso principale e due
atti di motivi aggiunti impugnava innanzi al Tar del Lazio il suindicato
provvedimento negativo nonché gli atti a questo presupposti e connessi e
l’adito Tribunale amministrativo con sentenza n.3081/2013 accoglieva il
relativo ricorso e per l’effetto annullava la citata deliberazione del
plenum del CSM del 19 aprile 2012 nonché la delibera del 10 ottobre 2012,
sempre dell’Organo di autogoverno recante pubblicazione degli Uffici
direttivi vacanti a vario titolo.
A tanto il primo giudice si
determinava sul rilievo che gli addebiti mossi al predetto magistrato
erano da ritenersi “infondati e comunque inidonei a giustificare la
decisione assunta”.
Il dr Dell’Anno proponeva allora ricorso per
l’ottemperanza della sentenza n. 3081/2012, invocando gli effetti
ripristinatori della sentenza di merito con la restituzione del medesimo
nella situazione di titolare dell’Ufficio giudiziario direttivo in
questione e con richiesta di declaratoria di inefficacia , ex art.114 , IV
comma c.p.a, della nota del 29 marzo 2013 della Procura Generale della
Corte di Appello di Firenze di conferma del dott. Giuseppe Grieco nella
reggenza delle funzioni di Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Pistoia .
Il Tar del Lazio con sentenza n.8905/2013
accoglieva il ricorso per ottemperanza e statuiva che il dr. Dell’Anno per
effetto della sentenza n.3081/2012 “ha riassunto le funzioni e l’ufficio
di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pistoia”, con
efficacia autosecutiva della predetta decisione di merito, “senza che
debbano essere assunti ulteriori provvedimenti esecutivi” e che “pertanto
sono inefficaci tutti gli atti e i comportamenti che conferiscano,
confermino o mantengano le funzioni di Procuratore della Repubblica presso
il tribunale di Pistoia, attualmente rivestite dal dr. Dell’Anno, ad altri
magistrati”.
Seguendo gli eventi succedutisi nella vicenda all’esame,
va rilevato come la sentenza di merito n.3081/2012 era impugnata
dall’Amministrazione innanzi al Consiglio di Stato che con ordinanza
n.3787 del 25/9/2013 rigettava la richiesta di sospensione di esecutività
della sentenza stessa e che dopo il deposito della sentenza n.8905/2013
del giudice di prime cure ( avvenuto il 16/10/2013), il CSM con delibera
del Plenum del 24 ottobre 2013 nuovamente non confermava il dott.
Dell’Anno nell’incarico di titolare dell’Ufficio che trattasi.
Dal
canto loro, il Consiglio Superiore della Magistratura, il Ministero della
Giustizia e la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello
di Firenze a mezzo dell’Avvocatura dello Stato hanno proposto appello
avverso la sentenza del Tar Lazio n.8905/2013 di ottemperanza alla
sentenza n.30081/2013, con richiesta di annullamento delle decisione
gravata e rigetto integrale delle avverse pretese.
Con un solo,
articolato motivo, costituito dalle censure di violazione degli artt.33
comma 2 c.p.a , 112 e ss. c.p.a. e 105 Cost., motivazione illogica e
contraddittoria, parte appellante deduce la erroneità della impugnata
sentenza , laddove il primo giudice ha condiviso la tesi difensiva della
natura autoesecutiva del decisum di merito.
In realtà, si sostiene nel
proposto gravame, va esclusa la natura autoesecutiva della decisione di
merito , non potendo comportare il disposto annullamento del provvedimento
di non conferma l’automatico reintegro nell’incarico de quo, mentre spetta
all’Organo di autogoverno procedere con apposita determinazione,in ciò
rinvenendosi l’obbligo conformativo per il CSM di rideterminarsi sulla
questione : se così è, sempre ad avviso di parte appellante, la nota della
Procura Generale della Repubblica presso la Corte di appello di Firenze
del 29/3/2013 che conferisce la reggenza delle funzioni di procuratore al
sostituto anziano dr Giuseppe Grieco non è affatto elusiva del giudicato,
così come pienamente conformativa delle statuizioni di merito rese dal TAR
si rivela la delibera nuovamente assunta dal Plenum in data 24 ottobre
2013.
Il Dr. Dell’Anno si è costituito in giudizio insistendo sulla
tesi degli effetti ripristinatori della già resa pronunzia di merito e
tanto in ragione del principio dell’effettività della tutela
giurisdizionale e tenuto conto della regola che nelle more del giudizio di
conferma il titolare dell’ufficio permane nella direzione dello stesso
salvo che non intervenga una valutazione di non conferma che però nella
specie è stata eliminata dalla sentenza del Tar con effetto ex tunc ed
erga omnes .
Parte resistente contesta la fondatezza dell’appello di
cui chiede la reiezione, non senza eccepire peraltro la improcedibilità
dell’appello proposto dall’Avvocatura dello Stato per sopravvenuta carenza
di interesse in ragione della intervenuta delibera del CSM di non conferma
adottato il 24 ottobre 2013., fermo restando che siffatto provvedimento
risulta essere stato impugnato dall’interessato innanzi al TAR Lazio (ric.
n. 11166/13) sia pure in via subordinata
Veniva quindi in decisione
l’appello ( di merito ) proposto dalle suindicate Amministrazioni avverso
la sentenza del Tar n.3081/2013 , giudizio nel quale interveniva quale
resistente e appellante incidentale il Dr. Dell’Anno: questa Sezione con
sentenza n.2826/2014 dichiarava la improcedibilità di entrambe la
impugnative proposte ( quella dell’Avvocatura dello Stato e quella del
suindicato magistrato ) tenuto conto che era sopravvenuta la delibera del
CSM del 24/10/2013 la quale si appalesava sostitutiva del provvedimento di
non conferma dell’incarico originariamente adottato a carico del dr
Dell’Anno.
Intanto il predetto magistrato con ricorso rubricato al
n.11166/2013 proposto ex art. 112 e ss. c.p.a. chiedeva al Tar del Lazio
l’ottemperanza della sentenza dello stesso TAR n.23081/201 nonché la
declaratoria di inefficacia ex art.114 c.p.a. comma 4, lettera c della
delibera del CSM del 24/10/2013, del provvedimento di conferimento della
reggenza del predetto Ufficio in favore del dr. Grieco nonchè della
delibera dell’Organo di autogoverno con cui l’Ufficio di Procuratore della
Repubblica di Pistoia è stato incluso negli Uffici direttivi vacanti a
vario titolo.
Più specificatamente con detto rimedio giurisdizionale
come introdotto in prime cure l’interessato proponeva due azioni :
a)
una, per l’ottemperanza della sentenza n.3081/2013 , con cui faceva valere
il carattere elusivo e violativo del giudicato delle determinazioni
assunte dal CSM con il “nuovo” provvedimento del 24/10/2013;
b)
l’altra, di annullamento degli atti suindicati ( in primis la delibera del
plenum del 24/10/2013 ) nei confronti dei quali deduceva con dodici mezzi
d’impugnazione i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto
vari profili.
L’adito TAR del Lazio, con sentenza n.5569/2014, dopo
aver previamente precisato (punto 2.1.1 ) che “ il ricorso per
ottemperanza è stato ritualmente proposto, sicchè la subordinata domanda
di annullamento non verrà presa in considerazione” accoglieva il gravame
per l’ottemperanza e per l’effetto dichiarava nulli e comunque
inefficaci:
1) la deliberazione del CSM del 24 ottobre 2013 di non
conferma del Dr Dell’Anno per ulteriori quattro anni nell’ufficio di
Procuratore della Repubblica;
2) il provvedimento del 30 ottobre 20123
con cui è stata affidata al dr. Giuseppe Grieco la reggenza dell’Ufficio
direttivo in parola ;
3) l’eventuale deliberazione del CSM recante
l’inclusione del predetto Ufficio direttivo tra quelli vacanti.
Le
Amministrazioni statali sopra indicate con un secondo appello ( il
n.4891/2014) hanno impugnato tale decisum, deducendone la erroneità per i
seguenti motivi :
1) Violazione art.33 comma 2 c.p.a., 112 c.p.a. e 105
Cost. Motivazione illogica e contraddittoria eccesso di potere
giurisdizionale;
2) Errata qualificazione della natura auto esecutiva
delle sentenze del g.a. di annullamento di deliberati consiliari ;
3)
Motivazione omessa e/o insufficiente , sul primo punto controverso ,
ovvero la qualificazione dell’azione come ottemperanza o
annullamento;
4) insussistenza di elusione del giudicato;
5)
Eccesso di potere giurisdizionale ; violazione dell’art.105 cost.;
6)
Travalicamento dei limiti anche del giudizio di ottemperanza ; violazione
dell’art.105 Cost.
Il Dr Dell’Anno si è costituito anche in questo
giudizio con atto definito “controricorso con devoluzione dei motivi
assorbiti”, a mezzo del quale l’interessato dopo aver effettuato una
ricostruzione in punto di fatto e di diritto della vicenda ha contestato
la fondatezza dell’appello .
Quindi, dopo aver rilevato che
correttamente il TAR ha deciso con i poteri dell’ottemperanza ha chiesto ,
in ipotesi che questo Consiglio di Stato ritenga la controversia attratta
nella giurisdizione generale di legittimità, che questa Sezione proceda
alla conversione del rito ex art.32 c.p.a. del dlgs n.104/2014 ed ha
all’uopo riproposto i profili di illegittimità rinvenibili a suo dire a
carico degli atti del CSM sopra indicati, riassumibili in dodici mezzi
d’impugnazione, esattamente quelli dedotti in primo grado, in via
subordinata e ritenuti, nella prospettazione della parte qui resistente,
assorbiti dal TAR con la sentenza qui appellata.
E’ intervenuto ad
adiuvandum delle Amministrazioni appellanti il dott. Paolo Canessa ,
magistrato della Procura della Repubblica di Firenze che con deliberazione
del CSM adottata nella seduta del 30 aprile 2014 è stato nominato
Procuratore della Repubblica di Pistoia con il conferimento delle funzioni
direttive requirenti di primo grado.
Le parti con apposite memorie,
anche di replica, hanno ulteriormente illustrato le tesi difensive
rispettivamente propugnate, insistendo nelle relative conclusioni.
Alla
camera di consiglio del 14 ottobre 2014 i due appelli proposti
dall’Avvocatura dello Stato indicati in rubrica sono stati introitati per
la definitiva decisione.
DIRITTO
I gravami all’esame per i rapporti di connessione
sia soggettiva che oggettiva tra essi intercorrenti vanno trattati
congiuntamente e definiti con un'unica sentenza.
Il primo degli appelli
in trattazione, quello proposto avverso la sentenza di ottemperanza
n.8905/13 e volto in sostanza a contestare la natura autoesecutiva
dell’originaria sentenza di merito di primo grado, la n.3081/2013, ( come
affermata dal TAR ) deve considerarsi improcedibile, come peraltro fatto
presente dalla stessa parte appellata nel controricorso di resistenza (
pagg.15 e 16 ).
Come già accennato in fatto, successivamente al
deposito della sentenza qui impugnata ( la n. 8905/2013), avvenuto in data
16/10/2013, il CSM ha adottato, in data 24/10/2013, il “nuovo”
provvedimento di diniego di conferma nei confronti del Dr Dell’Anno e
questa Sezione , sulla scorta della qualificazione della sopraggiunta
delibera dell’Organo di autogoverno come “ nuovo, autonomo provvedimento
di diniego, con sentenza n.2862/2014, ha dichiarato improcedibile
l’impugnativa proposta dalle Amministrazioni avverso la sentenza
n.3081/2013, ritenendo superati e comunque del tutto esauriti gli effetti
dell’originario provvedimento sfavorevolmente emesso nei confronti del
suindicato magistrato, venendo, la predetta determinazione integralmente
sostituita dalla “ nuova” deliberazione assunta dall’Organo di
autogoverno.
Insomma , nella specie è accaduto che il CSM ha ridefinito
l’assetto degli interessi sottesi alla deliberazione del 19 aprile 2012
facendo venir meno gli effetti di tale deliberazione e di tanto questa
Sezione con la decisione n. 2862/20114 ha dato atto.
Ora se il giudizio
di merito inerente l’originario atto sfavorevole al dr. Dell’Anno è stato
definito da questo giudice d’appello con una pronuncia di rito di
sopravvenuta improcedibilità , pari sorte non può non toccare al giudizio
di ottemperanza attivato, “a valle “, in relazione al dictum che ha
annullato il primo, originario diniego di conferma nell’incarico direttivo
de quo.
Invero, gli effetti della sopravvenuta nuova delibera di non
conferma e il nuovo giudizio instaurato avverso tale ultima determinazione
travolgono altresì la sentenza del primo giudice che ha definito il
ricorso per l’esecuzione della sentenza che ha pronunciato sulla
legittimità della delibera dell’aprile del 2012 e , conseguentemente,
rendono l’appello delle Amministrazioni che tale decisum hanno contestato
del tutto improcedibile.
Ciò detto, ferma restando l’esistenza degli
assorbenti profili di improcedibilità dell’appello testè accertata, il
Collegio ritiene di doversi soffermare sulla quaestio iuris dedotta in
giudizio, coincidente con l’accertamento della natura autoesecutiva o meno
della decisione di merito n.3081/2013, recante l’ annullamento degli atti
oggetto di contestazione giudiziale, primo fra tutti , appunto, la
delibera di non conferma nell’Ufficio di Procuratore della Repubblica
assunta dal CSM in data 19 aprile 2012.
E’ d’uopo effettuare sul punto
alcune osservazioni in stretto punto di diritto sostanziale e
processuale.
Con l’impugnativa di un provvedimento negativamente reso
l’interessato introduce una specifica azione avente ad oggetto una
precipua richiesta di tutela giurisdizionale, quella coincidente con la
rimozione dal mondo giuridico dell’atto impugnato, sfavorevolmente assunto
nei suoi confronti.
Trattasi di un’azione tipica del processo
amministrativo che ad onta del sistema processuale consegnatoci dal dlgs
n.104/2010, contrassegnato da un’atipicità delle azioni, conserva
tutt’oggi una sua primazia.
Caratteristica di detta azione è che essa
lascia comunque impregiudicato il successivo agere della P.A. , con il
riconoscimento di un potere-dovere per l’Amministrazione di emanare una
“nuova” determinazione , sia pure in conformità ai principi, alle regole a
e alle disposizioni contenute nel dictum giurisdizionale prima
intervenuto. .
In particolare, la resa sentenza di annullamento ha un
effetto conformativo in relazione ai motivi di ricorso esaminati e accolti
e in relazione alle ragioni della pronuncia, il tutto nell’alveo e nei
limiti di un’azione volta ad elidere l’efficacia del provvedimento oggetto
di contestazione.
Se così è, non si può parlare di un effetto
autoesecutivo o puramente ripristinatorio del decisum di annullamento ,
perché una siffatta conseguenza si pone ontologicamente fuori dall’ambito
di un giudizio di rimozione dell’atto del genere di quello qui in
rilievo.
Questo significa, in particolare, con riferimento alla
fattispecie qui in rilievo, che all’indomani del disposto annullamento
della delibera del 19 aprile 2012 non può darsi luogo ( in quanto non
configurabile in sé) all’automatico reintegro del dr Dell’Anno nelle
funzioni di Procuratore della Repubblica di Pistoia esercitate sino
all’intervenuta delibera di non conferma, dacchè il conferimento di tale
incarico dovrà essere oggetto di nuova delibazione da parte dell’Organo
istituzionalmente preposto ad assumere le relative determinazioni, in
osservanza al disposto di cui all’art.105 Costituzione.
Conclusivamente, sul punto, il principio che il Collegio ritiene di
dover ribadire, in conformità a statuizioni di recente assunte dalla
Sezione ( sentenza n.4987 del 6/10/2014 ) proprio in tema di riedizione
del potere a seguito di sentenze di annullamento di atti di conferimento
di incarichi direttivi giudiziari, è quello per cui a seguito
dell’adozione di un decisione demolitoria ( soprattutto ove incidente su
un interesse c.d. “ pretensivo”, volto cioè al rilascio di un
provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica ) la potestà di
provvedere viene restituita all’Amministrazione affinchè si ridetermini (
sia pure con “ i paletti “ fissati dal reso decisum ).
Ciò
opportunamente osservato, si passa ad esaminare il secondo degli appelli
in trattazione, quello con cui le Amministrazioni statali interessate
impugnano la sentenza n.5569/2014 che decide il ricorso di prime cure (
n.11166/13) articolato, in via principale, su un’azione di esecuzione ex
artt.112- 114 c.p.a., nel cui alveo si fa rientrare la nullità della
delibera del CSM del 24 ottobre 2013 e in via subordinata su un’azione di
annullamento del suindicato provvedimento reiterativo della determinazione
di non conferma del Dr Dell’Anno nell’incarico de quo.
Di qui una prima
, necessaria osservazione.
Corretta è certamente l’impostazione
processuale data in primo grado alla vicenda dal dr. Dell’Anno nel
presentare un gravame basato su due azioni , l’una di esecuzione del
giudicato, l’altra di annullamento del “ nuovo” provvedimento del CSM, non
ponendosi le dette azioni, in sede di loro formulazione, in antitesi e
potendo perciò l’interessato, a fronte di un rinnovato esercizio del
potere amministrativo sia agire per l’ottemperanza deducendo la violazione
o l’elusione della res iudicata sia impugnare l’atto lesivo, al fine di
non incorrere nella inevitabile decadenza dall’azione.
D’altra parte è
indubitabile la valenza in sé dello strumento processuale
dell’ottemperanza , che alla luce dei principi espressi dall’Adunanza
Plenaria di questo Consiglio di Stato con le decisioni nn.2,18 e 24 del
2012 da un lato non contrasta con i limiti costituzionali connessi al
rapporto tra l’effetto conformativo delle decisioni del giudice
amministrativo e le prerogative istituzionali del CSM (come altresì
insegna la Corte Costituzionale con la nota sentenza n.435 del 15/11/1995
) e dall’altro lato si muove nell’ottica del principio dell’effettività
della tutela giurisdizionale pure sottolineato dall’art.1 del codice del
processo amministrativo, non senza tenere conto dell’art.21 septies della
legge n.241/90 e dell’art.114 c.p.a., disposizioni recanti entrambe la
“sanzione” della nullità dei provvedimenti emessi in violazione del
giudicato ( Cons Stato Sez. IV 4/3/2011 n.1415).
A tali osservazioni
va necessariamente aggiunto, con riferimento alla fattispecie all’esame,
che il Tar nel prendere in esame il predetto ricorso articolato sulla
suindicata duplice azione ha proceduto a delibare unicamente la prima
delle predette azioni, volontariamente abbandonando la disamina del
gravame contenente i mezzi d’impugnazione con cui si chiede l’annullamento
dell’atto deliberativo in parola : è il caso di anticipare che la scelta
effettuata dal TAR ha una sua precisa valenza per le conseguenze
processuali che da essa il Collegio, come in prosieguo si vedrà, ritiene
di dover far derivare.
Tanto preliminarmente rilevato, l’appello
dell’Avvocatura erariale qui in rassegna si fonda su due linee di
argomentazione, fra loro intrinsecamente connesse, che costituiscono il
prius logico- giuridico,sia sotto il profilo sostanziale che sotto quello
processuale, della vicenda come dal TAR definita, così indicate:
a)
nel caso de quo non si è inverata l’elusione e/o violazione del giudicato
erroneamente rilevata dall’impugnata sentenza;
b) il primo giudice ha
travalicato i limiti del giudizio di ottemperanza , con un inammissibile
giudizio di merito e con violazione dell’art.105 Cost.
Gli assunti
difensivi sostenuti dalla parte appellante appaiono condivisibili sia pure
nei sensi che si va a precisare.
Ai fini in esame occorre qui
richiamare alcuni approdi giurisprudenziali intervenuti in ordine a tre
questioni fondamentali che vengono nella specie in rilievo e cioè :
a)
la possibilità o meno del riesercizio da parte del CSM del potere di
valutazione a seguito di annullamento giurisdizionale avente ad oggetto il
conferimento di un incarico direttivo;
b) la portata e i limiti del
riesercizio del potere di valutazione e gli elementi che connotano i vizi
di violazione e di elusione del giudicato.
Quanto alla questione sub a)
, come già osservato in sede di definizione del primo appello, la regula
iuris assolutamente inderogabile è che all’esito di una statuizione di
annullamento ( in ispecie in tema di interessi pretensivi ) la potestà
viene restituita nuovamente all’Amministrazione perché si ridetermini (
Cons. Stato Sez. VI 23/11/2011 n.6162; Cons. Stato Sez. IV 6/10/2014
n.4987 ) e su tale profilo, anche per quanto in precedenza già annotato,
non pare il caso di ulteriormente soffermarsi
Relativamente alle
questioni sub b) l’indagine è più delicata.
In linea generale vale qui
rammentare quanto sottolineato dalla giurisprudenza di questo Consesso a
proposito della “figura patologica” del vizio di violazione del giudicato
configurandosi la medesima le quante volte l’Amministrazione con l’atto a
mezzo del quale si sia nuovamente determinata va ad alterare l’assetto
degli interessi stabilito dal giudizio con la sentenza di cui si chiede
l’esecuzione , ponendosi in contrasto con quanto statuito nel giudizio di
merito o comunque aggirando l’ordine contenuto nella decisione di merito (
Cons. Stato Sez. VI 5/7/2011 n.4037; Sez. V 8/2/2006; di recente, Sez. IV
10/3/2014 n.1092).
Secondo altro specifico orientamento
giurisprudenziale poi è stato affermato che al di là dell’alterazione
degli interessi del giudicato occorre che la nuova determinazione sia in
contrasto con il puntuale contenuto precettivo derivante dalle precedenti
statuizioni del giudice ( Cons. Stato Sez. VI 5/7/2011 n.4037 ).
Senz’altro più sfumati appaiono i contorni del vizio dell’elusione del
giudicato
Questo Consiglio di Stato ha precisato proprio in tema di
delibere del Consiglio Superiore della Magistratura che l’elusione
configura un fenomeno diverso dall’aperta violazione del decisum,
sussistendo in quei casi in cui l’Amministrazione, pur formalmente
provvedendo a dare esecuzione ai precetti rivenienti dal giudicato , tenda
in realtà a perseguire l’obiettivo di aggirarlo sul piano sostanziale in
modo da pervenire al medesimo esito già ritenuto illegittimo ( Sez IV
4/3/2011 n.1415; idem 8252/2010).
In altri termini, il vizio de quo si
invera allorchè l’Amministrazione cerchi di realizzare il medesimo
risultato con un’azione connotata da un manifesto sviamento del potere ,
mediante l’esercizio di una potestà che si rivela in palese carenza dei
presupposti che la giustificano ( Cons. Stato Sez. V 28/2/2006 n.861;
Cons. Stato Sez. IV 6/10/2003; idem 15/10/2003 n. 6334).
Questo
concetto di elusione va , ovviamente, connesso con la definizione dei
doveri spettanti all’Amministrazione in sede di riesercizio del proprio
potere a seguito di annullamento giurisdizionale, laddove la P.A. è tenuta
non solo ad uniformarsi alle indicazioni rese dal giudice ( nel che è il
proprium dell’effetto confermativo ) e a determinarsi nei limiti imposti
nel dictum giudiziale, ma anche a prendere in esame la situazione
controversa nella sua complessiva estensione , valutando non solo i
profili oggetto della decisione del giudice , ma quelli comunque rilevanti
per provvedere sull’oggetto della pretesa fatta valere , allo scopo di
evitare ogni elusione del giudicato ( Cons. Stato Se. IV 27/5/2010 n.3382;
Cons. Stato Sez. V 13/3/2000 n.1328).
Le censure di parte in ordine al
dedotto vizio di elusione e la “nuova” delibera del 24/10/2013 vanno
dunque esaminate alla luce dei principi testè illustrati e se così è una
comparazione tra la prima e la seconda delibera di non conferma permette
di rilevare come l’atto deliberativo del 24 ottobre 2013, con una
motivazione più articolata rispetto al primo e nel contempo a mezzo di un
approfondimento dei rilievi già mossi alla gestione dell’Ufficio da parte
del Dr Dell’Anno rechi una valutazione sostanzialmente rispettosa delle
statuizioni rese con la sentenza n.3081/2013 e non possa qualificarsi come
elusivo del giudicato.
E allora se non c’è elusione del giudicato, e
siamo quindi fuori dalla portata sostanziale e processuale delle
disposizioni di cui agli artt.112 e 114 c.p.a, era pure precluso al primo
giudice di evidenziare profili di merito della vicenda, propri del
giudizio di ottemperanza, dovendo nella specie soccorrere i principi
giurisprudenziali più volte al riguardo ribaditi da questo Consiglio di
Stato e cioè che:
a) i provvedimenti di nomina dei magistrati a
incarichi direttivi adottati dal CSM sono espressione di un’ampia
valutazione discrezionale e, pertanto, sono sindacabili in sede di
legittimità solo ove risultino inficiati da palese irragionevolezza ,
travisamento dei fatti, o arbitrarietà ( ex plurimis, Sez. IV 16/6/2011
n.3664; idem 12/5/2011 n.2859; 31/3/2010 n.1841) ;
b) è pacifico che le
valutazioni dell’Organo di autogoverno non si sottraggono al sindacato
giurisdizionale di legittimità ,atteso che la singolare posizione
costituzionale del CSM non permette di escludere la sua azione
dall’ordinario regime di controllo valevole per tutta l’attività
amministrativa ( cfr Cons.
Stato Sez. IV 28/11/2010 n.8299:; idem
15/9/2010 n. 69012; 14 luglio 2008 n. 3513)
Deriva da quanto sopra
osservato che la sentenza qui impugnata risulta inficiata dall’erroneo
convincimento del TAR di ritenere sussistente a carico della delibera dal
CSM del 24/10/2013 il vizio di elusione del giudicato, incorrendo altresì
il primo giudice nel travalicamento dei poteri del giudice in materia di
giudizio di ottemperanza ex art.112 c.p.a : dell’impugnata decisione n.
5569/14 si impone allora nei sensi e per gli effetti di cui sopra la
riforma.
Una volta stabilito che l’azione di ottemperanza attivata in
prime cure col ricorso n. 11166/2013 è infondata, rimane da definire
l’altra azione, quella di annullamento pure formulata dall’ interessato in
primo grado con il suindicato gravame dove il Dr Dell’Anno ha avuto cura
di chiedere la conversione del rito ex art.32 c.p.a. con la formulazione
delle censure di legittimità articolata su dodici motivi .
E’ bene al
riguardo procedere ad una prima precisazione in tema processuale .
Nel
caso all’esame non si versa nell’ipotesi di cui agli artt. 101 comma 2 e
46 c.p.a riguardante la tematica della riproposizione in appello dei
motivi assorbiti o non esaminati dal giudice di primo grado, giacchè nella
specie non vi è stata alcuna accenno né statuizione all’assorbimento di
mezzi di doglianza, avendo, in particolare il TAR fatto una scelta netta
ed inequivoca, quella di ritenere il gravame proposto ricadente unicamente
nell’alveo del giudizio di ottemperanza, e con la altrettanto
inequivocabile statuizione di disattendere la richiesta di conversione in
rito ex art.32 citato parimenti formulata nel ricorso di prime
cure
Sgomberato sul punto il campo da ogni ragionevole dubbio circa
l’esclusione dello schema processuale del riassorbimento dei motivi , va
verificata l’ammissibilità della chiesta conversione.
Ebbene,
un’attenta esegesi , sotto il profilo logico- letterale delle disposizioni
recate dal dell’art.32 , secondo comma, c.p.a impedisce a questo giudice
di procedere alla conversione del rito, non potendosi il giudizio di
ottemperanza convertire in giudizio di annullamento.
Invero, la norma
in parola stabilisce che il giudice qualifica l’azione in base ai suoi
elementi sostanziali e sussistendone i presupposti può disporne la
conversione, ma sempre che si tratti di una sola azione e non già , come
nel caso di specie,di due azioni, una di ottemperanza di un precedente
decisum e l’altra di annullamento dell’atto, rimedi processuali che
seguono differenti riti, l’uno quello della trattazione in camera di
consiglio, l’altro quello della discussione in pubblica udienza.
Vero è
che a seguito dell’introduzione del codice del processo amministrativo si
va verso una sorta di superamento del tradizionale principio della
tipicità delle azioni (all’evidente scopo di assicurare un efficace
soddisfacimento della tutela giurisdizionale) , nondimeno nella specie
vengono in rilievo relazioni giuridiche che richiedono per la loro tutela
altrettante diverse tipologie di azione, come poi in concreto sono state
formulate dall’interessato.
Occorre dare atto che nel caso de quo ci si
trova di fronte ad una duplice situazione giuridica, di accertamento della
pretesa e di rimozione dell’atto per la quale:
a) da una parte, si è
attivato ( ed è stato accolto dal primo giudice ) lo strumento dell’azione
di accertamento ( o dichiarativa ) , esattamente coincidente con la ratio
sottesa alla previsione di cui all’art.21 septies della legge n.241/90
come introdotto dalla legge n.15 dell’11/2/2005 ( cui fanno da pendant
sotto l’aspetto squisitamente processuale, gli artt.112 e 114 c.p.a) e che
devolve al giudice amministrativo le questioni relative alla nullità dei
provvedimenti emanati in violazione o elusione del giudicato , nell’ottica
delle tesi difensiva del ricorrente .
b)dall’altra parte viene
contestualmente in rilievo un situazione giuridica di esercizio del potere
pubblico indirettamente incidente su situazioni giuridiche soggettive di
interesse legittimo cui occorre far fronte da parte di chi si ritiene leso
da un’azione amministrativa affetta da profili di illegittimità con lo
strumento di tipo demolitorio costituito dall’azione di annullamento,
puntualmente posta in essere dal Dr Dell’Anno
Insomma nel caso della
vicenda de qua siamo in presenza di due diverse categorie processuali
dell’agire , senza che sia possibile configurare un unico rimedio
giurisdizionale costituito dall’accertamento della pretesa attraverso un
pronuncia di annullamento.
Se così è il Collegio è tenuto a rilevare
come nella specie la disamina di una delle due azioni, quella di
annullamento è stata volutamente omessa, quanto alla sua disamina e
relativa pronuncia da parte del giudice di prime cure, laddove il TAR ha
ritenuto di non esaminare e pronunciarsi sui mezzi d’impugnazione pure
contestualmente dedotti e qui espressamente riproposti a mezzo di
“controricorso con devoluzione dei motivi assorbiti”.
Ciò sta altresì a
significare che si rende applicabile alla fattispecie all’esame l’ipotesi
contemplata dall’art.105 del codice del processo amministrativo secondo
cui questo giudice d’appello rimette la causa al giudice di primo grado se
è mancato il contraddittorio..
Invero, occorre che per la vicenda
giudiziale sia osservato sin dal primo grado del giudizio il principio
processuale del contraddittorio, quale esigenza immanente alla garanzia
costituzionale del giusto processo di cui all’art.111 Cost. dando la
possibilità alle parti di interloquire sull’oggetto del giudizio sin dal
primo grado e per tale rilevato difetto di procedura occorre
necessariamente disporre ai sensi per gli effetti di cui all’art.105 , 1
comma c.p.a. l’annullamento con rinvio al primo giudice ( cfr Cons. Stato
Sez. V 8/3/2011 n.1462) che dovrà esaminare e pronunciarsi sul ricorso
n.11166/13 per la parte impugnatoria .
Sussistono giusti motivi, tenuto
anche conto della complessità delle questioni giuridiche sollevate, per
disporre la compensazione delle spese e competenze del giudizio tra le
parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
(Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sugli appelli in epigrafe
indicati, li Riunisce e così dispone:
a) dichiara improcedibile
l’appello rubricato al n. 8461/2013;
b) accoglie l’appello 4891/2014 e,
per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza rigetta in parte qua il
ricorso di primo grado contrassegnato dal n. 11166/2013 ;
c) rimette la
causa ai sensi dell’art.105 c.p.a al TAR del Lazio perché provveda a
definire il giudizio di annullamento proposto con il suindicato ricorso
Spese e competenze del doppio grado compensate tra le parti
Ordina
che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del
giorno 14 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio
Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Diego Sabatino,
Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi,
Consigliere, Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/11/2014